Corbi Mariagabriella
La presenza di un figlio nella
nuova famiglia e le potenzialità economiche della ex
moglie, grazie anche ai lauti regali elargiti dalla
parentela, non sono sufficienti per ridurre l’assegno
divorzile.
Con tali motivazioni, sentenza n.
7601/11, la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi,
principale del ricorrente ed incidentale della ex,
presentati da un uomo benestante avverso la sentenza di
secondo grado - Corte di Appello di Trieste - che gli
aveva intimato di corrispondere un assegno divorzile
alla ex di euro 5.700, confermando l’affido dei figli
minori alla madre e la relativa assegnazione della casa
coniugale.
L’uomo, oltre ad aver costituito un
nuovo nucleo familiare allietato dalla nascita di un
terzo figlio, adduceva, come sostegno alla richiesta di
riduzione pecuniaria, che la ex godeva di elargizioni da
parte della propria famiglia tali da poter godere di un
buon tenore di vita e, cogliendo l’occasione, avanzava
richiesta di asportare dalla casa coniugale alcuni
oggetti d’arte, cui era affezionato.
In riferimento alla riduzione
dell’assegno gli Ermellini sono stati categorici
motivando che “la misura dell’assegno è stata
ineccepibilmente determinata prendendo in argomentata,
ponderata e bilaterale considerazione i pertinenti ed
autonomi criteri di legge (pagg. 26, 27), ivi comprese
le condizioni economiche delle parti, valorizzando la
deteriore situazione economica della M. rispetto a
quella del S. e la durata legale del loro matrimonio
(pag. 23, Cfr. Cass. 200621805), assumendo come mero
indice di riferimento (cfr. Cass. 200111575; 200622500;
200725010; 200801758) ai fini valutativi del tenore
della pregressa vita coniugale, cui solo tendenzialmente
l’assegno è stato rapportato, e delle condizioni
patrimoniali delle parti, l’assetto economico dalle
stesse concordato in sede di separazione, espressamente
correlato all’acquisita documentazione bancaria inerente
al periodo di allontanamento del marito dal domicilio
coniugale” ed hanno aggiunto che “la solidarietà
materiale concretamente mostrata da terzi, quantunque
legati da rapporti di stretta parentela ai coniuge
istante, non è idonea ad attenuare o a far cessare, di
per se sola, l’obbligo primario dell’altro coniuge”.
Circa la richiesta di rientrare in possesso di effetti
artistici propri ancora giacenti nella dimora assegnata
la Corte ha spiegato che l’“Art. 360 comma 1 n. 4
c.p.c.”, in riferimento al chiesto ordine di riconsegna
immediata degli oggetti d’arte (quadri, mobili,
argenteria) e di affezione di proprietà del ricorrente.
Il motivo non ha pregio.
Ai fini della verifica dei vizio di
omessa pronuncia, la portata precettiva di un
provvedimento giurisdizionale va individuata tenendo
conto non solo del dispositivo, ma anche della
motivazione, quando il primo contenga comunque una
decisione che, pur di contenuto incompleto e
indeterminato, si presti ad essere integrata dalla
seconda, come nel caso in cui il dispositivo contenga la
formula “ogni diversa e contraria istanza disattesa” e
nella parte motiva una determinata domanda sia esaminata
e rigettata (cfr. Cass. 200705337; 200216579).
Alla luce di tale condiviso
principio di diritto, la Corte di merito appare, nella
specie, avere dato risposta sfavorevole anche alla
menzionata richiesta, considerando sia l’ampia formula
portata dal dispositivo (ugni diversa istanza, eccezione
e deduzione disattesa) dell’impugnata sentenza e sia che
la motivata, da lei confermata assegnazione alla M.,
quale affidataria del figlio minore, della casa
familiare, estendendosi, come di norma, ai mobili ed
arredi ivi collocati, implicitamente comportava il
rigetto della pretesa di prelievo.”
Nel respingere entrambi i ricorsi
la Corte compensa le spese tra le parti.
Il giudice, ritenuto il diritto
all'assegno di mantenimento, al fine di valutare la
congruità dello stesso deve:
1. prendere in considerazione il
contesto sociale nel quale i coniugi hanno vissuto
durante la convivenza, quale situazione condizionante la
qualità e quantità dei bisogni emergenti del coniuge
istante;
2. accertare le disponibilità
economiche del coniuge a carico del quale va posto
l'assegno, dando adeguata motivazione del proprio
apprezzamento (cfr. Cass. 30 luglio 1997, n. 7127).
Elementi valutativi al fine della
determinazione dell'assegno
1) proporzione alle sostanze
dell'obbligato: deve considerarsi non solo la situazione
economica al momento della proposizione della domanda
giudiziale, ma anche il complesso della situazione
economica, in relazione alla sua capacità economica
nelle varie epoche anteriori alla decorrenza
dell'assegno, con specifico riguardo alla sua attività
lavorativa(Cass. 22 agosto 2006 n. 18241) secondo la
quale è sufficiente un'attendibile ricostruzione delle
complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei
coniugi). La determinazione del reddito può aversi per
via deduttiva, attraverso l'esame della dichiarazione
dei redditi, sia attraverso l'accertamento compiuto
dagli ufficiali fiscali, sia attraverso la
considerazione che il coniuge pur non risultando avere
beni propri o una propria fonte di guadagno, è tuttavia
in grado di condurre una vita agiata. Deve anche tenersi
conto di ciò che l'obbligato riceve dai genitori durante
il matrimonio e che si protraggono in regime di
separazione con carattere di regolarità e continuità;
2) condizioni economiche del
beneficiario: il bisogno del coniuge può essere sia
totale che parziale, cioè dato dalla differenza tra il
reddito di lavoro o patrimoniale del coniuge che deve
essere mantenuto e quello di colui che è tenuto al
mantenimento ((Cass. 28 aprile 2006 n. 9876, 12 giugno
2006 n. 13592, 19 giugno 2003 n. 9806). Con riferimento
alle condizioni dell'istante, vengono espressamente
inclusi tra gli elementi che rappresentano un'utilità
economicamente valutabile: 1) l'ottenuto godimento della
casa coniugale (Cass. 30.1.1992, n. 961); 2) la
disponibilità del prezzo dell'alienazione di un immobile
(Cass. 2.7.1994, n. 6774); 3) i redditi di qualsiasi
natura ed i cespiti in godimento diretto (Cass.
13.1.1987, n. 170). Quando il coniuge separato
costituisca un nuovo rapporto di convivenza
caratterizzata dalla stabilità, è corretto attribuire
rilievo, ai fini della quantificazione del suo diritto
al mantenimento da parte dell'altro coniuge, alle
prestazioni di assistenza che gli vengano corrisposte da
parte del convivente more uxorio, quando esse escludano
o riducano lo stato di bisogno, a condizione che abbiano
carattere di stabilità ed affidabilità (Cass. 12 luglio
2007 n. 15611, 28 febbraio 2007 );
3) altre circostanze ex art. 156,
II co., cod. civ.: la norma contempla quelle situazioni
in cui, pur in presenza di una possibilità di lavoro per
il coniuge beneficiario, questi, cui non è addebitabile
la separazione, non può essere costretto a
ridimensionare e a trasformare un sistema di vita,
soprattutto quando, vista l'età in genere matura, non
gli è possibile dare inizio o riprendere una attività
lavorativa. La Prima sezione civile della Cassazione di
Bari - sentenza 24858 anno 2008 ha riconosciuto ,
nell’assegno divozile, i sacrifici affrontati dal
coniuge più debole per consentire, in regime
matrimoniale, l’accrescimento professionale dell’altro
coniuge. Identica la ratio della sentenza della
Cassazione 12 aprile 2001, n. 5492, laddove spiega che
l'assegno di mantenimento deve essere concesso al
coniuge per assicurargli il pregresso tenore di vita
senza costringerlo a tal fine ad alienare il proprio
patrimonio immobiliare. La Cassazione ha anche spiegato
che se prima della separazione i coniugi avevano
concordato o anche solo tacitamente accettato che uno
dei due non lavorasse, l'accordo può conservare
efficacia anche durante la separazione, tendendo la
disciplina della separazione ad assicurare il più
possibile gli effetti propri del matrimonio compatibili
con la cessazione della convivenza (Cass. 18.8.1994, n.
7437). Si è, infatti, affermato che l'attitudine al
lavoro del coniuge separato acquista rilievo non in
senso astratto, quale generica possibilità di reperire e
svolgere una qualunque attività lavorativa, ma soltanto
se si traduca in una effettiva possibilità di svolgere
un lavoro retribuito, valutati tutti gli elementi
oggettivi e soggettivi (cfr. Cass. 17.10.1989).
Mariagabriella CORBI
Dottoressa in Scienze
dell'educazione
Consulente dell'educazione
familiare
Mediatrice Familiare
maria.gab@hotmail.it
www.noproblemforyou.it
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ.
Sent. del 04.04.2011, n. 7601/11
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Udine, dichiarati
cessati, con sentenza non definitiva (del 24.11.2004),
gli effetti civili del matrimonio concordatario
contratto il (…) dal ricorrente S.C. (ricorso del
25.03.2004) con A.M.M. e dal quale erano nati i figli
A.F. il (…) e G. il (…) , con successiva sentenza
definitiva dei 3 - 24.11.2005 affidava alla M. il figlio
ancora minorenne, le assegnava la casa familiare ed
imponeva al S. (anche) di corrisponderle l’assegno
divorzile di Euro 6.400,00 mensili.
Con sentenza del 29.03 -
28.04.2006, la Corte di appello di Trieste, ogni diversa
istanza, eccezione e deduzione disattesa, riduceva
l’assegno divorzile ad Euro 5.700,00 mensili,
accogliendo in parte l’appello principale del S.
articolato in due motivi, respingeva l’appello
incidentale della M., volto all’aumento del medesimo
assegno, confermando nel resto l’impugnata sentenza e
compensando integralmente le spese del secondo grado di
giudizio.
Contro questa sentenza il S. ha
proposto ricorso per cassazione notificato il 20.04.2007
e fondato su tre motivi. Con atto notificato il
30.05.2007, la M. ha resistito con controricorso ed ha
proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi, cui
ha aggiunto una quarta parte illustrativa delle sue
richieste per il caso di decisione di merito. Il S. ha
resistito al ricorso incidentale con controricorso
notificato il 9.07.2007.
Motivi della decisione
Deve essere preliminarmente
disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei
ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la
medesima sentenza. Con il ricorso principale il S.
denunzia:
1. “Violazione e falsa applicazione
di norme di diritto: art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in
relazione all’art. 5, comma 6, legge 1.12.1970 n. 898″,
conclusivamente formulando i seguenti quesiti di
diritto: a) “statuire se nella fattispecie in esame la
Corte d’Appello di Trieste sia - o meno - incorsa in
errata, falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 della
legge n. 898/1970, laddove ha totalmente omesso di
compiere una valutazione dei criteri indicati in tale
norma in termini autonomi rispetto al dato dell’entità
dell’assegno di separazione coniugale, avendo in
particolare mancato di considerare le circostanze:
- dell’assenza di contributi
personali ed economici al ménage familiare da parte
della signora M.;
- del regolare contributo al
mantenimento della signora M. da parte della sorella e
della sua famiglia d’origine, come da lei stessa
sostenuto e “provato”, sostenendo dinanzi alla Corte di
Appello che la sorella le avrebbe acquistato e pagato
un’auto di grossa cilindrata, assumendone tutte le rate
e te spese connesse al suo mantenimento. Così come ha
sostenuto che, solo grazie al contributo economico della
sua famiglia è riuscita a comprare capi di abbigliamento
e calzature per il figlio minore, ecc. Pertanto non si
tratta di episodiche donazioni, ma di vere e proprie e
continuative dazioni di denaro e di beni, i più
svariati;
- della riduzione del reddito del
Dott. S. nel periodo successivo alla separazione;
- del non lungo arco temporale di
durata del matrimonio;
b) statuire se nella fattispecie in
esame la Corte d’Appello di Trieste sia - o meno -
incorsa in errata, falsa applicazione dell’art. 5, comma
6 della legge n. 898/1970, laddove ha ritenuto che non
si potesse tenere conto dell’incidenza sulle condizioni
economiche del dott. S. dell’evento sopravvenuto della
nascita di un suo terzo figlio;
c) statuire se nella fattispecie in
esame debba applicarsi il principio secondo cui nella
commisurazione in concreto dell’assegno divorzile il
livello che è stato prefigurato in sede di an può essere
ridimensionato in sede di determinazione concreta
dell’ammontare dell’assegno alla stregua
dell’applicazione dei criteri di cui dell’art. 5, comma
6 della legge n. 898/1970, quando la conservazione del
tenore di vita assicurato dal matrimonio appare in
contrasto con gli elementi di valutazione indicati dalla
legge stessa;
d) statuire se nella fattispecie in
esame la Corte d’Appello di Trieste abbia - o meno -
falsamente applicato l’art. 5, comma 6 della legge n.
898/1970, laddove non ha valutato che se la signora non
avesse liberamente scelto di non dedicarsi ad alcuna
attività lavorativa, questa l’avrebbe resa
economicamente autosufficiente;
e) statuire se nella fattispecie in
esame la Corte d’Appello di Trieste abbia - o meno -
falsamente applicato l’art. 5, comma 6 della legge n.
898/1970, laddove non ha fissato un termine per il
rilascio della casa ex coniugale”.
Il motivo, ali a luce dei
trascritti quesiti, non ha pregio.
Seguendo l’ordine logico -
giuridico dei posti interrogativi, infatti:
1) il quesito sub d) è
inammissibile, (già) in quanto involge circostanze
integranti il presupposto per l’attribuzione
dell’assegno periodico di divorzio, la cui
riconsiderazione in questa sede è preclusa, posto che il
S. nelle pregresse fasi non ha contestato la debenza di
tale apporto o, comunque, impugnato per tale profilo la
relativa attribuzione, avendo in appello censurato
soltanto la relativa quantificazione;
2) al quesito sub a) va data
risposta negativa, giacché:
- la Corte distrettuale si è
ineccepibilmente attenuta al noto (cfr., tra le altre,
Cass. 200510215; 200609876), condiviso principio di
diritto secondo cui, con riguardo alla quantificazione
dell’assegno di divorzio, deve escludersi la necessità
di una puntuale considerazione, da parte del giudice che
dia adeguata giustificazione della propria decisione, di
tutti, contemporaneamente, i parametri di riferimento
indicati dall’art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n.
898, come modificato dall’art. 10 della legge_74_1987;
- nella specie, la misura
dell’assegno è stata ineccepibilmente determinata
prendendo in argomentata, ponderata e bilaterale
considerazione i pertinenti ed autonomi criteri di legge
(pagg. 26, 27), ivi comprese le condizioni economiche
delle parti, valorizzando la deteriore situazione
economica della M. rispetto a quella del S. e la durata
legale del loro matrimonio (pag. 23, Cfr. Cass.
200621805), assumendo come mero indice di riferimento
(cfr. Cass. 200111575; 200622500; 200725010; 200801758)
ai fini valutativi del tenore della pregressa vita
coniugale, cui solo tendenzialmente l’assegno è stato
rapportato, e delle condizioni patrimoniali delle parti,
l’assetto economico dalle stesse concordato in sede di
separazione, espressamente correlato all’acquisita
documentazione bancaria inerente al periodo di
allontanamento del marito dal domicilio coniugale;
- la rilevante riduzione dei
redditi del S. sopravvenuta negli anni anteriori alla
separazione si rivela non più che generica ed apodittica
asserzione, non confortata dall’indicazione e
trascrizione degli elementi probatori di riscontro,
eventualmente emersi nei gradi di merito e trascurati;
- l’entità dei patrimoni delle
famiglie di appartenenza degli ex coniugi o la
considerazione del loro rapporto esulano dai parametri
legali di riferimento, previsti dai citato art. 5 l.
div., ai fini della commisurazione dell’assegno
divorzile (cfr Cass. 200621805);
- la solidarietà materiale
concretamente mostrata da terzi, quantunque legati da
rapporti di stretta parentela ai coniuge istante, non è
idonea ad attenuare o a far cessare, di per se sola,
l’obbligo primario dell’altro coniuge (cfr. Cass.
199804617; 200213160);
- la disponibilità di aiuti
domestici certo non poteva logicamente integrare
circostanza decisiva per escludere il contributo dato
dalla moglie alla conduzione familiare ed alla
formazione del patrimonio comune, addebito non
altrimenti giustificato;
3) al quesito sub b) va data
risposta negativa, giacché non pertinente al decisum,
posto che i giudici di merito, con valutazione rimasta
incensurata per il profilo argomentativo, non hanno
attribuito influenza sulla quantificazione dell’assegno
divorzile ai sopravvenuti oneri familiari
dell’obbligato, divenuto nel frattempo padre di un terzo
figlio, legittimamente considerando la complessiva
situazione patrimoniale dello stesso, ritenuta di
consistenza tale da rendere irrilevanti, ai fini che qui
interessano, detti nuovi oneri (in tema, cfr Cass.
200725010; 200618367), cui, unitamente alla madre del
bambino, doveva fare fronte;
4) il quesito sub c) è
inammissibile per genericità;
5) il quesito sub e) è
inammissibile in quanto generico e non involgente la
ratio decidendi dell’avversata statuizione, puntualmente
espressa nell’impugnata sentenza (pag. 29/30), con
richiamo all’accertata situazione ed alle connesse
aspettative del figlio minore delle parti, ancora
studente, affidato alla madre ed a tutela del cui
superiore interesse è stata anche argomentatamente
disposta l’assegnazione della casa familiare alla M.,
beneficio pure espressamente considerato, ai sensi
dell’art. 155 quater c.c., nella quantificazione
dell’attribuitole assegno di divorzio (pag.28).
2. “Omessa, insufficiente,
contraddittoria motivazione su fatti controversi
decisivi per il giudizio. Art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.”.
Il motivo è inammissibile, giacché
le dedotte censure di omessa, insufficienza e
contraddittorietà della motivazione non risultano
contenere, in violazione dell’art. 366 bis cod. proc.
civ., un successivo momento di sintesi (omologo del
quesito di diritto) dei rilievi, che ne circoscriva
puntualmente i limiti (cfr Cass. SSUU 200720603;
200811652; 200816528).
3. “Nullità della sentenza per
violazione dell’art. 112 c.p.c.: omessa pronuncia su un
capo della domanda. Art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.”, in
riferimento al chiesto ordine di riconsegna immediata
degli oggetti d’arte (quadri, mobili, argenteria) e di
affezione di proprietà del ricorrente.
Il motivo non ha pregio.
Ai fini della verifica dei vizio di
omessa pronuncia, la portata precettiva di un
provvedimento giurisdizionale va individuata tenendo
conto non solo del dispositivo, ma anche della
motivazione, quando il primo contenga comunque una
decisione che, pur di contenuto incompleto e
indeterminato, si presti ad essere integrata dalla
seconda, come nel caso in cui il dispositivo contenga la
formula “ogni diversa e contraria istanza disattesa” e
nella parte motiva una determinata domanda sia esaminata
e rigettata (cfr. Cass. 200705337; 200216579).
Alla luce di tale condiviso
principio di diritto, la Corte di merito appare, nella
specie, avere dato risposta sfavorevole anche alla
menzionata richiesta, considerando sia l’ampia formula
portata dal dispositivo (ugni diversa istanza, eccezione
e deduzione disattesa) dell’impugnata sentenza e sia che
la motivata, da lei confermata assegnazione alla M.,
quale affidataria del figlio minore, della casa
familiare, estendendosi, come di norma, ai mobili ed
arredi ivi collocati, implicitamente comportava il
rigetto della pretesa di prelievo.
Con il ricorso incidentale la M.
deduce:
1. “Errata applicazione dell’art. 5
L. 898/70″,
conclusivamente formulando i seguenti quesiti di
diritto:
“Voglia la Suprema Corte di
Cassazione statuire se nella fattispecie in esame la
Corte d’Appello di Trieste sia o meno incorsa in
errata/falsa applicazione dell’art. 5 comma 6 della l.
898/70 laddove:
a) ha applicato il criterio
dell’incapacità del richiedente l’assegno divorzile di
procurarsi mezzi per continuare a godere del tenore di
vita goduto in costanza di convivenza, alla
quantificazione dell’assegno di divorzio;
b) ha utilizzato il concetto di
capacità lavorativa potenziale come fattore di
ponderazione dell’assegno di divorzio;
c) ha valutato in termini astratti
e ipotetici la capacità lavorativa della Signora A. M.
M., nella quantificazione dell’assegno di divorzio;
d) non ha tenuto conto, nella
valutazione circa la capacità lavorativa della Signora
M., degli elementi di fatto così come offerti dalla
contro-ricorrente nell’ambito del giudizio di merito”.
Relativamente ai punti del
trascritto quesito contraddistinti con le lettere a) e
b), il motivo non è fondato.
La capacità di lavoro e di guadagno
dell’istante, ove sussistente, deve essere considerata
ai fini sia del riconoscimento del diritto all’assegno
divorzile che della relativa quantificazione, non
potendo il riequilibrio della condizione economica che
risulti inadeguata in raffronto alla conservazione del
tenore della vita coniugale prescindere dalle
potenzialità economiche connesse a quelle lavorative
inespresse e dalla commisurazione dell’assegno stesso
all’importo differenziale, necessario a colmare la
riscontrata insufficienza dei mezzi anche potenziali di
cui dispone l’avente diritto.
Le questioni, poste ai punti c) e
d), del trascritto quesito, si rivelano, invece,
inammissibili, sostanziandosi in generici rilievi
critici rivolti al percorso argomentativo seguito dai
giudici di merito ed ancorato anche alle condizioni
personali della M. ed alle concrete, confacenti
opportunità locali di suo inserimento professionale,
rilievi, dunque, non riconducibili all’ambito del
rubricato vizio e, comunque, non accompagnati dalla
prescritta sintesi.
2. “Errata applicazione dell’art. 5
L. 898/70″ in
relazione all’omesso accertamento dei redditi e del
patrimonio attuali di lui, comprensivo dell’acquisita
eredità materna.
Il motivo è inammissibile, giacché
involge un evento su cui non risulta essersi in
precedenza svolto il dibattito processuale, e, quindi,
una circostanza nuova, di cui, inoltre, in violazione
del principio di autosufficienza del ricorso, non si
specificano nemmeno gli estremi temporali di relativo
avveramento, oltre che di acquisizione in giudizio.
3. “Contraddittoria e insufficiente
motivazione su un punto decisivo della controversia
(fatto controverso: tenore di vita)”;
Il motivo è inammissibile, giacché
le dedotte censure di insufficienza e contraddittorietà
della motivazione non risultano contenere, in violazione
dell’art. 366 bis cod. proc. civ., un successivo momento
di specifica, effettiva e non solo apparente, sintesi
dei rilievi, atta a circoscriverne puntualmente i
limiti, in rapporto anche ad inammissibili, generici e
soggettivi giudizi critici.
Conclusivamente il ricorso
principale del S. e quello incidentale della M. devono
essere respinti.
La reciproca soccombenza giustifica
la compensazione integrale delle spese dei giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi
principale ed incidentale e li rigetta. Compensa le
spese del giudizio di legittimità.
Depositata in Cancelleria il
04.04.2011 |