di Maurizio Villani, Iolanda
Pansardi
L'ipoteca di cui all'art. 77,
D.P.R. n. 602/1973 è annullabile "se iscritta per debiti
tributari su beni facenti parte del fondo patrimoniale
costituito ai sensi dell'art.167 c.c.". E' quanto ha
affermato la sezione II della CTP di Lecce, con la
sentenza n. 283/2/2011. I giudici del merito hanno
espresso un principio di diritto che - in linea con
quanto stabilito, per mettere chiarezza in materia,
dalla Corte di Cassazione con decisione n. 15862/2009 -
ha ritenuto mancante, nel caso di debiti fiscali,
quell'inerenza immediata e diretta fra i crediti
erariali e i bisogni della famiglia, giacchè nascono da
una specifica obbligazione legale del tutto "esterna" ai
bisogni familiari.
La Cassazione, infatti, ha fornito
il criterio identificativo dei crediti il cui
soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva
sui beni conferiti nel fondo, nella relazione esistente
tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i
bisogni della famiglia, e non già nella natura delle
obbligazioni legale o contrattuale. Con la conseguenza
che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso
può avere luogo qualora la fonte e la ragione del
rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed
immediata con i bisogni della famiglia.
In particolare, la Commissione
provinciale respingeva quanto richiesto con l’atto
costitutivo dal concessionario Equitalia Lecce spa, che
insisteva nel ritenere l'iscrizione di ipoteca sui beni
del fondo patrimoniale ai sensi dell’art. 77, D.P.R. n.
602/1973 un’azione tipicamente cautelare, escludendo la
sua strumentalità alla relativa espropriazione
immobiliare.
Secondo i Giudici leccesi, oltre a
essere evidente la strumentalità dell’ipoteca proprio
perché collocata nell’ambito della disciplina speciale
dell’esecuzione forzata immobiliare e, specificamente,
nella sez. IV del capo II del citato decreto intitolato
"Disposizioni particolari in materia di espropriazione
immobiliare”, non sussisteva, poi, alcun dubbio circa la
conoscenza da parte dell’agente di riscossione della
estraneità dei debiti tributari all’esigenza familiare,
considerato che il concessionario procede sulla base dei
ruoli da cui risulta appunto la estraneità ai bisogni
familiari.
Giova ricordare a tal proposito,
che il fondo patrimoniale, compreso tra le convenzioni
matrimoniali, limita l’aggredibilità dei beni conferiti
solamente alla ricorrenza di determinate condizioni,
rendendo più incerta o difficile la soddisfazione del
credito, conseguentemente riducendo la garanzia generale
spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti,
in violazione dell’art. 2740 c.c., che impone al
debitore di rispondere con tutti i suoi beni
dell’adempimento delle obbligazioni, a prescindere dalla
relativa fonte.
Il fondo patrimoniale, così come
disciplinato negli articoli 167-171 c.c., comporta un
limite di disponibilità di determinati beni, vincolati a
soddisfare i bisogni della famiglia.
Va precisato che, di fronte agli
aspetti salienti di tale istituto relativi alla
disciplina dell'amministrazione del fondo patrimoniale,
delineata attraverso il richiamo alle norme sulla
comunione legale (art. 168, comma 3, c.c.) ed alla
disciplina specifica degli atti di alienazione (art. 169
c.c.), è necessario, però, non tralasciare l’elemento
essenziale che lo caratterizza, ossia la finalità a cui
i suoi beni ed i suoi frutti devono essere destinati.
Allora, ben si evince che il
rispetto di tali limiti consente di rafforzare, quindi,
il concetto del fondo come un patrimonio separato, con
vincolo di destinazione e limitazione dei poteri
dispositivi dei costituenti in modo da soddisfare i
bisogni della famiglia e garantirne la sua stabilità
economica.
Tale funzione (o meglio
destinazione di beni) si evince - e al tempo stesso
appare cristallizzata - nell'art. 170 c.c. laddove si
stabilisce che "l'esecuzione sui beni del fondo e sui
frutti di essi non può avere luogo per debiti che il
creditore conosceva essere stati contratti per scopi
estranei ai bisogni della famiglia".
In particolare, nell'interpretare
la nozione di "bisogni della famiglia", la costante
giurisprudenza ha accolto un'interpretazione ampia di
essa, tale da contemplare non solo quanto indispensabile
alla vita della famiglia, bensì anche le esigenze volte
al "pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della
famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità
lavorativa, restando escluse solo le esigenze
voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente
speculativi" (Cass. 7 gennaio 1984, n. 134).
L'accertamento relativo alla
riconducibilità dei debiti alle esigenze della famiglia
costituisce un accertamento istituzionale rimesso al
giudice di merito (Cass. n. 11683/2001, n. 12730/2007).
Proprio in virtù di tale
accertamento, sulla stessa linea interpretativa della
CTR Piemonte 21 ottobre 2009, n. 54; CTP Grosseto 30
novembre 2009, n. 280; CTP Milano 20 dicembre 2010, n.
437; CTP Mantova 10 giugno 2008; CTP Padova 20 gennaio
2011, la Commissione provinciale leccese, con la
sentenza in commento, in pratica, stabilisce che i
debiti tributari non sarebbero collegati in “modo
immediato e diretto” con le esigenze familiari e quindi
non legittimerebbero l’esecutività.
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