Considerato che possono
costituirsi parte civile nel processo anche gli “enti di
fatto”, in quanto l’art. 75 c.p.c., nel disciplinare la
capacità processuale, prevede che “le associazioni e i
comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in
giudizio per mezzo delle persone indicate negli art. 36
e seg. del codice civile”;
considerato che l’art. 1131 c.c. riconosce espressamente
la legittimazione anche al condominio, che non ha
soggettività, ma è un mero centro di interessi (cfr.,
Cass. penale sez. IV, 10 giugno 2010, n. 38991);
considerato che, tuttavia, la nomina di un curatore
speciale ai sensi dell’art. 77 c.p.p. si rende
necessaria per consentire la costituzione di parte
civile alle persone che “non hanno il libero esercizio
dei diritti”;
considerato che dal sistema normativo delineato dal
codice civile emerge che l’amministratore di condominio
non è un organo necessario del condominio, in quanto
l’art. 1129 c.c. espressamente richiede la nomina di un
amministratore solo quando il numero di condomini sia
superiore a quattro. Ne consegue che in materia di
condominio negli edifici, l’organo principale,
depositario del potere decisionale, è l’assemblea dei
condomini, così come in materia di comunione in generale
il potere decisionale e di amministrazione della cosa
comune, spetta solo ed esclusivamente ai comunisti (art.
1105 c.c.) e la nomina di un amministratore cui
“delegare” l’esercizio del potere di amministrazione è
ipotesi meramente eventuale, ex art. 1106 c.c. Del
resto, la prima, fondamentale, competenza
dell’amministratore consiste nell’”eseguire le
deliberazioni dell’assemblea dei condomini” (art. 1130
c.c., comma 1 n. 1). Da tali coordinate ermeneutiche si
evince che l’essenza delle funzioni dell’amministratore
è imprescindibilmente legata al potere decisionale
dell’assemblea: è l’assemblea l’organo deliberativo del
condominio e l’organo cui compete l’adozione di
decisioni in materia di amministrazione dello stesso,
mentre l’amministratore riveste un ruolo di mero
esecutore materiale delle deliberazioni adottate in seno
all’assemblea. Nessun potere decisionale o gestorio
compete all’amministratore di condominio in quanto tale
(e ciò a differenza di quanto accade nelle società, sia
di persone che di capitali, dove all’amministratore
competono poteri propriamente gestionali). Anche l’art.
1131 c.c., nell’attribuire all’amministratore di
condominio un potere di rappresentanza dei condomini e
di azione in giudizio, chiarisce che tale potere è
conferito “Nei limiti delle attribuzioni stabilite
dall’articolo precedente o dei maggiori poteri
conferitigli dal regolamento di condominio o
dall’assemblea”. Ancora una volta, quindi, si legano i
poteri dell’amministratore di condominio alle
deliberazioni dell’assemblea, proprio a voler
sottolineare la derivazione e subordinazione degli
stessi alle decisioni dell’organo assembleare (cfr.,
Cassazione civile sez. un., 06 agosto 2010, n. 18331).
Non va, inoltre, trascurata la circostanza che
l’amministratore di condominio è un mandatario dei
singoli condomini che ben possono stare in giudizio
personalmente.
Da quanto precede, dunque, deriva che l’assemblea del
condominio può liberamente esercitare i propri diritti
revocando, ove lo ritenga opportuno, l’incarico
all’amministratore ***. e nominare un nuovo
amministratore.
Non può, inoltre, essere sottaciuto che la nomina di un
curatore speciale nei confronti di soggetti (rectius, i
singoli condomini) che hanno il libero esercizio dei
diritti, oltre a non essere consentito dal codice di
rito, realizzerebbe un’indebita intromissione in scelte
processuali che, invece, devono spettare esclusivamente
ai soggetti interessati.
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