Sommario:
1. La normativa di riferimento
2. La novella legge n. 69/2009 e la
“giurisdizionalizzazione” del ricorso straordinario
3. L’interruzione del processo di
“giurisdizionalizzazione” in Sicilia
4. Conclusioni.
La presente riflessione trae
origine dalla lettura del parere n. 6/09 espresso dal
Consiglio di Giustizia Amministrativa a Sezioni Riunite
nell’Adunanza del 14/12/2010 nella parte in cui si
afferma che “…resta salva la facoltà
dell’Amministrazione regionale di valutare, come
accennato nelle premesse della delibera di Giunta del 15
giugno 2010, eventuale adozione di una decisione
motivata in difformità dal parere, ipotesi non più
prevista nell’ordinamento statale dopo l’abrogazione
dell’art. 14, comma 2, del DPR 1199/71, avvenuta a cura
dell’art. 69 della l. 69/2009, ma tuttora esistente
nelle norme di attuazione dello Statuto speciale della
Regione siciliana (art. 9, comma 5, d.lgs. 373/2003,
cit.)”.
In buona sostanza per l’autorevole
Organo di giustizia amministrativa il processo di
“giurisdizionalizzazione” del ricorso straordinario
deliberato dal legislatore con la citata l. n. 69/2009
non riesce a varcare lo stretto, stoppandosi di fronte
alla forza normativa dello Statuto siciliano. A questo
punto una disamina completa delle norme di riferimento
diventa necessaria per comprendere le ragioni di tale
affermazione ed eventualmente per argomentare
diversamente.
La normativa di riferimento
Il testo coordinato dello Statuto
Speciale della Regione Siciliana approvato con R.D.L 15
maggio 1946, n. 445, convertito in legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 2, e s.m.i. all’art. 23, rubricato
“Organi giurisdizionali”, ha previsto che gli organi
giurisdizionali centrali avrebbero avuto in Sicilia le
rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione
ed, in particolare le Sezioni del Consiglio di Stato e
della Corte dei conti. Il comma 4 del medesimo articolo,
così recita: “I ricorsi amministrativi, avanzati in
linea straordinaria contro atti amministrativi
regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione,
sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato”.
L’attuazione di detta norma statutaria è avvenuta con il
D.lgs. 6 maggio 1948, n. 654 rubricato “Norme per
l’esercizio nella Regione Siciliana delle funzioni
spettanti al Consiglio di Stato” ratificato con la legge
17 aprile 1956 n. 561. In tale contesto normativo venne
istituito il Consiglio di giustizia amministrativa per
la Regione Siciliana che esercita le funzioni consultive
e giurisdizionali spettanti alle Sezioni regionali del
Consiglio di Stato previste dall’art. 23 dello Statuto.
In sede statale, il Decreto del
Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199,
rubricato “Semplificazione dei procedimenti in materia
di ricorsi amministrativi”, nel disciplinare i ricorsi
amministrativi, ha conservato la natura atipica del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica già
presente sin dall’epoca della monarchia costituzionale.
Non essendo immediatamente applicabile nell’ordinamento
siciliano, attesa la peculiarità normativa discendente
dallo Statuto, con Circolare presidenziale 21 novembre
1979, n. 6591/41.12.0, la Regione ha provveduto a dare
diffusione dell’indirizzo giurisprudenziale del
Consiglio di giustizia amministrativa circa l’organo
dell’Amministrazione centrale della Regione competente a
ricevere ed a istruire i ricorsi straordinari.
Con successiva Circolare
Presidenziale 22 maggio 1985, n. 4249/41.12.0, la
Regione ha ritenuto opportuno diffondere un nuovo
compendio della disciplina dell’istituto,
“fondamentalmente ricalcante le norme contenute nel capo
II del DPR 24 novembre 1971, n. 1199, con gli
adattamenti all’ordinamento costituzionale ed
amministrativo della Regione, frutto dell’elaborazione
giurisprudenziale del massimo organo di giustizia
amministrativa siciliana, aggiornato sulla più recente
giurisprudenza costituzionale ed amministrativa
riguardante l’analogo istituto del ricorso straordinario
al capo dello Stato”.
In pratica, la Regione attraverso
l’adozione di un improprio strumento, qual è la
Circolare presidenziale, ha di fatto recepito la
disciplina contenuta del DPR n. 1199/71. La
sedimentazione di atti e comportamenti coerenti da parte
di tutti gli attori a vario titolo protagonisti nell’uso
del ricorso straordinario (Regione, Organi di giustizia
amministrativa, rappresentanti del Foro e cittadini) ha
sostanzialmente contribuito a saldare il principio
dell’avvenuto recepimento della disciplina statale
nell’ordinamento regionale. Peraltro, “Nell’applicazione
dell’art. 23 u.c. dello Statuto non si è mai dubitato
che, ai fini della concreta disciplina dell’istituto,
debba sì aversi riguardo – in forza del rinvio dinamico
in essa implicito – alla disciplina del ricorso
straordinario al capo dello Stato, ma con gli
adattamenti imposti dalla necessità della sostituzione
di organi regionali a quelli statali ivi previsti”[1].
In relazione al citato art. 23, è
stato altresì adottato, più recentemente, il decreto
legislativo 24 dicembre 2003 n. 373 rubricato “Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione
siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle
funzioni spettanti al Consiglio di Stato”. L’art. 9,
comma 4, del D.lgs. n. 373/2003 prevede che “Sui ricorsi
straordinari di cui all’art. 23 dello Statuto il parere
è obbligatorio ed è reso dalla adunanza delle Sezioni
riunite del Consiglio di giustizia amministrativa…”. Il
comma 5 così recita: “Qualora il Presidente della
Regione non intenda decidere il ricorso in maniera
conforme al parere del Consiglio di giustizia
amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre
l’affare alla deliberazione della Giunta regionale”. Va
altresì considerato l’art. 12 del medesimo decreto
legislativo, laddove si stabilisce che “Per
l'organizzazione e il funzionamento del Consiglio di
giustizia amministrativa in sede consultiva e in sede
giurisdizionale si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni vigenti per il Consiglio di Stato”. Solo
con tale intervento legislativo si è operato un reale
rinvio dinamico al D.P.R. n. 1171/99. Per il Consiglio
di giustizia amministrativa infatti “In base a
quest’ultima disposizione risulta quindi applicabile il
D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, che disciplina il
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica,
nell’ambito dei ricorsi amministrativi, ma, ad avviso
del Collegio, con forme e garanzie proprie della
giurisdizione”[2]. Dello stesso avviso il Tar di
Catania, secondo cui “le competenze che il D.P.R. n.
1199/1971 attribuisce, nell’istruttoria del ricorso, al
Ministero, sono intendersi attribuite al competente
Assessorato, il quale, ove intenda proporre una
decisione difforme dal parere del Consiglio di Giustizia
Amministrativa, deve sottoporre l’affare alla Giunta
Regionale”[3].
Pertanto e per quanto sopra
normato, la decisione sul ricorso straordinario in
Sicilia è demandata al Presidente della Regione, che si
pronuncia sulla base di un’istruttoria dell’affare,
delegata all’Ufficio Legislativo e Legale ai sensi
dell’art. 8 della L.r. n. 28/62[4], e di un parere
emesso dalla Sezioni riunite del C.G.A. (quindi della
sezione consultiva e di quella giurisdizionale in sede
di adunanza generale). In applicazione di questo quadro
normativo fondato sull’autonomia regionale, il Consiglio
di Stato[5] ha rilevato quindi la inammissibilità del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
proposto contro un atto amministrativo della Regione
Siciliana, atteso che, in forza della espressa
previsione statutaria, l’Autorità competente alla
decisione è il Presidente della Regione.
La novella legge n. 69/2009 e la
“giurisdizionalizzazione” del ricorso straordinario
L’art. 69 della legge 18 giugno
2009, n. 69 rubricato “Rimedi giustiziali contro la
pubblica amministrazione”, nel sopprimere il 2° periodo
del 1° comma dell’art. 14 del DPR n. 1171/99, che
consentiva al Governo di provocare una decisione
difforme dall’avviso dell’organo consultivo mediante una
delibera del Consiglio dei Ministeri, ha reso vincolante
il parere del Consiglio di Stato. Con tale modifica il
legislatore (non essendo costituzionalizzato il ricorso
straordinario al Capo dello Stato) ha completato e reso
esplicito il processo di “giurisdizionalizzazione” del
ricorso straordinario, atteso che la decisione, nel suo
contenuto sostanziale, spetta unicamente ad un organo
giurisdizionale.
In disparte ogni ulteriore
considerazione sulla riforma in questione sotto il
profilo della legittimità costituzionalità, attesi i
noti rilievi critici opposti nel tempo dalla Corte
Costituzionale[6] sulla natura non giurisdizionale del
Consiglio di Stato nel contesto del ricorso
straordinario (oggi verosimilmente superati con la
intangibilità del parere e con la possibilità per le
Sezioni consultive di sollevare questioni di
costituzionalità) e sulla compatibilità del sistema ad
unico grado con l’art. 125 della Costituzione, la
questione impone una riflessione riguardante
l’operatività immediata del ricorso straordinario
revisionato con la novella normativa nell’ordinamento
siciliano.
L’interruzione del processo di
“giurisdizionalizzazione” in Sicilia
Si tratta infatti di comprendere se
il processo di “giurisdizionalizzazione” del ricorso
straordinario ha investito anche l’ordinamento regionale
ovvero se lo Statuto della Regione Siciliana si pone in
qualche modo di traverso rispetto a ciò.
Infatti, la citata abrogazione
dell’originaria norma di cui al DPR n. 1171/99 che
riconosceva al Governo di decidere il modo difforme
rispetto al parere del Consiglio di Stato a cura della
legge n. 69/2009 in che modo si pone rispetto al D.lgs.
n. 373/2003 e soprattutto rispetto all’art. 23 dello
Statuto siciliano? Per il Consiglio di Giustizia
Amministrativa, attraverso il parere che ha originato la
presente riflessione, sembra non bastare la novella
legge statale n. 69/2009 per superare la specificità
regionale. Di diverso parere sembra essere la Corte di
Cassazione, secondo la quale “… la dottrina parla di
abrogazione tacita indiretta delle disposizioni del
D.lgs. n. 373/2003 che contrastino con le previsioni
introdotte dall’art. 69 della legge n. 69 del 2009. Da
ciò discende l’applicazione della regula juris secondo
cui il giudizio di ottemperanza è ben ammissibile anche
in relazione al decreto del Presidente della Regione,
che abbia accolto il ricorso straordinario”[7].
A questo punto occorre fare un
passo indietro e ritornare alla lettura dell’art. 23
dello Statuto. Se il problema del recepimento improprio
operato con Circolare presidenziale non si è posto
all’indomani del DPR n. 1171/99 trattandosi di aspetti
procedurali del ricorso straordinario, stessa cosa non
può più farsi adesso, considerato che in discussione non
è il procedimento del rimedio giustiziale ma
l’effettività della decisione ovvero il presunto
“giudicato” di quest’ultima.
Orbene, ai sensi dell’art. 14,
comma 1, del DPR n. 1171/99, il ricorso straordinario è
deciso con decreto del Presidente della Repubblica su
proposta del Ministero competente. Diverso è invece il
quadro di riferimento per il ricorso straordinario al
Presidente della Regione Siciliana. L’art. 23 dello
Statuto (che com’è noto appartiene al rango delle norme
costituzionali) così recita: “I ricorsi amministrativi,
avanzati in linea straordinaria contro atti
amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente
della Regione, sentite le Sezioni regionali del
Consiglio di Stato”. Il fatto che i ricorsi siano
“decisi” dal Presidente della Regione, presuppone una
scelta del legislatore costituente di affidare a
quest’ultimo una specifica competenza che non può essere
messa in discussione dal prescritto parere, pur
autorevole (rectius: giurisdizionale), dell’organo di
giustizia amministrativa. Infatti l’accezione “sentite
le Sezioni regionali del Consiglio di Stato” è chiara e
netta nella sua formulazione. La disposizione
statutaria, quindi, laddove stabilisce che i ricorsi
straordinari saranno decisi dal Presidente della Regione
“sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato”,
prevede una modalità di collaborazione dell’Organo di
giustizia amministrativa inidonea ad assicurare a
quest’ultimo il ruolo decisorio che la novella legge n.
69/2009 gli ha assegnato.
Altra riflessione si sarebbe potuta
fare allorquando al posto di “sentite” lo Statuto avesse
utilizzato l’accezione “d’intesa”. Infatti, la Corte
costituzionale, in ordine al significato dei due
strumenti utilizzati dal legislatore, ha avuto modo di
affermare l’illegittimità dell’art. 2, comma 194, della
legge n, 2447/2007 “…nella parte in cui stabilisce che i
regolamenti da esso previsti siano adottati <<sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano>>,
invece che <<d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni……>>”[8].
In tale contesto nessuna norma
primaria attuativa dello Statuto siciliano può
discostarsi al punto di capovolgere l’attribuzione del
potere decisionale sul ricorso straordinario. Né, a
fortiori, può venire in soccorso l’abrogazione tacita
indiretta del D.lgs. n. 373/2003 ad opera dell’art. 69
della l. n. 69/2009, poiché la norma da abrogare
tacitamente ed indirettamente, in questo caso specifico,
ha valenza costituzionale, trovando il suo fondamento
nel citato art. 23 dello Statuto. In pratica, l’assenza
di copertura costituzionale del ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica, a differenza del ricorso
straordinario al Presidente della Regione siciliana, può
abilitare il legislatore ordinario, come del resto ha
fatto, a stabilire una disciplina diversa da quella
originaria o perfino decidere di decretarne
l’abolizione. Stessa cosa, ovviamente, non si può
verificare nell’ordinamento siciliano. Peraltro, nel
dubbio interpretativo appare più conducente affermare
che la natura costituzionale dello Statuto funge da faro
orientativo per le norme attuative del medesimo, le
quali potranno, in conformità al principio di legalità
costituzionale, dettare disposizioni per riempire di
contenuti le norme statutarie e non certo per
rovesciarne gli assunti ivi contenuti. D’altronde, anche
in giurisprudenza, si è costantemente affermato che
“L’interprete deve scegliere, tra due possibili
interpretazioni della norma, quella che si presenta più
conforme al dettato costituzionale”[9], o anche, che,
“In materia di interpretazione della legge, tra le varie
interpretazioni in astratto possibili debbono scegliersi
quelle che non si pongono in contrasto con la
costituzione, e va privilegiata quella ad essa più
conforme”[10].
Corollario di questo ragionamento è
che anche a voler condividere quanto statuito dalla
Cassazione in ordine all’abrogazione tacita indiretta
dell’art. 9, comma 5, del D.lgs. n. 373/2003 ad opera
dell’art. 69 della l. n. 69/2009, questo non è bastevole
a sostenere che il Presidente della Regione non possa
più decidere sui ricorsi straordinari, secondo quanto
previsto dall’art. 23 dello Statuto, se non
uniformandosi al parere del Consiglio di giustizia
amministrativa. Infatti, se è vero che la determinazione
di un organo non appartenente al potere giurisdizionale
(nella specie il Presidente della Regione), deve di
regola essere conforme al parere di un organo di cui è
garantita la indipendenza e la imparzialità propria del
giudice (nella specie delle sezioni riunite del C.G.A.)
è altrettanto vero che in alcuni e motivati casi, il
Presidente della Regione possa ancora decidere sul
ricorso straordinario non conformandosi al parere del
C.G.A.. Invero, “La deliberazione motivata del Consiglio
dei ministri (nella specie Giunta regionale) che si
discosta dalla soluzione prospettata dal Consiglio di
Stato su un ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica riconduce la detta determinazione al rapporto
fiduciario Governo-Assemblea, implicando la
responsabilità politica del Governo (nella specie
regionale)”[11]. Tale tipologia di deliberazione “non
solo ha i requisiti soggettivi degli atti politici o di
governo o di alta amministrazione che dir si voglia,
provenendo dall’organo <<preposto all’indirizzo al
massimo livello della cosa pubblica>>, ma è il frutto di
un’ampia discrezionalità e del prevalere delle
considerazioni di alta politica sul giudizio puramente
giuridico del Consiglio di Stato”[12]. Da qui
l’ulteriore affermazione della natura non dichiarativa,
bensì costitutiva, del decreto decisorio del Presidente
della Regione che definisce il ricorso straordinario.
Mentre il parere del C.G.A., in
quanto atto paragiurisdizionale emesso in un unico
grado, sarebbe impugnabile solo per macroscopici errores
in procedendo o nelle altre forme previste per il
difetto di giurisdizione (art. 111, comma 7, Cost.) e
per la c.d. revocazione, viceversa, “Appare invece
sempre consentito, con pienezza di deduzioni, il ricorso
giurisdizionale nel caso di delibera del Consiglio dei
ministri (art. 14, primo comma) di non conformarsi al
parere del Consiglio di Stato; delibera che, per essere
legittima può essere adottata soltanto quando <<sia
prospettata una decisione del caso concreto che possa
arrecare pregiudizio al buon andamento della pubblica
amministrazione o all'indirizzo politico>> (C. Cost. 31
dicembre 1986, n. 298). Il legislatore e il giudice
quindi hanno avvertito in modo chiaro la presenza
nell’istituto di una ibridazione tra profili
giurisdizionali (il parere del Consiglio di Stato) e
profili amministrativi (la decisione eccezionalmente non
conforme della Autorità amministrativa). Si esclude la
impugnabilità (quanto meno quella sostanziale) del primo
e della decisione ad essa conforme, si ammette quella
anche sostanziale della seconda se difforme dal parere.
Nei casi di decisione conforme al parere, poi,
l’impugnazione giurisdizionale per vizi di forma può
tendere di regola solo ad un annullamento con rinvio
alla sede straordinaria (salva trasposizione). Per il
principio della alternatività, infatti, l’effetto
rescissorio dell’annullamento della prima decisione
porterà alla rinnovata trattazione del ricorso
straordinario originario (C.S., Ad. plen. 28 settembre
1967, n. 11)”.
Conclusioni
In conclusione, se appare comunque
azzardato sostenere che il processo di
“giurisdizionalizzazione” si sia fermato a Reggio
Calabria, sembra invece più corretto, e coerente con
l’argomentato contesto normativo, affermare che
nell’ordinamento siciliano il processo di
“giurisdizionalizzazione” necessita di essere completato
attraverso una mirata modifica dell’art. 23 dello
Statuto ad opera del legislatore costituzionale. Del
resto, nessuno potrebbe mettere in discussione il
contributo dato dalla Giustizia amministrativa siciliana
sul processo di “giurisdizionalizzazione” del ricorso
straordinario, atteso che il C.G.A., in tempi non
sospetti ed in dissenso rispetto alla giurisprudenza del
Consiglio di Stato[13], della Corte di Cassazione[14] e
della richiamata Corte Costituzionale[15], non ha
esitato, ad applicare il ricorso per ottemperanza della
decisione del ricorso straordinario[16] (che, com’è
noto, rappresenta uno degli indicatori per considerare
giurisdizionale il rimedio giustiziale) evidenziando
quelle “spiccate caratteristiche giurisdizionali” del
ricorso straordinario oggi positivizzate dal legislatore
con l’art. 112 del Codice del processo amministrativo.
La modifica all’art. 23 dello
Statuto siciliano diventa ancora più urgente se si
considera che l’attuale discriminazione tra ordinamento
siciliano e resto d’Italia trova sicuramente un limite
di tipo costituzionale nell’esigenza di garantire che
sia rispettato il diritto alla difesa di ogni cittadino
di cui agli artt. 24 e 113 Cost. in condizioni di
sostanziale uguaglianza su tutto il territorio nazionale
e la facoltà di scelta del ricorrente del rimedio
giudiziario più appropriato a tutela della propria
situazione giuridica soggettiva.
[1] Vincenzo Salamone, “La funzione
di consulenza al Governo regionale e il ricorso
straordinario al Presidente della Regione siciliana”,
intervento programmato svolto nel corso del Convegno di
Studi sul tema “La Giustizia amministrativa tra nuovo
modello regionale e modello federale” tenutosi a Palermo
30 e 31 ottobre 2000.
[2] C.G.A. sent.
n. 695/2005.
[3] Tar Catania,
sez. IV, sent. n. 623/2007.
[4] Circolare Presidenziale 22
maggio 1985, n. 4249/41.12.0.
[5] Cons. Stato, parere n. 908/01
del 31/10/2001.
[6] Corte Cost., sent.
21/07/2004, n. 254; sent. 17/12/2004,
n. 392; sent. 25/11/2004, n. 357.
[7] Corte di Cassazione, sez. unite
civ., sent. 28/01/2011 n. 2065.
[8] Corte Cost.
sent. 20/03/2009 n. 76.
[9] Cons. Stato,
sez. III, sent. 02/10/2006, n. 5772.
[10] Cass. sez.
III, sent. 22/10/2002, n. 14900.
[11] C.G.A., parere n. 303/10 del
26/04/2010.
[12] Damiano Nocilla, “Funzione
consultiva e Costituzione” in GiusiziaAmministrativa.it,
aprile 2008.
[13] Cons. Stato, sent. 29/08/2006,
n. 3056.
[14] Cassazione, sezioni unite n.
15978/2001.
[15] Corte Cost. sent. n. 282/2005.
[16] Si veda C.G.A. decisione n.
695/2005.
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