Il secondo comma dell'art. 175
c.p.p. prescrive che l'imputato condannato in contumacia
sia restituito nel termine per proporre impugnazione,
salvo il caso in cui abbia avuto effettiva conoscenza
del procedimento o del provvedimento e abbia
volontariamente rinunciato a comparire, ovvero a
proporre impugnazione. Non vale, pertanto, a privare di
fondatezza l'istanza di restituzione il fatto che gli
atti siano stati regolarmente notificati nel rispetto
delle norme codicistiche, richiedendosi invece la prova
che l'imputato abbia avuto “effettiva” conoscenza del
procedimento e/o del provvedimento emesso a suo carico:
prova che, all'evidenza, non può ritenersi acquisita
neppure per via indiziaria nel caso in cui la notifica
della vocatio in iudicium non abbia raggiunto l'imputato
personalmente, ma sia stata effettuata a mani di persona
addetta alla casa
Cassazione, sez. V, 2 novembre
2011, n. 39369
(Pres. Marasca – Rel. Oldi)
Motivi della decisione
Con ordinanza in data 22 settembre
2010 la Corte d'Appello di Roma ha respinto l’istanza
proposta da T. A. al fine di ottenere la restituzione
nel termine per impugnare la sentenza di condanna emessa
a suo carico dal Tribunale di Velletri il 18 novembre
2008. Ha rilevato quel collegio che il decreto di
citazione a giudizio era stato regolarmente notificato
all’imputata presso il domicilio, a mani di persona
addetta al suo servizio.
Ha proposto ricorso per cassazione
la A., affidandolo a un solo motivo. Con esso deduce che
la consegna dell'atto da notificare a mani della colf
non garantisce la sua effettiva conoscenza da parte del
destinatario.
Il ricorso è fondato e merita
accoglimento.
Il secondo comma dell'art. 175
c.p.p. prescrive che l'imputato condannato in contumacia
sia restituito nel termine per proporre impugnazione,
salvo il caso in cui abbia avuto effettiva conoscenza
del procedimento o del provvedimento e abbia
volontariamente rinunciato a comparire, ovvero a
proporre impugnazione. Non vale, pertanto, a privare di
fondatezza l'istanza di restituzione il fatto che gli
atti siano stati regolarmente notificati nel rispetto
delle norme codicistiche, richiedendosi invece la prova
che l'imputato abbia avuto “effettiva” conoscenza del
procedimento e/o del provvedimento emesso a suo carico:
prova che, all'evidenza, non può ritenersi acquisita
neppure per via indiziaria nel caso in cui la notifica
della vocatio in iudicium non abbia raggiunto l'imputato
personalmente, ma sia stata effettuata a mani di persona
addetta alla casa.
Se la conoscenza giuridica
prodottasi attraverso la rituale notifica del decreto di
citazione a giudizio fosse ipso iure parificabile alla
conoscenza effettiva, sarebbe vanificata la disposizione
di legge invocata dalla A., il cui presupposto consiste
per l'appunto nella formale validità delle notifiche
eseguite; al riguardo non sarà inutile ricordare che il
testo attuale dell'art. 175 c. 2 c.p.p. è stato
introdotto dal decreto-legge 21 febbraio 2005 n. 17,
convertito con modificazioni nella legge 22 aprile 2005
n. 60, a seguito delle numerose condanne emesse a carico
dello Stato italiano dalla Corte Europea per i Diritti
dell'Uomo a motivo dei processi celebrati in absentia,
ritenuti in contrasto coi principi canonizzati nell'art.
6 della Convenzione.
L'ordinanza impugnata, che non ha
tenuto conto dei suesposti principi, deve
conseguentemente essere annullata con rinvio alla stessa
Corte d'Appello di Roma per il prosiego.
P.Q.M.
La Corte annulla il provvedimento
impugnato con rinvio alla Corte d'Appello di Roma per
ulteriore corso. |