In tema di esami per l’abilitazione all’esercizio della
professione di avvocato l’obbligo di motivazione è
sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un
punteggio numerico agli elaborati scritti,
configurandosi questo come una formula sintetica ma
eloquente che, oltre a rispondere ad un evidente
principio di economicità dell’attività amministrativa di
valutazione, assicura la necessaria chiarezza sul
giudizio di merito reso dalla commissione e sul potere
amministrativo da quest’ultima espletato esternando
compiutamente la valutazione tecnica eseguita
dall’organo collegiale. In tema di esami per
l’abilitazione all’esercizio della professione di
avvocato, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 3
della legge n. 241 del 1990, i provvedimenti della
commissione esaminatrice, che rilevano l'inidoneità
delle prove scritte e non ammettono all'esame orale il
partecipante, vanno di per sé considerati adeguatamente
motivati, quando si fondano su voti numerici.
Pertanto, l’obbligo di motivazione è sufficientemente
adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico,
configurandosi questo come una formula sintetica ma
eloquente che, oltre a rispondere ad un evidente
principio di economicità dell’attività amministrativa di
valutazione, assicura la necessaria chiarezza sul
giudizio di merito reso dalla commissione e sul potere
amministrativo da quest’ultima espletato esternando
compiutamente la valutazione tecnica eseguita
dall’organo collegiale.
Peraltro, la stessa Corte Costituzionale ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale riferita alla mancata previsione, nelle
norme che disciplinano gli esami di abilitazione in
argomento, dell'obbligo di giustificare e motivare il
voto verbalizzato in termini alfanumerici in sede di
valutazione delle prove scritte d'esame. E dalla
mancanza di segni grafici apposti sugli elaborati dalla
commissione esaminatrice non può farsi discendere
l’assenza di errori ed incongruenze tali da giustificare
la valutazione negativa.
In proposito, giova rammentare che, in base all'art.
23, R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, come modificato dalla l.
27 giugno 1988 n. 243, la commissione giudicatrice non
svolge un’attività “scolastica” di correzione degli
elaborati scritti dei candidati, che non rientra tra i
suoi compiti, e neppure ha il dovere di evidenziare con
segni grafici i punti dai quali, più degli altri,
risulti l'insufficienza o l'erroneità dell'elaborato
ovvero la non rispondenza alla traccia. Infatti,
l’apposizione di annotazioni sugli elaborati, di
chiarimenti ovvero di segni grafici o specificanti
eventuali errori, costituisce una mera facoltà di cui la
commissione può avvalersi nel caso in cui ne ricorrano i
presupposti, mentre l'inidoneità della prova risulta
dalla stessa attribuzione del voto numerico in base ai
criteri fissati dalla Commissione sia per la correzione
che in sede di giudizio.
N. 00572/2011
REG.PROV.COLL.
N. 06620/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava) ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6620 del
2010, proposto da ***
contro***
per l'annullamento
del giudizio di esclusione dalla prova orale
pronunciato dalla Commissione istituita presso la Corte
d’Appello di Bologna
visti il ricorso e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del
Ministero della Giustizia;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nella camera di consiglio del giorno 11
gennaio 2011 il dott. Antonino Savo Amodio e uditi per
le parti i difensori come specificato nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue; FATTO e DIRITTO
Il dott. Schiano impugna, chiedendone l’annullamento,
gli atti meglio specificati in epigrafe con i quali la
Sottocommissione degli esami di avvocato presso la Corte
di Appello di Bologna per la sessione 2009, in sede di
valutazione degli elaborati scritti redatti presso la
Corte di Appello di Napoli, ha attribuito il voto
insufficiente di 25 in tutt’e tre le prove scritte e,
per l’effetto, non ha ammesso il ricorrente alle prove
orali.
Deduce in sintesi violazione ed erronea applicazione
dell’art. 22 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578,
violazione dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 241,
violazione dell’art. 97 della Costituzione, eccesso di
potere, illogicità, contraddittorietà e difetto dei
presupposti.
Si è costituito in giudizio il Ministero della
Giustizia che conclude per la reiezione del gravame.
Alla camera di consiglio dell’11 gennaio 2011,
fissata per l’esame della domanda incidentale di
sospensione dell’atto gravato, il Collegio si è
riservato di provvedere con sentenza breve sussistendo
le condizioni previste dall’art. 60 del Codice del
processo amministrativo, dandone notizia ai difensori
presenti.
E’ infondata la censura con cui si lamenta
l’insufficienza della motivazione espressa dalla
commissione giudicatrice con l’attribuzione del mero
punteggio numerico, non consentendo un effettivo
sindacato sulle ragioni poste a base della valutazione
negativa.
Sul punto, occorre tener conto dell’elaborazione
giurisprudenziale del Consiglio di Stato, secondo cui,
in tema di esami per l’abilitazione all’esercizio della
professione di avvocato, anche dopo l'entrata in vigore
dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990 i provvedimenti
della commissione esaminatrice che rilevano l'inidoneità
delle prove scritte e non ammettono all'esame orale il
partecipante vanno di per sé considerati adeguatamente
motivati, quando si fondano su voti numerici (Consiglio
di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2190; 19 febbraio
2008, n. 540, 4 febbraio 2008, n. 294; T.A.R. Campania
Napoli, Sez. VIII, 24 settembre 2008, n. 10731).
Pertanto, l’obbligo di motivazione è sufficientemente
adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico,
configurandosi questo come una formula sintetica ma
eloquente che, oltre a rispondere ad un evidente
principio di economicità dell’attività amministrativa di
valutazione, assicura la necessaria chiarezza sul
giudizio di merito reso dalla commissione e sul potere
amministrativo da quest’ultima espletato esternando
compiutamente la valutazione tecnica eseguita
dall’organo collegiale (Consiglio di Stato, Sez. IV, 1
marzo 2003 n. 1162, 17 dicembre 2003 n. 8320, 7 maggio
2004 n. 2881, 6 settembre 2006 n. 5160), specie quando
la commissione abbia predisposto i criteri in base ai
quali procederà alla correzione (Consiglio di Stato,
Sez. IV, 4 febbraio 2008 n. 294).
Peraltro, a sciogliere definitivamente ogni residua
perplessità sulla sufficienza dell'attribuzione del solo
punteggio numerico in sede di esami di abilitazione
all'esercizio della professione forense, è intervenuta
la Corte Costituzionale che, nell'affermare che la
soluzione interpretativa offerta in giurisprudenza
costituisce ormai un vero e proprio diritto vivente, ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale riferita alla mancata previsione, nelle
norme che disciplinano gli esami di abilitazione in
argomento, dell'obbligo di giustificare e motivare il
voto verbalizzato in termini alfanumerici in sede di
valutazione delle prove scritte d'esame (cfr. Corte
Costituzionale, sentenza 30 gennaio 2009, n.20).
Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, dalla
mancanza di segni grafici apposti sugli elaborati dalla
commissione esaminatrice non può farsi discendere
l’assenza di errori ed incongruenze tali da giustificare
la valutazione negativa.
In proposito, giova rammentare che, in base all'art.
23, R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, come modificato dalla l.
27 giugno 1988 n. 243, la commissione giudicatrice non
svolge un’attività “scolastica” di correzione degli
elaborati scritti dei candidati, che non rientra tra i
suoi compiti, e neppure ha il dovere di evidenziare con
segni grafici i punti dai quali, più degli altri,
risulti l'insufficienza o l'erroneità dell'elaborato
ovvero la non rispondenza alla traccia (Consiglio Stato,
Sez. IV, 06 luglio 2009, n. 4295). Infatti,
l’apposizione di annotazioni sugli elaborati, di
chiarimenti ovvero di segni grafici o specificanti
eventuali errori, costituisce una mera facoltà di cui la
commissione può avvalersi nel caso in cui ne ricorrano i
presupposti, mentre l'inidoneità della prova risulta
dalla stessa attribuzione del voto numerico in base ai
criteri fissati dalla Commissione sia per la correzione
che in sede di giudizio (Consiglio di stato, sez. IV, 24
aprile 2009 , n. 2576).
Quanto al la censura riguardante specificamente il
giudizio di merito posto a base delle contestate
insufficienze nelle prove di esame, deve osservarsi che
detto giudizio comporta una valutazione essenzialmente
qualitativa della preparazione scientifica dei candidati
ed attiene così alla sfera della discrezionalità
tecnica, censurabile unicamente, sul piano della
legittimità, per evidente superficialità, incompletezza,
incongruenza, manifesta disparità, emergenti dalla
stessa documentazione, tali da configurare un palese
eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o
debba entrare nel merito della valutazione effettuata
(Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 gennaio 2006, n. 172).
Tale considerazione deve essere tenuta ferma anche
nel caso in cui la ritenuta erroneità sia sostenuta da
pareri di docenti universitari, non essendo consentito
al giudice della legittimità sovrapporre alle
determinazioni adottate dalla commissione esaminatrice
il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la
sua qualifica professionale ed il livello di conoscenze
ed esperienze acquisite nelle materie di esame.
Quanto, infine, al vizio concernente la presunta
incongruità delle operazioni di correzione, è
sufficiente osservare che la giurisprudenza
amministrativa costantemente oppone che non sono
normalmente sindacabili in sede di legittimità i tempi
dedicati dalla commissione giudicatrice, allorché tali
tempi siano calcolati, come nel caso in esame, in base
ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della
durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti
o per quello degli elaborati esaminati. Siffatta
conclusione viene normalmente giustificata con la
considerazione che, di norma, non è possibile stabilire
quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore
considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in
concreto il giudizio contestato. (Cfr., in tal senso,
per tutte, Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 maggio 2007,
n. 2182).
In conclusione, per i motivi esposti, il ricorso deve
essere respinto, pur sussistendo ragioni per compensare
le spese di giudizio;
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa integralmente fra le parti le spese di
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del
giorno 11 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente, Estensore
Alessandro Pagano, Consigliere
Renata Emma
Ianigro, Consigliere IL PRESIDENTE
ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2011
IL SEGRETARIO
|