Il
legittimario in favore del quale il testatore abbia
disposto ai sensi dell'art. 551 c.c. un legato avente ad
oggetto beni immobili in sostituzione di legittima,
qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare
al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 n. 5 c.c..
Cassazione, sez. Unite Civili, 29 marzo 2011, n. 7098
(Pres.
Vittoria – Rel. Mazzacane)
Svolgimento del processo
Con
atto di citazione notificato il 12-2-1994 B.G. conveniva
in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma F.R. , erede di
G..F. , chiedendo accertarsi la lesione del diritto di
legittima spettante alla propria madre B.M. (e
successivamente al di lei figlio) con riferimento al
testamento pubblico del 23-3-1992 con il quale il "de
cuis" aveva nominato sua erede universale la sorella
R..F. ed usufruttuaria di tutti i suoi beni la moglie
M..B..
La F.
costituendosi in giudizio contestava il fondamento della
domanda attrice di cui chiedeva il rigetto.
Il
Tribunale adito con sentenza del 2-3-2001 accoglieva la
domanda attrice, riconoscendo al coniuge del "de cuius",
e per suo tramite al figlio, la metà del patrimonio
relitto da G..F..
Proposto gravame da parte della F. cui resisteva il B.
la Corte di Appello di Roma con sentenza del 3-2-2004 ha
rigettato l'impugnazione ed ha compensato interamente
tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio;
in proposito la Corte territoriale ha negato che
l'esercizio dell'azione di riduzione fosse precluso
dalla preventiva mancata rinuncia formale da parte di
B.M. al legato relativo a beni immobili con atto
scritto, sostenendo che in caso di legato in
sostituzione di legittima ex art. 551 c.c., non è
necessaria una vera e propria rinuncia, perché
l'acquisto non si verifica "ope legis" come per il
legato ex art. 649 c.c., essendo sufficiente un mero
rifiuto, ovvero un atto impeditivo dell'acquisto, non
soggetto a vincoli formali; pertanto era idoneo allo
scopo l'incarico orale dato dalla B. al proprio
procuratore, che aveva poi formalizzato la volontà di
non acquistare il legato con lettera del 10-2-1993.
Per la
cassazione di tale sentenza la F. ha proposto un ricorso
articolato in quattro motivi illustrato successivamente
da una memoria cui il B. ha resistito con controricorso
proponendo altresì un ricorso incidentale basato si di
un unico motivo.
Con
ordinanza interlocutoria del 23-7-2010 la seconda
sezione civile di questa Corte ha rimesso la causa al
Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle
Sezioni Unite, sostenendo che l'esame del secondo motivo
del ricorso del ricorso principale - avente ad oggetto
la dedotta necessità della rinuncia formale al legato in
sostituzione di legittima quale presupposto per
l'esercizio dell'azione di riduzione delle disposizioni
lesive della quota di riserva - comportava la decisione
di una questione della massima importanza; al riguardo
ha sollecitato un ripensamento critico della tesi
tradizionale per la quale l'esercizio dell'azione di
riduzione è precluso dalla preventiva mancata rinuncia
formale al legato relativo a diritti reali immobiliari.
L'ordinanza menzionata ha affermato che l'opinione
dominante secondo cui la rinuncia al legato avente ad
oggetto beni immobili ai sensi dell'art. 1350 n. 5 c.c.
deve avere forma scritta perché con essa il legatario si
priva di un diritto già compreso nel suo patrimonio,
trascura di considerare quella parte dell'art. 551 c.c.
- che prevede la preferenza dell'onorato verso il
conseguimento del legato - con la quale sarebbe
disciplinata la necessità di una accettazione, ancorché
tacita, del legato; ha evidenziato poi che l'adozione
della interpretazione tradizionale dell'art. 551 c.c.
conduce a ritenere che tale norma non prevederebbe una
forma per l'atto positivo di scelta, che pure importa
effetti giuridici rilevanti, quali la perdita del
supplemento ed il mancato acquisto della qualità di
erede; inoltre ha segnalato possibili effetti
discriminatori laddove non si tenda ad una equiparazione
tra la figura del legatario in sostituzione di legittima
e quella dell'erede chiamato all'eredità, probabilmente
voluta dal legislatore nel configurare il legato
tacitativo; tali incongruenze sarebbero superate
aderendo all'assunto sostenuto da una parte della
dottrina che ritiene la rinuncia al legato come fatto
impeditivo che porterebbe all'omissio acquirendi" e
toglierebbe effetto alla delazione.
La
ricorrente ha in seguito depositato una ulteriore
memoria.
Motivi
della decisione
Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei
ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.
Venendo
quindi all'esame del ricorso principale, si ritiene di
esaminare prioritariamente per ragioni logico -
giuridiche il secondo motivo con il quale la F,
denunciando violazione e falsa applicazione degli artt.
551 e 649 c.c. nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione, assume che erroneamente la Corte
territoriale ha escluso la possibilità di un acquisto
"ope legis" dei legato in sostituzione di legittima e
conseguentemente ha negato la necessità di una sua
rinuncia, da eseguirsi in forma scritta in quanto
riguardante un legato di beni immobili.
La
ricorrente principale sostiene che tale assunto si pone
in contrasto con l'indirizzo consolidato di questa Corte
secondo cui anche il legato in sostituzione di legittima
si acquista automaticamente all'apertura della
successione; aggiunge inoltre che, poiché l'art. 551
primo comma c.c., impone una espressa rinuncia al legato
qualora il legittimario voglia ottenere la quota ad esso
spettante, interpretando anche il secondo comma della
menzionata norma come una disposizione che imponga una
espressione di volontà per il conseguimento del legato,
si giungerebbe alla conclusione che il legato in
sostituzione di legittima non produrrebbe alcun effetto
fino a che il legatario non esprimesse la sua volontà in
un senso o nell'altro; conclusione, quest'ultima,
inaccettabile sia in relazione all'art. 649 c.c. in
materia di legato, sia per l'impossibilità di
configurare nell'art. 551 secondo comma ex, una deroga
implicita alte regole generali sul legato, sia perché
per questa via si finirebbe per equiparare la figura del
legatario in sostituzione di legittima a quella
dell'erede chiamato all'eredità che deve decidere se
accettare o meno l'eredità medesima.
Con il
terzo motivo la F., deducendo violazione degli artt. 551
e 649 c.c. nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione, censura la sentenza impugnata per aver
affermato che, poiché non sarebbe configurabile
l'acquisto "ope legis" del legato, non sarebbe
necessaria alcuna rinuncia, ma semplicemente e
diversamente un mero rifiuto, anche tacito, che come
tale può essere espresso anche mediante l'azione di
riduzione.
La
ricorrente principale rileva che in tal modo, nel
tentativo di far prevalere una interpretazione fondata
sulla lettera della legge (valorizzando sino all'estremo
la locuzione "se preferisce conseguire" di cui all'art.
551 secondo comma c.c.), si finisce per stravolgere il
senso e la lettera del primo comma dello stesso
articolo, dove è previsto che il legittimario "può
rinunziare al legato"; inoltre il giudice di appello non
ha tenuto conto che il B, che non era erede legittimario
di G..F., non poteva aver ereditato dalla propria madre
la facoltà di rinunciare al legato dalla stessa
ricevuto.
Le
enunciate censure, da esaminare congiuntamente per
ragioni di connessione, attengono entrambe alla
statuizione della Corte territoriale che, come già
riferito, ha negato che l'esperibilità dell'azione di
riduzione da parte di G..B. fosse preclusa dalla mancata
rinuncia in forma scritta da parte di B.M. al legato
avente ad oggetto beni immobili, avendo affermato, sulla
scorta di autorevole indirizzo dottrinario, che la
cosiddetta rinuncia al legato non si risolve in un atto
dismissivo di diritti di cui il disponente è divenuto
titolare, ma configura solamente un atto impeditivo del
loro acquisto, come tale non soggetto a vincoli formali;
tale assunto sarebbe poi specificatamente avvalorato
riguardo at legato in sostituzione di legittima, posto
che l'art. 551 secondo comma ex. prevede espressamente
che il legittimario preferisca "conseguire il legato";
pertanto, trattandosi di un mero rifiuto, l'atto
suddetto non necessiterebbe di forme solenni, e dunque
potrebbe essere espresso anche mediante l'esercizio
dell'azione di riduzione.
Orbene
l'esame della questione ora enunciata, che ha
determinato l'emissione della menzionata ordinanza
interlocutoria della seconda sezione civile di questa
Corte, comporta da un lato una rassegna
dell'orientamento giurisprudenziale finora maturatosi al
riguardo, e dall'altro una disamina degli spunti critici
sollevati dalla dottrina in senso contrario che hanno
costituito la base del convincimento espresso in
proposito dalla sentenza impugnata.
Sotto
un primo profilo quindi deve richiamarsi l'indirizzo
giurisprudenziale costante di questa Corte secondo cui,
poiché il legato si acquista senza bisogno di
accettazione, la rinuncia al legato avente ad oggetto
beni immobili, risolvendosi in un atto di dismissione
della proprietà di beni già acquisiti al patrimonio del
rinunciante, ai sensi dell'art. 1350 n. 5 c.c. deve
essere espressa per iscritto a pena di nullità (vedi in
tal senso "ex multis" Cass. 8-4-1954 n. 1040; Cass.
5-6-1971 n. 1683; Cass. 26-1-1990 n. 459; Cass. 2-2-1995
n. 1261; Cass. 3-7-2000 n. 8878; Cass. 22-7-2004 n.
13785; Cass. 22-6-2010 n. 15124); queste conclusioni
vengono estese alla rinuncia al legato in sostituzione
di legittima sulla base del rilievo che anche in questa
ipotesi il legato si acquista di diritto all'apertura
della successione, e l'automaticità dell'acquisto non è
esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al
legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota
di legittima, tale possibilità dimostrando soltanto che
l'acquisto del legato a tacitazione della legittima è
sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla
rinuncia del beneficiario, condizione che però non
sottrae quest'ultima, qualora riguardi beni immobili,
alla forma scritta richiesta dalla esigenza fondamentale
della certezza dei trasferimenti immobiliari (così in
particolare in motivazione Cass. 2-2-1995 n. 1261).
In
senso contrario si è sviluppata una dottrina la cui
elaborazione, risalente a diversi decenni orsono, muove
dalla considerazione che la rinuncia ai legato non
avrebbe natura di vera rinuncia, ovvero di atto con cui
si dismette un diritto già acquistato, ma piuttosto di
atto ostativo o impeditivo dell'acquisto; la rinuncia
quindi impedirebbe il perfezionarsi della fattispecie
dell'acquisto, come sarebbe confermato dall'inciso
"salva la facoltà di rinunziare" contenuto nell'art. 649
primo comma c.c., che invero altrimenti non avrebbe
senso, atteso che ogni acquisto di un diritto privato e
perciò disponibile fa sorgere nell'acquirente una tale
facoltà; a conforto di tale assunto si sostiene che se
la rinuncia al legato fosse dismissiva di un diritto già
acquisito, essa dovrebbe comportare, per quanto riguarda
gli immobili, il trasferimento della loro proprietà allo
Stato (ai sensi dell'art. 827 c.c.), laddove invece è
indubitabile che tali beni tornano a far parte del
compendio ereditario come se il periodo intercorrente
tra l'apertura della successione e la rinuncia al legato
non fosse mai esistito.
L'adesione a tale impostazione determina quindi di per
sé la conseguenza che anche la rinuncia al legato in
sostituzione di legittima disciplinato dall'art. 551
c.c. avente ad oggetto beni immobili non è soggetta
necessariamente alla forma scritta.
I
fautori dell'orientamento in esame traggono comunque
ulteriori motivi a sostegno del loro assunto, come pure
evidenziato nell'ordinanza della seconda sezione di
questa Corte sopra menzionata, dall'esame del secondo
comma della disposizione da ultimo richiamata, secondo
la quale il legittimario in sostituzione di legittima
"Se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto
di chiedere un supplemento, nel caso che il valore del
legato sia inferiore a quello della legittima, e non
acquista la qualità di erede"; invero in tal caso
l'adesione al fegato determina la perdita non solo del
diritto alla rinuncia ma anche di quello alla quota di
legittima, cosicché non sarebbe possibile prescindere
dalla volontà del legittimario, e questa esigenza
spiegherebbe il diritto di scelta attribuito a
quest'ultimo dalla disposizione ora richiamata tra
l'accettazione del legato ed il conseguimento della
legittima onde bilanciare l'eccezionale potere
attribuito ai testatore di privarlo del suo diritto ad
una quota di eredità tacitandolo con il lascito di beni
determinati; quindi, pur volendo ritenere automatico
l'acquisto del legato ai sensi dell'art. 649 c.c., per
il legittimario cui sia stato lasciato un legato in
sostituzione di legittima la legge prevederebbe una
accettazione del legato, con Sa conseguenza che prima di
tale atto, non essendo ancora entrati i beni immobili
oggetto del lascito nel patrimonio del legittimario
stesso, non si porrebbe la necessità di una rinuncia a
tale legato nella forma scritta.
Orbene
nel procedere alla valutazione di tale autorevole
indirizzo dottrinario occorre anzitutto muovere
dall'interpretazione dell'art. 649 c.c., che disciplina
l'acquisto del legato, per verificarne gli effetti per
quanto riguarda la forma della rinuncia al legato avente
ad oggetto beni immobili, e poi accertare se l'art. 551
c.c., dettato per il legato in sostituzione di
legittima, autorizzi in ogni caso (e dunque anche a
prescindere dalle conclusioni che si trarranno
dall'analisi dell'art. 649 c.c.) una autonoma risposta
al quesito relativo alla forma della rinuncia a tale
legato, sempre ovviamente nel caso che il lascito abbia
ad oggetto beni immobili.
Sotto
un primo profilo deve ritenersi che l'art. 649 c.c. non
giustifichi una sua lettura diversa da quella
costantemente seguita da questa Corte ed anche da una
buona parte della dottrina, considerato che il primo
comma di tale norma, nel prevedere che "il legato si
acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà
di rinunziare", depone inequivocabilmente per
l'automaticità dell'acquisto, con la conseguenza che
l'esercizio della "facoltà" di rinuncia comporta la
dismissione di una attribuzione già acquisita al
patrimonio del legatario; non meno significativamente
poi il secondo comma della disposizione in esame
prescrive che "Quando oggetto del legato è la proprietà
di una cosa determinata o altro diritto appartenente al
testatore, la proprietà o il diritto si trasmette dal
testatore al legatario al momento della morte del
testatore", cosicché l'acquisto del legato avente ad
oggetto beni immobili avviene senza soluzione di
continuità fin dal momento dell'apertura della
successione.
È
opportuno aggiungere che tale prima conclusione,
legittimata dal chiaro ed inequivocabile tenore della
disposizione in esame, non comporta l'assoluta inutilità
dell'accettazione del legato, posto che il comportamento
del legatario può assumere rilevanza come manifestazione
della sua volontà di rendere definitivo ed
irretrattabile l'acquisto già verificatosi "ex lege", o
come manifestazione della opposta volontà di spogliarsi
del diritto e della qualità come innanzi acquistati,
evenienza quest'ultima che produce tra l'altro l'effetto
previsto dall'art. 467 secondo comma c.c. in materia di
rappresentazione nella successione testamentaria, nel
caso in cui l'istituito non possa o non voglia accettare
il legato; in mancanza di conferma dell'acquisto o di
rinuncia si determina pertanto una situazione di
incertezza (che quindi riguarda non già l'acquisto del
legato ma la stabilità del medesimo) che può essere
rimossa, da parte di chiunque vi abbia interesse,
attraverso l'azione prevista dall'art. 650 c.c.
chiedendo all'autorità giudiziaria la fissazione di un
termine entro il quale il legatario dichiari se intende
esercitare la facoltà di rinunziare.
Tale
regime dell'acquisto del legato, nel diversificarsi
dall'acquisto dell'eredità (che ai sensi degli artt. 470
e seguenti ex. deve essere accettata per produrre
effetto), è coerente con il principio della non
responsabilità per i debiti ereditari da parte del
legatario, il quale invero è tenuto all'adempimento del
legato e di ogni altro onere a lui imposto dal testatore
entro i limiti del valore della cosa legata (art. 671
c.c.).
Da
queste premesse discende quindi la conseguenza che per
la rinuncia ad un legato avente ad oggetto beni immobili
è necessaria la forma scritta ai sensi dell'art. 1350 n.
5 c.c.; tali conclusioni non sono infirmate dal sopra
enunciato rilievo in senso contrario secondo cui tale
assunto non spiegherebbe come mai il bene oggetto del
legato a seguito della rinuncia rientri nell'asse
ereditario; invero ciò deriva dal fatto che la rinuncia
determina la risoluzione dell'acquisto già avvenuto in
favore del legatario con effetto retroattivo al tempo
dell'apertura della successione, come è confermato sia
dalla retroattività della rinuncia all'eredità
espressamente prevista dall'art. 521 c.c., sia, come è
stato osservato in dottrina, dalla equivalenza, ai fini
dell'accrescimento tra collegatari, delle ipotesi in cui
il legatario non possa o non voglia acquistare il legato
(artt. 674 - 675 c.c.); pertanto la retroattività spiega
il ripristino della situazione antecedente, e tale
"fictio juris" opera come se l'acquisto del legato da
parte del legatario rinunciante non fosse mai avvenuto.
Occorre
a tal punto focalizzare l'attenzione sull'art. 551 c.c.
che disciplina il legato in sostituzione di legittima;
il primo comma di tale disposizione prevede che "Se a un
legittimario è lasciato un legato in sostituzione di
legittima, egli può rinunziare al legato e chiedere la
legittima"; orbene tale norma, prevedendo espressamente
la rinuncia al legato quale condizione del diritto di
conseguire la legittima, sul presupposto che il
testatore ha inteso soddisfare i diritti del
legittimario con una disposizione a titolo particolare
tacitativa di essi, stabilisce che la volontà del
legittimario di ottenere la sua quota di riserva è
condizionata alla dismissione del legato in esame, e
conferma la necessità della rinuncia ad esso, rinuncia
quindi da manifestare nella forma scritta qualora il
legato abbia ad oggetto beni immobili; come invero è
stato rilevato, la rinuncia al legato sostitutivo cui
l'art. 551 primo comma c.c. subordina la facoltà
dell'onorato di chiedere la legittima, non può desumersi
di per sé dalla sola dichiarazione di rifiutare le
disposizioni testamentarie in quanto lesive dei diritti
del legittimario, non potendosi negare a priori a
siffatta dichiarazione il significato proprio di una
riserva di chiedere soltanto l'integrazione della
legittima, ferma restando l'attribuzione del legato
(Cass. 14-4-1992 n. 4527; Cass. 11-11-2008 n. 26955).
Il
secondo comma dell'art. 551 c.c. prevede poi che se il
legittimario "preferisce di conseguire il legato, perde
il diritto di chiedere un supplemento, nel caso che il
valore del legato sia inferiore a quello della
legittima, e non acquista la qualità di erede. Questa
disposizione non si applica quando il testatore ha
espressamente attribuito al legittimario la facoltà di
chiedere il supplemento"; secondo i fautori della tesi
per la quale la rinuncia dei legittimario al legato
avente ad oggetto beni immobili non richiede
necessariamente la forma scritta, tale disposizione
contemplerebbe una opzione e quindi un atto di
accettazione del legato da parte del legittimario, come
evidenziato dall'uso del termine "preferisce",
sottolineando che tale scelta si impone per gli effetti
rilevanti che derivano dalla adesione al legato, ovvero
la privazione della quota di legittima.
Tale
convincimento non è condivisibile sulla base delle
seguenti considerazioni.
In
realtà la disposizione in esame stabilisce gli ulteriori
effetti derivanti dall'acquisizione del legato in
sostituzione di legittima (oltre la preclusione a
chiedere la legittima sancita dal primo comma dell'art.
551 c.c.), escludendo per il legittimario il diritto di
chiedere un supplemento nell'ipotesi in cui il valore
dell'oggetto del legato risulti inferiore a quello della
quota di legittima; si tratta quindi di una disposizione
che, disciplinando pur sempre le conseguenze discendenti
dall'attribuzione e quindi dal conseguimento di un
legato in sostituzione di legittima - conseguenze
ulteriori rispetto a quelle già previste dai primo comma
dello stesso articolo, laddove la rinuncia al legato,
come si è visto, è espressamente prevista come
condizione per chiedere la legittima - non può portare
coerentemente a conclusioni diverse con riferimento ad
una pretesa necessaria accettazione del legato in questo
secondo caso, tantomeno estensibili alta ipotesi del
legittimario che intenda chiedere la legittima
disciplinata dal comma precedente (che è poi quella
ricorrente nella fattispecie oggetto della presente
controversia); pertanto l'interpretazione più corretta
dell'espressione "se preferisce conseguire il legato,
perde il diritto di chiedere il supplemento" induce a
ritenere che la perdita del diritto di chiedere un
supplemento derivi non già da una manifestazione di
volontà di acquistare il legato (invero non necessaria
al fine del conseguimento dello stesso), ma dalla
mancata rinuncia, da effettuarsi nella forma scritta
qualora il legato abbia ad oggetto beni immobili; in
altri termini, quindi, l'interpretazione coordinata del
primo e del secondo comma dell'art. 551 c.c. consente di
affermare che la mancata rinuncia al legato in
sostituzione di legittima (da effettuarsi nella forma
scritta qualora abbia ad oggetto beni immobili) comporta
la preclusione del diritto di chiedere sia la legittima,
sia un suo supplemento nel caso che il valore del legato
sia inferiore ad essa (salvo in quest'ultimo caso che il
testatore abbia espressamente attribuito al legittimario
la facoltà di chiedere il supplemento); il convincimento
ora espresso pertanto trova conforto nell'inquadramento
sistematico della norma di cui all'art. 551 secondo
comma c.c. in un contesto caratterizzato non solo dal
principio generale di cui all'art. 649 c.c. in materia
di accettazione del legato e da quello dell'art. 1350 n.
5 c.c. in tema di forma scritta a pena di nullità per
gli atti di rinuncia a beni immobili ed ai diritti su
beni immobili, ma anche dalla disposizione dello stesso
primo comma dell'art. 551 c.c.
Tali
conclusioni sono avvalorate, come osservato anche in
dottrina, dalla soppressione nel progetto definitivo
dell'art. 244 del progetto preliminare, ove era
stabilito che l'accettazione e la rinuncia al legato
potevano effettuarsi espressamente e tacitamente, in
quanto si ritenne che in proposito valevano i principi
generali; invero la necessità della forma scritta per la
rinuncia al legato avente ad oggetto beni immobili
discende dal coordinamento delle disposizioni di
carattere generale di cui agli artt. 649 c.c. e 1350 n.
5 c.c. sopra richiamati.
Infine
deve rilevarsi che l'orientamento fin qui sostenuto non
comporta gli effetti discriminatori accennati
nell'ordinanza remittente tra chiamato all'eredità e
legittimario cui sia stato attribuito un legato in
sostituzione di legittima; non può invero disconoscersi
la evidente diversità sul piano del diritto sostanziale
della condizione giuridica di tali soggetti, considerato
che il secondo deve essere qualificato pur sempre un
legatario (almeno fino a quando non propende per il
conseguimento della quota di legittima, posto che il
legato sostitutivo è una disposizione a titolo
particolare sottoposta alla condizione risolutiva -
potestativa costituita dalla rinuncia), cosicché ben si
spiega la distinta disciplina dettata dal legislatore
per l'accettazione dell'eredità e per quella del legato,
come già esposto più sopra; in proposito, pur nella
consapevolezza dell'esistenza di un orientamento
dottrinario che tende ad assimilare la posizione del
legatario in sostituzione di legittima a quella del
chiamato all'eredità, ed a ritenere che il legato
sostitutivo si risolverebbe in una forma particolare di
attribuzione della legittima, è decisivo rilevare che in
realtà tale legato si colloca in un'ottica alternativa a
quella dell'attribuzione della quota di riserva, non
potendo dubitarsi che l'istituto in esame, rispondente
ad una esigenza di bilanciamento tra la tutela dei
diritti del legittimario ed il riconoscimento della
volontà del legislatore di escludere quest'ultimo dalla
partecipazione alla comunione ereditaria, resta pur
sempre caratterizzato da una attribuzione a titolo
particolare - di per sé svincolata da ogni riferimento
alla concreta dimensione della quota di riserva - che
esonera il legatario da responsabilità per i debiti
ereditari.
Sempre
nel senso di escludere una assimilazione della
condizione del legatario in sostituzione di legittima al
chiamato alla eredità, non è superfluo aggiungere che,
se non si dubita che il legittimario pretermesso
acquista la qualità di chiamato all'eredità solo dal
momento della sentenza che accoglie la sua domanda di
riduzione rimuovendo l'efficacia preclusiva delle
disposizioni testamentarie (vedi "ex multis” Cass.
9-12-1995 n. 12632; Cass. 3-12-1996 n. 10775; Cass.
15-6-2006 n. 13804), a maggior ragione tali conclusioni
sono avvalorate nell'ipotesi disciplinata dall'art. 551
c.c., laddove l'esclusione del legittimario dalla
delazione ereditaria è accompagnata da una disposizione
in suo favore a titolo particolare in sostituzione della
quota di legittima.
In
conclusione quindi, ritenuti fondati i motivi in esame,
deve essere enunciato il seguente principio di diritto:
il
legittimario in favore del quale il testatore abbia
disposto ai sensi dell'art. 551 c.c. un legato avente ad
oggetto beni immobili in sostituzione di legittima,
qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare
al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 n. 5
c.c..
Con il
primo motivo la F. , deducendo violazione e falsa
applicazione degli artt. 551 e 649 c.c., 112 e 345
c.p.c. (quest'ultimo nella formulazione antecedente alla
L n. 353/1990) nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione, censura la sentenza impugnata per aver
escluso la tempestività dell'eccezione con cui
l'esponente nell'atto di appello aveva rilevato che la
B. non aveva mai rinunciato al legato in sostituzione di
legittima disposto in suo favore nel testamento di F.G..
La
ricorrente principale assume in proposito la
rilevabilità d'ufficio della stessa, derivando la
necessità dell'istanza di parte solo dall'esistenza di
una eventuale specifica previsione normativa che non si
rinviene nel nostro ordinamento; pertanto, considerato
che al presente giudizio doveva applicarsi "ratione
temporis" la vecchia formulazione dell'art. 345 c.p.c.,
che consentiva la proposizione in appello delle
eccezioni rilevabili d'ufficio, l'eccezione predetta
sollevata dall'esponente con l'atto introduttivo del
gravame non poteva essere considerata tardiva.
La
censura è fondata.
La
Corte territoriale ha ritenuto tardiva l'eccezione
sollevata dalla F. per la prima volta nell'atto di
appello in ordine alla mancata rinuncia da parte della
B. al legato attribuitole dal "de cuius" nella forma
scritta; tale assunto non può essere condiviso,
considerato che, coerentemente con il principio di
diritto enunciato in occasione dell'esame del secondo e
del terzo motivo del ricorso principale, deve ritenersi
che la mancata rinuncia per iscritto ai sensi dell'art.
1350 n. 5 c.c., da parte dei legittimario che agisce per
chiedere la legittima, al legato in sostituzione di
legittima avente ad oggetto beni immobili, è rilevabile
d'ufficio senza necessità di eccezione della controparte
(Cass. 18-4-2000 n. 4971; Cass. 3-7-2000 n. 8878; Cass.
16-5-2007 n. 11288).
Per le
considerazioni finora espresse il ricorso principale
deve essere accolto.
Conseguentemente deve ritenersi assorbito il ricorso
incidentale basato su di un unico motivo con il quale il
B., deducendo violazione degli artt. 24 Cost. - 91 e 92
c.p.c. nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione, censura la sentenza impugnata per aver
compensato interamente le spese di entrambi i gradi di
giudizio in ragione della complessità delle questioni
affrontate.
In
definitiva quindi la sentenza impugnata deve essere
cassata all'esito dell'accoglimento del ricorso
principale, e la causa deve essere rinviata ad altra
sezione della Corte di Appello di Roma per un nuovo
esame della controversia in conformità del principio di
diritto sopra enunciato in occasione dell'esame del
secondo e del terzo motivo del ricorso principale nonché
per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La
Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso
principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale,
cassa la sentenza impugnata in relazione
all'accoglimento del ricorso principale e rinvia la
causa anche per la pronuncia sulle spese del presente
giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di
Roma.
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