Esecuzione forzata - Provvedimento
del G.E. di liberazione dell'immobile pignorato - Regime
di impugnabilità - Tutela del terzo conduttore
Svolgimento del processo
quanto segue:
p.1. M.F. ha proposto ricorso per
cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7,
avverso l'ordinanza del 21 febbraio 2008, con la quale
il Giudice dell'Esecuzione presso il Tribunale di Terni,
provvedendo nell'ambito del procedimento di esecuzione
immobiliare, promosso dalla MPS Gestione Crediti Banca
s.p.a. quale mandataria della Banca Monte dei Paschi di
Siena s.p.a. a carico di P.A., dopo avere rilevato che
nella procedura era stata emessa ordinanza di vendita e
che gli immobili pignorati con essa erano occupati dal
debitore esecutato e da M.F., richiamate le previsioni
dell'art. 559 c.p.c., comma 2 (quanto alla possibilità
di ordinare la liberazione immediata dell'immobile
pignorato, una volta nominato il custode giudiziario, al
fine di un più rapido svolgimento della procedura),
dell'art. 560 c.p.c., comma 3 (quanto all'insussistenza
di una posizione tutelata del debitore al materiale
godimento dell'immobile), e dell'art. 2923 c.c., comma 3
(quale norma che renderebbe la locazione a canone vile
non opponibile ai creditori), ha ordinato al debitore ed
alla stessa M. - sul rilievo che la M. risultava
conduttrice iure locationis a prezzo inferiore di oltre
un terzo rispetto a quello di mercato - di consegnare
immediatamente al custode giudiziario V.L. uno degli
immobili pignorati, sito in (omissis), condotto in
locazione dalla M..
Il ricorso è stato proposto dalla
M. contro il detto custode giudiziario, che non ha
resistito. p.2. Essendo il ricorso soggetto alle
disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e
prestandosi ad essere trattato con il procedimento di
cui all'art. 380 bis c.p.c., nel testo anteriore alla L.
n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di
detta norma, che è stata notificata all'avvocato della
parte ricorrente e comunicata al Pubblico Ministero
presso la Corte.
Motivi della decisione
quanto segue:
p.1. Nella relazione ai sensi
dell'art. 380 bis c.p.c., sono state svolte le seguenti
considerazioni:
"(...) 3. - Il ricorso appare
inammissibile, perchè non è condivisibile l'assunto
della ricorrente, a giustificazione della sua
proposizione, che il provvedimento impugnato avrebbe
natura definitiva e decisoria, cioè carattere di
sentenza in senso sostanziale agli effetti dell'art. 111
Cost., comma 7.
Invero, il provvedimento, al quale
il Tribunale ha attribuito carattere esecutivo e,
quindi, di titolo esecutivo, indipendentemente
dall'esatto referente normativo che l'avrebbe
giustificato - e segnatamente dalla possibilità di
reputarlo astrattamente riconducibile all'art. 560
c.p.c., commi 3 e 4, siccome novellati dal D.L. n. 35
del 2005, art. 2, comma 3 sexies, convertito, con
modificazioni, nella L. n. 80 del 2005, ed applicabile
anche alle procedure in cui all'atto della sostituzione,
efficace dal 1 marzo 2006, fosse stata già disposta la
vendita - si pone nei confronti della qui ricorrente,
alla quale è stato notificato in una ad un precetto di
rilascio, come riferisce lo stesso ricorso, come un
provvedimento contro il quale la stessa, quale soggetto
direttamente destinatario dell'obbligo di rilascio con
esso imposto, avrebbe potuto far valere le sue ragioni
con il mezzo dell'opposizione all'esecuzione ai sensi
dell'art. 615 c.p.c..
L'esclusione del rimedio di cui
all'art. 111 Cost., comma 7, si deve spiegare per
l'assoluto difetto nel provvedimento impugnato del
carattere della definitività, cioè dell'attitudine a
sacrificare la situazione giuridica soggettiva vantata
dalla M..
Tale carattere, una volta
considerato che il provvedimento è stato emesso senza il
contraddittorio della M., risulta per ciò solo assente
nel provvedimento, atteso che il contraddittorio
potenziale del soggetto interessato, quale garanzia
fondamentale espressione del diritto di difesa,
dev'essere assicurato almeno in via potenziale in
qualsiasi procedimento giurisdizionale, perchè dalla
pronuncia del provvedimento che lo chiude (ritualmente o
irritualmente che sia), emerga, in assenza di previsione
di espressi rimedi impugnatori, quel definitivo
sacrificio della situazione coinvolta che fa assumere al
provvedimento il carattere della definitività riguardo
ad essa e, quindi, il valore sostanziale di sentenza
agli effetti dell'art. 111 Cost., comma 7 (che appunto
richiede il requisito della definitività, oltre che
quello della decisorietà, cioè dell'attitudine ad
incidere su diritti soggettivi).
La situazione determinata dal
provvedimento qui impugnato, sotto tale profilo, per
quanto attiene alla M. (diversa cosa dicasi per il
debitore, che quale parte del processo esecutivo,
avrebbe potuto reagire per quanto lo concerneva con il
mezzo dell'opposizione agli atti ai sensi dell'art. 617
c.p.c.), è quella di chi è minacciata di un'esecuzione
per rilascio sulla base di un provvedimento
giurisdizionale qualificatosi come titolo esecutivo e
diretto nei suoi confronti, senza che l'accertamento in
esso contenuto possa considerarsi indiscutibile da parte
della medesima e ciò per il fatto che alla sua
formazione essa è rimasta (anche solo potenzialmente) -
non importa se legittimamente oppure no - del tutto
estranea.
Onde, ai fini delle ragioni
esperibili con il mezzo di reazione che ha il
destinatario della pretesa esecutiva quando contesti il
diritto da eseguirsi nell'an, cioè l'opposizione
all'esecuzione, la sua tutela si sarebbe potuta
estrinsecare in modo pieno, cioè senza il vincolo che,
riguardo ai titoli esecutivi giudiziali formatisi con la
garanzia del contraddicono, sussiste per la deducibilità
di ragioni che avrebbero dovuto essere dedotte
nell'ambito del processo che ha portato alla formazione
del titolo.
Poichè in questo caso processo non
v'è stato, il vincolo non esiste.
L'azione di opposizione
all'esecuzione nella specie si sarebbe potuta sviluppare
non diversamente che contro un titolo di formazione
stragiudiziale, cioè nel modo di una querela nullitatis.
E, quando si reagisce contro titoli esecutivi anche
giudiziali alla cui formazione il soggetto esecutato non
ha avuto modo di partecipare nemmeno potenzialmente, il
modo di reazione si deve individuare nell'opposizione
all'esecuzione". p.2. Il Collegio condivide le
argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle
quali, del resto, non sono stati mossi rilievi.
Il ricorso è, pertanto, dichiarato
inammissibile.
Non è luogo a provvedere sulle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il
ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione |