1.Il diritto di
cronaca giornalistica, giudiziaria o di altra natura,
rientra nella più vasta categoria dei diritti pubblici
soggettivi, relativi alla libertà di pensiero e al
diritto dei cittadini di essere informati, onde poter
effettuare scelte consapevoli nell'ambito della vita
associata. E' diritto della collettività ricevere
informazioni su chi sia stato coinvolto in un
procedimento penale o civile, specialmente se i
protagonisti abbiano posizioni di rilievo nella vita
sociale, politica o giudiziaria. In pendenza di indagini
di polizia giudiziaria e di accertamenti giudiziali nei
confronti di un cittadino, non può essere a questi
riconosciuto il diritto alla tutela della propria
reputazione: ove i limiti del diritto di cronaca siano
rispettati, la lesione perde il suo carattere di
antigiuridicità.
2.Va comunque
precisato che la reputazione del soggetto coinvolto in
indagini e accertamenti penali non è tutelata rispetto
all'indicazione di fatti e alla espressione di giudizi
critici, a condizione che questi siano in correlazione
con l'andamento del procedimento. Rientra cioè
nell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria
riferire atti di indagini e atti censori provenienti
dalla pubblica autorità, ma non è consentito effettuare
ricostruzioni, analisi, valutazioni tendenti ad
affiancare e precedere attività di polizia e
magistratura, indipendentemente dai risultati di tali
attività.
3.E' quindi in
stridente contrasto con il diritto/dovere di narrare
fatti già accaduti, senza indulgere a narrazioni e
valutazioni "a futura memoria", l'opera del giornalista
che confonda cronaca su eventi accaduti e prognosi su
eventi a venire. In tal modo, egli, in maniera autonoma,
prospetta e anticipa l'evoluzione e l'esito di indagini
in chiave colpevolista, a fronte di indagini ufficiali
né iniziate né concluse, senza essere in grado di
dimostrare la affidabilità di queste indagini private e
la corrispondenza a verità storica del loro esito. Si
propone ai cittadini un processo agarantista, dinanzi al
quale il cittadino interessato ha, come unica garanzia
di difesa, la querela per diffamazione.
Cassazione, sez. V
Penale, 1 febbraio 2011, n. 3674
Svolgimento del
processo
Con sentenza 21.9.09,
la corte di appello di Roma, in riforma della sentenza
S.5.06 del tribunale della stessa sede, ha dichiarato
non doversi procedere nei confronti di R.T.C. per morte
dell'imputato, ha confermato, nei confronti di G.H.P.,
la dichiarazione di estinzione per prescrizione del
reato di diffamazione in danno di B.S.. Il difensore del
G. H. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:
1. violazione di legge
in riferimento all'art. 129 c.p.p., comma 2, per mancato
riconoscimento dell'esimente del diritto di cronaca. La
corte di appello ha riconosciuto la fondatezza della
tesi difensiva, secondo cui sulla corrispondenza tra
quanto narrato (le dichiarazioni del collaboratore di
giustizia, il finanziere Ra.) e quanto accaduto non
incide la circostanza che tali dichiarazioni fossero
contenute in un processo verbale segretato. Ha
ugualmente riconosciuto che il controllo sulla
veridicità della notizia non deve estendersi alla
veridicità di quanto riferito dal collaboratore di
giustizia, ma solo alla corrispondenza tra il suo
contenuto e il testo dell'articolo. Da queste premesse
non ha tratto la logica conclusione sulla evidenza della
prova che il fatto contestato non costituisce reato, per
esercizio della scriminante del diritto di cronaca. Ha
invece rilevato che nell'articolo erano contenute
considerazioni tratte da altre dichiarazioni di altri
soggetti, coinvolti nell'inchiesta, sui presunti
finanziamenti della mafia al gruppo F.. Tali ulteriori
considerazioni apparirebbero dirette ad avvalorare la
credibilità del dichiarante, realizzando la funzione di
riscontro,che deve essere rimessa all'esclusiva
competenza dell'autorità giudiziaria. Secondo il
ricorrente, questo ragionamento è auto-contraddittorio:
il diritto di cronaca si esercita anche informando i
lettori che, nell'ambito della medesima inchiesta, vi
sono altre dichiarazioni che sono da mettere in
relazione con la prima già riportata. Posto che queste
altre dichiarazioni sono state fedelmente riportate, la
prova della verità dei fatti deve considerarsi
evidente,di qui l'evidenza della causa di
giustificazione, così come prescrive l'art. 129 c.p.p.,
comma 2. 2. vizio di motivazione : la corte non ha
spiegato le ragioni per cui riportare fedelmente le
dichiarazioni di Ra. costituisce esercizio del diritto
di cronaca e,invece, riportare fedelmente altre
dichiarazioni o l'aver riferito il contenuto di altri
documenti (dettagliatamente elencati e depositati nel
presente procedimento) esclude la configurabilità della
scriminante, quanto meno sotto il profilo della "prova
evidente".
L'illogicità della
motivazione emerge anche dalla mancanza di giudizio sui
singoli passaggi dell'articolo e dalla mancanza di
indicazione di alcuno dei profili diffamatori delle sue
affermazioni.
Motivi della decisione
Il ricorso non merita
accoglimento.
L'esimente invocata
nel presente processo è quella rientrante nell'esercizio
del diritto di informare i cittadini sull'andamento
degli accertamenti giudiziali a carico di altri
consociati, cioè il diritto di cronaca giudiziaria. E'
interesse dei cittadini essere informati su eventuali
violazioni di norme penale e civili, conoscere e
controllare l'andamento degli accertamenti e la reazione
degli organi dello stato dinanzi all'illegalità, onde
potere effettuare consapevoli valutazioni sullo stato
delle istituzioni e sul livello di legalità
caratterizzante governanti e governati, in un
determinato momento storico.
Secondo un
condivisibile orientamento interpretativo, il
diritto di cronaca giornalistica, giudiziaria o di altra
natura, rientra nella più vasta categoria dei diritti
pubblici soggettivi, relativi alla libertà di pensiero e
al diritto dei cittadini di essere informati, onde poter
effettuare scelte consapevoli nell'ambito della vita
associata. E' diritto della collettività ricevere
informazioni su chi sia stato coinvolto in un
procedimento penale o civile, specialmente se i
protagonisti abbiano posizioni di rilievo nella vita
sociale, politica o giudiziaria. In pendenza di indagini
di polizia giudiziaria e di accertamenti giudiziali nei
confronti di un cittadino, non può essere a questi
riconosciuto il diritto alla tutela della propria
reputazione: ove i limiti del diritto di cronaca siano
rispettati, la lesione perde il suo carattere di
antigiuridicità.
Va comunque
precisato che la reputazione del soggetto coinvolto in
indagini e accertamenti penali non è tutelata rispetto
all'indicazione di fatti e alla espressione di giudizi
critici, a condizione che questi siano in correlazione
con l'andamento del procedimento. Rientra cioè
nell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria
riferire atti di indagini e atti censori provenienti
dalla pubblica autorità, ma non è consentito effettuare
ricostruzioni, analisi, valutazioni tendenti ad
affiancare e precedere attività di polizia e
magistratura, indipendentemente dai risultati di tali
attività. E' quindi in stridente contrasto con il
diritto/dovere di narrare fatti già accaduti, senza
indulgere a narrazioni e valutazioni "a futura memoria",
l'opera del giornalista che confonda cronaca su eventi
accaduti e prognosi su eventi a venire. In tal modo,
egli, in maniera autonoma, prospetta e anticipa
l'evoluzione e l'esito di indagini in chiave
colpevolista, a fronte di indagini ufficiali né iniziate
né concluse, senza essere in grado di dimostrare la
affidabilità di queste indagini private e la
corrispondenza a verità storica del loro esito. Si
propone ai cittadini un processo agarantista, dinanzi al
quale il cittadino interessato ha, come unica garanzia
di difesa, la querela per diffamazione.
E' quindi pienamente
condivisibile la decisione della sentenza impugnata,
laddove, nel caso in esame, esclude l'evidenza del
corretto esercizio del diritto di cronaca,
istituzionalmente riconosciuto a fini informativi di
fatti già accaduti: il giornalista ha integrato le
dichiarazioni della fonte conoscitiva con altri dati di
riscontro, realizzando la funzione investigativa e
valutativa rimessa all'esclusiva competenza
dell'autorità giudiziaria. E' quindi pienamente conforme
alle risultanze processuali e a una loro razionale
valutazione la conclusione della corte di merito,
secondo cui il testo pubblicato non può ritenersi
un'asettica riproduzione di dichiarazioni - a
prescindere della loro riservatezza - del Ra., ma un
articolato discorso che, comprendendo altri dati
storici, tende inequivocabilmente a sostenere la verità
del contenuto di queste, a fronte di indagini in corso
proprio per l'accertamento di questa verità.
A ciascuno il suo:
agli inquirenti il compito di effettuare gli
accertamenti, ai giudici il compito di verificarne la
fondatezza, al giornalista il compito di darne notizia,
nell'esercizio del diritto di informare, ma non di
suggestionare, la collettività.
L'assenza di verità
dei fatti narrati - finanziamenti di provenienza mafiosa
all'ascendente manager dell'informazione e del
trattenimento televisivi- comporta l'evidente carica
diffamatoria della narrazione e la totale assenza di
evidenza del corretto esercizio del diritto di cronaca
giudiziaria. Il ricorso va quindi rigettato con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile,
liquidate in complessivi Euro 1.200,00, oltre accessori
come per legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e alla rifusione delle spese sostenute nel
grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro
1.200,00, oltre accessori come per legge.
|