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Concorso irregolare e "contentino" del T.A.R. (TAR Lazio, Sentenza, Sez. III, 05/01/2011, n. 41)

 

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Michele Didonna

Nel caso di procedura concorsuale comunque illegittima, può essere riconosciuto al ricorrente il risarcimento del danno non patrimoniale di carattere morale, in relazione al disagio interiore patito per la partecipazione a un concorso non regolare.

La sentenza del T.A.R. di Roma qui proposta al lettore è quella con cui, delibando sulla legittimità del concorso a Consigliere di stato, il Collegio capitolino, pur riscontrando incidenter tantum la sua illegittimità per mancanza di prefissione da parte della Commissione giudicatrice dei criteri di valutazione ex art. 12, D.P.R. n. 487/1994, ha dichiarato il gravame tardivo riconoscendo, infine, un risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c. (dall’importo simbolico) al ricorrente per aver partecipato a un concorso irregolare.

Ha infatti rilevato, nel merito della controversia, come l’art. 12 del D.P.R. n. 487/1994, nella parte in cui stabilisce che "le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove", contiene una norma prescrittiva e inderogabile la cui violazione, per omessa fissazione dei detti criteri, come nella specie, inficia la procedura, per difetto di trasparenza, rendendo non intelligibile la motivazione espressa in meri termini numerici.

Epperò, in punto di rito, ha stabilito il G.A. romano che il termine di decadenza per l’impugnazione di un provvedimento di esclusione da un concorso (nella specie si trattava della non ammissione alle prove orali) non può decorrere dalla conoscenza dell’atto conclusivo della procedura (approvazione della graduatoria e indicazione dei vincitori) per il candidato escluso dalla procedura stessa in una fase intermedia e che non sia tempestivamente insorto contro l’atto di esclusione: in casi del genere, per il T.A.R., l’esclusione, ove conosciuta, va subito impugnata a pena di irricevibilità del ricorso, salva la proposizione di motivi aggiunti contro gli atti successivi.

Né il ricorrente ha potuto beneficiare della rimessione in termini per errore scusabile in quanto, ad avviso del Collegio, essa può essere accordata in presenza di contrasti giurisprudenziali, difficoltà obiettive d’interpretazione delle leggi, situazioni fattuali complesse e incerte, novità delle questioni; circostante tutte, non rintracciate nella vicenda al medesimo sottoposta.

Sicché, quanto al versante risarcitorio, ha premesso il G.A. di Roma che, anche nel caso in cui il ricorso sia stato ritenuto irricevibile per mancata impugnazione degli atti amministrativi lesivi entro i prescritti termini di decadenza, può essere accolta la domanda di risarcimento dei danni, ove gli atti amministrativi impugnati siano comunque illegittimi; da tanto ha rilevato che, sulla base dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione (Sez. Un., n. 13659 e n. 13660 del 13 giugno 2006), il risarcimento del danno da parte del G.A., come forma di tutela dell’interesse legittimo, non necessariamente presuppone il previo annullamento dell’atto amministrativo lesivo, potendo essere azionato e riconosciuto, nei termini di prescrizione, anche indipendentemente dall’impugnazione o dalla tempestiva impugnazione dell’atto stesso.

Il superamento della pregiudiziale amministrativa, ha precisato, è stato, del resto, anche positivamente sancito dal Codice del processo amministrativo, approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, il quale infatti ammette, all’art. 30, l’azione risarcitoria in termini (sebbene anch’essi decadenziali) diversi e più lunghi (120 giorni) rispetto a quelli previsti per l’annullamento dell’atto lesivo, con espresso riconoscimento quindi della possibilità del risarcimento autonomo, anche in presenza di atto inoppugnato.

Conseguentemente, ha concluso il T.A.R. di Roma che, nel caso di procedura concorsuale comunque illegittima, può essere riconosciuto al ricorrente il risarcimento del danno non patrimoniale di carattere morale, in relazione al disagio interiore patito per la partecipazione a un concorso non regolare, a prescindere dal suo esito e, anche, per la mancata esplicazione delle ragioni dell’esito del concorso stesso: in tal caso il danno morale può essere liquidato secondo equità (è stato, poi, liquidato nella misura di euro 1.000).

 

 

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