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IL DATORE DI LAVORO NON PUO' IMPARTIRE AL DIPENDENTE DISPOSIZIONI PRIVE DI FONDAMENTO LOGICO E AVULSE DA EFFETTIVE RAGIONI ORGANIZZATIVE - Perché è tenuto al rispetto delle regole di correttezza (Cassazione Sezione Lavoro n. 23673 dell'11 novembre 2011, Pres. Vidiri, Rel. Zappia).

 

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Silvia D., assunta nel febbraio 2003 alle dipendenze dell'azienda commerciale Medial s.r.l. con qualifica di commessa di quinto livello presso un punto vendita di Olbia, è stata richiesta dalla datrice di lavoro, nell'aprile del 2004, di recarsi in trasferta a Nuoro per partecipare ad un corso pratico di perfezionamento della durata di trenta giorni da svolgersi a giorni alterni, ovvero il martedì, il giovedì e il sabato. La lavoratrice ha rifiutato di eseguire la disposizione aziendale ritenendola priva di giustificazione e ritorsiva. Conseguentemente l'azienda l'ha licenziata. Ella ha chiesto al Tribunale di Tempio Pausania di dichiarare illegittimo sia il trasferimento che il successivo licenziamento. L'azienda si è difesa sostenendo la legittimità del provvedimento di trasferta in quanto rientrante nei suoi poteri organizzativi e in considerazione del fatto che si trattava di un breve periodo di formazione, reso necessario da carenze professionali della lavoratrice. Il Tribunale, con sentenza del maggio 2008, ha accolto il ricorso dichiarando l'illegittimità sia della trasferta che del successivo licenziamento e ordinando la reintegrazione della commessa nel posto di lavoro. Questa decisione è stata confermata, in grado di appello,  dalla Corte di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza del febbraio 2009. La Corte ha rilevato tra l'altro che l'azienda non aveva fornito alcuna prova in ordine alle esigenze che il processo formativo fosse effettuato a Nuoro e non già ad Olbia, sede principale della società. L'azienda ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Corte di Sassari per vizi di motivazione e violazione di legge ed in particolare per non avere considerato che all'atto dell'assunzione l'interessata aveva consentito ad essere inviata in qualunque sede.

 

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 23673 dell'11 novembre 2011, Pres. Vidiri, Rel. Zappia) ha rigettato il ricorso.  In base al potere di organizzazione e di direzione che gli compete ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c. - ha osservato la Corte - l'imprenditore può predisporre, anche unilateralmente, norme interne di regolamentazione attinenti all'organizzazione tecnica e disciplinare del lavoro nell'impresa, con efficacia vincolante per i prestatori di lavoro, ma perché questo potere privato non trasmodi in arbitrio e perda ogni collegamento con l'interesse all'ordinato svolgersi dell'attività lavorativa, occorre, principalmente sulla base delle regole di correttezza (art. 1175 c.c.), che il suo esercizio sia funzionale alle esigenze tecniche, organizzative e produttive dell'azienda, restando escluso che il datore di lavoro possa impartire disposizioni e prescrizioni che, incidendo sulla posizione lavorativa del prestatore d'opera, risultino prive di fondamento logico o del tutto avulse dalle ragioni attinenti all'organizzazione, alla disciplina e all'attività produttiva dell'impresa. In altri termini - ha affermato la Corte - non possono trovare legittimazione nei poteri datoriali quei provvedimenti che, in assenza di ragioni attinenti ai fini della organizzazione aziendale, arrecano ingiustificato disagio ai lavoratori; la relativa valutazione costituisce tipico accertamento di fatto di talché, se congruamente motivata dal giudice del merito, non è suscettibile di riesame in sede di giudizio di legittimità. Nel caso di specie - ha rilevato la Cassazione - la Corte territoriale, constatato che da un punto di vista astratto il provvedimento di trasferta si appalesava formalmente ineccepibile in quanto l'assegnazione temporanea del dipendente ad una sede di lavoro diversa da quella abituale costituisce legittima estrinsecazione del potere datoriale, né dalla lettura del provvedimento emergeva alcuna volontà punitiva o ritorsiva, ha evidenziato - attraverso un excursus delle deposizioni testimoniali assunte - come in concreto il detto provvedimento fosse illegittimo non avendo la società datoriale fornito la prova della necessità che la lavoratrice acquisisse maggiore professionalità né della circostanza che tale maggiore professionalità fosse acquisibile presso il punto vendita di Nuoro piuttosto che presso quello di Olbia; ed ha correttamente ritenuto priva di rilevanza la circostanza che in sede di stipula del contratto di lavoro l'interessata avesse consentito l'invio in qualunque sede, avendo in buona sostanza evidenzato come la società datoriale non avesse comunque fornito la prova dell'esistenza di quei presupposti che legittimavano - alla stregua dei principi posti dall'art. 1175 c.c. - la disposta trasferta formativa; di conseguenza, ritenuta l'illegittimità del provvedimento di trasferta, ha evidenziato che l'inottemperanza della  lavoratrice al detto provvedimento trovava giustificazione alla stregua del disposto dell'art. 1460 c.c., ravvisando nella condotta datoriale un inadempimento, sia pur parziale, degli obblighi assunti con il contratto di lavoro; pertanto è pervenuta, con motivazione assolutamente corretta sotto il profilo della applicazione dei principi normativi e giurisprudenziali in materia, oltre che congrua sotto il profilo argomentativo, alla conclusione della illegittimità del successivo licenziamento.

 

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