Nelle scorse settimane presso la Corte di Cassazione
sono state depositate varie sentenze aventi ad oggetto
la tematica del licenziamento. Tra le più rilevanti
vanno ricordate:
a) la sent. 7046 del 28 marzo (sezione lavoro):
licenziamento e principi di correttezza e buona fede.
Con questa pronuncia la Suprema Corte ha affermato che
il datore di lavoro, anche in quelle ipotesi in cui il
licenziamento sia legittimato da un giustificato motivo
oggettivo (nel caso di specie un'esigenza di riduzione
del personale) e in cui non sia applicabile la
disciplina dei licenziamenti collettivi, non è libero di
decidere arbitrariamente con quale dipendente
interrompere il rapporto, ma deve comunque operare nel
rispetto dei principi di "correttezza" e "buona fede".
In concreto ciò si traduce in un'applicazione analogica,
"pur nella diversità dei relativi regimi" dei criteri
previsti dall'articolo 5 della legge 223/1991 per i
licenziamenti collettivi, nei casi in cui gli accordi
sindacali non prevedano diversi e condivisi criteri di
scelta. Ne consegue che qualora si proceda alla
riduzione di personale "omogeneo" e "fungibile" e al
quale dunque non si possono applicare i consueti criteri
di valutazione (utilità della singola posizione o
possibilità di ripescaggio in altre funzioni aziendali),
dovranno considerarsi come criteri obbligatori i
carichi di famiglia e l'anzianità del dipendente;
b) la sent. 6498 del 22 marzo (sezione lavoro):
licenziamento per giusta causa e utilizzo di impianti
audiovisivi. L'art. 4, comma 2, dello Statuto dei
lavoratori (L. 300/1970) autorizza l'installazione sui
luoghi di lavoro di impianti e apparecchiature di
controllo che siano richiesti da esigenze organizzative
e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro; se dal
loro utilizzo può derivare anche la possibilità di
controllo a distanza dell'attività dei lavoratori,
l'installazione richiede il
previo accordo delle rappresentanze sindacali aziendali.
Laddove sia rispettata questa procedura, le riprese
eventualmente effettuate, e dalle quali si ricava un
comportamento del dipendente che integra gli estremi di
una giusta causa di licenziamento (furto di beni
aziendali), possono essere lecitamente utilizzate nel
processo che ne è seguito;
c) la sent. 6283 del 18 marzo (sezione lavoro):
licenziamento collettivo e unicità del criterio di
uscita. In questa ipotesi la Corte di Cassazione ha
chiarito che, ai fini della scelta in merito ai
lavoratori da collocare in mobilità o nei confronti dei
quali procedere a licenziamenti collettivi, il criterio
di scelta deve risultare privo di discrezionalità.
I datori di lavoro e i sindacati sono liberi di definire
anche un unico criterio (nel caso di specie si trattava
di quello della prossimità al pensionamento)
purché esso permetta il formarsi di una graduatoria
rigida che non consenta al datore di lavoro alcun
margine di discrezionalità.
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