La Corte di Cassazione si è
pronunciata confermando la sentenza di secondo grado che
(a differenza dei giudici di primo grado) aveva ritenuto
non applicabile l’istituto dell’addebito alla
separazione coniugale tra coniugi che vivevano da tempo
in una “situazione già stabilizzata di reciproca
sostanziale autonomia di vita, non caratterizzata da
affectio coniugalis”.
In generale, la Cassazione ha
rilevato che “Le valutazioni e conclusioni espresse
dalla Corte distrettuale appaiono, infatti, aderenti al
dettato normativo ed alla relativa elaborazione
giurisprudenziale nonché assistite da congrue e logiche
argomentazioni in ordine a tutti gli aspetti che le
parti hanno posto in discussione in questa sede. In
particolare l'acquisizione e la valutazione, nel
complesso dell'emerse risultanze istruttorie, dei dati
posti dai giudici d'appello a fondamento del loro
giudizio in punto di non addebitabilità della
separazione personale a nessuno dei due coniugi, si
rivela irreprensibile, alla luce anche del principio per
cui l'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni
dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e
delle risultanze della prova testimoniate. Il giudizio
sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di
alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie
risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a
sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di
fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel
porre a fondamento della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, non incontra altro limite
che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni
singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni
difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi
tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non
menzionati specificamente, sono logicamente
incompatibili con la decisione adottata”.
Ancora: “Le censure sollevate da
entrambe le parti in ordine all'individuazione e
valorizzazione di detti dati probatori, ancorate pure al
raffronto con i richiamati passi di alcune deposizioni
testimoniali, al confronto di queste con pregressi
scritti, censure peraltro mute sui riflessi di contegni
in ogni caso tali da ingenerare obiettivamente
nell'altro coniuge e nei terzi il fondato sospetto del
tradimento da parte del consorte e per lei anche
affidate alla perizia di parte su asseriti, subiti danni
esistenziali e sessuali, della quale si omette pure di
circostanziare l'acquisizione nei gradi di merito, si
sostanziano in infondati o per più profili
inammissibili, generici rilievi, in parte nuovi o non
autosufficienti, rilievi da cui conclusivamente non è
dato desumere le denunciate illegittimità o illogicità o
carenze motivazionali decisive e che essenzialmente
appaiono volti ad un diverso apprezzamento dei medesimi
dati, aderente alla tesi da ciascuno propugnata, come
noto, non consentito in questa sede di legittimità.
Mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione
complessiva del comportamento di entrambi i coniugi,
quale comprovato dalle richiamate, privilegiate,
risultanze istruttorie, la Corte di merito ha
ineccepibilmente e plausibilmente concluso che la
reiterata inosservanza da parte di entrambi dell'obbligo
di reciproca fedeltà, pur se ricorrente, non costituiva
circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della
separazione in capo all'uno o all'altro o ad entrambi,
essendo sopravvenuta in un contesto di disgregazione
della comunione spirituale e materiale tra coniugi,
quale rispondente al dettato normativo ed al comune
sentire, ed in particolare in un'emersa situazione già
stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita,
non caratterizzata da affectio coniugalis”.
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