La procura conferita dalla parte al
difensore nel processo di cognizione è intesa non
soltanto al conseguimento del provvedimento
giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte
medesima del bene oggetto della controversia, ma anche
dell’attuazione concreta del comando giurisdizionale,
cioè al conseguimento di quel bene attraverso
l’esecuzione forzata, quando manchi la spontanea
ottemperanza della controparte al comando;
conseguentemente detta procura, in mancanza di espressa
limitazione - e particolarmente quando sia specificato
che i poteri del difensore medesimo si estendono ad ogni
stato e grado del procedimento - attribuisce lo ius
postulandi anche in relazione al processo di esecuzione
Cassazione, sez. III, 23 maggio
2011, n. 11311
(Pres. Trifone – Rel. De Stefano)
Svolgimento del processo
1.1. D. F. V. si oppose, con atto
del 2.4.02, al precetto di pagamento (che le parti
indicano in data 26.3.02) per L. 47.299.434 intimatogli
da E. C. in forza di precedenti sentenze nn. 151/94
della Corte di Appello di Lecce e 1286/87 del Tribunale
di quella città, proponendo almeno sei questioni: la
carenza di condanna nei confronti suoi propri,
trattandosi di sentenze contro la V sas; la mancata
previa notifica della sentenza del tribunale; la carenza
di previa escussione del patrimonio sociale; il difetto
di mandato in capo al procuratore che aveva intimato il
precetto; la mancata estensione della procura alla fase
esecutiva; la prescrizione del debito e l’eccessività
del preteso.
1.2. L’opposto, costituendosi:
dedusse l’estensione al socio accomandatario V. sia del
titolo conseguito contro la s.a.s. che del mandato anche
alla fase esecutiva; negò la necessità della notifica
della sentenza del tribunale, siccome assorbita da
quella di appello; addusse di avere previamente ma
vanamente escusso il patrimonio sociale; eccepì la
tardività delle doglianze di difetto di mandato in capo
al procuratore o di non estensione del mandato alla fase
esecutiva; contestò l’eccepita prescrizione; proclamò la
corrispondenza del precettato a quanto risultante dal
titolo; comunque ed in via subordinata dispiegò domanda
riconvenzionale per la condanna dell’opponente al
pagamento delle somme come liquidate nelle azionate
sentenze.
1.3. L’adito giudice della sezione
distaccata di Campi Salentina del Tribunale di Lecce,
con sentenza 29.1.04, accolse il primo motivo di
opposizione - incentrato sulla carenza di titolo
esecutivo - e dichiarò assorbiti gli altri.
1.4. Il C. propose appello con atto
2.3.04, cui resistette il V., dapprima eccependone
l’inammissibilità, ma poi riproponendo con appello
incidentale gli altri motivi di opposizione che erano
stati dichiarati assorbiti dal primo giudice.
2. La Corte di appello salentina,
con sentenza n. 636/06, pubbl. il 25.9.06:
2.1. ritenne correttamente
dispiegato l’appello, avendo il primo giudice accolto,
tra tutti i motivi di opposizione, uno che doveva
qualificarsi come opposizione ad esecuzione;
2.2. senza esaminare l’appello
principale, ritenendosi competente sui motivi di appello
incidentale ritenuti ritualmente riproposti
dall’opponente, qualificò tempestivo quello di carenza
di valido mandato ad agire nei confronti del V.o e lo
ritenne fondato nel merito: in quanto la procura
conferita dal C. al suo difensore avv. S. P. a margine
dell’atto di citazione a suo tempo notificato alla V
s.a.s., contenente la domanda di condanna di
quest’ultima società, non avrebbe potuto consentire a
detto legale, quale sottoscrittore del precetto, di
intimare, quale rappresentante e difensore del C., il
pagamento anche al V., per l’insuperabile diversità tra
destinatario della condanna e dell’intimazione del
pagamento;
2.3. rilevò l’inammissibilità del
motivo di appello principale sull’omesso esame della
domanda riconvenzionale subordinata di condanna del V.
direttamente ed in proprio al pagamento di una somma
pari a quella già oggetto della condanna nei confronti
della s.a.s., ritenendo preclusa dalla riscontrata
nullità del precetto ogni ulteriore indagine sulla
sussistenza dell’obbligazione del V. quale
accomandatario e comunque reputando la domanda carente
di causa petendi, siccome limitata all’allegazione della
qualità di accomandatario;
2.4. dichiarò la nullità del
precetto e degli atti esecutivi successivi, nonché
inammissibile ed assorbito l’appello principale, nonché
la domanda riconvenzionale dispiegata dall’opposto in
prime cure, con compensazione delle spese del grado.
3. Avverso tale sentenza,
notificata il 2.10.06, propone ricorso per cassazione il
C., affidandosi a due complessi motivi, articolati il
primo su quattro ed il secondo su sei profili distinti;
resiste con controricorso il V.; ed alla pubblica
udienza del 15.4.11, nessuna delle parti avendo
presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.,
compare per la discussione il solo procuratore del
controricorrente.
Motivi della decisione
4. Il ricorrente formula i seguenti
motivi:
4.1. contestando la ratio decidendi
di inesistenza di valido mandato a procedere
esecutivamente:
4.1.1. si duole in primo luogo
(motivo 1.A) di violazione e falsa applicazione di norme
di diritto (artt. 83, 125, 480, 491 c.p.c. e 1387 e 1392
c.c.), perché il precetto non è atto del giudizio e,
avendo natura sostanziale, la procura ad esso relativa
non è necessaria e comunque può intervenire anche
successivamente alla sua formazione, cosa avvenuta con
la costituzione a margine della comparsa di costituzione
contenente la domanda riconvenzionale; e formula il
seguente quesito: se, ai fini della validità
esclusivamente del precetto, sia necessario il
conferimento di preventiva procura all’avvocato che lo
intimi per il creditore;
4.1.2. si duole poi (motivo 1.B) di
violazione e falsa applicazione di norme di diritto
(artt. 83, 125, 480 c.p.c. e 1387 e 1389 c.c.), perché
comunque, per la vista natura sostanziale del precetto,
era possibile la ratifica, avutasi con il richiamato
mandato a margine della comparsa di costituzione; e
formula il seguente quesito: se, per il precetto, il
potere rappresentativo all’avvocato intimante possa
essere conferito dopo la notifica dell’atto o comunque
oggetto di ratifica dell’interessato ex art. 1399 c.c.;
4.1.3. lamenta, ancora (motivo
1.C), violazione e falsa applicazione di norme di
diritto (artt. 83, 125, 159 c.p.c. e 1367, 1708 e 2313
c.c.), perché il mandato sussisteva comunque in base a
quello conferito per il giudizio di merito contro la
società, da intendersi esteso a tutte le azioni
esecutive tendenti a conseguire il pagamento
eventualmente conseguitone; e formula il seguente
quesito: se il mandato conferito al difensore per agire
in via esecutiva contro una società di persone consenta
l’esperimento dell’azione anche nei confronti dei soci
illimitatamente responsabili;
4.1.4. adduce infine (motivo 1.D)
un vizio di motivazione (in riferimento al precedente
motivo 1.C ed agli artt. 132 co. 1 n. 4 cod. proc. civ.
e 118 disp. att. c.p.c.), relativamente all’esistenza di
un mandato ad agire esecutivamente anche nei confronti
del socio accomandatario ed al ruolo della procura
conferita successivamente; ma non formula il momento di
riepilogo o sintesi prescritto dall’art. 366-bis cpv.
c.p.c.;
4.2. contestando altresì il rigetto
del motivo di appello relativo alla disattesa
riconvenzionale:
4.2.1. si duole (motivo 2.A) della
nullità della sentenza (artt. 112 e 132 n. 4 c.p.c., 118
co. 1 e 2 disp. att. c.p.c.), concludendo con il quesito
seguente: se sia o meno nulla la sentenza che pur
contenendo una motivazione ometta di indicare gli
elementi di fatto e/o di diritto che sorreggono la
motivazione stessa;
4.2.2. si duole (motivo 2.B) di
vizio di motivazione, riferito alla valutazione di
inammissibilità della riconvenzionale come conseguenza
della nullità del precetto; ma non formula il momento di
sintesi o di riepilogo prescritto dall’art. 366-bis cpv.
c.p.c.;
4.2.3. si duole (motivo 2.C) di
violazione e falsa applicazione di norme di diritto
(artt. 36 e 112 c.p.c.), per l’autonomia della
riconvenzionale e la necessità di esaminarla sol che sia
rituale, concludendo con il seguente quesito: se la
ritenuta nullità del precetto, nel relativo giudizio di
opposizione, precluda l’esame della riconvenzionale
prodotta dall’opposto nello stesso giudizio al fine
della costituzione o sostituzione del titolo;
4.2.4. si duole (motivo 2.D) di
violazione e falsa applicazione di norme di diritto
(artt. 163 n. 3 e 4 c.p.c.), in quanto il giudice
avrebbe potuto e dovuto ricavare la causa petendi dal
contesto della domanda, concludendo con il seguente
quesito: se competa al giudice la corretta
identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai
fatti dedotti in causa ritenuti nell’insieme delle
circostanze di fatto risultanti dalla domanda;
4.2.5. si duole (motivo 2. E) della
nullità della sentenza o del procedimento (in relazione
all’art. 163 n. 3 e 4 e 164 co. 4 e 5 c.p.c.), per
l’omessa concessione di termine per l’integrazione della
domanda riconvenzionale ritenuta carente, concludendo
con il seguente quesito: se il giudice di appello che
giudichi come giudice di primo grado sia o meno tenuto,
rilevata la carenza dell’esposizione dei fatti e degli
elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda
o il titolo della stessa, a concedere i termini di cui
all’art. 164 co. 5 c.p.c., per integrare la domanda;
4.2.6. si duole infine (motivo 2.F)
della nullità della sentenza o del procedimento (in
relazione all’art. 183 co. 3 c.p.c.), in quanto la
decisione sulla riconvenzionale era intervenuta sulla
base di due questioni non sottoposte al contraddittorio;
e conclude con il seguente quesito: se sia nulla o meno
la sentenza nella quale, rilevate d’ufficio questioni
non dedotte dalle parti, poste a fondamento della
decisione, il giudice abbia omesso di sottoporle alle
stesse ai fini della ritualità del contraddittorio.
5. Il V. ha, con il controricorso:
5.1. eccepito l’inammissibilità per
novità e comunque l’infondatezza del motivo sub 1.A;
5.2. eccepito la novità e la non
pertinenza della censura di cui al motivo sub 1.B;
5.3. sostenuto l’infondatezza del
motivo sub 1.C, comunque per la non estensibilità del
titolo conseguito contro la società anche nei confronti
del socio illimitatamente responsabile;
5.4. negato la fondatezza del
motivo sub 1.D, per la presenza di adeguata e congrua
motivazione;
5.5. contestato la fondatezza dei
motivi sub 2.A e 2.B, per l’equivocità e l’invalidità di
formulazione della riconvenzionale, con valutazione di
fatto insindacabile in sede di legittimità;
5.6. lamentato l’inammissibilità
del motivo sub 2.B, perché privo del prescritto quesito;
5.7. ritenuto assorbito il motivo
sub 2.C, per il carattere preclusivo di ogni altra
questione tipico dell’accoglimento dell’opposizione agli
atti esecutivi;
5.8. negato la fondatezza dei
motivi sub 2.D e 2.E, lamentandone il carattere
tautologico;
5.9. contestato la fondatezza del
motivo sub 2.F, ritenendo non riferito l’obbligo di
provocare previamente il contraddittorio agli errori
della parte che ha formulato la domanda.
6. Ritiene questa Corte che -
potendo tralasciarsi la questione della legittimità
dell’unitaria impugnazione con appello di una pronuncia
(anteriore al 1.3.06) su di una domanda che ha
sviluppato anche motivi di opposizione agli atti
esecutivi, benché questi siano stati ritenuti assorbiti
e l’accoglimento abbia riguardato un motivo di
opposizione all’esecuzione - sia preliminare e decisivo
l’esame del motivo riassunto al punto 4.1.3 ed indicato
come motivo 1.C dal ricorrente:
6.1. per principio generale il
mandato conferito per il giudizio di cognizione si
estende normalmente anche alla fase esecutiva, vale a
dire alle azioni esecutive necessarie per conseguire
l’oggetto della condanna che eventualmente si ottenesse
con l’accoglimento della domanda cui si riferisce il
mandato stesso:
6.1.1. la procura conferita dalla
parte al difensore nel processo di cognizione è intesa
non soltanto al conseguimento del provvedimento
giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte
medesima del bene oggetto della controversia, ma anche
dell’attuazione concreta del comando giurisdizionale,
cioè al conseguimento di quel bene attraverso
l’esecuzione forzata, quando manchi la spontanea
ottemperanza della controparte al comando;
conseguentemente detta procura, in mancanza di espressa
limitazione - e particolarmente quando sia specificato
che i poteri del difensore medesimo si estendono ad ogni
stato e grado del procedimento - attribuisce lo ius
postulandi anche in relazione al processo di esecuzione
(Cass. 5 aprile 2003, n. 5368; Cass. 14 dicembre 2007,
n. 26296; Cass. 29 settembre 2009, n. 20827);
6.1.2. tanto deriva dalla natura e
dalla funzione del processo esecutivo e comunque dai
rapporti tra questo ed il precedente giudizio di
cognitivo, rispetto al quale, in caso di formazione di
titolo esecutivo giudiziale, il primo mantiene una
funzione servente o di necessario complemento;
6.1.3. consegue pertanto
all’applicazione di criteri di giudizio logici prima
ancora che giuridici che colui il quale agisce in
giudizio conferendo il relativo potere ad un difensore
normalmente attribuisce a questi ogni facoltà per
conseguire il bene della vita avuto di mira con il
giudizio di cognizione: e, proprio perché si tratta di
una conseguenza normale, resta escluso da tale
estensione beninteso il caso - che però qui con tutta
evidenza non ricorre - di una positiva ed esplicita
limitazione letterale del mandato stesso alla sola fase
cognitiva;
6.2. per principio altrettanto
generale, poi:
6.2.1. la sentenza di condanna
pronunciata in un processo tra il creditore della
società ed una società di persone costituisce titolo
esecutivo anche contro il socio illimitatamente
responsabile, in quanto dall’esistenza dell’obbligazione
sociale deriva necessariamente la responsabilità del
socio e quindi ricorre una situazione non diversa da
quella che, secondo l’art. 477 c.p.c., consente di porre
in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi
dalla persona contro cui è stato formato (Cass. 14
giugno 1999, n. 5884; Cass. 17 gennaio 2003, n. 613;
Cass. 6 ottobre 2004, n. 19946; Cass. 16 gennaio 2009,
n. 1040);
6.2.2. un tale approdo esegetico
può confermarsi, del resto (Cass. 24 marzo 2011, n.
6734), alla stregua della considerazione dell’imperfetta
soggettività giuridica delle società di persone, che si
risolve e sostanzialmente si identifica in quella dei
soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei
terzi e dei creditori soltanto dal fragile diaframma
della sussidiarietà della loro responsabilità rispetto a
quella del patrimonio sociale: sicché, in considerazione
della normale coincidenza della pienezza del potere di
gestione e della responsabilità illimitata in capo a
ciascuno dei soci di società di persone, i debiti della
prima finiscono col risolversi in quelli dei secondi; ne
consegue ulteriormente che, per l’interesse e la
legittimazione da riconoscersi a questi ultimi, avverso
ed in vista del loro riconoscimento giudiziale essi
hanno uno specifico onere appunto personale di
preventiva reazione;
6.2.3. può pertanto concludersi nel
senso che, per la struttura delle società personali, il
debito della società resta essenzialmente un debito che
fa capo anche al singolo socio;
6.3. benché il precetto sia un atto
di natura squisitamente sostanziale, anche in questo
caso secondo criteri di giudizio logici prima che
giuridici può affermarsi che il mandato per la fase
esecutiva si estende anche agli indispensabili atti
preliminari o prodromici di quest’ultima, quale appunto
il precetto (e sempre escluso il caso - che neppure, con
tutta evidenza, ricorre nel caso di specie - in cui
risulti in modo chiaro una volontà di limitare la
rappresentanza);
6.4. l’estensione immediata del
titolo esecutivo anche ai soci illimitatamente
responsabili comporta quindi come altrettanto normale la
possibilità di agire contro questi ultimi, nonostante
essi non siano espressamente menzionati dal tenore
testuale di quello: e pertanto l’esecuzione contro di
loro è una conseguenza obiettivamente riconducibile al
novero delle facoltà suscettibili di essere conferite
con il mandato ad agire contro la società;
6.5. dalla congiunta applicazione
dei principi finora illustrati può allora concludersi
nel senso che il mandato ad agire contro la società di
persone comprende implicitamente il potere di agire in
via esecutiva, come pure di intimare il preventivo
precetto, per conseguire l’oggetto della condanna nei
confronti di tutti coloro cui sia opponibile il titolo.
7. Tanto comporta la valutazione di
erroneità sia dell’opposta conclusione cui perviene la
Corte salentina che di quella cui era pervenuto il primo
giudice e l’assorbimento di ogni altro motivo di
ricorso: e la gravata sentenza va quindi cassata.
8. Tuttavia, la presenza di motivi
ritenuti assorbiti tanto dal primo che dai secondi
giudici:
8.1. da un lato, impone il rinvio
alla medesima Corte territoriale, ma in diversa
composizione, che - oltre a regolare le spese anche
dell’intero processo, comprese quelle del giudizio di
legittimità - si atterrà, prima di esaminare gli altri
motivi di opposizione eventualmente riproposti e diversi
da quelli qui soli decisi, al seguente principio di
diritto: poiché il titolo esecutivo conseguito nei
confronti di una società di persone abilita il creditore
ad agire direttamente in via esecutiva anche contro i
soci illimitatamente responsabili, il mandato ad litem
conferito dal primo per il giudizio di cognizione con al
società si estende anche al precetto intimato nei
confronti di uno di detti soci;
8.2. dall’altro, comporta la
devoluzione al giudice di rinvio - perfino in assenza di
specifico ricorso incidentale condizionato
(giurisprudenza ormai costante: Cass. 10 dicembre 2009,
n. 25821, oppure Cass. 25 maggio 2010, n. 12728) - delle
domande od eccezioni che la parte già vittoriosa nel
grado concluso con la sentenza cassata abbia fino a quel
momento proposto, potendo essa riproporre nel giudizio
di rinvio quelle non accolte dal giudice del merito,
rispetto alle quali siano state pregiudiziali o
preliminari o alternative le questioni sollevate col
ricorso principale e ritenute poi fondate ai fini della
cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei
sensi di cui in motivazione; per l’effetto, cassa la
gravata sentenza e rinvia alla Corte di appello di
Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del
giudizio di legittimità.
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