(Pres. Marzano – Rel. Marinelli)
Premesso in fatto
Con sentenza del 18 luglio 2008 il
Tribunale di Treviso dichiarava A.L. colpevole del reato
di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 comma, lett. b) e lo
condannava alla pena di mesi due di arresto ed Euro
800.00 di ammenda, con i doppi benefici e la sospensione
della patente di guida per la durata di anni uno.
Avverso la decisione del Tribunale
di Treviso ha proposto appello il difensore
dell'imputato. La Corte di Appello di Venezia in data
20.05.2010, con la sentenza oggetto del presente
ricorso, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di
Treviso e condannava l'appellante al pagamento delle
spese del grado.
Avverso la predetta sentenza A.L.,
a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per
Cassazione e concludeva chiedendone l'annullamento con
ogni consequenziale pronuncia.
Ritenuto in diritto
Il ricorrente censurava la sentenza
impugnata per i seguenti motivi:
1) violazione dell'art. 606 c.p.p.,
lett. e) - contraddittorietà della motivazione della
sentenza in ordine alle richieste probatorie, in quanto
il giudice di merito aveva ritenuto senz'altro regolare
l'etilometro utilizzato per l'esame alcolemico sulla
persona del ricorrente e non aveva risposto alle
argomentazioni della difesa che aveva richiesto il
deposito della documentazione attestante la regolarità
dell'apparecchio in questione.
2) violazione dell'art. 606 c.p.p.,
lett. e) per omessa motivazione in merito al giudizio di
bilanciamento delle attenuanti generiche sulla
contestata aggravante.
Lamentava il ricorrente che la
Corte territoriale nulla aveva statuito in merito al
richiesto bilanciamento tra le circostanze attenuanti
generiche e la contestata aggravante e non aveva neppure
preso posizione sulla natura della contravvenzione
dell'art. 186 C.d.S., in particolare non aveva precisato
se si trattava di un reato circostanziato o di una serie
di reati autonomi. In ogni caso sia la pena comminata
(mesi due di arresto), sia la sanzione accessoria della
sospensione della patente di guida (un anno) sarebbero
troppo elevate, atteso che, al momento della commissione
del reato, la pena detentiva era pari nel massimo a tre
mesi e la sospensione della patente andava dal minimo di
mesi sei al massimo di anni uno.
3) Violazione dell'art. 606 c.p.p.,
lett. e) per omessa motivazione in merito alla richiesta
formulata nell'atto di appello di sostituzione della
pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente.
Il primo motivo di ricorso è
palesemente infondato, in quanto ripropone una questione
di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e
convincente risposta.
Assolutamente condivisibile è
infatti l'assunto dei giudici della corte territoriale
che hanno ritenuto, con motivazione conforme a quella
del giudice di primo grado, che, allorquando l'alcoltest
risulta positivo, come appunto nella fattispecie di cui
è processo, la difesa dell'imputato deve fornire una
prova contraria a tale accertamento, quale, ad esempio,
la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato,
oppure l'utilizzo di una errata metodologia
nell'esecuzione dell'aspirazione, ritenendo pertanto non
rilevante la richiesta della difesa in relazione al
deposito della documentazione attestante la regolarità
dell'etilometro.
Manifestamente infondati sono anche
il secondo e il terzo motivo di ricorso.
Per quanto attiene al secondo
motivo, la Corte di Appello rileva correttamente che le
attenuanti generiche sono state già concesse, con ciò
riportandosi alla concorde giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui le ipotesi di cui all'art. 186
C.d.S., lett. a), b) e c) configurano figure autonome di
reato e non già circostanze aggravanti dell'ipotesi base
di cui alla lett. a) del sopra indicato articolo di
legge, e quindi implicitamente dando per ammesso che
nessun giudizio di bilanciamento andava operato con le
concesse attenuanti generiche. Per quanto poi riguarda
l'eccessività della pena e della sanzione amministrativa
della sospensione della patente e la mancata conversione
della pena detentiva in pena pecuniaria, nell'atto di
appello non c'è un motivo specifico, in quanto le
doglianze fanno sempre riferimento al richiesto giudizio
di bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche
e l'aggravante contestata (sulla base dell'erroneo
presupposto che le ipotesi di cui alle lett. b) e c)
indicate nell'art. 186 del C.d.S., comma 2 costruiscano
circostanze aggravanti della ipotesi contemplata nella
lettera a). Soltanto in sede di conclusioni si richiede,
in via di estremo subordine di ridursi la pena e la
sanzione amministrativa accessoria nei minimi di legge,
con la conversione della pena detentiva, ove possibile.
Non essendo,peraltro, stato dedotto
alcunchè su tali punti nell'atto di appello, l'odierno
ricorrente non poteva dolersi dell'eccessiva entità
della pena e della sanzione accessoria, nonchè della
mancata conversione della pena detentiva in pena
pecuniaria solo in sede di legittimità.
Il ricorso deve essere pertanto
dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore
della Cassa ammende.
|