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In seguito ad un sinistro stradale
un giovane perdeva la vita.
In primo grado veniva liquidato in
favore degli eredi non solo il danno biologico, ma anche
- e separatamente - il danno morale.
La Corte d’Appello, riformando la
pronuncia, riteneva eccessiva la liquidazione del danno
morale effettuata dal Tribunale e, richiamando le
pronunce di San Martino, riduceva di molto il
complessivo danno non patrimoniale.
Con la pronuncia qui di seguito
integralmente riportata, la Corte di Cassazione ha
affermato che nella riduzione operata in secondo grado è
mancata l’adeguata personalizzazione del danno subito.
La Corte ha precisato che la somma
riconosciuta per il danno non patrimoniale ulteriore
rispetto al danno biologico (con riferimento ai
pregiudizi derivanti dalla perdita del rapporto
parentale) è stata immotivatamente contenuta in valori
irrisori e tali da non garantire l’integralità del
risarcimento.
Col terzo motivo - deducendosi
violazione di norme di diritto (artt. 2 Cost., 2043,
1226 e 2059 c.c.) nonché motivazione omessa,
insufficiente o contraddittoria - la sentenza è
censurata per avere, un volta confermata la liquidazione
del primo giudice in ordine al danno biologico patito
direttamente dai congiunti, immotivatamente liquidato il
danno non patrimoniale complessivo da ciascuno di loro
subito in somme irrisoriamente superiori (di € 6.700 per
il padre, di € 9.500 per la madre e di € 1.000 per il
fratello), così riducendo a mero simulacro la
valutazione del danno morale
Il motivo è fondato sotto il
profilo del vizio della motivazione
Essendo i valori effettivamente
quelli indicati (quali risultano dalla differenza tra
quanto complessivamente liquidato dalla Corte d’appello
per danno non patrimoniale e quanto riconosciuto per il
danno biologico da ciascuno subito, ritenuto
congruamente liquidato dal primo giudice: cfr. pag. 11,
prima parte, della sentenza impugnata), la decisione non
può ritenersi sorretta da quanto si legge a pagina 16
nel senso che le somme complessive poi indicate in €
67.000 per il padre, € 52.000 per la madre ed € 140.000
per il fratello siano comprensive “del danno biologico
iure proprio già riconosciuto dal primo giudice ed
adeguatamente personalizzato
da questa Corte alla luce delle
circostanze sopra evidenziate” (n.d.r.: giovane età
della vittima, rapporto di convivenza, intensa
sofferenza espressa da tutto il nucleo familiare)
Quale sia stata l’adeguata
personalizzazione del danno biologico non è detto.
Ed era essenziale che lo fosse,
giacché dal computo aritmetico cui s’è fatto riferimento
risulta che la differenza riconosciuta per danno non
patrimoniale complessivo, che va liquidato anche in
riferimento ai pregiudizi ulteriori, derivati dalla
perdita del rapporto parentale e della permanente
sofferenza dei congiunti sopravvissuti (Sez. un., n.
26972 e sa. del 2008), è immotivatamente contenuta in
valori effettivamente irrisori, del tutto inusuali e non
tali da garantire l’integralità del risarcimento.
Non è, in particolare, chiarito se
l’esigenza di una complessiva valutazione del danno non
patrimoniale alla luce dei criteri fissati dalle Sezioni
unite imponesse una rideterminazione del danno biologico
(da intendersi conseguito ad una degenerazione in
malattia della sofferenza psichica), nella specie
peculiarmente riconosciuto, come tale, a tutti i
congiunti in misura niente affatto trascurabile; ovvero
se e in quale misura, in realtà, il riconosciuto danno
biologico non fosse già largamente comprensivo proprio
del pregiudizio psichico conseguito alla morte ed alla
elisione del rapporto parentale col defunto.
CASS. CIV., Sez.
III, 16.11.2011, n. 24016
OMISSIS
Svolgimento del processo
1.- Investito il 10.4.2000 da un
autobus (che lo aveva colpito col proprio spigolo
anteriore destro quando la vittima già si trovava sul
marciapiede di una strada di Palermo al termine
dell’attraversamento sulle strisce pedonali), il
diciassettenne F. G. morì otto ore dopo in ospedale.
Il Tribunale di Palermo, decidendo
con sentenza 2549/05 sulle domande risarcitorie dei
genitori e del fratello, ritenne che la responsabilità
esclusiva fosse da ascrivere al conducente dell’autobus,
escluse la sussistenza di un danno non patrimoniale del
defunto trasmissibile iure hereditario e liquidò ai
congiunti per danno biologico e morale, all’attualità ed
esclusi gli interessi, le seguenti somme:
a) al padre C. G. (di 46 anni al
momento del sinistro) circa 108 milioni di lire per
invalidità permanente del 25% da disturbo depressivo
postraumatico e 500 milioni per danno morale;
b) alla madre M.A. (di 43 anni)
circa 76 milioni per danno biologico da invalidità
permanente del 20% da disturbo depressivo postrauxnatico
e 500 milioni per danno morale;
c) al fratello G. G. (di 16 anni)
circa 128 milioni per invalidità permanente del 25% da
disturbo depressivo postraumatico e 350 milioni per
danno morale.
2.- La Corte d’appello di Palermo,
con sentenza n. 24 dell’8.4.2009, ha invece riconosciuto
160 milioni di lire (pari ad € 80.000) per danno non
patrimoniale patito dal defunto e trasmissibile iure
hereditario, ha confermato il danno biologico
direttamente subito dai congiunti anche in ordine al
quantum, ha ritenuto eccessiva la liquidazione del danno
morale effettuata dal tribunale ed ha rideterminato
rispettivamente per padre, madre e fratello del defunto,
il danno non patrimoniale complessivo, inclusa la voce
relativa al danno biologico, nell’equivalente in euro di
circa 129, 100 e 140 milioni di lire.
Ha poi compensato le spese del
grado e respinto il motivo di appello degli attori
relativo alle spese del primo grado, già liquidate in
loro favore in circa € 20.000.
3.- Ricorrono per cassazione i
congiunti del defunto, affidandosi a sei motivi.
Resistono con controricorso A.
s.p.a. (proprietaria dell’autobus e U. s.p.a., già U.
(assicuratrice del mezzo), che propongono ricorso
incidentale fondato su un unico motivo.
L’intimato D. M.(conducente
dell’autobus) non ha svolto attività difensiva.
M. ed U. hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1.- Dei ricorsi, riuniti perché
proposti avverso la stessa sentenza, va preliminarmente
esaminato il ricorso incidentale, col quale è denunciata
“violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art.
360, n. 5; erronea motivazione” per avere la corte
ritenuto che il ragazzo si trovasse sul marciapiede
benché gli stessi attori avessero affermato che egli
stava completando l’attraversamento.
1.1.- Il motivo è inammissibile per
inosservanza degli artt. 360, n. 5, e 366 bis c.p.c.,
non essendo stato chiarito perché, ai fini
dell’attribuzione dell’esclusiva responsabilità al
conducente dell’autobus, la questione avesse valenza
decisiva e l’affermato vizio della motivazione la renda
inidonea a sostenere la decisione.
2.- Il primo motivo del ricorso
principale (violazione dell’art. 437 c.p.c.) è
manifestamente infondato in quanto, in difetto di una
previsione che ne sancisca la nullità (art. 156, primo
comma, c.p.c.) il rinvio dell’udienza di discussione non
comporta la nullità della sentenza.
3.- Manifestamente infondato è
anche il secondo motivo (violazione dell’art. 112
c.p.c., per essere stato il danno morale proprio dei
congiunti liquidato in difformità dalla richiesta dei
responsabili, nel senso che fosse riconosciuta una
frazione del danno biologico che sarebbe spettato al
soggetto direttamente leso se fosse sopravvissuto, per
l’assorbente ragione che a pagina 5, primo capoverso,
della sentenza risulta invece che essi s’erano doluti
della liquidazione effettuata dal tribunale in base “ad
un puro automatismo, senza procedere alla necessaria
personalizzazione”. Difetta,
dunque, il presupposto stesso della censura.
4.- Col terzo motivo - deducendosi
violazione di norme di diritto (artt. 2 Cost., 2043,
1226 e 2059 c.c.) nonché motivazione omessa,
insufficiente o contraddittoria - la sentenza è
censurata per avere, un volta confermata la liquidazione
del primo giudice in ordine al danno biologico patito
direttamente dai congiunti, immotivatamente liquidato il
danno non patrimoniale complessivo da ciascuno di loro
subito in somme irrisoriamente superiori (di € 6.700 per
il padre, di € 9.500 per la madre e di € 1.000 per il
fratello), così riducendo a mero simulacro la
valutazione del danno morale
4.1.- Il motivo è fondato sotto il
profilo del vizio della motivazione.
Essendo i valori effettivamente
quelli indicati (quali risultano dalla differenza tra
quanto complessivamente liquidato dalla Corte d’appello
per danno non patrimoniale e quanto riconosciuto per il
danno biologico da ciascuno subito, ritenuto
congruamente liquidato dal primo giudice: cfr. pag. 11,
prima parte, della sentenza impugnata), la decisione non
può ritenersi sorretta da quanto si legge a pagina 16
nel senso che le somme complessive poi indicate in €
67.000 per il padre, € 52.000 per la madre ed € 140.000
per il fratello siano comprensive “del danno biologico
iure proprio già riconosciuto dal primo giudice ed
adeguatamente personalizzato
da questa Corte alla luce delle
circostanze sopra evidenziate” (n.d.r.: giovane età
della vittima, rapporto di convivenza, intensa
sofferenza espressa da tutto il nucleo familiare)
Quale sia stata l’adeguata
personalizzazione del danno biologico non è detto. Ed
era essenziale che lo fosse, giacché dal computo
aritmetico cui s’è fatto riferimento risulta che la
differenza riconosciuta per danno non patrimoniale
complessivo, che va liquidato anche in riferimento ai
pregiudizi ulteriori, derivati dalla perdita del
rapporto parentale e della permanente sofferenza dei
congiunti sopravvissuti (Sez. un., n. 26972 e sa. del
2008), è immotivatamente contenuta in valori
effettivamente irrisori, del tutto inusuali e non tali
da garantire l’integralità del risarcimento.
Non è, in particolare, chiarito se
l’esigenza di una complessiva valutazione del danno non
patrimoniale alla luce dei criteri fissati dalle Sezioni
unite imponesse una rideterminazione del danno biologico
(da intendersi conseguito ad una degenerazione in
malattia della sofferenza psichica), nella specie
peculiarmente riconosciuto, come tale, a tutti i
congiunti in misura niente affatto trascurabile; ovvero
se e in quale misura, in realtà, il riconosciuto danno
biologico non fosse già largamente comprensivo proprio
del pregiudizio psichico conseguito alla morte ed alla
elisione del rapporto parentale col defunto.
5.- Col quarto motivo - deducendo
violazione di norme di diritto ed ogni possibile tipo di
vizio della motivazione - i ricorrenti si dolgono che
sia stata rifiutata la liquidazione del danno da lesione
della salute subita dal defunto per la ravvisata
ristrettezza del tempo di sopravvivenza alle lesioni
(otto ore)
5.1.- Premesso che la corte
d’appello ha riconosciuto € 80.000 per la sofferenza
derivata al defunto dalla consapevolezza della gravità
delle lesioni subite e che la lesione della salute s’è
protratta per circa otto ore, il motivo è infondato in
relazione alla sostanziale irrilevanza economica della
mancata liquidazione del danno alla salute per un così
breve intervallo di tempo.
6.- Col quinto motivo la sentenza è
censurata per violazione di norme di diritto ed omessa o
insufficiente motivazione in ordine alla liquidazione di
€ 80.000 di cui sopra, sostenendosene la irrisorietà.
6.1.- Escluso che la liquidazione
(tra l’altro effettuata in relazione all’epoca della
sentenza di primo grado) sia irrisoria, la Corte
d’appello ha motivatamente giustificato la liquidazione
con le osservazioni di cui alle pagine 17 e 18 della
sentenza, che in larga misura considerano proprio quanto
i ricorrenti a torto affermano essere stato pretermesso.
Né in alcun modo indicano quale sarebbe stata, a loro
avviso, una liquidazione non irrisoria o comunque equa.
7.- Il sesto ed ultimo motivo,
concernente il rigetto del motivo d’appello relativo
alla liquidazione delle spese di primo grado (€ 20.000,
ritenuta insufficiente) è inammissibile per assoluta
inadeguatezza del quesito di diritto e delle indicazioni
da offrire ex art. 366 bis c.p.c., essendo
sostanzialmente domandato solo se la censura sia
fondata.
8.- Conclusivamente, respinto il
ricorso incidentale e tutti i motivi del ricorso
principale ad esclusione del terzo, la sentenza va
cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla
stessa corte d’appello in diversa composizione, affinché
rinnovi l’apprezzamento sulla liquidazione del danno non
patrimoniale complessivamente subito da ciascun
congiunto.
Il giudice del rinvio liquiderà
anche le spese del giudizio dì legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione
accoglie il terzo motivo del
ricorso principale, rigetta gli altri motivi ed il
ricorso incidentale, cassa in relazione e rinvia, anche
per le spese, alla corte d’appello di Palermo in diversa
composizione.
Depositata in Cancelleria il
16.11.2011
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