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 PER QUANTIFICARE IL DANNO PATRIMONIALE BISOGNA DARE LA PROVA DEGLI INTROITI. E SE A SUBIRLO E' UN EXTRACOMUNITARIO?  - Cass. civ., sez. III, 19 settembre 2011, n. 19119 -Paola DE VITO

 

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La Cassazione ha stabilito che il danneggiato per vedersi liquidato il pregiudizio patrimoniale subito, lo deve provare.

La prova degli introiti deve essere sempre fornita e la dichiarazione dei redditi ne costituisce solo una modalità.

La prova può essere data in qualsiasi modo. Se non si riesce a dare la prova dei redditi attuali, si può ricorrere alla prova testimoniale sull'attività svolta o sugli introiti passati. Occorre però indicare le circostanze - gravi, precise e concordanti - idonee a giustificare la presunzione che la mancanza di reddito sia dovuta solo a contingenze eccezionali e temporanee.

Ma se il danneggiato è un extracomunitario che non riesce a dar prova del danno subito per la sua condizione di irregolare? E se questo stesso irregolare dimostra di non poter provare in alcun modo il pregiudizio patrimoniale sofferto?

Con la sentenza in esame la Suprema Corte ha escluso il risarcimento del danno patrimoniale di un cittadino extracomunitario rimasto gravemente danneggiato a causa di un investimento sulle strisce pedonali.

La Cassazione statuisce che la diminuita capacità lavorativa e la richiesta di liquidazione del danno patrimoniale relativo alla diminuita detta capacità non può essere riconosciuta con criteri equitativi, tenendo conto solo della gravità e della permanenza e dell'invalidità riportata, se non vi è prova sul reddito.

 

Archivio selezionato: Sentenze Cassazione Civile

ESTREMI

Autorità:  Cassazione civile  sez. III

Data:  19 settembre 2011

Numero:  n. 19119

CLASSIFICAZIONE

DANNI - Patrimoniali e non patrimoniali patrimoniali

INTESTAZIONE

 

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                  

                        SEZIONE TERZA CIVILE                        

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           

Dott. FINOCCHIARO Mario                             -  Presidente   -

Dott. MASSERA     Maurizio                          -  Consigliere  -

Dott. SEGRETO     Antonio                           -  Consigliere  -

Dott. VIVALDI     Roberta                           -  Consigliere  -

Dott. LANZILLO    Raffaella                    -  rel. Consigliere  -

ha pronunciato la seguente:                                         

                     ordinanza                                      

sul ricorso 10260-2008 proposto da:

          B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA  ANGELO  EMO

130,   presso  lo  studio  dell'avvocato  CECCHETTI  MAURO,  che   lo

rappresenta e difende giusta; procura speciale a margine del ricorso;

                                                       - ricorrente -

                               contro

          G.A., LE GENERALI ASSICURAZIONI SPA;

                                                         - intimati -

avverso  la  sentenza n. 693/2007 della CORTE D'APPELLO di  ROMA  del

13/12/06, depositata il 13/02/2007;

udita  la relazione della causa svolta nella camera di consiglio  del

09/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI.

La Corte:

                

FATTO

PREMESSO IN FATTO

Il 12 aprile 2011 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell'art. 380bis cod. proc. civ.:

"1.- Con sentenza n. 693/2007, depositata il 13 febbraio 2007, la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna emessa dal Tribunale a carico della s.p.a.. La Generali - Assicurazioni generali e di G.A., a pagare Euro 216.000 a B.G., in risarcimento dei danni da esso subiti per essere stato investito sulle strisce pedonali dall'automobile condotta dal G..

Con atto notificato il 28.3-3.4.2008 il B. propone due motivi di ricorso per cassazione.

Gli intimati non hanno depositato difese.

2- Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, per avere la Corte di appello confermato la quantificazione dei danni morali in Euro 25.000,00, operata dal Tribunale, omettendo di prendere in esame le sue doglianze circa il mancato rispetto dei criteri normalmente utilizzati dalla giurisprudenza per la quantificazione di tale voce di danno.

Assume che la somma di Euro 25.000,00 corrisponde a circa un ottavo della somma liquidata in risarcimento del danno biologico (Euro 172.000,00), mentre la prassi giurisprudenziale è nel senso che il danno morale va liquidato in una somma variabile fra un terzo e la metà dell'importo attribuito in risarcimento del danno biologico.

La Corte di appello avrebbe travisato il significato dell'appello proposto dal B., imputandogli di non avere denunciato l'erronea valutazione dei criteri posti dal primo giudice a base della liquidazione, ma di avere chiesto la riforma della decisione sul punto "sulla base degli stessi criteri indicati dal giudicante".

2.1.- Il motivo è inammissibile perchè non autosufficiente.

Il ricorrente lamenta che il contenuto della sua impugnazione sia stato travisato, ma non riproduce nel ricorso il preciso tenore della domanda proposta con l'atto di appello e la natura delle censure rivolte alla sentenza di primo grado, ragion per cui non è possibile valutare la congruenza o meno della motivazione della Corte di appello.

Va soggiunto che il principio per cui il danno morale doveva essere quantificato in una percentuale del danno biologico esprimeva un orientamento di massima, da porre a base di una valutazione di carattere essenzialmente equitativo, quindi non censurabile per ragioni di merito, e che la più recente giurisprudenza di questa Corte ha escluso che il danno morale possa essere rigidamente quantificato in una percentuale del danno biologico, dovendo invece costituire oggetto della complessiva considerazione di tutte le conseguenze non patrimoniali del fatto illecito (cfr. Cass. civ. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972). Il primo motivo risulterebbe quindi comunque infondato nel merito.

3.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla mancata liquidazione dei danni patrimoniali, sul rilievo che la Corte di appello ha ritenuto non provati tali danni, pur avendo egli dedotto di essere nell'impossibilità di fornirne la documentazione, essendo cittadino extracomunitario, non in condizione di avere un lavoro ed un reddito regolari. Assume che è stata omessa ogni motivazione sulla sua richiesta che il danno venisse quantificato assumendo come reddito base il triplo della pensione sociale, in applicazione dei principi applicabili ai minori, ai disoccupati od ai lavoratori stagionali.

3.1.- Il motivo è fondato.

Avendo il B. indicato le circostanze che gli impedivano di fornire la prova specifica del lavoro svolto e del reddito che ne ritraeva ed essendo egli palesemente in età ed in condizione di lavorare - i cittadini extracomunitari vengono appositamente in Italia alla ricerca di un lavoro e di un reddito - la Corte di appello avrebbe dovuto indicare le ragioni per cui ha escluso di poter liquidare il danno in base ai principi applicabili ai soggetti che solo momentaneamente, per ragioni di età, o per cause contingenti, si trovino nell'impossibilità di produrre un reddito, pur essendo certo ed incontestabile che una tale possibilità possedevano, esercitavano ed avrebbero continuato ad esercitare.

Manca nella sentenza impugnata ogni motivazione sulle ragioni per cui si è ritenuto di escludere che il danno potesse essere quantificato assumendo come base di calcolo il triplo della pensione sociale (se del caso apportandovi (imitazioni e correttivi, in considerazione della precarietà della posizione del lavoratore extracomunitario nel nostro paese).

4.- Propongo che il primo motivo di ricorso sia rigettato e che sia accolto il secondo, con procedimento in Camera di consiglio". - La relazione è stata comunicata al difensore del ricorrente ed al pubblico ministero.

- Il ricorrente ha depositato memoria.

- Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

DIRITTO

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Il Collegio, all'esito dell'esame del ricorso, condivide la soluzione e gli argomenti esposti nella relazione, con riferimento al primo motivo di ricorso, che le argomentazioni difensive contenute nella memoria non valgono a disattendere. Ritiene inammissibile ai sensi dell'art. 366 bis proc. civ. il secondo motivo di ricorso, a causa dell'inidonea formulazione del quesito, che non individua i principio di diritto che sarebbe stato erroneamente enunciato dalla sentenza impugnata, nè quello diverso che si chiede venga applicato, e non è congruente con la motivazione della sentenza medesima, nè con le argomentazioni poste a fondamento del motivo di ricorso (cfr.

sulle modalità di formulazione dei quesiti, fra le tante, Cass. Civ. S.U. 9 luglio 2008 n. 18759; Cass. Civ. 7 aprile 2009 n. 8463). Il quesito (così formulato: "Circa la necessità o meno che la diminuita capacità lavorativa sia da inquadrare nella categoria del danno patrimoniale e non biologico e che la richiesta liquidazione del danno patrimoniale relativo alla diminuita detta capacità sia riconosciuta comunque anche in assenza di prova sul reddito ed avvenga con criteri equitativi che tengano conto della gravità e della permanenza dell'invalidità riportata, nonchè dei criterì presuntivi offerti dalla parte richiedente (triplo della pensione sociale") risulta generico e astratto e - nella parte in cui è comprensibile (ove afferma che il danno patrimoniale va riconosciuto anche in mancanza di prova sul reddito) - non può essere condiviso.

La prova degli introiti deve essere sempre fornita: se non con la dichiarazione dei redditi, tramite prove testimoniali sull'attività svolta, sugli introiti passati, se non su quelli attuali, con l'indicazione delle circostanze - gravi, precise e concordanti - idonee a giustificare la presunzione che la mancanza di reddito sia dovuta solo a contingenze eccezionali e temporanee.

2.- Il ricorso deve essere rigettato.

3.- Non essendosi costituita l'intimata non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2011

 

Utente: BONITO F.P.STUDIO LEGALE bonfp01

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