(Pres. Petitti – Rel. D’Ascola)
Fatto e diritto
Il giudice di pace di Castrovillari
il 7 febbraio 2007 annullava il verbale di accertamento
di violazione dell'art. 142 del CdS a carico di V..V.,
relativo a infrazione stradale rilevata il 19 luglio
2006 con apparecchiatura elettronica. L'appello proposto
dal comune di Frascineto veniva rigettato dal Tribunale
di Castrovillari con sentenza 23 luglio 2008. Il
tribunale affermava che infondatamente il comune
sosteneva che ai fini della omessa contestazione
dell'infrazione erano irrilevanti le caratteristiche
della strada in cui era avvenuto il rilevamento, non
potendo essere installati gli apparecchi elettronici di
rilevazione su una strada extraurbana secondaria quale
quella percorsa dal V.. Riteneva inoltre, in
accoglimento dell'appello incidentale dell'opponente,
che il provvedimento sanzionatorio fosse viziato, perché
la SS. 105, assoggettata a diversa denominazione (S.P.
263), non era stata inclusa, con opportune modifiche o
integrazioni, nell'elenco di strade già individuate dal
decreto prefettizio n. 46/027/PAT prot. del 5 febbraio
2003.
Il Comune di Frascineto ha proposto
ricorso per cassazione, notificato il 12 ottobre 2009.
L'opponente è rimasto intimato. È stata disposta la
redazione di sentenza in forma semplificata. Il ricorso
espone due motivi: con il primo il Comune lamenta
violazione dell'art. 201 comma 1 bis lett. F CdS e
sostiene che l'uso dei meccanismi di rilevazione a
distanza a distanza della velocità rende legittimo
l'accertamento.
Con il secondo motivo il Comune
denuncia violazione dell'articolo 2 del decreto
legislativo numero 285 del 1992, dell'articolo 4 L. n.
121 del 2002, dell'articolo 5 L. n. 2248 all. E del
1865, relativo alla pretesa disapplicazione del decreto
prefettizio. Questo secondo motivo si conclude con il
seguente quesito: "quali sono i limiti entro i quali è
consentito al giudice ordinario disapplicare un atto
amministrativo?".
Il quesito viene posto
specificando, al termine del motivo, che la censura va
nel senso dell'integrale riforma della sentenza, avendo
il giudice ordinario inteso disapplicare l'atto
amministrativo sotto il profilo del merito e non della
legittimità, violando i limiti di cui all'articolo 5 L.
n. 2248 all. E del 1865
Conviene soffermarsi inizialmente
su questo motivo, potendosi immediatamente rilevare che
esso è inammissibile a causa della erronea formulazione
del quesito di diritto.
Il quesito di diritto di cui
all'art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la
riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica
indicazione della regola di diritto applicata da quel
giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso
del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie (Cass. 19769/08).
Pertanto deve essere formulato, ai
sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali
da costituire una sintesi logico-giuridica della
questione, così da consentire al giudice di legittimità
di enunciare una "regula iuris" da applicare nel caso
concreto (Cass. 9477/09; Su 7433/09).
Ne consegue che deve essere
dichiarato inammissibile il ricorso nel quale il quesito
di diritto prescinda del tutto dalla fattispecie
concreta rilevante nella controversia, sì da non porre
il giudice di legittimità' in condizione di comprendere,
in base alla sola sua lettura, l'errore di diritto
asseritamente compiuto dal giudice di merito e di
rispondere al quesito medesimo enunciando una "regula
iuris" (SU 7433/09).
Nel caso di specie manca ogni
riferimento alla fattispecie, né è possibile comprendere
come il quesito possa assumere rilevanza ai fini della
decisione e chiarire l'errore di diritto imputato alla
sentenza impugnata in relazione alla concreta
controversia (SU 7197/09).
L'inammissibilità del secondo
motivo comporta l'inammissibilità del ricorso.
Va infatti osservato che la
decisione del tribunale si fonda su doppia articolazione
della ratio decidendi, costituita dalla affermazione sia
della necessità della contestazione immediata qualora
gli strumenti di rilevamento a distanza della velocità
vengano utilizzati sulle strade non ricomprese
nell'elenco di legge o in un decreto prefettizio, sia
dalla errata qualificazione della strada de qua, non
avente le caratteristiche per essere considerata strada
urbana di scorrimento.
In tal modo la decisione del
tribunale, che rilevava peraltro una illegittima
determinazione dell'elenco stradale, in quanto non
conforme alle previsioni normative relative alle strade
assoggettate controlli elettronici, resta intangibile.
Questa ratio della sentenza, non
idoneamente criticata, è infatti sufficiente a reggere
la decisione.
Va aggiunto, a corollario, che la
stessa proposizione di questo secondo motivo rende
ragione (per la sostanziale inconciliabilità delle due
censure) della palese infondatezza del primo motivo, ove
esaminabile, se interpretato nel senso che mirava ad
affermare, in ogni caso, la validità del rilevamento a
distanza nel quale venga omessa la contestazione
immediata e dunque la superfluità della classificazione
delle strade a questo fine.
Trattasi di ipotesi interpretativa
manifestamente contraria alla normativa vigente in tema
di controllo remoto senza la presenza diretta
dell'operatore di polizia, la quale prevede appunto
all'art. 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121
(convertito, con modificazioni, nella legge 1 agosto
2002, n. 168) che sia demandata al prefetto
l’individuazione delle strade (o di singoli tratti di
esse), diverse dalle autostrade o dalle strade
extraurbane principali, nelle quali non è possibile il
fermo di un veicolo, ai fini della contestazione
immediata delle infrazioni.
La sentenza del tribunale di
Castrovillari, che a pag. 4 della sentenza ha espresso
sostanzialmente questi concetti, va dunque confermata.
In mancanza di costituzione
dell'intimato, non v'è luogo per la liquidazione delle
spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il
ricorso. |