Lo spoil system è
illegittimo anche quando è riferito a incarichi
dirigenziali assegnati a soggetti esterni. Lo ha
affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 124
depositata l’11 aprile 2011. Sul sistema dei legami tra
politica e manager pubblici la Consulta si è espressa
più volte con nette bocciature, in questa occasione, nel
ribadire il suo orientamento, estende il No allo stesso
meccanismo ma applicato ai professionisti non interni a
una struttura. La questione è stata sollevata dal
Tribunale di Roma, facendo riferimento all’articolo 97
della Costituzione, che ha ipotizzato un problema di
legittimità dell’articolo 19, comma 8, del Dlgs 165/2001
nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione
dirigenziale generale, limitatamente al personale non
appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del Dlgs n. 165
del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla
fiducia al Governo. Il foro rimettente ritiene che la
disposizione sia in conflitto con i principi
costituzionali di imparzialità e buon andamento della
pubblica amministrazione. Secondo i giudici delle leggi
la questione è fondata: nel 2008 una precedente
pronuncia aveva dichiarato che la natura esterna
dell’incarico non costituisce un elemento in grado di
diversificare in senso fiduciario il rapporto di lavoro
dirigenziale, che deve rimanere caratterizzato, sul
piano funzionale, da una netta e chiara separazione tra
attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni
gestorie». Da ciò consegue che anche per i dirigenti
esterni il rapporto di lavoro instaurato con
l’amministrazione che attribuisce l’incarico deve essere
connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono
che esso sia regolato in modo tale da assicurare la
tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una
chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo
politico-amministrativo e quelli di gestione.
1
SENTENZA N. 124
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 19, comma 8, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), promosso dal Tribunale di
Roma nel procedimento vertente tra N. Z. e il Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali ed
altro con ordinanza dell’8 aprile 2010 iscritta al n.
256 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima
serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di costituzione
di N. Z.;
udito nell’udienza pubblica
del 22 marzo 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese;
udito l’avvocato Tommaso Di
Nitto per N. Z.
Ritenuto in fatto 2
1. –
Il Tribunale di Roma, con ordinanza dell’8 aprile 2010,
ha sollevato, in riferimento all’art. 97 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel
testo vigente prima dell’entrata in vigore dell’art. 40
del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150
(Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia
di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico
e di efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni), «nella parte in cui dispone che gli
incarichi di funzione dirigenziale generale di cui al
comma 5-bis, limitatamente al personale non
appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n.
165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto
sulla fiducia al Governo».
La disposizione censurata stabilisce
quanto segue: «Gli incarichi di funzione dirigenziale di
cui al comma 3, al comma 5-bis, limitatamente al
personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo
23, e al comma 6, cessano decorsi novanta giorni dal
voto sulla fiducia al Governo».
1.1. – Il Tribunale rimettente
riferisce che al ricorrente nel giudizio principale,
dirigente di ricerca di primo livello professionale
dell’Istat, è stato conferito, ai sensi dell’art. 19,
commi 4 e 5-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31
luglio 2007, l’incarico dirigenziale di livello generale
di coordinatore della Direzione generale per il
volontariato, l’associazionismo e le formazioni sociali,
nell’ambito del Ministero della solidarietà (poi
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali), con durata di cinque anni (1° agosto 2007/31
luglio 2012). Tale incarico, secondo quanto espone il
giudice rimettente, è stato conferito al ricorrente nel
giudizio a quo nella sua qualità di soggetto non
appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n.
165 del 2001.
Secondo quanto riporta il Tribunale
rimettente, con nota del 21 luglio 2008, il Ministero ha
comunicato la scadenza ope legis del predetto
incarico, a decorrere dal 1° agosto 2007 (recte:
1° agosto 2008), ai sensi della disposizione censurata.
Il giudice a quo riferisce di essere stato quindi
adito dal ricorrente nel giudizio principale, che
domanda: a) la dichiarazione di inefficacia della
revoca dell’incarico, con ordine di reintegrazione dalla
data della revoca stessa (14 agosto 2008) ovvero con
accertamento del diritto ad ottenere un incarico
equivalente, nonché la condanna al pagamento delle
differenze retributive maturate dalla data di attuazione
della revoca alla reintegra; b) in 3
via
subordinata, in caso di rigetto della domanda di
reintegra, la condanna al pagamento delle differenze
retributive dalla data di attuazione della revoca a
quella di scadenza dell’incarico (31 luglio 2012); c)
in ogni caso, il risarcimento del danno personale. Il
Tribunale rimettente riferisce, infine, che il Ministero
si è costituito nel giudizio a quo, eccependo la
carenza di giurisdizione del giudice adito e chiedendo
il rigetto della domanda.
1.2. – Preliminarmente, il giudice
a quo ritiene che sussista la propria giurisdizione
in quanto «il conferimento e la revoca di incarichi
dirigenziali mantengono la natura di determinazioni
assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri
del privato datore di lavoro, come [...] tutti gli atti
attinenti ai profili organizzativi e gestionali di
rapporti di lavoro già costituiti», in base all’art. 5,
comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, al cui impianto non
avrebbe apportato modifiche la legge n. 145 del 2002.
Del resto, il giudice rimettente richiama in proposito
la giurisprudenza di questa Corte secondo cui «la
inammissibilità delle questioni incidentali di
legittimità costituzionale, sotto il profilo della
carenza di giurisdizione del giudice a quo, può
verificarsi solo quando il difetto di giurisdizione
emerga ictu oculi, cioè in modo macroscopico e
manifesto (ex multis, sentenze n. 156 del 2007 e
n. 144 del 2005).
1.3. – In punto di rilevanza, il
giudice rimettente ritiene che al caso di specie, che
riguarda un «incarico dirigenziale di livello generale
ma “non apicale” [...] conferito a soggetto non
appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n.
165 del 2001», sia applicabile l’art. 19, comma 8, del
d.lgs. n. 165 del 2001, nella formulazione precedente
rispetto a quella attualmente vigente, che prevedeva,
anche per tale tipologia di incarichi, la cessazione
automatica decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia
al Governo. Infatti, secondo il giudice rimettente,
nonostante l’art. 40, comma 1, lettera g), del
d.lgs. n. 150 del 2009 abbia sottratto gli incarichi di
cui al comma 5-bis all’applicazione del censurato
meccanismo di cessazione automatica, tuttavia
quest’ultimo continuerebbe ad applicarsi per le
cessazioni che, come quella in esame, si siano
verificate prima dell’entrata in vigore della nuova
normativa, in base al principio «tempus regit actum»
di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ. Per tali
ragioni, dunque, ad avviso del Tribunale rimettente, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 19,
comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella versione
antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 40 del
d.lgs. n. 150 del 2009, è rilevante, risultando
«evidente che il suo accoglimento renderebbe illegittima
la cessazione anticipata dell’incarico e 4
consentirebbe alla parte ricorrente di richiedere
l’accoglimento delle pretese azionate, in particolare di
quelle risarcitorie».
1.4. – Nel merito, il giudice a
quo afferma l’illegittimità costituzionale della
disposizione censurata, a tale scopo ampiamente
riportando, nella propria ordinanza di rimessione, la
giurisprudenza costituzionale in materia di spoils
system. Il giudice rimettente richiama in
particolare le sentenze n. 81 del 2010 e n. 161 del
2008, con le quali questa Corte ha stabilito che i
principi da essa sanciti con riferimento agli incarichi
dirigenziali non apicali conferiti a dirigenti di ruolo
trovano applicazione anche nel caso degli incarichi
dello stesso tipo conferiti a soggetti esterni.
In primo luogo, il giudice a quo
rileva che questa Corte, con la sentenza n. 161 del
2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 2, comma 161, del decreto legge 3 ottobre
2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria
e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella
legge 24 novembre 2006, n. 286, nella parte in cui
disponeva la cessazione automatica, salvo conferma,
degli incarichi conferiti a dirigenti di pubbliche
amministrazioni non appartenenti ai ruoli di cui
all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, conferiti prima
del 17 maggio 2006. In tale occasione – osserva il
giudice rimettente – questa Corte ha stabilito che «la
natura esterna dell’incarico non costituisce un elemento
in grado di diversificare in senso fiduciario il
rapporto di lavoro dirigenziale», con la conseguenza che
anche per i dirigenti esterni – così come ha previsto la
sentenza n. 103 del 2007 per i dirigenti interni – il
rapporto di lavoro deve essere «connotato da specifiche
garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato
in modo tale da assicurare la tendenziale continuità
dell’azione amministrativa e una chiara distinzione
funzionale fra i compiti di indirizzo politico
amministrativo e quelli di gestione».
In secondo luogo, il Tribunale
rimettente richiama la sentenza n. 81 del 2010, con la
quale questa Corte ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 2, comma 161, del decreto legge
n. 262 del 2006, nella parte in cui disponeva la
cessazione automatica, salvo conferma, degli incarichi
conferiti, prima del 17 maggio 2006, a soggetti esterni
di particolare e comprovata qualificazione
professionale. Anche in tal caso – rileva il giudice
a quo – questa Corte ha ribadito «la ininfluenza,
sul piano funzionale, del fatto che l’atto di
attribuzione di una determinata funzione dirigenziale ad
un dirigente esterno, dipendente di altra
amministrazione, e il correlato contratto individuale
non si innestino su un rapporto di lavoro dirigenziale
già esistente con la stessa 5
amministrazione». Di conseguenza, ad avviso del
rimettente, i principi affermati con la sentenza n. 161
del 2008 sono stati ritenuti applicabili da questa
Corte, con la pronuncia n. 81 del 2010, anche quando
«l’incarico dirigenziale esterno […] sia stato conferito
non a dirigenti dipendenti da altre amministrazioni, ma
a soggetti privi di status dirigenziale, che abbiano
particolare e comprovata qualificazione professionale».
Ad avviso del giudice a quo,
le predette considerazioni – relative in particolare
«alla inidoneità della natura esterna dell’incarico a
connotare in senso fiduciario il rapporto di lavoro
dirigenziale», «sono chiaramente applicabili alla
fattispecie in esame, comportando l’illegittimità della
relativa disciplina».
2. – È intervenuto in giudizio, con
atto depositato in data 11 ottobre 2010, il ricorrente
nel giudizio principale, chiedendo l’accoglimento della
questione di legittimità costituzionale sollevata. La
parte privata osserva che, benché lo stesso legislatore,
mostrandosi consapevole dell’incostituzionalità della
norma censurata, abbia deciso di abrogarla (art. 40,
comma 1, lettera g) del d.lgs. n. 150 del 2009),
nel lasso temporale di applicazione della stessa il
ricorrente è stato rimosso dall’incarico dirigenziale,
con conseguente rilevanza della questione sollevata. Nel
merito, la parte privata intervenuta richiama la
giurisprudenza costituzionale secondo cui la decadenza
ex lege di incarichi dirigenziali non apicali,
quale quello di specie, viola, in carenza di garanzie
procedimentali, i principi costituzionali di buon
andamento e imparzialità, sottolineando in particolare
che tali conclusioni «non mutano neppure nel caso in cui
l’incarico dirigenziale sia stato conferito ad un
soggetto esterno all’amministrazione conferente». In
prossimità dell’udienza, il ricorrente nel giudizio
principale ha depositato una memoria, ribadendo quanto
affermato nell’atto di costituzione e insistendo per
l’accoglimento della questione di legittimità
costituzionale sollevata
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Roma, con
ordinanza dell’8 aprile 2010, ha sollevato, in
riferimento all’art. 97 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche), nel testo vigente
prima dell’entrata in vigore dell’art. 40 del decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della
legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione
della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e
trasparenza delle pubbliche amministrazioni), «nella
parte in cui dispone che gli incarichi di funzione
dirigenziale 6
generale di cui al comma 5-bis, limitatamente al
personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23
del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano decorsi novanta
giorni dal voto sulla fiducia al Governo».
Il Tribunale rimettente ritiene che
la disposizione censurata sia in conflitto con i
principi costituzionali di imparzialità e buon andamento
della pubblica amministrazione. Il giudice a quo
argomenta in base alla giurisprudenza costituzionale in
materia di spoils system, richiamando, in
particolare, le sentenze n. 81 del 2010 e n. 161 del
2008, con le quali questa Corte ha stabilito che le
ragioni da essa poste a fondamento della dichiarazione
di illegittimità costituzionale di meccanismi di
spoils system riferiti a incarichi dirigenziali non
apicali conferiti a dirigenti di ruolo trovano
applicazione anche nel caso in cui incarichi dello
stesso tipo siano conferiti a soggetti esterni.
2. – La questione è fondata.
3. – Preliminarmente, è utile sia
ricostruire il contesto normativo nel quale si inserisce
la disposizione censurata, sia richiamare la
giurisprudenza costituzionale rilevante in materia.
L’ambito di applicazione dell’art.
19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, che dispone la
cessazione di incarichi dirigenziali quale effetto
automatico del mutamento di governo, ha subito diverse
modificazioni nel corso del tempo.
Originariamente limitato ai soli
incarichi di cui all’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 165
del 2001 (segretario generale di ministeri, direzione di
strutture articolate al loro interno in uffici
dirigenziali generali e incarichi di livello
equivalente), tale meccanismo di spoils system è
stato successivamente esteso agli incarichi di livello
dirigenziale generale, nonché di livello dirigenziale
non generale, in ragione delle particolari
caratteristiche soggettive del titolare dell’incarico,
cioè nelle ipotesi in cui tali incarichi fossero
conferiti a dirigenti pubblici non appartenenti ai ruoli
di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001 o anche a
soggetti esterni che non fossero dirigenti pubblici. In
particolare, l’art. 2, comma 159, del decreto-legge 3
ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con
modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, con
una disposizione destinata ad applicarsi in via
permanente (a regime), ha modificato il testo dell’art.
19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, estendendo
l’applicazione del meccanismo di spoils system in
esame agli incarichi dirigenziali di cui al comma 5-bis
dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001,
limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di
cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, e a quelli 7
di
cui al comma 6 del medesimo art. 19 (incarichi conferiti
«a persone di particolare e comprovata qualificazione
professionale, non rinvenibile nei ruoli
dell’Amministrazione»). Inoltre, con riferimento a
queste stesse tipologie di incarichi, l’art. 2, comma
161, del d.l. n. 262 del 2006, ha previsto un meccanismo
di spoils system applicabile in via transitoria (una
tantum), stabilendo che tali incarichi, conferiti
prima del 17 maggio 2006, cessassero ove non confermati
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
del medesimo decreto.
Il meccanismo transitorio (una
tantum) è stato dichiarato illegittimo da questa
Corte, sia nella parte in cui si riferiva agli incarichi
di cui al comma 5-bis dell’art. 19 del d.lgs. n.
165 del 2001 (sentenza n. 161 del 2008), sia nella parte
in cui si applicava agli incarichi di cui al comma 6 del
medesimo articolo (sentenza n. 81 del 2010). Il
corrispondente meccanismo permanente (a regime), sulla
cui base è intervenuta la decadenza ope legis
contestata nel giudizio principale, è stato invece
abrogato dal legislatore, che, con l’art. 40 del d.lgs.
n. 150 del 2009, ha ripristinato l’originario ambito di
applicazione dell’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165
del 2001, attualmente applicabile alle sole posizioni
dirigenziali di cui al comma 3 del medesimo articolo.
Tale abrogazione peraltro non influisce sulla rilevanza
della questione di legittimità costituzionale sollevata
con l’ordinanza in epigrafe, atteso che essa è
intervenuta successivamente all’adozione del
provvedimento impugnato nel giudizio a quo, la
cui legittimità deve essere dunque valutata dal
rimettente in base al quadro normativo vigente al
momento della sua adozione.
4. – Ciò premesso, la questione di
legittimità costituzionale investe una disposizione che,
nella parte censurata, prevede un meccanismo di
spoils system dalle seguenti caratteristiche: a)
sotto il profilo oggettivo, cioè del tipo e livello di
incarico conferito, riguarda i titolari di tutti gli
incarichi previsti dall’art. 19 del d.lgs. n. 165 del
2001, compresi in particolare gli incarichi di livello
dirigenziale generale, come quello cui la disposizione è
stata applicata nella fattispecie oggetto del giudizio
a quo; b) sotto il profilo soggettivo,
cioè della provenienza del titolare dell’incarico, si
applica agli incarichi a dirigenti pubblici non
appartenenti ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n.
165 del 2001 (art. 19, comma 5-bis del d.lgs. n.
165 del 2001); c) sotto il profilo dell’efficacia
nel tempo, opera a regime, essendo cioè destinato a
trovare applicazione in occasione di ogni futuro
avvicendamento di governo.
Quanto al primo profilo, questa Corte
ha più volte affermato l’illegittimità 8
costituzionale di meccanismi di spoils system
riferiti ad incarichi dirigenziali che comportino
l’esercizio di compiti di gestione, cioè di «funzioni
amministrative di esecuzione dell’indirizzo politico»
(sentenze n. 224 e n. 34 del 2010, n. 390 e 351 del
2008, n. 104 e n. 103 del 2007), ritenendo, di converso,
costituzionalmente legittimo lo spoils system
quando riferito a posizioni apicali (sentenza n. 233 del
2006), del cui supporto l’organo di governo «si avvale
per svolgere l’attività di indirizzo politico
amministrativo» (sentenza n. 304 del 2010). Non vi è
dubbio che la disposizione censurata si riferisca ad
incarichi che comportano esercizio di funzioni di
gestione amministrativa. Più in particolare, essa si
applica, ed ha trovato applicazione nella fattispecie
oggetto del giudizio principale, ad una tipologia di
incarichi (incarichi dirigenziali di livello generale
dell’amministrazione dello Stato) con specifico
riferimento ai quali questa Corte ha già avuto modo di
dichiarare l’illegittimità costituzionale di meccanismi
di cessazione automatica disposti in via transitoria dal
legislatore (sentenza n. 103 del 2007).
Sotto il secondo profilo, relativo
alle caratteristiche del soggetto cui l’incarico viene
conferito, questa Corte, come già ricordato, ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2,
comma 161, del decreto-legge n. 262 del 2006, nella
parte in cui esso si applicava agli incarichi a
dirigenti pubblici non appartenenti ai ruoli di cui
all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001 (sentenza n. 161
del 2008). Con tale pronuncia, pertanto, è stato
dichiarato illegittimo un meccanismo di spoils system
transitorio (una tantum) del tutto analogo,
sotto il profilo soggettivo, a quello previsto, a
regime, dalla disposizione attualmente censurata. In
tale occasione, questa Corte ha osservato che «la natura
esterna dell’incarico non costituisce un elemento in
grado di diversificare in senso fiduciario il rapporto
di lavoro dirigenziale, che deve rimanere
caratterizzato, sul piano funzionale, da una netta e
chiara separazione tra attività di indirizzo
politico-amministrativo e funzioni gestorie». Da ciò
consegue che «anche per i dirigenti esterni il rapporto
di lavoro instaurato con l’amministrazione che
attribuisce l’incarico deve essere – come questa Corte
ha già avuto modo di affermare con la citata sentenza n.
103 del 2007 – connotato da specifiche garanzie, le
quali presuppongono che esso sia regolato in modo tale
da assicurare la tendenziale continuità dell’azione
amministrativa e una chiara distinzione funzionale tra i
compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di
gestione» (sentenza n. 161 del 2008; successivamente,
sentenza n. 81 del 2010). 9
Sotto il terzo profilo, ossia l’efficacia nel tempo, la
disposizione censurata – diversamente da quanto
prevedeva la norma dichiarata illegittima con la
sentenza n. 161 del 2008 – non ha carattere transitorio
e non opera una tantum, ma introduce un
meccanismo di spoils system a regime. Tale
differenza, rispetto ad analoghi meccanismi dichiarati
illegittimi da questa Corte con precedenti pronunce, non
può indurre ad una diversa conclusione in punto di
legittimità costituzionale. Se è illegittima una norma
che, per una sola volta e in via transitoria, disponga
la cessazione automatica di incarichi dirigenziali, a
prescindere da ogni valutazione circa l’operato dei
dirigenti, a maggior ragione deve ritenersi illegittima
una disposizione che consenta di replicare un simile
meccanismo per un numero indeterminato di future
occasioni.
5. – Va pertanto dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8,
d.lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui dispone che
gli incarichi di funzione dirigenziale generale di cui
al comma 5-bis, limitatamente al personale non
appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n.
165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto
sulla fiducia al Governo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 19, comma 8, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), nel testo vigente prima
dell’entrata in vigore dell’art. 40 del decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della
legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione
della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e
trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nella
parte in cui dispone che gli incarichi di funzione
dirigenziale generale di cui al comma 5-bis,
limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di
cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano
decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al
Governo.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4
aprile 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere10
Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2011.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: ME |