Un bene mobile perché sia
identificato, ai sensi dell'art. 815 cod. civ., quale
bene mobile registrato è necessario che sia stato
realmente iscritto nei pubblici registri. L'iscrizione o
la mancata iscrizione del bene nei pubblici registri
determina anche una diversità di disciplina soprattutto
in ordine all'acquisto del bene "a non domino". Se un
bene mobile (ivi compresa un'autovettura) che, pur
dovendosi i iscrivere nei pubblici registri, non sia
stato ancora iscritto, ai sensi dell'art. 815 cod. civ.,
è oggetto di acquisto da parte del possessore di buona
fede secondo le modalità di cui all'arti 153 cod. civ.,
senza che la mancanza dei documenti necessari alla sua
utilizzazione possa influire sulla buona fede
dell'acquirente. Se, invece, il bene è iscritto nei
pubblici registri l'acquirente del bene da chi non è
proprietario non ne acquista la proprietà mediante il
possesso di buona fede, ancorché abbia trascritto il suo
acquisto nel pubblico registro automobilistico, atteso
che escludendo l'art. 1156 cod. civ., l'applicazione
delle disposizioni sull'acquisto in buona fede del
possesso per i beni mobili iscritti in pubblici
registri, l'acquisto di un tale bene si opera solo con
l'usucapione ordinaria o abbreviata,, restando la buona
fede rilevante, unicamente, ai lini del termine
dell'usucapione stessa.
Cassazione, sez. II, 27 ottobre
2011, n. 22418
(Pres. Triola – Rel. Scalise)
Svolgimento del processo
Con decreto ingiuntivo del 31
ottobre 1996 il Presidente del Tribunale di Varese
ordinava alla Bomocar srl di riconsegnare a R.S.
l'autovettura BMW M3 targata (omissis).
Avverso tale decreto proponeva
opposizione la società Bomocar chiedendo i che fosse
accertato l'effettivo proprietario del mezzo e che
all'esito di tale accertamento lo stesso fosse ad essa
opponente attribuito.
Il Tribunale di Varese, sospesa la
provvisoria esecutorietà del decreto e disposto il
sequestro giudiziario dell'autovettura con sentenza del
10 marzo/21 luglio 1999, revocava il decreto ingiuntivo
e condannava l'opposto a pagare alla Bomocar la somma di
lire 10.000.000 a titolo di risarcimento danni.
Avverso tale sentenza proponeva
appello, davanti alla Corte di Appello di Milano, il R.
censurando la sentenza impugnata per diversi motivi e
chiedendo la riforma della stessa.
Si costituiva la società Bomocar
srl. chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte di Appello di Milano, con
sentenza n. 135 del 2005, riformava la sentenza del
Tribunale di Varese, respingeva l'opposizione proposta
dalla Bomocar srl avverso il decreto ingiuntivo del 31
ottobre 1996, respingeva l'appello incidentale e ogni
altra domanda della Bomocar. A sostegno di questa
decisione la Corte di Appello di Milano osservava: a)
che l'elemento documentale costituito dal certificato di
proprietà indicava formalmente che il R. mai si era
spogliato della proprietà dell'autovettura; b) che,
nonostante, le trascrizioni al PRA abbiano solo valore
indiziario in ordine all'indicazioni del proprietario,
le stesse, in mancanza di prova contraria, sono
senz'altro rilevanti; c) la società Bomocar non aveva
fornito prova certa che trasferimenti succedutesi tra il
R. fino ad essa (R. avrebbe venduto a C. , questi alla
società Giaguaro, questi alla società Tecnauto srl e
questi alla società Bomocar) fossero effettivamente
supportati dal consenso delle varie parti su tutti gli
elementi del negozio, in particolare sul prezzo e poi
seguiti dall'esecuzione delle reciproche prestazioni.
La Cassazione della sentenza n. 135
del 2005 della Corte di Appello di Milano è stata
chiesta dalla società Bomocar srl con ricorso articolato
in due motivi. R.S. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo la società
Bomocar srl, attuale ricorrente, I lamenta l'omessa,
insufficiente o, comunque, contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia, prospettato
dalle parti o rilevabile d'ufficio, art. 360 n. 5 cpc.
Avrebbe errato la Corte di Appello di Milano per avere
escluso che il rapporto intercorso tra il R. e il C.
(rispettivamente originario venditore e originario
acquirente della BMW, oggetto del presente giudizio, e
per successivi passaggi dante causa della Bomocar) non
fosse riconducibile ad un contratto di compravendita con
il quale il R. avrebbe venduto la BWM oggetto del
presente giudizio. In verità - sostiene la ricorrente -
è lo stesso R. che ammette di aver ricevuto, dal C. un
assegno di lire 23.000.000 quale acconto e di non aver
poi formalizzato la vendita in quanto l'assegno era
tornato insoluto e il saldo non era stato pagato. Non
solo, ma sul punto della qualificazione giuridica del
contratto intercorso, la Corte di Appello - sempre
secondo la ricorrente - non avrebbe motivato alcunché,
né avrebbe lasciato intendere in base a quali indici
probatori, pure liberamente apprezzabili dal giudice del
merito, il rapporto: intercorso tra il R. e il C. non
potesse rientrare nel novero delle obbligazioni aventi
fonte contrattuale. E di più, specifica la ricorrente -
il fatto che il C. non disponesse di denaro o di una
garanzia patrimoniale, adeguata per soddisfare le
pretese del R. - circostanza che sembrerebbe adottata
dalla Corte di Appello in modo illogico e apodittico,
quale elemento sul quale fondare la mancata stipula di
un contratto di compravendita tra le i parti - non
costituirebbe di per sé elemento rilevante a confutare
il diritto della società Bomocar srl a vedersi
riconosciuta la proprietà della vettura regolarmente
pagata e pervenutagli mediante una serie di passaggi i
quali seppure non formalizzati dal PRA, sarebbero
pienamente efficaci e, soprattutto, vincolanti per le
parti che li hanno posto in essere.
1.1. - La censura è fondata e
merita di essere accolta perché l'affermazione della
Corte di Appello di Milano secondo la quale era mancata
la prova che fra R. e C., anche in via verbale e
informale, fosse intervenuto un patto con efficacia
traslativa e che C. mai abbia acquistato la proprietà
del mezzo, non è adeguatamente motivata considerato che
i dati posti a fondamento di quell'affermazione sono tra
di loro contrastanti. In particolare, l'evidente
contrasto, tra l'affermazione di un teste (il teste B.)
secondo cui la BMW M3 oggetto del giudizio era stata
semplicemente affidata in visione e in prova al C. e
l'esistenza reale di un assegno emesso da C. per R. di
23 milioni e trecentomila lire, meritava un
approfondimento ulteriore perché, ictu oculi, (senza,
cioè, un adeguato approfondimento), appare inspiegabile
che il C. versasse una somma così consistente per'
ottenere la semplice visione di una macchina per quanto
pregiata fosse. Ad un tempo, sembra che la Corte non
abbia valorizzato tutto il comportamento del R. e,
soprattutto abbia sottovalutato l'espressione contenuta
nella denuncia querela (di cui da atto la stessa Corte
di merito laddove richiama il giudizio di primo grado)
nella parte in cui il R. qualifica il C. acquirente.
D'altra parte non poteva essere
risolutiva.
1.2 - Piuttosto, la Corte di Milano
avrebbe dovuto - ma non lo ha fatto o non l'ha
adeguatamente chiarito - qualificare il rapporto
intervenuto tra il R. e il C. e non avrebbe dovuto -
come sembra abbia fatto - limitarsi semplicemente ad
escludere un rapporto di compravendita. Insomma,
considerato la poliedricità degli indici probatori
presenti in giudizio era necessario, quantomeno
verificare quale rapporto intercorso tra il C. e il R.
dava senso all'esistenza dell'assegno di cui si è detto.
2 - Con il secondo motivo la
ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione
dell'art. 1156 cod. civ. in relazione all'art. 360 n. 3
cpc. La Corte di Appello di Milano avrebbe errato,
secondo la ricorrente in ordine all'applicazione
dell'art, 1156 cod. civ.. Secondo la ricorrente la
società Bomocar era divenuta legittima proprietaria
della BMW. perché: a) la proprietà di un autoveicolo
(così nel caso di specie come in generale) si
trasferisce con il semplice incontro dei consensi senza
che occorra la trascrizione dell'auto al PRA; b) la
società Bomocar ed i suoi danti causa non erano tenuti
giuridicamente ad accollarsi le conseguenze negative del
loro operato, stante i successivi trasferimenti
dell'autovettura BMW de quo non essendovi dubbi
sull'effettività di tali passaggi di vendite, anche se
non risultanti da trascrizioni presso il PRA. c) gli
autoveicoli possono essere validamente alienati e
acquistati tra le parti, al pari di altri beni mobili,
con la semplice forma verbale, essendo l'atto scritto
richiesto solo ai fini della trascrizione. Sarebbe
incontrovertibile che tra il R. ed il C. vi era stato
l'incontro del consenso oltre la traditio della cosa.
2.1. - Tale motivo rimane assorbito
dall'accoglimento del primo.
2.2. - Tuttavia, questa Corte
osserva che un bene mobile perché sia identificato, ai
sensi dell'art. 815 cod. civ., quale bene mobile
registrato è necessario che sia stato realmente iscritto
nei pubblici registri. L'iscrizione o la mancata
iscrizione del bene nei pubblici registri determina
anche una diversità di disciplina soprattutto in ordine
all'acquisto del bene "a non domino". Se un bene mobile
(ivi compresa un'autovettura) che, pur dovendosi i
iscrivere nei pubblici registri, non sia stato ancora
iscritto, ai sensi dell'art. 815 cod. civ., è oggetto di
acquisto da parte del possessore di buona fede secondo
le modalità di cui all'arti 153 cod. civ., senza che la
mancanza dei documenti necessari alla sua utilizzazione
possa influire sulla buona fede dell'acquirente. Se,
invece, il bene è iscritto nei pubblici registri
l'acquirente del bene da chi non è proprietario non ne
acquista la proprietà mediante il possesso di buona
fede, ancorché abbia trascritto il suo acquisto nel
pubblico registro automobilistico, atteso che escludendo
l'art. 1156 cod. civ., l'applicazione delle disposizioni
sull'acquisto in buona fede del possesso per i beni
mobili iscritti in pubblici registri, l'acquisto di un
tale bene si opera solo con l'usucapione ordinaria o
abbreviata,, restando la buona fede rilevante,
unicamente, ai lini del termine dell'usucapione stessa.
In definitiva, va accolto il primo
motivo del ricorso per quanto in motivazione, dichiarato
assorbito il secondo motivo, cassata la sentenza
impugnata e il processo rinviato ad altra sezione della
Corte di appello di Milano che deciderà la causa
attenendosi ai principi indicati e provvedendo, altresì
a regolare le spese anche del presente giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo
del ricorso, per quanto di ragione, dichiara assorbito
il secondo. Cassa la sentenza impugna in relazione al
motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di
appello di Milano anche per la liquidazione delle spese
processuali del giudizio di cassazione.
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