1. Non è
necessario nella querela chiedere espressamente la
condanna della persona denunciata, in quanto la stessa
proposizione dell'atto indica la volontà della parte che
lo Stato intervenga per punire condotte ritenute
penalmente rilevanti.
2. La condotta
ascrivibile all'imputata integra la fattispecie,
delineata dall'art. 594 c.p. in quanto le parole
profferite sono sicuramente tali da offendere l'aspetto
fisico ed esteriore e sono idonee a ledere la sfera
personale e privata di una donna la cui immagine è stata
offuscata anche nell'ambito del proprio ambiente
professione.
Cassazione, 31 gennaio
2011, n. 3360
Fatto e diritto
(…) proponeva; ricorso
per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di
Catanzaro che, in sede di appello, confermava la
sentenza del Giudice di Pace di Catanzaro che aveva
ritenuto la ricorrente responsabile del delitto di
ingiuria in danno di (...) e l'aveva condannata alla
pena di euro 800,00 di multa ed al risarcimento dei
danni in favore della parte civile.
Deduceva
l'improcedibilità del reato perché nella querela
presentata dalla (...) mancava la richiesta di punizione
della denunciata; la rinuncia all'azione penale per aver
la (...) presentato in sede civile domanda di
risarcimento del danno; la violazione del diritto di
difesa perché le richieste istruttorie negate dal primo
giudice erano state ammesse in appello; l'insussistenza
della valenza diffamatoria della condotta.
Il ricorso è solo
parzialmente fondato e deve essere accolto nella misura
che di seguito si indicherà.
Infondati sono tutti i
motivi di ricorso relativi al riconoscimento della
penale responsabilità della ricorrente.
Preliminarmente deve
affermarsi che il reato era procedibile in quanto la
(...) ha proposto regolare querela con l'indicazione dei
fatti ritenuti offensivi del suo onore e della persona
che li aveva commessi.
Non è
necessario nella querela chiedere espressamente la
condanna della persona denunciata, in quanto la stessa
proposizione dell'atto indica la volontà della parte che
lo Stato intervenga per punire condotte ritenute
penalmente rilevanti.
Non vi è stata nessuna
violazione del diritto di difesa in quanto rientra nella
dinamica processuale, prevista espressamente dal
legislatore, la possibilità che il giudice di appello
riapra l'istruttoria per ascoltare testi la cui
deposizione non era stata ritenuta rilevante dal giudice
di primo grado.
In ordine al contenuto
delle espressioni pronunziate dall'imputata nei
confronti della (...), i giudici di appello hanno
fornito ampia, adeguatae condivisibile motivazione in
ordine alla natura della stessa lesiva dell'onore della
(...).
Infatti i giudici di
appello hanno sottolineato che sul piano della lesività
giuridica la frase ingiuriosa pronunciata dalla (...)
nei confronti della (...), “sei un cesso, ma ti sei
vista? ... sono la moglie di (...) e questo cesso e
l'amante”, viene ad assumere una particolare carica
offensiva se rapportata al contesto in cui è stata
pronunciata e riferita al ruolo professionale e
all'ambiente sociale della parte offesa. La (...)
infatti svolge la professione di avvocato e la frase
ingiuriosa indirizzatale è stata rivolta in pieno centro
cittadino, addirittura a pochi metri dal Tribunale,
tant'è che il luogo in cui si è verificato l'episodio
rappresenta il punto di incontro di appartenenti
all'ordine degli avvocati.
Giustamente i giudici
di merito hanno ritenuto che la condotta
ascrivibile all'imputata integra la fattispecie,
delineata dall'art. 594 c.p. in quanto le parole
profferite sono sicuramente tali da offendere l'aspetto
fisico ed esteriore e sono idonee a ledere la sfera
personale e privata di una donna la cui immagine è stata
offuscata anche nell'ambito del proprio ambiente
professione.
Fondato è invece il
motivo di ricorso relativo alla costituzione di parte
civile della (...) nel procedimento penale.
Infatti (...) risulta
aver iniziato con citazione del 12-12-2008, dopo la
pronunzia della sentenza di primo grado, un procedimento
civile diretto ad ottenere il risarcimento del danno
affermando erroneamente che la sentenza penale di
condanna era passata in giudicato. Infatti la
proposizione dell'azione civile, dopo che questa è stata
precedentemente proposta in sede penale, comporta la
revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione
del rapporto processuale civile nel processo penale, e
ciò impedisce al giudice penale di mantenere ferme le
statuizioni civili relative, ad un rapporto processuale
ormai estinto. Sez. 4, Sentenza n. 31320 del 15/04/2004.
Pertanto, preso atto
della revoca, la sentenza impugnata deve essere
annullata senza rinvio in ordine alla costituzione della
parte civile
P.Q.M.
Annulla senza rinvio
la sentenza impugnata limitatamente alla costituzione di
parte civile che elimina.
Rigetta nel resto il
ricorso.
|