Antonello NEGRO
Con l'interessante pronuncia qui di
seguito allegata, il Tribunale di Piacenza ha affermato
che la chance è una forma di danno che può
essere definita come occasione favorevole
di conseguire un risultato vantaggioso, sotto il profilo
dell’incremento di un’utilità o della sua mancata
diminuzione, diversa dalla mera aspettativa di fatto.
Il giudice ha precisato che la domanda per perdita di
chance va distinta da quella di danno futuro,
posto che la prima riguarda la perdita della possibilità
di raggiungere il risultato sperato ed attiene al
danno emergente, mentre la seconda
riguarda il mancato raggiungimento del risultato ed
attiene al lucro cessante.
La perdita di chance - ha proseguito
l'estensore della sentenza - è risarcibile
indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta
utilizzazione della chance avrebbe
presuntivamente o probabilmente determinato la
consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la
sola possibilità di tale consecuzione.
Da ciò consegue che l’idoneità della chance a
determinare presuntivamente o probabilmente (ovvero solo
possibilmente) detta conseguenza è rilevante soltanto ai
fini della concreta individuazione e quantificazione del
danno, da effettuarsi eventualmente in via equitativa.
Nel caso di specie la vittima di un sinistro non aveva
più potuto svolgere l’attività stagionale di cuoca ed il
Tribunale ha accertato una "lesione di
chance", ovvero della possibilità di
consecuzione del vantaggio derivante dallo svolgimento
di detta attività professionale.
la domanda per perdita di chance è
ontologicamente diversa da quella di risarcimento del
danno futuro da mancato raggiungimento del risultato
sperato, e la prima nemmeno può essere considerata un
minus della seconda, mutando la causa petendi
(possibilità di conseguire risultato nella chance,
assenza di risultato nel danno futuro) ed il petitum
(risarcimento commisurato a perdita nella chance,
perdita tout court nel danno futuro).
Infatti, per un verso cambia la stessa collocazione
logico-giuridica dell’accertamento probabilistico,
atteso che nel primo caso le chances sono l’oggetto
della perdita e quindi del danno, mentre nel danno
futuro substanziano il nesso causale tra comportamento e
danno; per altro verso cambia l’onere della prova per la
parte, che nella lesione di chances riguarda la perdita
di una probabilità non trascurabile di raggiungere il
risultato, mentre nel danno futuro riguarda il fatto
che, ove fosse stato tenuto il comportamento legittimo,
il risultato sarebbe stato raggiunto.
Questo, tra l’altro, è l’approdo al quale è giunto anche
la più attenta giurisprudenza di legittimità, che ha
lucidamente distinto tra chance e danno futuro sia in
materia di responsabilità medica, differenziando la
domanda di risarcimento per diminuzione della speranza
di sopravvivenza, dalla domanda di risarcimento per
morte (Cass. n. 4400/2004; cfr. anche Cass. n.
23846/2008 circa la ritardata diagnosi comportante la
lesione di chance di vivere quantitativamente più a
lungo o qualitativamente meglio, nonché di decidere ‘che
fare’ nel poco tempo che rimane da vivere); sia in
materia lavoristica, differenziando il danno da mancata
partecipazione ad un concorso, dal danno da mancata
promozione in esito a tale concorso (Cass. n. 852/2006,
Cass. n. 123/2003, Cass. n. 734/2002).
Detta distinzione, ad avviso di questo Giudice, è una
conseguenza necessitata a seguito del reveriment
recentemente operato dalla Cassazione civile -mutuato
dalla sezione lavoro, inizialmente trasposto solo a
livello di terza sezione in tema di responsabilità
medica, ma poi convalidato anche dalle Sezioni Unite-
che in materia di nesso causale apertamente abbandona
l’impostazione penalistica della sentenza Franzese Sez.
Un. n. 30328/2002, riproponendo la categoria delle
“serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno”.
(…)
Il risarcimento da lesione di chance, intesa come
concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire
un determinato bene, presuppone allora l’onere di
provare, sia pure presuntivamente o secondo un calcolo
di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni
presupposti per il raggiungimento del risultato sperato
e impedito dalla condotta illecita della quale il danno
risarcibile dev’essere conseguenza diretta e immediata.
OMISSIS
FATTO
Parte attrice chiede il ristoro dei danni patrimoniali
e non patrimoniali subiti a seguito di un sinistro
stradale avvenuto il (…) nel quale è stata investita,
mentre procedeva a piedi sul ciglio di una strada, da
una vettura di 50 cm3 condotta da M. A. ed assicurata da
La Previdente s.p.a.
Resistono M. e La Previdente, sostanzialmente contestando il quantum
della richiesta risarcitoria.
In corso di causa, a seguito del decesso del signor M., la procedura è
stata interrotta è poi riassunta nei confronti degli
eredi, id est M. Giovanna, M. Enrico, M. Ivana,
M. Giovanni, M. Giuseppina, L. Maria Elena, L. Laura, L.
Francesco, rimasti contumaci.
La causa è istruita con una CTU medico-legale, affidata al dottor Z.,
sulla persona dell’attrice.
DIRITTO
a) L’esclusiva responsabilità del M. nella
causazione del sinistro emerge con tutta evidenza dalle
risultanze istruttorie.
Invero, due tra i testi escussi hanno assistito al sinistro ed hanno
confermato quanto dedotto dall’attrice, cioè che la V.
procedeva a piedi “proprio sul ciglio della strada
dopo le strisce laterali, in modo da non occupare la
carreggiata” (teste R.); che il M., a bordo del suo
piccolo mezzo motorizzato, l’ha investita, ed è poi
sceso dall’autovettura scusandosi per l’accaduto e
spiegando che, a causa dei suoi gravi problemi agli
occhi, non aveva visto la V. (testi R. e C.); che il M.,
al momento del sinistro, “non aveva una traettoria
proprio rettilinea ed era molto sulla destra” (teste
C.), ed era forse addirittura ubriaco, in quanto
“barcollava e puzzava di alcol” (teste R.).
D’altronde, ha poi anche ritenuto il CTU che le stesse lesioni lamentate
dall’attrice e descritte in sede di pronto soccorso,
sono “del tutto compatibili con la dinamica”
descritta (cfr. pag. 5 perizia).
Consegue, in conclusione sul punto, che in ragione
dell’integrale responsabilità del M., gli eredi dello
stesso, in solido con l’assicurazione, devono essere
condannati al risarcimento del danno subito
dall’attrice.
b) Muovendo alla quantificazione di tale danno,
quello non patrimoniale può essere conteggiato sulla
base della CTU, svolta con motivazione convincente e
pienamente condivisibile, che ha adeguatamente replicato
ai rilievi delle parti, dalla quale il Giudicante non ha
motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter
logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo
accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti
ed allo stato di fatto analizzato.
Ha sul punto spiegato il perito che le lesioni subite dall’attrice
consistono nel 11% di danno biologico permanente, in 30
giorni di ITT, in 30 giorni di ITP al 50% ed in altri 30
giorni di ITP al 25% (pag. 8 perizia).
Pertanto, sulla base dei parametri liquidatori cd. del Tribunale di Milano
aggiornati all’attualità, che qui si intendono applicare
in quanto condivisibili ed adeguati, tenuto conto di
un’età di 46 anni al momento del sinistro, spetta alla
ricorrente un complessivo risarcimento per danno non
patrimoniale, già comprensivo della sofferenza morale ed
esistenziale, di € 28.212 (ed in particolare, € 22.692
per danno biologico permanente; sulla base teorica di
euro 100 giornaliere, somma ricompresa tra quella minima
di 88 e massima di 132 previste, € 3.000 per ITT, €
1.500 per ITP al 50%, € 750 per ITP al 25%).
Su tale somma capitale, che integra all’evidenza un debito di valore in
quanto posta risarcitoria, così come da domanda ed in
base ai principi generali, vanno riconosciuti, secondo
la pacifica giurisprudenza, rivalutazione ed interessi
sulla somma stessa via via rivalutata, dalla data del
fatto, id est il 25/7/2002, al saldo. Tuttavia,
essendo la somma capitale già calcolata all’attualità ed
in ragione della difficoltà di procedere alla
devalutazione, in piena aderenza all’insegnamento dalla
Suprema Corte, gli interessi possono essere calcolati
sulla somma integralmente rivalutata, ma da un momento
intermedio tra il fatto e la sentenza, id est il
1/10/2006.
c) Circa il danno patrimoniale emergente, in
accoglimento della domanda deve essere riconosciuta la
complessiva somma di € 1.574,33 per spese mediche
sopportate (cfr. all. 17-34 fascicolo attoreo), oltre
interessi moratori al tasso legale dalla domanda,
radicata con la notifica dell’atto di citazione il
19/12/2002.
d) Quanto alla complessa tematica del danno
patrimoniale da lucro cessante, si osserva che sono tre
le circostanze fattuali rilevanti.
Da una prima angolazione, l’istruttoria esperita ha consentito di evincere
che la V., prima del sinistro, aveva svolto l’attività
di cuoca stagionale, in modo molto saltuario e nel solo
periodo estivo degli anni dal 1997 al 2000; mentre al
momento del sinistro, nel 2002, non svolgeva alcuna
attività. In particolare, il teste B. ha riferito che
l’attrice aveva lavorato nel suo ristorante “negli
anni dal 1997-2000 nel periodo estivo”, ricevendo
400 mila lire mensili, circostanza sostanzialmente
confermata anche dai testi C. e P., marito dell’attrice;
e la teste B. ha riferito che l’attrice aveva lavorato
nel proprio ristorante solamente nell’estate 2000.
Ciò posto e da una seconda angolazione, ha accertato il CTU che le
conseguenze del sinistro, comportando una
“indubbiamente ridotta autonomia nella stazione eretta”
(pag. 7 perizia) e perdippiù riferendosi ad un soggetto
obeso e diabetico (cfr. pag. 7 e 8 perizia) e con
ginocchia aventi lieve varismo (pag. 5 perizia),
incidono negativamente sulla capacità lavorativa
specifica di cuoca stagionale, pur se “non è molto
agevole indicare una percentuale” di tale
invalidità, che va quindi “apprezzata con criterio
equitativo” (pag. 8 perizia).
Da un terzo ed ultimo punto di vista, va evidenziato che, a seguito
dell’infortunio, la V. non ha più svolto l’attività di
cuoca stagionale, né altra attività (…), posto che la
posizione eretta tenuta in modo prolungato le provoca
sofferenza (cfr. deposizione teste P.).
d1) Ciò premesso in linea di fatto, ritiene il
Giudice che la domanda dell’attrice di risarcimento del
danno patrimoniale da lucro cessante, vada scrutinata
sotto il profilo della lesione di chance.
E’ noto che la chance, figura da
tempo elaborata in altri ordinamenti quali quello
francese, nel nostro sistema giuridico è una forma di
danno solo recentemente esplorata, che può essere
definita come occasione favorevole di conseguire un
risultato vantaggioso, sotto il profilo dell’incremento
di un’utilità o della sua mancata diminuzione, e che
ovviamente va distinta dalla mera aspettativa di fatto
(Cass. n. 3999/2003).
Restano discussi, peraltro, la natura del danno da
perdita di chance, e conseguentemente i parametri
necessari per la sua risarcibilità.
In particolare, per la tesi cosiddetta
ontologica, la chance deve intendersi riferita ad
un danno emergente comunque attuale e concreto,
trattandosi di bene suscettibile di valutazione
patrimoniale in sé e per sé: viene così risarcita la
perdita della mera opportunità, possibilità ed anche
solo speranza, di conseguire un’utilità, con la
conseguenza che la probabilità di verificazione
dell’utilità incide solo sul quantum
risarcitorio, non sull’an.
Ciò è stato sostenuto inizialmente dalla Sezione Lavoro
della Cassazione per risarcire i dipendenti
illegittimamente esclusi dalla partecipazione ad un
concorso interno (tra le più recenti, Cass. n.
14820/2007), ma il principio è stato utilizzato anche
dalla maggioranza delle sentenze civili (Cass. Sez. Un.
n. 1850/2009, Cass. n. 23846/2008 est.
Frasca, Cass. n. 17167/2007, Cass. n.
12243/2007, Cass. n. 15522/2006, Cass. n. 1752/2005,
Cass. n. 4400/2004 est. Segreto, Cass. n.
18945/2003).
La qualificazione della chance come danno
emergente comporta la divaricazione dal nesso causale:
la prova della chance non attiene più al nesso
eziologico tra condotta ed evento, ma riguarda la
consistenza percentuale di un bene già presente nel
patrimonio del soggetto. Quindi, la perdita di chance
opera sul danno e non sul nesso causale, che va
accertato nella sua interezza: va prima accertato il
nesso causale tra lesione e perdita di opportunità
favorevole, poi la ragionevole probabilità della
verificazione del danno inteso come perdita chance.
E’ stato però obiettato che, così facendo,
per un verso si compie un escamotage per
ammettere la risarcibilità di un danno il cui nesso
causale rispetto alla condotta non è certo; per altro
verso, si considera un bene suscettibile di valutazione
economica ciò che non ha utilità in sé; da ultimo, si
cade in contraddizione logica allorquando, per non
effettuare risarcimenti futili, si chiede di dimostrare
che la possibilità di raggiungere il risultato è seria e
non simbolica, ciò che non dovrebbe essere laddove la
chance fosse un bene in sé già presente nel patrimonio.
Per tali motivi, una diversa linea ricostruttiva,
conosciuta come tesi eziologica, parla di chance
in termini di lucro cessante, nel senso che ne ammette
la risarcibilità solo quando l’occasione perduta si
presentava, se valutata con prognosi postuma, assistita
da ‘considerevoli possibilità di successo’ o
‘ragionevole probabilità di verificarsi’ (in questi
termini, Cass. n. 20351/2010, Cass. n. 11353/2010, Cass.
n. 1767/2009, Cass. n. 4052/2009, Cass. n. 10111/2008,
Cass. n. 23304/2007, Cass. n. 17940/2003, Cass. n.
9598/1998), da scrutinarsi anche in base a presunzioni.
La chance non è infatti vista come una utilità in sé -ed infatti
non si può cedere, donare o vendere- ma utile solo in
quanto realizzata, e la sua perdita non si distingue
dalla perdita del risultato finale auspicato: sostenere
che essa costituisce un bene autonomo, vorrebbe dire
creare un bene che per il diritto rileva solo se leso.
Quindi, la perdita di chance non costituisce la perdita di un bene
patrimoniale, ma soltanto l’annullamento di un
presupposto necessario per il conseguimento del bene
sperato, ed il danno si identifica con il quantum
lucrari potui; la chance è allora un criterio
di verifica della sussistenza del legame eziologico tra
la condotta impeditiva e la verificazione del danno
patito inteso quale perdita del risultato finale, ed
assurge quindi a strumento per dimostrare in modo meno
rigoroso il nesso causale.
Ciò posto, ritiene questo Giudice come ciascuna di
queste due tesi colga una parte di verità, e sia quindi
necessario perseguire una tesi intermedia, che vede come
lucro cessante il danno futuro derivante dalla
definitiva perdita, a causa del comportamento altrui,
del bene ultimo avuto di mira; e vede invece come danno
emergente la chance in senso stretto, cioè la
lesione della possibilità di raggiungere il risultato
sperato.
Deve infatti tenersi conto che la domanda per perdita di chance è
ontologicamente diversa da quella di risarcimento del
danno futuro da mancato raggiungimento del risultato
sperato, e la prima nemmeno può essere considerata un
minus della seconda, mutando la causa petendi
(possibilità di conseguire risultato nella chance,
assenza di risultato nel danno futuro) ed il petitum
(risarcimento commisurato a perdita nella chance,
perdita tout court nel danno futuro).
Infatti, per un verso cambia la stessa collocazione logico-giuridica
dell’accertamento probabilistico, atteso che nel primo
caso le chances sono l’oggetto della perdita e
quindi del danno, mentre nel danno futuro
substanziano il nesso causale tra comportamento e danno;
per altro verso cambia l’onere della prova per la parte,
che nella lesione di chances riguarda la perdita
di una probabilità non trascurabile di raggiungere il
risultato, mentre nel danno futuro riguarda il fatto
che, ove fosse stato tenuto il comportamento legittimo,
il risultato sarebbe stato raggiunto.
Questo, tra l’altro, è l’approdo al quale è giunto anche la più attenta
giurisprudenza di legittimità, che ha lucidamente
distinto tra chance e danno futuro sia in materia
di responsabilità medica, differenziando la domanda di
risarcimento per diminuzione della speranza di
sopravvivenza, dalla domanda di risarcimento per morte
(Cass. n. 4400/2004; cfr. anche Cass. n. 23846/2008
circa la ritardata diagnosi comportante la lesione di
chance di vivere quantitativamente più a lungo o
qualitativamente meglio, nonché di decidere ‘che fare’
nel poco tempo che rimane da vivere); sia in materia
lavoristica, differenziando il danno da mancata
partecipazione ad un concorso, dal danno da mancata
promozione in esito a tale concorso (Cass. n. 852/2006,
Cass. n. 123/2003, Cass. n. 734/2002).
Detta distinzione, ad avviso di questo Giudice, è una
conseguenza necessitata a seguito del reveriment
recentemente operato dalla Cassazione civile -mutuato
dalla sezione lavoro, inizialmente trasposto solo a
livello di terza sezione in tema di responsabilità
medica, ma poi convalidato anche dalle Sezioni Unite-
che in materia di nesso causale apertamente abbandona
l’impostazione penalistica della sentenza Franzese Sez.
Un. n. 30328/2002, riproponendo la categoria delle
“serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno”.
In particolare, la Suprema Corte ora differenzia la causalità civile da
quella penale, nel senso che nella prima, diversamente
che nella seconda, vige il principio del ‘più probabile
che non’, mentre nel processo penale opera la regola
della prova ‘oltre il ragionevole dubbio’, stante la
diversità dei valori in gioco nei due tipi di processi,
ciò che giustifica una differenza negli standard
probatori ed il diverso livello di incertezza da
assumersi come ragionevolmente accettabile (Cass. civ.
nn. 4400/2004, 7997/2005, 1755/2006, 19047/2006,
6129/2007, 9238/2007, 21619/2007, 576/2008, 15986/2008,
23676/2008, 975/2009, 10285/2009, 10741/2009; Cass. Sez.
Un. nn. 576/2008, 581/2008, 582/2008, 584/2008,
27337/2008); ed anche la stessa Corte di Giustizia è
indirizzata ad accettare che la causalità non possa che
poggiarsi su logiche di tipo probabilistico (Corte
Giust. 3/7/2006 cause riunite C-295/04 e C-298/04,
nonché Corte Giust. 15/2/2005 causa C-12/03, entrambe in
tema di tutela della concorrenza).
A seguito di tale nuova nozione della causalità civilistica e della
ricostruzione dl nesso causale ordinario sulla base
della mera probabilità e non già della certezza, è stato
acutamente osservato che vi è un doppio binario causale,
“due dimensioni di analisi del rapporto causale
rilevanti ai fini civilistici: la causalità civile
ordinaria, attestata sul versante del ‘più probabile che
non’, che ha per oggetto il danno per la perdita del
bene leso; e la causalità da perdita di chance,
attestata sul versante della mera possibilità di
conseguimento di un diverso risultato, da intendersi
come sacrificio della possibilità di conseguirlo”
(Cass. n. 21619/2007, est. Travaglino). Nel primo caso,
il risarcimento è integrale con riferimento al bene
leso; nel secondo caso è parametrato percentualmente
sulla chance persa.
Il risarcimento da lesione di chance, intesa come
concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire
un determinato bene, presuppone allora l’onere di
provare, sia pure presuntivamente o secondo un calcolo
di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni
presupposti per il raggiungimento del risultato sperato
e impedito dalla condotta illecita della quale il danno
risarcibile dev’essere conseguenza diretta e immediata
(Cass. Sez. Un. n. 1850/2009, Cass. n. 23846/2008, Cass.
n. 21544/2008, Cass. n. 16877/2008, Cass. n. 21014/2007,
Cass. n. 17176/2007, Cass. n. 14820/2007, Cass. n.
12243/2007, Cass. n. 10840/2007).
Peraltro, “la perdita di chance è risarcibile indipendentemente dalla
dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance
avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la
consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la
sola possibilità di tale consecuzione. L’idoneità della
chance a determinare presuntivamente o probabilmente
ovvero solo possibilmente la detta conseguenza è,
viceversa, rilevante soltanto ai fini della concreta
individuazione e quantificazione del danno, da
effettuarsi eventualmente in via equitativa, posto che
nel primo caso il valore della chance è certamente
maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la
sua perdita, che, del resto, in presenza di una
possibilità potrà anche essere escluso, all’esito di una
valutazione in concreto della prossimità della chance
rispetto alla consecuzione del risultato e della sua
idoneità ad assicurarla” (Cass. n. 23846/2008, est.
Frasca).
d2) Quanto sopra offre le coordinate per la
soluzione del caso che qui occupa.
Come più sopra argomentato, è provato che la V.,
all’epoca quarantaseienne, aveva lavorato come cuoca
stagionale nel periodo estivo per soli tre anni prima
dell’infortunio, e non lavorava al momento
dell’infortunio stesso; che detto infortunio ha reso
impossibile l’attività di cuoca stagionale; che dopo
l’infortunio, la V. non ha più svolto l’attività di
cuoca.
Sulla base di queste circostanze fattuali, non vi è forse prova di un
danno patrimoniale futuro da lucro cessante per
l’attrice, non potendosi formulare un giudizio
prognostico circa il fatto che la V. -si ribadisce:
all’epoca del sinistro quarantaseienne, non occupata da
un biennio e con soli tre anni di attività lavorativa
stagionale alle spalle- avrebbe ‘più probabilmente che
non’ continuato a lavorare.
Vi è però certamente una lesione di chance, nel senso sopra
illustrato da Cass. n. 23846/2008, della “possibilità
di consecuzione” del vantaggio derivante dallo
svolgimento di attività professionale di cuoca
stagionale, impedita invece dagli esiti del sinistro. E
la quantificazione di tale danno ben può essere fatta “in
via equitativa” (cfr. sempre Cass. n. 23846/2008),
senza neppure la necessità della richiesta di parte
laddove si sia in presenza delle condizioni richieste
dall’articolo 1226 c.c. (Cass. n. 2706/2004).
In ragione di ciò, tenuto conto dell’attività di cuoca
stagionale svolta solo in un triennio e per pochi mesi
all’anno, con un compenso dieci anni orsono di £.
400.000 mensili; tenuto altresì conto della non
occupazione e di un’età di quarantasei anni al momento
del sinistro; stimasi equo, ex art. 1226 c.c.,
individuare il danno da perdita di chance
patrimoniale in € 5.000 all’attualità (somma
ragionevolmente dovuta per l’attività nel trimestre
estivo per circa tre anni), oltre interessi moratori
dalla sentenza al saldo.
e) Non vi sono motivi per derogare ai principi
generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese
di lite, che, liquidate come da dispositivo in assenza
di nota, sono quindi poste a carico della soccombente
parte convenuta ed a favore della vittoriosa parte
attrice. Nella liquidazione degli onorari, peraltro,
deve tenersi a mente che, trattandosi di accoglimento
solo parziale della domanda, lo scaglione di riferimento
è quello relativo al decisum, non già al
disputatum (Cass. Sez. Un. n. 19014/2007).
Per gli stessi principi in tema di soccombenza, anche le
spese di CTU, già liquidate in corso di causa con il
separato decreto di cui a dispositivo, sono
definitivamente poste a carico di parte convenuta.
Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a
questo Giudice all’udienza del 21/12/2010, ed alla
successiva udienza del 11/1/2011 è stato deciso con
sentenza contestuale ex art. 281 sexies
c.p.c.
P.Q.M.
il Tribunale di Piacenza
in composizione monocratica
definitivamente pronunciando, nella contumacia degli eredi M., ogni
diversa istanza disattesa
-
condanna La Previdente s.p.a.,
M. Giovanna, M. Enrico, M. Ivana, M.
Giovanni, M. Giuseppina, L. Maria Elena, L. Laura, L.
Francesco, in solido tra loro, a pagare a V. Enrica
€ 22.692 oltre interessi legali dal 1/10/2006 al saldo;
€ 1.574,33 oltre interessi legali dal 19/12/2002 al saldo;
€ 5.000 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo;
-
condanna La Previdente s.p.a., M. Giovanna, M.
Enrico, M. Ivana, M. Giovanni, M. Giuseppina, L. Maria
Elena, L. Laura, L. Francesco, in solido tra loro, a
rifondere a V. le spese di lite del presente giudizio,
che liquida in € 4.000 per diritti ed onorari, € 480 per
rimborsi, oltre IVA, CPA ed art. 14 TP;
-
pone definitivamente a carico di La Previdente
s.p.a., M. Giovanna, M. Enrico, M. Ivana, M. Giovanni,
M. Giuseppina, L. Maria Elena, L. Laura, L. Francesco,
in solido tra loro, le spese di CTU, già liquidate in
corso di causa con separato decreto 19/10/2004.
Piacenza, 11/1/2011
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