La
Cassazione chiarisce come la determinazione della
percentuale di apporto causale della vittima di
incidente stradale consiste inevitabilmente nella
approssimativa espressione aritmetica di una opinione,
non suscettibile di esplicazione analitica in termini
(quelli appunto aritmetici) diversi da quelli sulla base
dei quali si forma (quelli logici).
n
merito alla determinazione dell’apporto causale di
colpa del defunto determinata dalla Corte d'Appello al
30%, la Suprema Corte rileva che il ricorrente non
chiarisce come, al di fuori di ipotesi di mera
probabilità statistica, si possa spiegare perché un
evento è considerato causa di un altro per il 30%
anziché, ad esempio, per il 20% o il 40%. E non avrebbe
potuto farlo, in quanto la determinazione percentuale
dell’incidenza causale di un fatto al verificarsi di un
altro non consiste che nella necessaria, inevitabilmente
approssimativa, espressione aritmetica di un’opinione,
non suscettibile di esplicazione analitica in termini
(quelli appunto aritmetici) diversi da quelli sulla base
dei quali si forma (quelli logici). Il sindacato può
essere quindi condotto esclusivamente sul piano logico;
e può risolversi nell’affermazione del vizio della
motivazione per contraddittorietà solo quando
l’espressione percentuale dell’apporto causale colposo
appaia incompatibile con le osservazioni logiche che la
sorreggono, circostanza che non si è verificata nel caso
in esame.
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Svolgimento del processo
1.- Il … il trentacinquenne B.G. , investito da
un'autovettura (che procedeva ad elevata andatura)
mentre passeggiava coi propri congiunti lungo una strada
provinciale, morì nell'ospedale di … 40 minuti dopo
l'incidente per il trauma facciale e toracico addominale
che aveva subito.
Con sentenza n. 682/02 il tribunale di Rieti condannò
solidalmente proprietario (L..C. ), conducente (M..C. )
ed assicuratrice (Nuova Maa Ass.ni s.p.a., in seguito
Milano Assicurazioni s.p.a.) dell'autovettura
investitrice al risarcimento dei danni in favore dei
genitori (M..G. e B.N. ) e del fratello (F..B. ) del
defunto, riconoscendo ai medesimi, iure hereditario,
anche la somma di Euro 90.000 per il danno biologico
subito dal congiunto nell'intervallo di tempo tra le
lesioni e la morte.
2.- la corte d'appello di Roma, decidendo con sentenza
n. 503 del 31.1.2006 sui gravami della società
assicuratrice e dei congiunti, ha ravvisato l'apporto
causale della stessa vittima per il 30%, ed ha escluso
sia che durante il tempo di sopravvivenza all'incidente
il defunto si fosse trovato in stato di coscienza (pur
avendo i testi riferito di qualche esile flebito), sia
che i congiunti avessero subito danni biologici e
patrimoniali da lucro cessante.
Ha dunque liquidato il danno non patrimoniale patito dai
congiunti in relazione alla percentuale di apporto
causale colposo del conducente della vettura.
3. Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i B./G.,
affidandosi a cinque motivi, cui resiste con
controricorso la Milano Assicurazioni s.p.a..
Motivi della decisione
1.- Col primo motivo la sentenza è censurata per vizi
della motivazione in ordine al ravvisato apporto causale
della stessa vittima per essersi trovata al centro della
strada, con pretermissione delle circostanze che la
vettura viaggiava ad elevata velocità (100 km/h,
comunque superiore al limite) e che altri pedoni avevano
segnalato al conducente l'esigenza di rallentare. Si
imputa inoltre alla corte d'appello di aver "omesso di
esplicitare i criteri di determinazione della
percentuale del 30% a carico del medesimo" (pedone
defunto).
1.1.- Il motivo è infondato.
La corte d'appello ha ampiamente motivato sul punto,
alle pagine 4 e 5 della sentenza, con argomentazioni
sufficiente e niente affatto contraddittorie,
segnatamente nella parte in cui ha rilevato - dopo aver
osservato che l'autovettura viaggiava a circa 100 km/h,
eccedendo non di molto il limite di 90 km/h - che il
pedone teneva una posizione certamente non esente da
pericolo, non prevedibile per le auto in transito e che
ha concorso a determinare l'evento e che, in
particolare, "non solo non camminava sul suo lato destro
nel senso del bordo disponibile della strada (si è
descritto lo stato dei luoghi e la presenza di banchine
non transitabili), ma si trovava pressoché al centro
della strada, e ciò pur non volendosi escludere una
ipotetica manovra di attraversamento, che non ha trovato
sicura conferma nell'istruttoria".
Si tratta di valutazioni del fatto, non suscettibili di
essere reiterate in sede di legittimità.
Quanto alla censura relativa alla mancata
esplicitazione, evidentemente in concreto, dei criteri
di determinazione della percentuale del 30% di apporto
causale della stessa vittima, essa è manifestamente
infondata in difetto di indicazione di quali tali
criteri siano in astratto.
Il ricorrente non chiarisce infatti come, al di fuori di
ipotesi di mera probabilità statistica, si possa
spiegare perché un evento è considerato causa di un
altro per il 30% anziché, ad esempio, per il 20% o per
il 40%. E non avrebbe probabilmente potuto, poiché la
determinazione percentuale dell'incidenza causale di un
fatto al verificarsi di un altro non consiste che nella
necessaria, inevitabilmente approssimativa, espressione
aritmetica di un'opinione, insuscettibile di
esplicazione analitica in termini (quelli appunto
aritmetici) diversi da quelli sulla base dei quali si
forma (quelli logici). Il sindacato può essere dunque
condotto esclusivamente sul piano logico; e può
risolversi nell'affermazione del vizio della motivazione
per contraddittorietà solo quando l'espressione
percentuale dell'apporto causale colposo appaia
incompatibile con le osservazioni logiche che la
sorreggono.
Nella specie non si sostiene che così sia stato.
2.- Col secondo motivo sono dedotte violazione e falsa
applicazione dell'art. 2043 c.c. ed omessa motivazione
su punto decisivo per avere la corte d'appello omesso di
riconoscere il danno biologico subito dalla vittima
stessa sia in relazione al breve lasso di tempo
trascorso tra lesioni e decesso (40 minuti secondo la
corte territoriale, maggiore secondo il ricorrente) sia
in relazione all'escluso stato di coscienza del ferito
(invece affermato dal ricorrente).
È formulato il seguente quesito di diritto: "Dica la
Suprema Corte se il lasso di tempo intercorso tra il
momento del sinistro ed il decesso, durante il quale la
vittima appariva in stato di coscienza vigile, sia
sufficiente a realizzare la trasmissibilità, in favore
degli eredi, del danno biologico patito dalla vittima".
È poi indicato il seguente fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa: "la
Corte drappello ha richiamato come momento del decesso
l'orario riportato sulla scheda di morte rilasciata dal
Comune di Avezzano, basandosi quindi su un documento
postumo, omettendo di considerare le dichiarazioni rese
dalle persone che hanno assistito il B. fino al momento
del decesso".
2.1.- Il quesito di diritto presuppone, in contrasto con
quanto ritenuto dalla corte d'appello, che la vittima
sia stata "in stato di coscienza vigile" nell'intervallo
di tempo tra le lesioni e la morte. Assume dunque come
vera una circostanza negata dalla corte d'appello,
sicché è inammissibile, giacché la valutazione di un
prospettato errore di sussunzione da parte del giudice -
qual è denunciato mediante la deduzione di un error
iuris - non può essere operata che in relazione al fatto
quale accertato dal giudice e non in relazione ad un
fatto diverso.
L'apprezzamento del fatto da parte del giudice può
essere per contro intaccato solo mediante la deduzione
di un vizio di motivazione. Ma, nella specie, nelle
indicazioni da offrire ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c.
(in relazione al vizio di motivazione di cui all'art.
360, n. 5) il fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa concerne solo il momento
del decesso e non lo stato di coscienza della vittima.
Non è dunque suscettibile di essere travolto
l'apprezzamento di fatto sul quale è fondata la
denunciata violazione e falsa applicazione della norma
di diritto, sicché il motivo non può che essere
respinto.
3.- Col terzo motivo è denunciata omessa motivazione
"nella parte in cui è stato ridotto il risarcimento del
danno morale iure proprio subito dagli eredi (n.d.e.:
ma, recte, congiunti) della vittima".
Il fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa è indicato nell'essere
stato il danno liquidato "in modo sensibilmente
inferiore a quanto liquidato dal Giudice di prime cure".
3.1.- Il motivo è inammissibile giacché quello indicato
palesemente non è un fatto controverso ma il risultato
dell'apprezzamento del fatto.
4.- Col quarto motivo è denunciata violazione e falsa
applicazione di norme di diritto in relazione al mancato
riconoscimento del danno patrimoniale da lucro cessante
alla madre della vittima.
4.1.- Il motivo è manifestamente infondato.
È certamente corretto in diritto l'assunto che
l'esistenza del danno "possa" essere affermata sulla
base di elementi presuntivi che autorizzino ad inferire
che il genitore avrebbe goduto di un aiuto economico da
parte del figlio, ma è altrettanto certamente
insostenibile che la conclusione "debba" essere sempre
affermativa sulla base della comune esperienza della
realtà familiare e sociale, come si pretende nel quesito
di diritto.
Dipende, com'è ovvio, dalle circostanze. E, nella
specie, la corte d'appello ha giustificato la
conclusione negativa in relazione alla mancanza di prova
idonea sul preesistente contributo del figlio ed al
rilievo che la madre non era priva di redditi (la
sentenza non è, peraltro, censurata per vizio di
motivazione sull'apprezzamento del fatto).
5.- Col quinto motivo la sentenza è da ultimo censurata
per omessa e contraddittoria motivazione in ordine al
mancato riconoscimento del danno biologico direttamente
subito dai congiunti.
L'omissione è prospettata in relazione alla mancata
pronuncia sulla richiesta di ammissione di c.t.u. medico
legale e la contraddittorietà nell'avere la corte
territoriale per un verso riconosciuto l'esistenza di un
trauma psichico e, per altro verso, negato l'esistenza
di un pregiudizio psicofisico.
5.1.- La censura è manifestamente infondata. I
ricorrenti completamente prescindono dall'affermazione
della corte d'appello che i certificati medici allegati
"non documentano altro che la normale condizione di
dolore afferente i congiunti a fronte di una grave
perdita". E - va soggiunto - quel danno è stato appunto
risarcito.
6.- Le non contestate ragioni equitative che hanno
indotto alla compensazione delle spese del grado di
appello possono ravvisarsi sussistenti anche per il
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le
spese.
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