Avv. Paolo Nesta


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DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Erronea presentazione dell’atto di appello - Effetti - Fattispecie: appello convertito in ricorso per cassazione. L'erronea presentazione di un atto di appello avverso una sentenza inappellabile ne ha determinato la conversione in ricorso per cassazione e come tale, pertanto, andrà trattato e deciso con la inevitabile e conseguente inammissibilità di tutte le doglianze riferibili a questioni di fatto, stante l'effetto devolutivo limitato di tale mezzo di impugnazione. Fattispecie: appello, convertito in ricorso per cassazione trattandosi di impugnazione relativa a sentenza di condanna alla sola pena pecuniaria e, conseguentemente, inappellabile. (conferma sentenza emessa il 16/11/2009 dal Tribunale di Tribunale di Catania - Sezione Distaccata di Giarre) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Manera. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 17/05/2011 (Ud. 27/04/2011) Sentenza n. 19315

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sez. III Penale

 

 

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. Ciro PETTI                                     Presidente

Dott. Mario GENTILE                              Consigliere

Dott. Aldo FIALE                                    Consigliere

Dott. Silvio AMORESANO                       Consigliere

Dott. Luca RAMACCI                              Consigliere Est.

 

 

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

 

- sul ricorso proposto da:

1. MANERA Giuseppa nata a Tortorici il 30/7/1959

- avverso la sentenza emessa il 16/11/2009 dal Tribunale di Tribunale di Catania - Sezione Distaccata di Giarre

- Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Luca Ramacci

-Sentito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Vito D'Ambrosio che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

 

Con sentenza in data 16 novembre 2009, il Tribunale di Catania - Sezione Distaccata di Giarre, condannava MANERA Giuseppa per violazione della disciplina antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio relativamente alla realizzazione di interventi eseguiti in difformità totale dal permesso di costruire rilasciato per lavori di ampliamento di un preesistente garage, dichiarando non doversi procedere per essere il reato urbanistico estinto per sanatoria ed assolvendola dai reati di cui agli articoli 734 C.P. e 181 D.Lv. 42\2004 rispettivamente perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato.

 

 

Avverso tale decisione la predetta proponeva appello, poi convertito in ricorso per cassazione trattandosi di impugnazione relativa a sentenza di condanna alla sola pena pecuniaria e, conseguentemente, inappellabile.

 

 

Nell'atto di impugnazione la predetta deduceva, in primo luogo, la mancata istituzione dello Sportello Unico presso l'amministrazione comunale di Riposto e la conseguente impossibilità di presentare le dovute comunicazioni.

 

 

Rilevava, inoltre, che tutte le opere realizzate, tranne un solaio in cemento armato realizzato al di sopra del locale garage, non avevano comportato l'utilizzazione di cemento armato né avevano alcuna incidenza sulla staticità dell'edifico e, conseguentemente, sulla pubblica incolumità.

 

 

Aggiungeva che, dall'esame delle risultanze dell'istruzione dibattimentale, la data di ultimazione dei lavori era da collocarsi diversamente nel tempo, con conseguente maturazione del termine massimo di prescrizione dei reati.

 

 

Richiedeva, infine, la concessione delle attenuanti generiche.

 

 

In data 12 aprile 2011 faceva pervenire in cancelleria motivi nuovi con i quali sottolineava ancora una volta l'intervenuta prescrizione dei reati.

 

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

 

Il ricorso è infondato.

 

 

Va preliminarmente osservato che l'erronea presentazione di un atto di appello avverso una sentenza inappellabile ne ha determinato la conversione in ricorso per cassazione e come tale, pertanto, andrà trattato e deciso con la inevitabile e conseguente inammissibilità di tutte le doglianze riferibili a questioni di fatto, stante l'effetto devolutivo limitato di tale mezzo di impugnazione.

 

 

Ciò posto, deve rilevarsi che la mancata istituzione dello sportello unico per l'edilizia è del tutto indifferente per quanto riguarda il conseguimento dei titoli abilitativi ed, in ogni caso, la definizione delle pratiche inerenti la disciplina urbanistica ed edilizia.

 

 

L'articolo 5 del D.P.R. 380/01 stabilisce, infatti, che le amministrazioni comunali, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, provvedano, anche mediante esercizio in forma associata delle strutture ai sensi del capo V, Titolo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero accorpamento, disarticolazione, soppressione di uffici o organi già esistenti, alla costituzione di un ufficio denominato sportello unico per l'edilizia, destinato a curare tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso o di denuncia di inizio attività.

 

 

Lo sportello unico costituisce pertanto il tramite tra il privato e l'amministrazione per il rilascio dei titoli abilitativi ed uno strumento di semplificazione dei relativi procedimenti amministrativi ed è stato modellato su quello già previsto per le attività produttive di cui al d.p.r. 20 ottobre 1998 n. 447.

 

 

Sebbene la costituzione dello sportello unico sia obbligatoria, non sono tuttavia previsti termini temporali né sanzioni in caso di mancata istituzione ed inoltre, come osservato da autorevole dottrina, la natura di norma regolamentare dell'articolo 5 menzionato ed il riferimento dello sportello unico alla disciplina di "governo del territorio" determinano, quali eventuali conseguenze, la possibilità per le Regioni di disciplinarlo con proprie leggi o addirittura sopprimerlo e, per i Comuni, di organizzarne la gestione e l'organizzazione.

 

 

E' dunque di tutta evidenza che la mancata istituzione dello Sportello Unico non incide in alcun modo sul regime autorizzatorio degli interventi edilizi disciplinato da specifiche disposizioni normative che sarà comunque gestito dall'amministrazione competente.

 

 

Deve pertanto affermarsi il principio secondo il quale lo Sportello Unico per l'edilizia previsto dall'articolo 5 del D.P.R. 380/01 (testo unico per l'edilizia) ha unicamente finalità di semplificazione procedimentale ed organizzativa, con la conseguenza che la mancata istituzione da parte dell'amministrazione comunale non ha alcuna incidenza sul regime autorizzatorio dell'attività edilizia e non esonera, pertanto, dal conseguimento dei necessari titoli abilitativi.

 

 

Nella fattispecie, per quel che qui interessa, la competenza alla trattazione della pratica relativa alla denuncia dei lavori di realizzazione di opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica ed alla denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche di cui trattano, rispettivamente, gli articoli 65 e seguenti e 94 e seguenti del D.P.R. 380/01, resta comunque dell'ufficio tecnico regionale, rispetto al quale lo sportello unico funge da mero tramite, come emerge chiaramente dal tenore delle disposizioni richiamate.

 

 

Per quanto attiene, invece, alla violazione della disciplina sulle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica deve osservarsi che l'articolo 71, primo comma sanziona l'esecuzione di lavori in violazione del disposto dell'articolo 64, commi secondo, terzo e quarto che prevede la redazione di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato e la direzione dei lavori da parte di soggetto qualificato.

 

 

La disposizione contiene un riferimento generico all'esecuzione di lavori, senza che sia quindi necessaria una loro specifica caratterizzazione, ad esempio, come manutenzione ordinaria o straordinaria o come nuova costruzione.

 

 

La natura dei lavori, ai fini della configurazione del reato è, pertanto, irrilevante (Sez. III n. 46081, 15 dicembre 2008) anche se, sulla base della definizione dell'articolo 53, la disciplina è applicabile quando le opere costituiscano elementi strutturali dell'edificio (Sez. III n. 38405, 9 ottobre 2008).

La disposizione individua i destinatari del precetto, prevedendo l'applicazione delle relative sanzioni a chiunque commette, dirige e, in qualità di costruttore, esegue le opere.

 

 

E' di tutta evidenza, alla luce delle considerazioni appena esposte, che la realizzazione di lavori quali quelli contestati alla ricorrente (ampliamento di un garage mediante eliminazione di locali, realizzazione di muro perimetrale esterno, realizzazione di un solaio, realizzazione di 4 locali con aperture esterne, eliminazione di parete di chiusura con accesso a vano non utilizzabile, ampliamento del solaio dell'ultimo piano con realizzazione di nuovo locale e apertura di finestre su sottotetto non accessibile) assolvono ad una funzione statica e risultano pertanto pienamente soggetti al regime imposto dalle disposizioni richiamate.

 

 

A conclusioni analoghe deve giungersi per quanto attiene al reato di omessa denuncia dei lavori, contemplato dall'articolo 72, che individua come destinatario il costruttore che ritardi od ometta la denuncia prevista dall'articolo 65.

 

 

Per quanto riguarda, invece, la violazione della disciplina antisismica, deve ricordarsi che tale speciale normativa si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità.

 

 

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, rientra nel concetto di "pubblica incolumità" anche il possibile danno al singolo individuo e, quindi, allo stesso proprietario del manufatto, con conseguente applicabilità della disciplina anche nel caso in cui la costruzione si trovi all'interno di una proprietà privata (Sez. III n. 14432, 8 aprile 2008).

 

 

Anche in questo caso la natura degli interventi in precedenza descritta elimina ogni dubbio circa l'applicabilità delle disposizioni richiamate alla fattispecie in esame.

 

 

Parimenti infondata appare, inoltre, la questione inerente la maturata prescrizione dei reati.

 

 

Non potendo questa Corte prendere in considerazione gli elementi fattuali posti a sostegno del gravame la cui valutazione non è consentita in sede di legittimità, deve osservarsi che avuto riguardo all'unico dato valutabile, consistente nella data dell'accertamento dei reati (11 luglio 2007), deve ritenersi applicabile la disciplina attualmente vigente in materia di prescrizione introdotta dalla Legge 5 dicembre 2005, n. 251 con la conseguenza che, considerato il termine massimo attualmente fissato per i reati contravvenzionali, la data di prescrizione degli stessi deve essere individuata nel 11 luglio 2012.

 

 

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

 

 

P.Q.M.

 

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

 

 

Così deciso in Roma il 27 aprile 2011

 

DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 17 MAG. 2011

 

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