Persona e danno.it
_
La Cassazione ha stabilito che il
danneggiato per vedersi liquidato il pregiudizio
patrimoniale subito, lo deve provare.
La prova degli introiti deve essere
sempre fornita e la dichiarazione dei redditi ne
costituisce solo una modalità.
La prova può essere data in
qualsiasi modo. Se non si riesce a dare la prova dei
redditi attuali, si può ricorrere alla prova
testimoniale sull'attività svolta o sugli introiti
passati. Occorre però indicare le circostanze - gravi,
precise e concordanti - idonee a giustificare la
presunzione che la mancanza di reddito sia dovuta solo a
contingenze eccezionali e temporanee.
Ma se il danneggiato è un
extracomunitario che non riesce a dar prova del danno
subito per la sua condizione di irregolare? E se questo
stesso irregolare dimostra di non poter provare in alcun
modo il pregiudizio patrimoniale sofferto?
Con la sentenza in esame la Suprema
Corte ha escluso il risarcimento del danno patrimoniale
di un cittadino extracomunitario rimasto gravemente
danneggiato a causa di un investimento sulle strisce
pedonali.
La Cassazione statuisce che la
diminuita capacità lavorativa e la richiesta di
liquidazione del danno patrimoniale relativo alla
diminuita detta capacità non può essere riconosciuta con
criteri equitativi, tenendo conto solo della gravità e
della permanenza e dell'invalidità riportata, se non vi
è prova sul reddito.
Archivio selezionato: Sentenze
Cassazione Civile
ESTREMI
Autorità: Cassazione civile sez.
III
Data: 19 settembre 2011
Numero: n. 19119
CLASSIFICAZIONE
DANNI - Patrimoniali e non
patrimoniali patrimoniali
INTESTAZIONE
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario
- Presidente -
Dott. MASSERA
Maurizio - Consigliere -
Dott. SEGRETO
Antonio - Consigliere -
Dott. VIVALDI
Roberta - Consigliere -
Dott. LANZILLO
Raffaella - rel. Consigliere -
ha pronunciato la
seguente:
ordinanza
sul ricorso 10260-2008 proposto da:
B.G., elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ANGELO EMO
130, presso lo studio
dell'avvocato CECCHETTI MAURO, che lo
rappresenta e difende giusta;
procura speciale a margine del ricorso;
-
ricorrente -
contro
G.A., LE GENERALI
ASSICURAZIONI SPA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 693/2007
della CORTE D'APPELLO di ROMA del
13/12/06, depositata il 13/02/2007;
udita la relazione della causa
svolta nella camera di consiglio del
09/06/2011 dal Consigliere Relatore
Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
è presente il P.G. in persona del
Dott. COSTANTINO FUCCI.
La Corte:
FATTO
PREMESSO IN FATTO
Il 12 aprile 2011 è stata
depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi
dell'art. 380bis cod. proc. civ.:
"1.- Con sentenza n. 693/2007,
depositata il 13 febbraio 2007, la Corte di appello di
Roma ha confermato la condanna emessa dal Tribunale a
carico della s.p.a.. La Generali - Assicurazioni
generali e di G.A., a pagare Euro 216.000 a B.G., in
risarcimento dei danni da esso subiti per essere stato
investito sulle strisce pedonali dall'automobile
condotta dal G..
Con atto notificato il
28.3-3.4.2008 il B. propone due motivi di ricorso per
cassazione.
Gli intimati non hanno depositato
difese.
2- Con il primo motivo il
ricorrente denuncia omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione, per avere la Corte di
appello confermato la quantificazione dei danni morali
in Euro 25.000,00, operata dal Tribunale, omettendo di
prendere in esame le sue doglianze circa il mancato
rispetto dei criteri normalmente utilizzati dalla
giurisprudenza per la quantificazione di tale voce di
danno.
Assume che la somma di Euro
25.000,00 corrisponde a circa un ottavo della somma
liquidata in risarcimento del danno biologico (Euro
172.000,00), mentre la prassi giurisprudenziale è nel
senso che il danno morale va liquidato in una somma
variabile fra un terzo e la metà dell'importo attribuito
in risarcimento del danno biologico.
La Corte di appello avrebbe
travisato il significato dell'appello proposto dal B.,
imputandogli di non avere denunciato l'erronea
valutazione dei criteri posti dal primo giudice a base
della liquidazione, ma di avere chiesto la riforma della
decisione sul punto "sulla base degli stessi criteri
indicati dal giudicante".
2.1.- Il motivo è inammissibile
perchè non autosufficiente.
Il ricorrente lamenta che il
contenuto della sua impugnazione sia stato travisato, ma
non riproduce nel ricorso il preciso tenore della
domanda proposta con l'atto di appello e la natura delle
censure rivolte alla sentenza di primo grado, ragion per
cui non è possibile valutare la congruenza o meno della
motivazione della Corte di appello.
Va soggiunto che il principio per
cui il danno morale doveva essere quantificato in una
percentuale del danno biologico esprimeva un
orientamento di massima, da porre a base di una
valutazione di carattere essenzialmente equitativo,
quindi non censurabile per ragioni di merito, e che la
più recente giurisprudenza di questa Corte ha escluso
che il danno morale possa essere rigidamente
quantificato in una percentuale del danno biologico,
dovendo invece costituire oggetto della complessiva
considerazione di tutte le conseguenze non patrimoniali
del fatto illecito (cfr. Cass. civ. S.U. 11 novembre
2008 n. 26972). Il primo motivo risulterebbe quindi
comunque infondato nel merito.
3.- Con il secondo motivo il
ricorrente lamenta omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione in ordine alla mancata
liquidazione dei danni patrimoniali, sul rilievo che la
Corte di appello ha ritenuto non provati tali danni, pur
avendo egli dedotto di essere nell'impossibilità di
fornirne la documentazione, essendo cittadino
extracomunitario, non in condizione di avere un lavoro
ed un reddito regolari. Assume che è stata omessa ogni
motivazione sulla sua richiesta che il danno venisse
quantificato assumendo come reddito base il triplo della
pensione sociale, in applicazione dei principi
applicabili ai minori, ai disoccupati od ai lavoratori
stagionali.
3.1.- Il motivo è fondato.
Avendo il B. indicato le
circostanze che gli impedivano di fornire la prova
specifica del lavoro svolto e del reddito che ne
ritraeva ed essendo egli palesemente in età ed in
condizione di lavorare - i cittadini extracomunitari
vengono appositamente in Italia alla ricerca di un
lavoro e di un reddito - la Corte di appello avrebbe
dovuto indicare le ragioni per cui ha escluso di poter
liquidare il danno in base ai principi applicabili ai
soggetti che solo momentaneamente, per ragioni di età, o
per cause contingenti, si trovino nell'impossibilità di
produrre un reddito, pur essendo certo ed incontestabile
che una tale possibilità possedevano, esercitavano ed
avrebbero continuato ad esercitare.
Manca nella sentenza impugnata ogni
motivazione sulle ragioni per cui si è ritenuto di
escludere che il danno potesse essere quantificato
assumendo come base di calcolo il triplo della pensione
sociale (se del caso apportandovi (imitazioni e
correttivi, in considerazione della precarietà della
posizione del lavoratore extracomunitario nel nostro
paese).
4.- Propongo che il primo motivo di
ricorso sia rigettato e che sia accolto il secondo, con
procedimento in Camera di consiglio". - La relazione è
stata comunicata al difensore del ricorrente ed al
pubblico ministero.
- Il ricorrente ha depositato
memoria.
- Il pubblico ministero non ha
depositato conclusioni scritte.
DIRITTO
RITENUTO IN DIRITTO
1.- Il Collegio, all'esito
dell'esame del ricorso, condivide la soluzione e gli
argomenti esposti nella relazione, con riferimento al
primo motivo di ricorso, che le argomentazioni difensive
contenute nella memoria non valgono a disattendere.
Ritiene inammissibile ai sensi dell'art. 366 bis proc.
civ. il secondo motivo di ricorso, a causa dell'inidonea
formulazione del quesito, che non individua i principio
di diritto che sarebbe stato erroneamente enunciato
dalla sentenza impugnata, nè quello diverso che si
chiede venga applicato, e non è congruente con la
motivazione della sentenza medesima, nè con le
argomentazioni poste a fondamento del motivo di ricorso
(cfr.
sulle modalità di formulazione dei
quesiti, fra le tante, Cass. Civ. S.U. 9 luglio 2008 n.
18759; Cass. Civ. 7 aprile 2009 n. 8463). Il quesito
(così formulato: "Circa la necessità o meno che la
diminuita capacità lavorativa sia da inquadrare nella
categoria del danno patrimoniale e non biologico e che
la richiesta liquidazione del danno patrimoniale
relativo alla diminuita detta capacità sia riconosciuta
comunque anche in assenza di prova sul reddito ed
avvenga con criteri equitativi che tengano conto della
gravità e della permanenza dell'invalidità riportata,
nonchè dei criterì presuntivi offerti dalla parte
richiedente (triplo della pensione sociale") risulta
generico e astratto e - nella parte in cui è
comprensibile (ove afferma che il danno patrimoniale va
riconosciuto anche in mancanza di prova sul reddito) -
non può essere condiviso.
La prova degli introiti deve essere
sempre fornita: se non con la dichiarazione dei redditi,
tramite prove testimoniali sull'attività svolta, sugli
introiti passati, se non su quelli attuali, con
l'indicazione delle circostanze - gravi, precise e
concordanti - idonee a giustificare la presunzione che
la mancanza di reddito sia dovuta solo a contingenze
eccezionali e temporanee.
2.- Il ricorso deve essere
rigettato.
3.- Non essendosi costituita
l'intimata non vi è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il
ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera
di consiglio della terza sezione civile, il 9 giugno
2011.
Depositato in Cancelleria il 19
settembre 2011
Utente: BONITO F.P.STUDIO LEGALE
bonfp01
Tutti i diritti riservati - ©
copyright 2011 - Dott. A. Giuffrè Editore S.p.A. |