Se è vero che, in tema
di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e
procuratore a carico del cliente, la disposizione comune
alle tre tariffe forensi (civile, penale e
stragiudiziale) contenuta nel D.M. 14 febbraio 1992, n.
238 prevede che gli interessi di mora decorrano dal
terzo mese successivo all'invio della parcella, quando
tuttavia insorge controversia tra l'avvocato ed il
cliente circa il compenso per prestazioni professionali,
il debitore non può essere ritenuto in mora prima della
liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che
conclude il procedimento sicché è da quella data - e nei
limiti di quanto liquidato dal giudice - e non da prima
che va riportata la decorrenza degli interessi
Cassazione, sez. II, 2
febbraio 2011, n. 2431
(Pres. Rovelli – Rel.
Bursese)
Svolgimento del
processo
L'avv. M.A..B. ha
proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza
depos. in data 29.04.05 con la quale il Tribunale di
Benevento ha liquidato ai sensi dell'art. 28 e ss. legge
n. 794/1942 il compenso per l'attività professionale
svolta dalla stessa ricorrente in favore del Condominio
(OMISSIS) . Il ricorso si articola in 4 motivi,
illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; il condominio
intimato, non ha svolto difese.
Motivi della decisione
Con i 4 motivi del
ricorso, l'esponente contesta: la violazione della legge
n. 794 del 1942 e della tariffa professionale; lamenta
l'omessa determinazione degli interessi dovuti per la
costituzione in mora del condominio ; la mancata
rivalutazione monetaria della somma liquidata; l'omesso
controllo dell'accettazione del credito da parte del
condominio; l'omessa analitica individuazione di
ciascuna delle voci (diritti ed onorari) decurtate da
parte del tribunale ed infine l'insufficienza e la
contraddittorietà della motivazione.
Le doglianze -
esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione
- sono chiaramente infondate.
L'esponente assume che
il credito del professionista "non può che trovare
tutela nella disciplina generale delle obbligazioni
sicché la parcella quale atto unilaterale ricettizio
produce effetti dal giorno della conoscenza di esso da
parte del destinatario...." E poiché in camera di
consiglio il Condominio si era detto pronto
all'adempimento, ma poi non aveva versato "neppure un
acconto...., la mora del debitore era
incontrovertibile". Gli interessi ed il maggior danno da
svalutazione monetaria si desumerebbero poi
"preventivamente sulla base dell'appartenenza del
creditore alla categoria economica dei liberi
professionisti”.
Le censure sono
infondate. Quanto alla decorrenza degli interessi il
tribunale ha ritenuto che da parte dell'assemblea
condominiale non vi era stato in realtà alcun
riconoscimento del debito nella misura richiesta dal
legale. Pertanto poiché nella fattispecie era sorta
controversia sul quantum, gli interessi e il preteso
maggior danno da svalutazione monetaria (che nella
fattispecie non risulta sia stato oggetto di precedente
istanza), restano soggetti alle comune regole di cui
all'art. 1224 c.c., postulando il verificarsi della mora
debendi (Cass. n. 5004 del 28.4.1993).
Peraltro questa S.C.
ha precisato al riguardo che... "se è vero che,
in tema di liquidazione di diritti ed onorari di
avvocato e procuratore a carico del cliente, la
disposizione comune alle tre tariffe forensi (civile,
penale e stragiudiziale) contenuta nel D.M. 14 febbraio
1992, n. 238 prevede che gli interessi di mora decorrano
dal terzo mese successivo all'invio della parcella,
quando tuttavia insorge controversia tra l'avvocato ed
il cliente circa il compenso per prestazioni
professionali, il debitore non può essere ritenuto in
mora prima della liquidazione del debito, che avviene
con l'ordinanza che conclude il procedimento ex art. 28
della legge 13 giugno 1942 n. 794 (che è di particolare,
sollecita definizione), sicché è da quella data - e nei
limiti di quanto liquidato dal giudice - e non da prima
che va riportata la decorrenza degli interessi
(Cass. n. 5240 del 29/05/1999; Cass. n. 11777 del
07/06/2005).
Quanto all'omessa
analitica individuazione di ciascuna delle voci (diritti
ed onorari) decurtate da parte del tribunale, si rileva
che la censura è generica, in quanto la ricorrente si è
limitata a trascrivere solo le varie parcelle, senza
l'indicazione delle specifiche voci decurtate o
pretermesse a suo avviso ingiustamente. Peraltro,
secondo la giurisprudenza di questa Corte, la
determinazione degli onorari di avvocato costituisce
esercizio di un potere discrezionale del giudice, che,
se contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa,
non richiede specifica motivazione e non può formare
oggetto di sindacato in sede di legittimità a meno che
l'interessato specifichi le singole voci della tariffa
che assume essere state violate ( Cass. n. 14011 del
12.11.2001; Cass. n. 18086 del 07/08/2009). La
ricorrente infatti ha l'onere dell'analitica
specificazione delle voci della tariffa professionale
che ritiene violate e degli importi considerati, al fine
di consentire il controllo in sede di legittimità senza
bisogno di procedere alla diretta consultazione degli
atti, in quanto l'eventuale violazione delle tariffe
professionali integra un'ipotesi di error in iudicando e
non in procedendo (Cass. 6864 del 25.5.2000; Cass. n.
15172 del 10.10.2003). Il tribunale invero ha comunque
correttamente motivato le proprie determinazioni (con
valutazione peraltro non censurabile in questa sede) ed
ha liquidato le somme per l'intero giudizio (sia per la
fase cautelare che per quella di merito) richiamando
esplicitamente la complessità della causa, l'attività
prestata e l'esito del giudizio di merito, "in una con
le tariffe vigenti, per ciò che concerne i diritti
all'epoca in cui l'attività è stata svolta".
Conclusivamente il
ricorso dev'essere rigettato. Nulla per le spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il
ricorso.
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