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Il datore di lavoro è tenuto ad
accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei
macchinari utilizzati e risponde dell'infortunio occorso
a un dipendente a causa della mancanza di tali
requisiti, senza che la presenza sul macchinario della
marchiatura di conformità «Ce» o l'affidamento riposto
nella notorietà e nella competenza tecnica del
costruttore valgano a esonerarlo dalla sua
responsabilità; e ciò a prescindere dall'eventuale
configurabilità di autonome concorrenti responsabilità
del costruttore.
Corte di Cassazione, Sezione 4
penale, Sentenza 7 settembre 2011, n. 33285
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe -
Presidente
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. IZZO Fausto - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto -
Consigliere
Dott. MARINELLI Felicetta -
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sulla impugnazione proposta da:
PE. Ge. Ma. Ro. , n. a (OMESSO);
avverso la sentenza del 15/3/2010
della Corte di Appello di Torino (n. 996/10/10; n. reg.
gen. 10873/07);
udita la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Fausto Izzo;
Udita la richiesta del P.G. Dott.
Giovanni Galati, che ha chiesto la declaratorio di
inammissibilita' del ricorso;
Udito l'Avv. Mascara Maria
Antonella, in sostituzione dell'Avv. Valeria Rizzo, per
l'imputata, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 8/6/2006 il
Tribunale di Novara, sez. dist. di Borgomanero,
condannava Pe. Ge. Ma. Ro. per il delitto di lesioni
colpose in danno dell'operaio Gu. Er. (fatti acc. in
(OMESSO)). All'imputata, con le attenuanti generiche
equivalenti all'aggravante, veniva irrogata la pena di
mesi 2 di reclusione, sostituita con la pena pecuniaria;
veniva inoltre condannata al risarcimento del danno in
favore della costituita parte civile, con una
provvisionale immediatamente esecutiva di euro 5.000.
Alla Pe. veniva addebitato che, in
qualita' di amministratore unico della s.r.l. " DU. ",
dedita alla raccolta di rifiuti solidi urbani ed in
qualita' di datore di lavoro, di avere consentito che la
vittima lavorasse utilizzando un cassone ed un
sollevatore di cassonetti non idonei ai fini della
sicurezza, in quanto la pulsantiera era posizionata in
modo tale da non consentire che l'altra mano
interferisse con gli organi operatori del sollevatore;
di modo che, mentre il Gu. azionava la pulsantiera con
due dita della mano destra, con la mano sinistra
manteneva fermo il coperchio del cassonetto in
sollevamento ed in tale frangente pativa lo
schiacciamento del 4 dito della mano sinistra tra la
struttura metallica del sollevatore idraulico e il
cassone dell'autocarro. A seguito dell'infortunio,
perdeva i sensi e caduto in terra si procurava la
ulteriore lesione costituita da una frattura cranica con
conseguente malattia superiore a 40 giorni.
2. Con sentenza del 15/3/2010, la
Corte di Appello di Torino confermava la pronuncia di
condanna. Osservava la Corte di merito che la
responsabilita' dell'imputata si evinceva dalle seguenti
circostanze:
- dalle deposizioni raccolte era
emerso che era prassi per i lavoratori addetti alla
raccolta dei rifiuti spingere con due dita di una mano i
pulsanti di salita del cassonetto e con l'altra
mantenere schiacciato il coperchio del cassonetto per
evitare la caduta di rifiuti che poi si sarebbero dovuti
alzare da terra;
- tale modalita' di lavoro era
possibile, in quanto la pulsantiera consentiva
l'azionamento con una sola mano ed era vicina agli
organi operatori;
- solo dopo l'incidente il veicolo
era stato dotato di una doppia pulsantiere, in modo da
rendere necessario avere impegnate entrambe le mani per
dare il comando di sollevamento;
- irrilevante era che il
macchinario fosse marchiato "CE", in quanto il datore di
lavoro e' tenuto a garantire la sicurezza dei
lavoratori, indipendentemente dall'affidabilita' formale
dei macchinari a disposizione;
- il delitto era procedibile di
ufficio, in quanto la malattia aveva avuto una durata
superiore ai 40 giorni; peraltro anche le lesioni al
cranio erano riconducibili alla colposa condotta
dell'imputata.
3. Avverso la sentenza ha proposto
ricorso il difensore dell'imputata, lamentando:
3.1 la erronea applicazione della
legge penale ed il difetto di motivazione in relazione
al riconosciuto nesso causale tra la condotta omissiva e
le lesioni al capo. Infatti, se lo schiacciamento di un
dito (patologia guarita in 15 giorni) poteva essere
ricondotto alla condotta contestata, lo stesso non
poteva dirsi per la frattura cranica, dovuta al fatto
che, per lenire il dolore, il Gu. aveva immerso la mano
sinistra nell'acqua fredda e cio' aveva determinato,
forse per un riflesso vagale, uno svenimento, la caduta
in terra e, quindi, la lesione al capo. Tale evento,
pertanto aveva avuto una scaturigine del tutto autonoma,
non ricollegabile alla condotta omissiva contestata e
quindi riferibile ad una causa sopravvenuta da sola
idonea a determinare l'evento;
3.2. il difetto di motivazione in
relazione alla circostanza che era stata riconosciuta la
colpevolezza, pur avendo l'imputata posto a disposizione
dei suoi dipendenti un macchinario marcato "CE" e
garantito nei requisiti di sicurezza. Eventuali
inidoneita', ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del
1994, articolo 6 avrebbero dovuto far capo al
costruttore e non all'utilizzatore a cui, quindi, non
poteva imputarsi la violazione dell'articolo 35, Decreto
Legislativo cit.. In ogni caso, il lavoratore avrebbe
dovuto conformarsi alle disposizioni di sicurezza
impartite e non seguire modalita' di lavoro rischiose ed
in violazione dell'articolo 5 Decreto Legislativo cit..
3.3. la violazione di legge per la
mancata assunzione di una prova decisiva, richiesta ai
sensi dell'articolo 495 c.p.p., comma 2 finalizzata a
dimostrare che ai lavoratori erano state impartite
direttive per il corretto e sicuro utilizzo dei
macchinari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e' infondato e deve
essere rigettato.
4.1. In ordine all'accertamento del
rapporto causale in caso di concorso di cause (articolo
41 cod. proc. pen.), va ricordato il consolidato
l'insegnamento di questa Corte di legittimita', secondo
cui "Ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale
interruzione del nesso causale tra la condotta e
l'evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola
sufficiente a determinare l'evento non si riferisce solo
al caso di un processo causale del tutto autonomo,
giacche', allora, la disposizione sarebbe pressoche'
inutile, in quanto all'esclusione del rapporto causale
si perverrebbe comunque sulla base del principio
condizionalistico o dell'equivalenza delle cause di cui
all'articolo 41 c.p., comma 1. La norma, invece, si
applica anche nel caso di un processo non completamente
avulso dall'antecedente, ma caratterizzato da un
percorso causale completamente atipico, di carattere
assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento
che non si verifica se non in casi del tutto
imprevedibili a seguito della causa presupposta (Cass.
Sez. 4, Sentenza n. 1214 del 26/10/2005 Ud. (dep.
13/01/2006), Boscherini, Rv. 233173; Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 20272 del 16/05/2006 Ud. (dep. 14/06/2006),
Lorenzoni, Rv. 234596; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 41943
del 04/10/2006 Ud. (dep. 21/12/2006), Lestingi, Rv.
235537; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 13939 del 30/01/2008
Ud. (dep. 03/04/2008), Bauwens, Rv. 239593).
Nel caso di specie, la condotta del
Gu. , che dopo lo schiacciamento del dito, in ragione
della percezione del forte dolore, abbia cercato di
lenirlo immergendo la mano nell'acqua fredda, innescando
in tal modo lo svenimento e la frattura cranica, non
puo' dirsi che abbia determinato una causa sopravvenuta
dell'evento con caratteri di anomalia, eccezionalita' ed
imprevedibilita'. Infatti la incontrollata reazione al
dolore e' ricollegabile con immediatezza allo
schiacciamento del dito.
Pertanto correttamente il giudice
di merito ha ritenuto permanere il nesso di causalita'
tra la condotta omissiva dell'imputata e la lesione al
capo del Gu. , in quanto il comportamento dell'imputata
ha costituito un antecedente senza del quale l'evento
non si sarebbe verificato, poiche' la sua assenza non
avrebbe determinato la condotta dell'operaio,
costituente una causa sopravvenuta la quale, pero', non
presenta, sul piano quantitativo o qualitativo, una tale
incidenza da doversi considerare idonea da sola a
produrre l'evento. Ne consegue la infondatezza del primo
motivo di ricorso.
4.2. Quanto al secondo motivo di
censura, anche in tal caso va richiamata la consolidata
giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale "Il
datore di lavoro e' tenuto ad accertare la
corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari
utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso ad un
dipendente a causa della mancanza di tali requisiti,
senza che la presenza sul macchinano della marchiatura
di conformita' "CE" o l'affidamento riposto nella
notorieta' e nella competenza tecnica del costruttore
valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilita'" (Cass.
Sez. 4, Sentenza n. 37060 del 12/06/2008 Ud. (dep.
30/09/2008), Vigliarti, Rv. 241020; Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 6280 del 11/12/2007 Ud. (dep. 08/02/2008),
Mantelli, Rv. 238959; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 2630 del
23/11/2006 Ud. (dep. 25/01/2007), Mogliani, Rv. 236012;
Cass. Sez. 4, Sentenza n. 11122 del 15/06/1990 Ud. (dep.
04/08/1990), Beretta, Rv. 185064).
Il datore di lavoro, infatti, e' il
principale destinatario delle norme antinfortunistiche
previste a tutela della sicurezza dei lavoratori ed ha
l'obbligo di conoscerle e di osservarle
indipendentemente da carenze od omissioni altrui e da
certificazioni pur provenienti da autorita' di
vigilanza.
Tale posizione di garanzia concorre
con quella del costruttore, ma non e' ad essa
subordinata, in quanto la prossimita'
dell'imprenditore-datore alla fonte dei rischi, alle
concrete modalita' di lavoro e di eventuale elusione dei
sistemi di sicurezza, gli consente immediatamente di
percepire l'esposizione al pericolo dei lavoratori
impiegati nell'utilizzo dei macchinari.
4.3. Ne' puo' dirsi che il
comportamento negligente della persona offesa escluda la
responsabilita' dell'imputata. Questa Corte ha piu'
volte ribadito che in materia di infortuni sul lavoro,
la condotta colposa del lavoratore infortunato non
assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a
produrre l'evento quando sia comunque riconducibile
all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in
tal senso il datore di lavoro e' esonerato da
responsabilita' solo quando il comportamento del
lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri
dell'eccezionalita', dell'abnormita', dell'esorbitanza
rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di
organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass. 4, n.
21587/07, ric. Pelosi, rv. 236721). Nel caso di specie,
come correttamente segnalato nella sentenza di merito,
il Gu. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua
ordinaria attivita' di lavoro presso il cassone che gli
ha procurato l'infortunio e che era priva di idoneo
dispositivo di sicurezza, in quanto dotato di una sola
pulsantiera che non impediva l'utilizzo dell'altra mano
per tener fermo il coperchio del cassonetto in
elevazione. Pertanto la circostanza che la parte lesa,
presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di
sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano
sinistra una zona di pericolo, non costituisce
comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso
causale tra la condotta del datore di lavoro e l'evento,
condotta connotata da colpa, tenuto conto che la cautela
omessa era proprio preordinata ad evitare il rischio
specifico (lesione agli arti) che poi concretamente si
e' materializzato nell'infortunio.
Ne consegue da quanto detto, anche
la infondatezza della censura relativa alla mancata
assunzione di una prova decisiva.
Invero, la prova che il datore di
lavoro abbia impartito direttive a che i dipendenti non
posizionassero gli arti nelle zone operative della
macchina, non esonera per quanto sopra detto, la Pe.
dalle sue responsabilita' di tema di sicurezza dei
macchinari utilizzati dai prestatori di lavoro.
L'infondatezza del ricorso comporta
il suo rigetto e, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali. |