Michele Didonna
Nel caso di
procedura concorsuale comunque illegittima, può essere
riconosciuto al ricorrente il risarcimento del danno non
patrimoniale di carattere morale, in relazione al
disagio interiore patito per la partecipazione a un
concorso non regolare.
La sentenza del
T.A.R. di Roma qui proposta al lettore è quella con cui,
delibando sulla legittimità del concorso a Consigliere
di stato, il Collegio capitolino, pur riscontrando
incidenter tantum la sua illegittimità per mancanza di
prefissione da parte della Commissione giudicatrice dei
criteri di valutazione ex art. 12, D.P.R. n. 487/1994,
ha dichiarato il gravame tardivo riconoscendo, infine,
un risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi
dell’art. 2059 c.c. (dall’importo simbolico) al
ricorrente per aver partecipato a un concorso
irregolare.
Ha infatti
rilevato, nel merito della controversia, come l’art. 12
del D.P.R. n. 487/1994, nella parte in cui stabilisce
che "le commissioni esaminatrici, alla prima riunione,
stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione
delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi
verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle
singole prove", contiene una norma prescrittiva e
inderogabile la cui violazione, per omessa fissazione
dei detti criteri, come nella specie, inficia la
procedura, per difetto di trasparenza, rendendo non
intelligibile la motivazione espressa in meri termini
numerici.
Epperò, in punto di
rito, ha stabilito il G.A. romano che il termine di
decadenza per l’impugnazione di un provvedimento di
esclusione da un concorso (nella specie si trattava
della non ammissione alle prove orali) non può decorrere
dalla conoscenza dell’atto conclusivo della procedura
(approvazione della graduatoria e indicazione dei
vincitori) per il candidato escluso dalla procedura
stessa in una fase intermedia e che non sia
tempestivamente insorto contro l’atto di esclusione: in
casi del genere, per il T.A.R., l’esclusione, ove
conosciuta, va subito impugnata a pena di irricevibilità
del ricorso, salva la proposizione di motivi aggiunti
contro gli atti successivi.
Né il ricorrente ha
potuto beneficiare della rimessione in termini per
errore scusabile in quanto, ad avviso del Collegio, essa
può essere accordata in presenza di contrasti
giurisprudenziali, difficoltà obiettive
d’interpretazione delle leggi, situazioni fattuali
complesse e incerte, novità delle questioni; circostante
tutte, non rintracciate nella vicenda al medesimo
sottoposta.
Sicché, quanto al
versante risarcitorio, ha premesso il G.A. di Roma che,
anche nel caso in cui il ricorso sia stato ritenuto
irricevibile per mancata impugnazione degli atti
amministrativi lesivi entro i prescritti termini di
decadenza, può essere accolta la domanda di risarcimento
dei danni, ove gli atti amministrativi impugnati siano
comunque illegittimi; da tanto ha rilevato che, sulla
base dell’orientamento espresso dalla Corte di
Cassazione (Sez. Un., n. 13659 e n. 13660 del 13 giugno
2006), il risarcimento del danno da parte del G.A., come
forma di tutela dell’interesse legittimo, non
necessariamente presuppone il previo annullamento
dell’atto amministrativo lesivo, potendo essere azionato
e riconosciuto, nei termini di prescrizione, anche
indipendentemente dall’impugnazione o dalla tempestiva
impugnazione dell’atto stesso.
Il superamento
della pregiudiziale amministrativa, ha precisato, è
stato, del resto, anche positivamente sancito dal Codice
del processo amministrativo, approvato con D.Lgs. 2
luglio 2010, n. 104, il quale infatti ammette, all’art.
30, l’azione risarcitoria in termini (sebbene anch’essi
decadenziali) diversi e più lunghi (120 giorni) rispetto
a quelli previsti per l’annullamento dell’atto lesivo,
con espresso riconoscimento quindi della possibilità del
risarcimento autonomo, anche in presenza di atto
inoppugnato.
Conseguentemente,
ha concluso il T.A.R. di Roma che, nel caso di procedura
concorsuale comunque illegittima, può essere
riconosciuto al ricorrente il risarcimento del danno non
patrimoniale di carattere morale, in relazione al
disagio interiore patito per la partecipazione a un
concorso non regolare, a prescindere dal suo esito e,
anche, per la mancata esplicazione delle ragioni
dell’esito del concorso stesso: in tal caso il danno
morale può essere liquidato secondo equità (è stato,
poi, liquidato nella misura di euro 1.000).
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