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Gli eredi del conduttore che continuano ad occupare, senza titolo, l'immobile locato al loro dante causa, nonostante la convalida di licenza per finita locazione sono tenuti al pagamento dell'indennità di occupazione-101 professionisti.it

 

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Gli eredi del conduttore, i quali, dopo la sua morte, continuino ad occupare, senza titolo, l'immobile locato al loro dante causa, nonostante l'intervenuta convalida della licenza per finita locazione a quest'ultimo intimata, sono tenuti al pagamento, dal momento di detto decesso, dell'indennità di occupazione ai sensi dell'art. 1591 cod. civ., e non già del canone secondo le scadenze pattuite, perché, cessato il rapporto di locazione, la protrazione della detenzione costituisce inadempimento dell'obbligo di restituzione della cosa locata anche quando è consentita dalla legge di sospensione degli sfratti, e la liquidazione del relativo danno, da riconoscersi fino all'effettivo rilascio dell'immobile, deve essere effettuata in base all'art. 1-bis del d.l. 31 dicembre 1988, n. 551 (convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 1989, n. 61), senza che possa avere alcuna rilevanza al riguardo la diversa misura inferiore stabilita nel contratto (ormai conclusosi) a titolo di indennità di mora per il ritardo nel pagamento del canone.

 Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 11 maggio 2010, n. 11373

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE TERZA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. VARRONE Michele - Presidente

 

Dott. FILADORO Camillo - rel. Consigliere

 

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

 

Dott. AMBROSIO Annamaria - Consigliere

 

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

 

 

 

SENTENZA

 

sul ricorso 17997/2006 proposto da:

 

MO. CA. (OMESSO), GA. OR. (OMESSO), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALDAGNO 27, presso lo studio dell'avvocato BASSO Tommaso, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato GUIDA GIUSEPPE giusta delega in calce al ricorso;

 

- ricorrente -

 

contro

 

RU. MA. (OMESSO);

 

- intimata -

 

sul ricorso 22019/2006 proposto da:

 

RU. MA. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell'avvocato BOZZI GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ZANONI PIER LUIGI giusta delega a margine del controricorso e ricorso addentale;

 

- ricorrente -

 

contro

 

MO. CA. , GA. OR. ;

 

- intimati -

 

avverso la sentenza n. 419/2005 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, Sezione Prima Civile, emessa il 4/5/2005, depositata il 24/05/2005, R.G.N. 1519/2004;

 

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 08/04/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

 

udito L'Avvocato TOMMASO BASSO;

 

udite il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con sentenza 4-24 maggio 2005 la Corte d'appello di Genova, in riforma della decisione del locale Tribunale del 29 giugno 2004, ed in parziale accoglimento dell'appello proposto da Mo. Ca. e Ga.Or. , condannava la originaria convenuta Ru.Ma. a corrispondere la somma di euro 1.859.24, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali dalle singole scadenze. La Corte territoriale rigettava integralmente la domanda riconvenzionale proposta dalla Ru. M. .

 

Osservavano i giudici di appello che il punto nodale della controversia riguardava la individuazione della eventuale esistenza tra le parti di un contratto di locazione.

 

Una volta cessata la locazione al (OMESSO), a seguito di licenza per finita locazione convalidata con ordinanza 27 giugno 1985 nei confronti del conduttore Ra.Gu. (padre della Ru. ), quest'ultimo era divenuto occupante senza titolo dell'appartamento di proprieta' delle originarie attrici, sito in (OMESSO).

 

Pertanto, dopo la sua morte ((OMESSO)), doveva ritenersi che la moglie di lui, Pa.Io. , fosse a sua volta divenuta occupante senza titolo, in forza del rapporto di fatto ed autonomo con l'immobile.

 

Non poteva ritenersi verificata alcuna successione nella locazione in favore della moglie del Ra. G. , non potendosi subentrare in un rapporto di fatto.

 

Doveva escludersi che il mero ricevimento di somme con la indicazione del titolo di "canone" - senza contestazione da parte delle locatrici - avesse determinato la rinnovazione del contratto, in mancanza della qualita' di conduttrice in capo alla Pa. .

 

Era, infatti, chiara la volonta' delle locatrici di ritenere gli importi mensili corrisposti a titolo di indennita' di occupazione.

 

Non poteva ricavarsi l'esistenza di una volonta' di rinunciare agli effetti della intimazione e di concludere un nuovo contratto di locazione dalla semplice mancanza di atti esecutivi, protratta per alcuni anni.

 

Del resto, la stessa Ru. M. era ben consapevole della propria situazione di occupante senza titolo, come risultava dalla lettera del 18 maggio 1999.

 

Il (OMESSO) era deceduta anche la Pa. ed a questo punto, la figlia di lei, Ru.Ma. , aveva continuato l'occupazione.

 

Una volta esclusa la qualita' di conduttore in capo alla Pa. , e pertanto alla Ru. M. , quale successore della madre - osservavano i giudici di appello - doveva concludersi che non erano invocabili ne' l'articolo 1591 c.c., che prevede e disciplina i danni da ritardata restituzione della cosa a carico del conduttore, ne' la Legge n. 431 del 1998, articolo 6, comma 6, che, a sua volta, disciplina il danno da ritardato rilascio del conduttore durante i periodi di sospensione della esecuzione.

 

Cio', quanto meno, fino al (OMESSO), epoca in cui era deceduta la madre della convenuta Ru. M. .

 

La richiesta di maggiorazione ISTAT e di rimborso degli oneri accessori era anche essa inammissibile, riguardando la stessa "causa petendi" del contratto di locazione, escluso nella sentenza di appello.

 

Del tutto nuova, e pertanto inammissibile, era infine la prospettazione di arricchimento senza causa della Ru. M. , per mancato pagamento degli oneri accessori.

 

La Corte territoriale accoglieva, peraltro, la domanda di risarcimento danni, relativamente al periodo di occupazione senza titolo (dal (OMESSO) al (OMESSO)), sulla base delle prove che i terzi avevano offerto un canone di locazione superiore alla indennita' di occupazione corrisposta dalla Ru. M. .

 

Sulla differenza tra quanto ottenibile dal terzo e quanto effettivamente percepito dalle locatrici, i giudici di appello riconoscevano la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT oltre agli interessi al tasso legale, sulle somme anno per anno rivalutate (trattandosi di credito di valore).

 

Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione le originarie attrici, Mo. e Ga. , con quattro distinti motivi, illustrati da memoria.

 

Resiste Ru.Ma. con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, sorretto da un unico motivo.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei ricorsi, proposti contro la medesima decisione.

 

Appare opportuno, per evidenti ragioni di ordine logico, esaminare per primo il ricorso incidentale proposto da Ru.Ma. .

 

Con esso la ricorrente incidentale rileva che il contratto di locazione, a suo tempo esistente con Ga.Ta. , era stato rinnovato in favore della moglie, Pa. . La attuale ricorrente, Ru.Ma. , era poi succeduta nel rapporto, dopo la morte della madre.

 

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale non si era verificata alcuna ultrapetizione rispetto alla domanda proposta dalla Ru. M. nel giudizio di primo grado.

 

Sin dalla comparsa di costituzione 20 gennaio 2000, infatti, la Ru. M. aveva proposto domanda riconvenzionale, sostenendo che la madre non occupava senza titolo l'appartamento delle locatrici, ma lo conduceva in locazione, con l'esplicito assenso delle locatrici.

 

Del tutto giustificata era dunque la richiesta di restituzione di quanto corrisposto in piu', in violazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 79.

 

Il ricorso incidentale e' privo di fondamento.

 

La Corte territoriale ha rilevato il vizio di ultrapetizione nel quale era incorso il primo giudice, osservando che il Tribunale aveva accolto una tesi neppure avanzata dalla Ru. M. , ritenendo non la successione nel contratto, ma la rinnovazione dello stesso, che si sarebbe verificata, dopo la notifica del precetto di rilascio del maggio 1993, dapprima con la Pa. e poi, dopo la morte di lei, con la Ru. M. , erede convivente.

 

Da tale, corretta, premessa, i giudici di appello hanno fatto discendere la reiezione della domanda riconvenzionale, intesa ad ottenere la ripetizione di quanto corrisposto in piu', rispetto all'equo canone.

 

E' ora possibile esaminare il ricorso principale proposto da Mo. e Ga. .

 

Con il primo motivo le ricorrenti principali deducono la violazione del combinato disposto degli articoli 99 e 112 c.p.c. e articolo 2907 c.c., nonche' motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

 

Le ricorrenti principali avevano, sin dall'atto introduttivo, proposto domanda di risarcimento per la ritardata restituzione e per la occupazione abusiva dell'immobile per tutto il periodo dall'(OMESSO) sino al (OMESSO) e per quello successivo sino al settembre 1999, chiamando in giudizio Ru.Ma. , per il primo periodo, nella qualita' di unica erede della madre, Pa. Io. , e quanto al secondo periodo, in proprio.

 

La Corte territoriale aveva premesso che, a seguito della convalida della licenza per finita locazione, l'ex conduttore Ra. G. aveva occupato senza titolo l'appartamento, fino alla morte, avvenuta il (OMESSO). Successivamente la occupazione era continuata da parte della moglie, Pa.Io. , sino al suo decesso avvenuto il (OMESSO), ed infine dalla figlia di lei, Ru. Ma. , che aveva rilasciato l'immobile in data (OMESSO).

  Tanto premesso in punto di fatto, i giudici di appello rigettavano la domanda delle due locatrici, per il primo periodo, sulla base del rilievo che l'articolo 1591 c.c. e la Legge n. 431 del 1998, articolo 6, comma 6 (per i periodi, di sospensione della esecuzione ope iudicis ed ope legis) non erano invocabili, in quanto in capo alla Pa. e, pertanto, anche della Ru. M. , quale successore, mancava la qualita' di conduttrici, necessaria per la applicazione delle norme. L'articolo 1591 c.c. - hanno sottolineato i giudici di appello e' un criterio risarcitorio applicabile solo nei confronti di cui abbia rivestito la qualita' di conduttore: esso, pertanto, non era applicabile nei confronti di chi - come appunto la Ru. M. - non avesse avuto la titolarita' di un pregresso rapporto locatizio.

 

Erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto che la "causa pretendi" della azione proposta dalle due locatrici fosse basata solo sull'articolo 1591 c.c..

 

Tali conclusioni sono espressamente censurate dalle ricorrenti principali, le quali deducono che, anche in ipotesi di responsabilita' extracontrattuale dell'occupante senza titolo, il giudice di merito ben avrebbe potuto fare riferimento al criterio dettato dalla Legge n. 431 del 1998, articolo 6, comma 6, utilizzandolo come parametro di riferimento del valore locativo del bene da assumere a quantificazione monetaria del pregiudizio sofferto del locatore.

 

In effetti, l'applicazione diretta dell'articolo 1591 c.c., era stata richiesta solo con riferimento alla obbligazione di natura contrattuale dell'ex conduttore Ra. G. (quindi per il primo periodo dall'(OMESSO) all'(OMESSO)).

 

La motivazione adottata dai giudici di appello era da considerare comunque contraddittoria: poiche', da un lato, gli stessi giudici avevano sottolineato che era risultata chiara la volonta' delle locatrici di escludere un rapporto di locazione, prima con la madre della Ru. M. , e poi con questa ultima, dall'altro, avevano individuato la "causa petendi" della domanda risarcitoria - riferita all'intero periodo di occupazione senza titolo, come basata sull'articolo 1591 c.c..

 

La realta' era ben diversa: infatti, le due locatrici avevano fatto riferimento all'articolo 1591 c.c., solo per quanto riguarda la obbligazione posta a carico dell'ex conduttore ed avevano invece - fatto riferimento alla Legge n. 431 del 1998, articolo 6, comma 6 (anche per i periodi di occupazione da parte della moglie dell'ex conduttore) soltanto per indicare un preciso parametro del valore locativo dell'immobile dia assumere a quantificazione monetaria del pregiudizio economico subito.

 

Con il secondo motivo le due ricorrenti principali deducono la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell'articolo 1591 c.c. e della Legge n. 431 del 1998, articolo 6, comma 6, e dei principi generali di diritto (articolo 752 c.c.) disciplinanti il trasferimento "iure ereditario" delle obbligazioni scadute e non soddisfatte dal "de cuius" al momento della avvenuta successione, nonche' omesso esame di un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

 

I giudici di appello avevano - preliminarmente rilevato che il Ra. G. , alla data del decesso, doveva considerarsi semplicemente come occupante senza titolo.

 

Da tale, ineccepibile, premessa, la Corte territoriale ha - tuttavia - tratto una conseguenza errata: e cioe' la inapplicabilita', al caso di specie, delle disposizioni dell'articolo 1591 c.c., che detta disposizioni in materia di danni da ritardata restituzione dell'immobile da parte dell'ex conduttore.

 

In effetti, la Ru. M. era stata chiamata in giudizio perche' erano state poste a suo carico tre distinte obbligazioni, alcune di natura extracontrattuale ((OMESSO) e (OMESSO)) e l'altra, di natura contrattuale, originata dalla occupazione senza titolo del marito della propria madre ((OMESSO)).

 

Questa ultima obbligazione, quanto meno, doveva essere inquadrata nella responsabilita' contrattuale, ex articolo 1591 c.c..

 

La azione di danno per ritardata restituzione della cosa locata, di cui all'articolo 1591 c.c., ha natura contrattuale, poiche' trae origine dall'inadempimento dell'obbligo di restituire la cosa stessa alla scadenza del rapporto locatizio.

 

Rilevano le ricorrenti principali che, nel caso di specie, la obbligazione ex articolo 1591 c.c., relativa al primo periodo - gravante sull'ex conduttore - si era trasferita sulla moglie convivente che nella sua qualita' di unica erede, era succeduta nella titolarita' dei rapporti passivi.

 

Il trasferimento non aveva, tuttavia, inciso sulla natura contrattuale della obbligazione.

 

I giudici di appello avevano rigettato la intera domanda risarcitoria, per tutto il periodo dal (OMESSO) al (OMESSO) (con esclusione del periodo marzo-settembre), ritenendo erroneamente che le locatrici avessero dedotto esclusivamente una obbligazione di natura contrattuale, peraltro a carico della moglie dell'ex conduttore (anziche' di quest'ultimo).

 

Con il terzo motivo, le due ricorrenti principali denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112 e 345 c.p.c. e del combinato disposto degli articoli 1173 e 2041 c.c., nonche' l'omesso esame e motivazione contraddittoria in ordine a punti decisivi della controversia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 (in ordine al rigetto della domanda di indennizzo per il pagamento degli oneri accessori relativi all'ultimo periodo giugno 1998-settembre 1999, nel quale la Ru. M. aveva continuato ad occupare senza titolo l'appartamento, dopo la morte della madre.

 

Osserva il Collegio:

 

I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono fondati nei limiti di seguito indicati.

 

Si richiama la giurisprudenza di questa Corte, per la quale (Cass., 25 febbraio 2009 n. 4484):

 

"Il conduttore rimasto nella detenzione dell'immobile dopo la cessazione del contratto (nella specie, accertata giudizialmente) e' tenuto al pagamento, da tale momento, dell'indennita' di occupazione ai sensi dell'articolo 1591 cod. civ., e non gia' del canone secondo le scadenze pattuite, perche', cessato il rapporto di locazione, la protrazione della detenzione costituisce inadempimento dell'obbligo di restituzione della cosa locata anche quando e' consentita dalla legge di sospensione degli sfratti, e la liquidazione del relativo danno, da riconoscersi fino all'effettivo rilascio dell'immobile, deve essere effettuata in base al Decreto Legge n. 551 del 1988, articolo 1 bis (convertito, con modif., dalla Legge n. 61 del 1989), senza che possa avere alcuna rilevanza al riguardo la diversa misura inferiore stabilita nel contratto (ormai conclusosi) a titolo di indennita' di mora per il ritardo nel pagamento del canone" Cfr. anche per qualche riferimento Cass. S.U. 3 novembre 2009 n. 23198).

 

Nulla impedisce, poi, che lo stesso criterio, sopra indicato, sia adottato per la ipotesi in cui gli eredi del conduttore, dopo la sua morte, continuino ad occupare senza titolo - l'immobile locato dal loro dante causa. Il criterio di ragionevolezza piu' volte richiamato dalla sentenza n. 482 del 2000 della Corte Costituzionale consente di giungere a tali conclusioni.

 

Del tutto infondate sono poi le questioni sollevate dalla ricorrente incidentale nel controricorso:

 

- quanto alla eccezione di prescrizione quinquennale, si rileva che la indennita' da ritardata restituzione dell'immobile e' sottoposta a prescrizione decennale (articolo 2946 c.c.);

 

- quanto al dedotto mutamento della domanda, correttamente i giudici di appello hanno precisato che le modificazioni apportate dalle appellanti alla richiesta relativa al periodo (OMESSO)- (OMESSO) erano conseguenti alla pronuncia della Corte Costituzionale n, 482 del 2000, di incostituzionalita' della Legge n. 431 del 1998, articolo 6, comma 6, e riguardavano, comunque, solo il criterio risarcitorio da adottare;

 

- quanto alla nullita' del contratto di locazione perche' non munito di decreto di abitabilita', si tratta di questione nuova, dedotta per la prima in questa sede. Tale rilievo rende superfluo l'esame della deduzione, formulata dalle ricorrenti principali, secondo la quale per l'alloggio dato in locazione al Ra. G. era stata concessa sanatoria in data (OMESSO) in quanto le opere edilizie, dirette al mutamento di destinazione d'uso dell'immobile, erano state da tempo eseguite, ben prima della stipulazione del contratto di locazione;

 

- quanto alla violazione dei criteri di riparto dell'onere della prova ed al deposito di memorie non autorizzate, valgono le considerazioni svolte nella memoria ex articolo 378 c.p.c., delle locatrici, anche con riferimento alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il locatore puo' dimostrare, con ogni mezzo, la esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio in relazione alle condizioni dell'immobile, alla sua ubicazione ed alla possibilita' di una utilizzazione;

 

- quanto alla violazione dell'articolo 1227 c.c., per avere le locatrici accettato per molti anni il pagamento di importi con la indicazione del titolo di "canone di Locazione" senza muovere alcuna contestazione, si richiama la giurisprudenza di questa Corte, per la quale la nozione di ordinaria diligenza e quella di correttezza e buona fede non puo' essere dilatata fino a ricomprendervi attivita' gravose, implicanti spese di notevole rilievo e, segnatamente, che il danneggiato non e' tenuto ad adire giudizialmente contro il debitore per chiedere l'adempimento della obbligazione, ne' in via cognitiva ne' in via esecutiva (Cass. 27 giugno 2007 n. 14853, 29 settembre 2005 n. 19139, 29 settembre 1999 n. 10763, 14 agosto 1997 n. 7618, 14 maggio 1997 n. 4232);

 

- quanto alla inammissibilita' e difetto di prova delle domande ex articolo 2041 c.c., relative alla domanda di pagamento di oneri accessori (per euro 1.037,27), sostenuto dalle locatrici, le locatrici hanno richiamato la documentazione in atti, sulla quale la Corte territoriale non ha preso posizione (il primo giudice aveva respinto la domanda ritenendo che non fossero stati prodotti i documenti giustificativi).

 

Devono essere dichiarati assorbiti gli ultimi due motivi del ricorso principale, relativi al regolamento delle spese del giudizio di appello (integralmente compensate per entrambi i gradi del giudizio, con il rigetto implicito della istanza di condanna al risarcimento del danno, ex articolo 96 c.p.c.).

 

Conclusivamente, deve essere rigettato il ricorso incidentale, accolti i primi tre motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri.

 

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altro giudice che procedera' a nuovo esame, attenendosi al principio di diritto sopra enunciato. Il giudice di rinvio provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso incidentale, accoglie, per quanto di ragione, i primi tre motivi del ricorso principale, assorbitagli altri.

 

Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

 

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