Il danno non
patrimoniale, nel sistema risarcitorio italiano,
nonostante - e forse, paradossalmente, grazie a - la
sentenza della Suprema Corte, a sezioni unite, n. 26972,
del 24 giugno - 11 novembre 2008, può essere
ragionevolmente tripartito in sotto-categorie,
ognuna delle quali oramai ben identificata dal diritto
vivente: c si riferisce, naturalmente, al danno
biologico (nelle sue due componenti del danno
fisico e del danno psichico), al danno morale
e al c.d. danno esistenziale.
Il danno non
patrimoniale, “l'art. 2059 c.c. non configura una
autonoma fattispecie di illecito, contrapposta a quella
generale individuata dall'art. 2043 c.c., ma consente
solo che, in determinati casi, sia dato risarcimento
anche al danno non patrimoniale, sempre
che ricorrano tutti gli elementi richiamati dall'art.
2043 c.c. e che, quindi, sussista una condotta
riferibile al danneggiante, un evento di danno (danno
evento) connotato da ingiustizia (determinata
quest'ultima da una lesione, non giustificata, di un
interesse meritevole di tutela), un nesso di causalità
fra condotta ed evento, un danno conseguente all'evento
(danno-conseguenza). Il danno-conseguenza può poi essere
di natura patrimoniale o non patrimoniale, a seconda che
l'interesse leso sia o meno suscettibile di valutazione
economica ed è proprio il ricorrere di quest'ultima
evenienza (la non commisurabilità del danno in termini
economici) che determina l'applicazione dell'art. 2059
c.c. La peculiarità del danno non patrimoniale sta,
dunque, unicamente nel fatto che la sua risarcibilità
non dipende esclusivamente dal ricorrere degli elementi
di cui all'art. 2043 c.c., essendo necessario che la
lesione sia perpetrata mediante il realizzarsi di una
fattispecie riconducibile ad una delle ipotesi
predeterminate dalla legge. L'illecito che dà luogo a
danno non patrimoniale risarcibile è, dunque, connotato
dalla tipicità, a differenza dell'illecito che provoca
danni patrimoniali, che è invece sempre risarcibile, ed
è quindi atipico”
T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 11/02/2010, n. 369
A.V. c. (avv. Gammero) c. Min. dif. c. (Avv. Stato) Foro
amm. TAR 2010, 2, 364 (s.m.)
nel sistema risarcitorio italiano, nonostante - e forse,
paradossalmente, grazie a - la sentenza della Suprema
Corte, a sezioni unite, n. 26972, del 24 giugno - 11
novembre 2008 (sulla quale si veda, per un commento
specifico, "Il
danno da circolazione stradale, diritto assicurativo e
processuale", Utet, Torino 2010"), può essere
ragionevolmente tripartito in sotto-categorie,
ognuna delle quali oramai ben identificata dal
diritto vivente:
“in materia di risarcibilità del danno non
patrimoniale, giova evidenziare che, dopo un
lungo percorso giurisprudenziale, il genus
danno non patrimoniale comprende il danno
biologico, da intendersi come lesione
dell'integrità psico-fisica; il danno morale,
da intendersi come paterna d'animo - sofferenza
transeunte risarcibile in conseguenza di un reato o nei
casi previsti dalla legge, ossia in caso di lesione di
interessi costituzionalmente garantiti ed il
danno esistenziale, consistente nel pregiudizio
che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri
del soggetto, inducendolo a scelte di vita diverse
quanto all'espressione e realizzazione della sua
personalità nel mondo esterno. Di recente (11 novembre
2008 n. 26972), la S.c. di cassazione, Sezioni Unite, ha
concepito il danno non patrimoniale come unica categoria
di danno in cui rientrano tutti i pregiudizi subiti
dall'individuo (danno biologico permanente - danno
morale, allegato e provato anche in via presuntiva) -
danno esistenziale ecc. (nel caso di specie, vertendosi
in materia di micropermanenti, sono state applicate le
tabelle di cui all'art. 5 l. 5 marzo 2001, n. 57,
debitamente aggiornate, con l'incremento fino ad un
quinto del danno biologico permanente ed il danno
biologico temporaneo riconosciuto, ex art. 139 d.lg. 7
settembre 2005, n. 209)”
Giudice di pace Bari, 30/01/2010, n. 886 -
Giurisprudenzabarese.it 2010
Ci si riferisce, naturalmente, al danno biologico (nelle
sue due componenti del danno fisico e del danno psichico
- cfr., amplius, "Il
danno da circolazione stradale, diritto assicurativo e
processuale", Utet, Torino 2010") al danno
morale e al c.d. danno esistenziale:
“in tema di liquidazione del danno non patrimoniale,
quando sia accertata la lievità del danno biologico, ma
anche la particolare gravità e odiosità del
comportamento lesivo e quindi la sua notevole capacità
di offendere i beni personali costituzionalmente
protetti indicati come lesi dal lavoratore danneggiato,
è legittimo procedere alla liquidazione
equitativa del danno sulla base di criteri
diversi, che alludono esplicitamente, in particolare per
ciò che riguarda il danno morale da reato, alla
menzionata odiosità della condotta lesiva, indotta
soprattutto dallo stato di soggezione economica della
vittima e, per la parte concernente il cosiddetto
danno esistenziale, al clima di
intimidazione creato nell’ambiente lavorativo dal
comportamento del datore di lavoro e al peggioramento
delle relazioni interne al nucleo familiare del
lavoratore in conseguenza di esso”.
Cassazione civile, sez. lav., 19/05/2010,
n. 12318 - Guida al diritto 2010, 33-34, 69
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