Sono approdati dinanzi alla Corte
Suprema di Cassazione i ricorsi per regolamento di
giurisdizione proposti nell'ambito di due procedimenti
giudiziari anti-discriminazione. Il primo ricorso è
proposto dall'Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano,
nella causa anti-discriminazione avviata dalla CGIL di
Milano contro la decisione dell'Azienda ospedaliera di
escludere le infermiere extracomunitarie dalle procedure
di stabilizzazione del personale assunto a tempo
determinato, in ragione della nota clausola di
cittadinanza per l'accesso al pubblico impiego. Il
Tribunale di Milano, con ordinanza del 30 maggio 2008
aveva accolto il ricorso, affermando la propria
giurisdizione ed ordinando all'Azienda ospedaliera di
ammettere a dette procedure i dipendenti a tempo
determinato di cittadinanza non comunitaria. Il
Tribunale di Milano, investito del reclamo dell'Azienda,
confermava l'ordinanza del giudice del lavoro con
provvedimento del 31 luglio 2008. Con ricorso ex art.
414 c.p.c., l'Azienda promuoveva il giudizio di merito
al fine di evitare il consolidamento del provvedimento
cautelare e, in quella sede, eccepiva il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario e l'illegittimità
delle ordinanze. Da qui la proposizione del regolamento
di giurisdizione, col quale l'Azienda ritiene che debba
sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo
essendo la controversia relativa ad una procedura
concorsuale con la conseguente applicabilità alla
fattispecie dell'art. 63 comma 4 del d.lgs. n. 165/2001.
Il secondo ricorso è proposto dal Comune di Brescia,
nella causa anti-discriminazione avviata da tre
cittadini stranieri e dall'ASGI contro la delibera del
Comune di istituire un contributo economico (bonus bebè)
in favore dei figli di cittadini italiani, escludendolo
per i figli di cittadini extracomunitari. L'azione
anti-discriminazione ha avuto esito favorevole, trovando
accoglimento tanto in sede di primo grado dal giudice
del lavoro del Tribunale di Brescia, quanto dal collegio
giudicante del Tribunale di Brescia in sede di reclamo.
A seguito dell'esaurimento del procedimento cautelare,
il Comune di Brescia ha promosso il giudizio di merito,
eccependo il difetto di giurisdizione del Tribunale
civile a favore di quello amministrativo.
In entrambi i casi, gli atti sono stati trasmessi alla
Procura generale presso la Suprema Corte di Cassazione,
affinché fornisca le proprie osservazioni in proposito,
ai sensi dell'art. 375 c.p.c..
Rispettivamente in data 18 e 22 ottobre 2010, la Procura
generale della Suprema Corte di Cassazione ha redatto
tali osservazioni, proponendo il respingimento dei
ricorsi affinché sia confermata la giurisdizione del
giudice ordinario nelle azioni giudiziarie
anti-discriminazione.
Secondo la Procura generale della Cassazione, i giudici
che hanno deciso nei procedimenti cautelari in oggetto
hanno correttamente inteso che, a fronte della precisa
scelta del legislatore di introdurre nel nostro
ordinamento la specifica forma di tutela contro i
comportamenti discriminatori per motivi etnici,
razziali, religiosi, di orientamento sessuale,
disabilità, per età, ecc. attraverso la disciplina degli
art. 43 e 44 del d.lgs. n. 286/98 e dei successivi
d.lgs. n. 215 e 216/2003, sussiste la giurisdizione del
giudice ordinario ogni qualvolta venga attivata
un'azione giudiziaria mirante a garantire il rispetto
del diritto alla non discriminazione, quale diritto
soggettivo pieno ed assoluto.
In altri termini, l'azione giudiziaria
anti-discriminazione di cui all'art. 44 del d.lgs. n.
286/98 è stata individuata dal legislatore come modello
processuale tipico e sovrano per le discriminazioni,
rimedio speciale in tutti i casi in cui venga impugnato
l'atto in quanto comportamento discriminatorio, senza
che abbia rilevanza alcuna se l'asserita discriminazione
incida su posizioni giuridiche qualificabili come
diritto soggettivi o interessi legittimi, con l'unica
eccezione della situazione prevista dallo stesso
legislatore all'art. 4 c. 8 del d.lgs. n. 216/2003 che
ha fatto salva la giurisdizione del giudice
amministrativo per il personale di cui all'art. 3 comma
1 del d.lgs. n. 165/2001 anche in relazione ad asserite
violazioni del divieto di discriminazioni in materia di
occupazione e di condizioni di lavoro per uno dei motivi
previsti dalla direttiva europea n. 2000/78.
Su tale approccio hanno convenuto dottrina e
giurisprudenza. In relazione a quest'ultima si possono
contare decine di decisioni che hanno affrontato
l'argomento nella direzione sopraindicata, a partire da:
Tribunale di Milano, ordinanza 21.03.2002 (la prima
ordinanza che si è espressa in proposito e che contiene
una esauriente disamina della questione) e fino a:
Tribunale di Varese, ordinanza 2 dicembre 2010 (sulla
ripartizione di competenze tra giustizia sportiva e
azione anti-discriminatoria riguardo al diniego di
tesseramento di un calciatore straniero).
Ai fini della discussione dei ricorsi di giurisdizione
presentati dinanzi alla Corte di Cassazione, si è tenuta
udienza in camera di consiglio in data 18 gennaio 2011.
La decisione della Cassazione è attesa per le prossime
settimane.
Si ringrazia per la segnalazione l'avv. Alberto Guariso
del Foro di Milano.
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