Non è qualificabile come illecito
disciplinare il comportamento dell’avvocato difensore
che in un processo penale non si presenta in udienza per
assistere il proprio cliente. Lo ha stabilito la Corte
di cassazione con la sentenza 12903/2011 con la quale ha
chiarito che tale comportamento può rientrare “in una
strategia processuale”.
Il caso era quello di un avvocato,
anche parlamentare, che aveva subito la “sanzione
disciplinare della censura” dall’ordine di Pinerolo ma
poi era stato assolto dal consiglio nazionale forense
secondo cui “l’assenza da una udienza non integra
abbandono della difesa” e può ricollegarsi anche “a
ragioni di scelta processuale”.
Secondo i giudici di Piazza Cavour,
che hanno condiviso la testi del Cnf, “il quadro delle
garanzie che le norme deontologiche mirano ad assicurare
è quello dell’apprestamento della difesa nell’ambito del
mandato defensionale” e “fuoriesce dalla esatta e
doverosa prospettiva sanzionatoria quell’atto che - per
la assoluta episodicità - non sia riconducibile ad un
contegno abdicativo del difensore ma ad una scelta
individuale di un singolo comportamento”.
Infatti, argomenta la Suprema
corte, la valutazione del comportamento “omissivo” del
difensore “è frutto di interpretazione affidata al
giudice del merito”. E, secondo la comune
giurisprudenza, “la sola assenza ad una udienza del
difensore di fiducia non può interpretarsi come sintomo
di un atto abdicativo espresso o di revoca
dell’incarico, né tampoco di un comportamento di
abbandono ai fini della concessione al difensore di
ufficio del termine a difesa”. Non solo, ma l’ipotesi di
abbandono prevista dall’articolo 105 del Cpc “non è
desumibile dal solo comportamento processuale del
difensore di fiducia (anche nell’ipotesi di mancata
comparizione all’interrogatorio di garanzia) stante
l’equivocità di un dato di mera astensione e la sua
riconducibilità ad una diversa, alternativa ed
insindacabile, strategia processuale”.
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