di Federico Gavioli
Il Consiglio di Stato torna
nuovamente a chiarirequale sia la differenza esistente
tra la concessione e l'appalto di servizi; i giudici
amministrativi nell'analizzare una questione prospettata
a seguito di un ricorso delineano il quadro di
differenziazione che si ritiene utile portare, con il
presente commento, all'attenzione dei soggetti che si
trovano ad applicare con quotidianita', le disposizioni
contenute nel D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. (cd. Codice degli
Appalti pubblici)
Il Consiglio di Stato con la
sentenza del 6 giugno 2011, n.3377 , torna nuovamente a
chiarire, in materia di appalti pubblici, quale sia la
differenza esistente tra la concessione e l’appalto di
servizi; i giudici amministrativi nell’analizzare una
questione prospettata a seguito di un ricorso delineano
il quadro di differenziazione che si ritiene utile
portare, con il presente commento, all’attenzione dei
soggetti che si trovano ad applicare con quotidianità,
le disposizioni contenute nel D.Lgs. 163/2006 e s.m.i.
(cd. Codice degli Appalti pubblici).
La questione
La vicenda trae origine a seguito
del fatto che un ente locale autorizzava con delibera
l’avvio della procedura di gara per l’affidamento del
servizio di tesoreria, per il periodo 1° gennaio 2010
-31 dicembre 2014; alla gara partecipavano due
importanti banche.
A seguito della valutazione
dell’offerta presentata, seguendo il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’ente
locale affidava il servizio di tesoreria in via
provvisoria ad una delle due banche.
La banca che non si era aggiudicata
il servizio ricorreva al TAR che però respingeva il
ricorso.
Avverso la decisione dei giudici
amministrativi di primo grado la banca ricorreva al
Consiglio di Stato.
L’analisi dei Giudici del Consiglio
di Stato
Per i giudici di Palazzo Spada
l’appello della banca è da ritenersi infondato. Tra i
diversi gravami proposti dalla banca ricorrente , quello
che riveste particolare rilevanza è la differenziazione
rilevata in merito all’istituto della concessione e
dell’appalto di servizi negli appalti pubblici. In
particolare la banca ricorrente censura la sentenza del
TAR impugnata, laddove ha ritenuto che l’affidamento del
servizio di tesoreria abbia natura di concessione e non
di appalto, ed ha di conseguenza affermato
l’insussistenza dell’obbligo di prestare la cauzione
definitiva di cui all’art. 75 del D. Lgs 163/06.
Tale affermazione per il Consiglio
di Stato non può essere condivisa.
Il comma 2°, dell’art. 30 del D.
Lgs n. 163/2006 e s.m.i., nel definire la concessione di
servizi, precisa che la stessa si caratterizza per il
fatto che “la controprestazione a favore del
concessionario consiste unicamente nel diritto di
gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il
servizio”, pur potendo, essere previsto anche un prezzo
“qualora al concessionario venga imposto di praticare
nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli
corrispondenti alla somma del costo del servizio e
dell’ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia
necessario assicurare al concessionario il perseguimento
dell’equilibrio economico – finanziario degli
investimenti e della connessa gestione in relazione alla
qualità del servizio da prestare”.
Le direttive comunitarie n. 17 e n.
18 del 2004 definiscono la concessione di servizi come
“un contratto che presenta le stesse caratteristiche di
un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto
che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste
unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale
diritto accompagnato da un prezzo”.
Anche l’orientamento
giurisprudenziale del Consiglio di Stato ha avuto modo
di precisare che le concessioni, nel quadro del diritto
comunitario, si distinguono dagli appalti non per il
titolo provvedimentale dell’attività, né per il fatto
che ci si trovi di fronte ad una vicenda di
trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della
sfera giuridica del privato, né per la loro natura
autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura
contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di
traslazione dell’alea inerente una certa attività in
capo al soggetto privato.
Quando l’operatore privato si
assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi
sostanzialmente sull’utente mediante la riscossione di
un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, allora
si ha concessione: è la modalità della remunerazione,
quindi, il tratto distintivo della concessione
dall’appalto di servizi. Per i giudici di Palazzo Spada
si ha concessione quando l’operatore si assume in
concreto i rischi economici della gestione del servizio,
rifacendosi essenzialmente sull’utenza, mentre si ha
appalto quando l’onere del servizio stesso venga a
gravare sostanzialmente sull’amministrazione.
Nel caso in esame è evidente che la
gara oggetto del ricorso rientra tra quelle in cui “la
controprestazione a favore del concessionario consiste
unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di
sfruttare economicamente il servizio”, e per ciò solo,
tra le concessioni di servizi, ai sensi dell’art. 30,
comma 2°, del D. Lgs 163/2006.
Conclusioni
Per i giudici del Consiglio di
Stato l’affidamento del servizio di tesoreria si
sostanzia in una concessione di servizi che, in linea di
principio, resta assoggettato alla disciplina del Codice
degli Appalti solo nei limiti specificati dall’art. 30
che, per quanto qui interessa, non pone di certo
l’obbligo di prestare la cauzione definitiva di cui al
successivo art. 75 del citato D.Lgs. 163/2006.
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