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L'importo versato
da un terzo al fine di estinguere lo scoperto per cui aveva prestato
fideiussione può essere opposto al fallimento-
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 6 maggio 2011, n.
10004 -101 professionisti.it
Quando un terzo versa sul conto corrente del debitore, e
dopo il fallimento di costui, una somma corrispondente
allo scoperto del conto stesso, per il quale esso terzo
aveva prestato fideiussione, e risulti altresì
l'inesistenza di debiti verso il fallito da parte del
terzo, deve ritenersi che costui abbia adempiuto il
proprio debito fideiussorio, restando pertanto il
relativo accreditamento sottratto alla dichiarazione di
inefficacia di cui all'art. 44 L. Fall.. (Corte di
Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 6 maggio 2011,
n. 10004)
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 6
maggio 2011, n. 10004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24108/2005 proposto da:
CA. SA. GI. S.P.A. - GR. BA. CR. VA. (C.F. (OMESSO)), in
persona dei legali rappresentanti pro tempore,
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall'avvocato TORRISI Giuseppe
Vincenzo, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO DELLA C.E.A.F. S.R.L. (C.F. (OMESSO)), in
persona del Curatore avv. AN. IS. , elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 32, presso
l'avvocato FRANCIOSA GIORGIO (STUDIO LEGALE FRANCIOSA),
rappresentato e difeso dall'avvocato FINOCCHIARO Elena,
giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 259/2005 della CORTE D'APPELLO di
CATANIA, depositata il 05/03/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica
udienza del 25/02/2011 dal Consigliere Dott. CARLO DE
CHIARA;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato GIUSEPPE VINCENZO
TORRISI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso
per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il fallimento della Ce. soc. coop. a r.l., dichiarato
con sentenza del 26 febbraio 1991, nel marzo 1996
convenne in giudizio davanti al Tribunale di Siracusa la
Ca. S. Gi. s.p.a., esponendo che nel conto corrente
della cooperativa fallita risultavano annotati
versamenti eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento.
Assumendone l'inefficacia ai sensi della L.F., articolo
44, chiese quindi il rimborso del corrispondente importo
di lire 133.000.000; in subordine chiese il medesimo
rimborso invocando l'articolo 78 o la revoca dei
versamenti ai sensi dell'articolo 67 della stessa legge.
La Cassa si difese sostenendo che si trattava di
pagamenti di terzi fideiussori, da essa escussi con
decreto ingiuntivo ed iscrizioni ipotecarie, fino a
raggiungere un accordo transattivo.
Il Tribunale di Siracusa accolse la domanda. Ritenne non
opponibile alla curatela, in quanto privo di data certa,
l'atto di transazione prodotto dalla Cassa, e dunque
considero' i versamenti, di cui non era stato provato il
titolo, quali beni sopravvenuti al fallimento,
automaticamente acquisiti alla massa ai sensi della
L.F., articolo 42.
La Corte d'appello di Catania respinse poi il gravame
della Ca. S. Gi. , osservando (per quanto ancora rileva)
che l'atto di transazione prodotto dalla Cassa era privo
di data certa, dunque non era opponibile al fallimento,
e tanto bastava a destituire di fondamento la tesi
dell'appellante secondo cui i pagamenti erano stati
eseguiti dai fideiussori per estinguere un debito
proprio e non della cooperativa fallita. Inoltre i
pagamenti erano stati effettuati allorche' il conto
corrente risultava gia' chiuso da diverso tempo, e cio'
rendeva indubitabile che i medesimi erano finalizzati a
ridurre il debito della fallita e non a pagare un debito
personale dei fideiussori; il che era anche confermato
dalla circostanza che i versamenti erano stati eseguiti
da alcuni soltanto dei fideiussori stessi e non
coprivano l'intero importo a debito della cooperativa.
In definitiva i versamenti, "dovendosi considerare
essere stati eseguiti dai terzi per conto della societa'
fallita, andavano inquadrati nell'ambito di
quell'attivita' preclusa al fallito ai sensi della L.F.,
articoli 42 e 44".
La Ca. S. Gi. s.p.a. ha quindi proposto ricorso per
cassazione per due motivi. Il fallimento ha resistito
con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Va preliminarmente dato atto dell'eccezione della
curatela controricorrente di inesistenza della notifica
del ricorso perche' richiesta da soggetto diverso dalla
parte del rapporto processuale (richiedente essendo tale
rag. de. Ma.Gi. , effettivamente non menzionato,
nell'epigrafe del ricorso, tra i soggetti in persona dei
quali la ricorrente sta in giudizio).
1.1. - L'eccezione e' infondata, perche' l'attivita' di
impulso del procedimento notificatorio - consistente
essenzialmente nella consegna dell'atto da notificare
all'ufficiale giudiziario - puo', dal soggetto
legittimato, e cioe' dalla parte o dal suo procuratore
in giudizio, essere delegata ad altra persona, anche
verbalmente, e in tal caso l'omessa menzione, nella
relazione di notifica, della persona che materialmente
ha eseguito l'attivita' suddetta, ovvero (come nel
nostro caso) della sua qualita' di incaricato del
legittimato, e' irrilevante ai fini della validita'
della notificazione se, alla stregua dell'atto da
notificare, risulta egualmente certa la parte a istanza
della quale essa deve ritenersi effettuata. Tale
principio opera per l'atto di citazione, per il ricorso
in cassazione e, in genere, per gli atti di parte
destinati alla notificazione, la quale deve essere
imputata alla parte medesima, con la conseguenza che le
omissioni suddette non danno luogo a inesistenza o
nullita' della notificazione (Cass. Sez. Un. 9213/1990 e
successive conformi).
2. - Con entrambi i motivi di ricorso, denunciando
violazione di norme di diritto e vizio di motivazione,
si lamenta che la Corte d'appello, pur riconoscendo che
i versamenti provenivano da fideiussori della
cooperativa fallita, abbia tuttavia concluso che gli
stessi avevano lo scopo di ridurre il debito della
societa', piuttosto che quello di estinguere il debito
dei fideiussori, sol perche' affluiti su un conto
corrente formalmente chiuso e perche' effettuati da
alcuni soltanto dei garanti.
2.1. - Piu' in particolare, con il primo motivo si
deduce che, cosi' facendo, la corte abbia: a) trascurato
che il dato formale del versamento sul conto della
societa' fallita era superato dal dato sostanziale della
volonta' di adempiere all'obbligazione fideiussoria,
inequivocabilmente risultante dai documenti prodotti
dalla banca, quali in particolare il decreto ingiuntivo
nei confronti dei fideiussori, la nota di iscrizione di
ipoteca giudiziale contro i medesimi, la nota di
cancellazione della stessa dopo l'esecuzione dei
versamenti; b) violato il principio secondo cui il
versamento del fideiussore sul conto corrente passivo
del fallito deve intendersi quale pagamento del suo
debito fideiussorio, ove non risulti che egli fosse
altresi' debitore del fallito; c) che la motivazione
dell'assunto dei giudici di appello sia carente o
contraddittoria, in particolare perche' alle modalita'
di registrazione contabile del versamento non possono
attribuirsi effetti giuridici propri, e perche' non era
stata valutata la possibilita' che i garanti avessero
pagato solo parte del debito allo scopo di ottenere la
cancellazione dell'ipoteca.
2.2. - Con il secondo motivo si deduce che i giudici non
hanno tenuto conto di tutte le circostanze indicate a
dimostrazione che i versamenti erano stati eseguiti in
virtu' dell'obbligo fideiussorio e allo scopo di
ottenere la cancellazione dell'ipoteca giudiziale, e che
non e' onere della banca creditrice provare l'assenza di
debiti del fideiussore adempiente nei confronti del
debitore principale fallito, al fine di dimostrare che
il medesimo abbia appunto adempiuto al suo obbligo
fideiussorio.
2.3. - I due motivi, tra loro connessi, vanno esaminati
congiuntamente ed accolti sotto l'assorbente profilo
della violazione di legge.
Da tempo, invero, questa Corte ha chiarito che il
principio di autonomia contrattuale consente che il
fideiussore di uno scoperto di conto corrente bancario
estingua il proprio debito fideiussorio in modo
indiretto, ossia mediante accreditamento della somma sul
conto perche' la banca se ne giovi, anziche' in modo
diretto, ossia mediante versamento alla banca. Pertanto,
allorche' un terzo versi sul conto corrente del
debitore, e dopo il fallimento di costui, una somma
corrispondente allo scoperto del conto stesso, per il
quale esso terzo aveva prestato fideiussione, e risulti
altresi' l'inesistenza di debiti verso il fallito da
parte del terzo, deve ritenersi che costui abbia
adempiuto il proprio debito fideiussorio, restando
pertanto il relativo accreditamento sottratto alla
dichiarazione di inefficacia di cui alla L.F., articolo
44 (Cass. 7695/1998 e 13834/2002, nonche', nello stesso
ordine di idee, ma con riguardo a versamenti anteriori
alla dichiarazione del fallimento ed effettuati su conto
corrente ancora aperto, Cass. 17532/2003, 16874/2005,
resa a sezioni unite, 13092/2008, 18234/2009, che hanno
escluso l'assoggettabilita' a revoca ai sensi della
L.F., articolo 67).
Nel nostro caso, l'inesistenza di debiti dei fideiussori
nei confronti della cooperativa fallita e' pacifica,
anzi e' addirittura pacifico che il versamento eseguito
dai primi sul conto corrente della seconda costituiva
pagamento del debito da saldo passivo del conto stesso;
sicche' non residuava alcuno spazio per porre in dubbio
che quei versamenti fossero stati fatti, al di la' della
forma assunta dalla loro contabilizzazione (sul
carattere neutro dell'annotazione in conto corrente e la
necessita' di considerare, invece, il titolo e la causa
di essa per accertarne le conseguenze giuridiche, cfr.
Cass. Sez. Un. 16874/2005, cit.), alla banca ad
estinzione del debito dei fideiussori (nonche',
contemporaneamente, del debito principale della
cooperativa, com'e' tipico del rapporto fideiussorio) e
non alla cooperativa (gia') titolare del conto.
3. - In accoglimento della predetta censura, la sentenza
impugnata va dunque cassata. Peraltro, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo'
essere decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 384
c.c., comma 1, ult. parte, con il rigetto della domanda
del fallimento.
Quanto alle spese processuali, e' equo compensare quelle
del giudizio di primo grado, in considerazione
dell'ignoranza, da parte della curatela, della causale
dei versamenti, indicata dalla banca nelle sue difese
processuali; le spese dei gradi successivi, invece,
vanno poste a carico della parte soccombente e sono
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda
del fallimento; dichiara compensate fra le parti le
spese del giudizio di primo grado; condanna il
fallimento alle spese del giudizio di appello e del
giudizio di cassazione, liquidate rispettivamente in
euro 4.151,00, di cui euro 931,00 per diritti e euro
3.120,00 per onorari, e in euro 3.700,00, di cui euro
3.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori
di legge.