Molto s’è discusso in ordine alla possibilità o meno di
usucapire servitù
atipiche di aria e di luce (c.d. luce
irregolare: cfr., amplius, "Distanze
e confini, tutela giurisdizionale e risarcimento", Cedam,
Padova 2009).
Si riscontrano, in giurisprudenza, pronuncie che
consentono
senz’altro tale possibilità:
“….la servitù di aria e luce può essere acquistata per
destinazione del padre di famiglia quando si realizza in
una larga apertura sprovvista di battenti o chiusure
mobili che, a differenza della finestra lucifera,
costituisca un'opera permanente ed inequivoca denotante
l'esistenza del peso a carico di un fondo e a vantaggio
dell'altro….”;
Cassazione civile , sez. II, 11 maggio 1983, n. 3258
Battiato c. Cappadonna Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 5
“Mentre la luce regolare costituisce espressione del
diritto di proprietà e può essere eliminata dal
proprietario del fondo contiguo soltanto con l'appoggio
o la costruzione in aderenza del proprio edificio, la
luce irregolare costituisce, invece,
manifestazione di un diritto di servitù, in quanto
rappresenta un peso per il fondo contiguo, il cui
proprietario può chiederne in ogni momento la
soppressione, a meno che il vicino non abbia acquistato
il relativo diritto in virtù di valido titolo”.
Cassazione civile , sez. II, 21 maggio 1979, n. 2933
Gambella c. Zara Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 5
Altre, più recenti, paiono, invece,
escluderla:
“Il diritto a mantenere una luce irregolare non è
suscettibile di acquisto per usucapione”;
Cassazione civile , sez. II, 05 luglio 1979, n. 3854
Lombardo c. Belcaro Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 7
“Non è consentita la costituzione per destinazione del
padre di famiglia del diritto di mantenere le finestre
lucifere in forma irregolare, dato che la presenza
visibile dell'irregolarità dell'apertura non vale ad
integrare gli estremi dell'apparenza per la relativa
servitù, il cui contenuto si concreta nell'obbligo del
vicino di sopportare che le finestre lucifere siano
mantenute nella loro forma irregolare e di non operarne
la soppressione mediante appoggio o costruzione in
aderenza”.
Cassazione civile , sez. II, 07 maggio 1980, n. 3019
Favazzi c. La Porta Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 5.
Altre ancora, pongono dei
distinguo,
poggianti
sull’apparenza o meno dei segni
esteriori manifestanti l’irregolarità della luce:
“Ove sia dedotta la costituzione di una servitù per
destinazione del padre di famiglia avente ad oggetto una
luce irregolare, al fine di accertare la sussistenza o
meno del requisito dell'apparenza, il giudice del merito
deve accertare se, al momento della separazione dei
fondi, avuto anche riguardo alla stabilità e finalità
dell'opera in relazione all'utilità derivante per il
preteso fondo dominante, la situazione di fatto, fosse
riferibile a mera tolleranza da parte del proprietario
del preteso fondo servente o se, invece, fosse tale da
dimostrare in modo non equivoco l'asservimento di un
fondo a favore dell'altro sì da rendere, nel contempo,
palese il peso imposto sul fondo e certo l'acquirente
dell'immobile oggetto della servitù della esistenza di
questa onde tenerne conto nella scelta dell'acquisto e
delle sue condizioni”.
Cassazione civile , sez. II, 07 dicembre 1981, n. 6478
Niccoli c. Ceccherini Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 12.
Si vedano, inoltre, le seguenti pronuncie, aventi per
oggetto e dissertanti, in particolare, la mera
servitù di aria e luce,
“….la servitù di aria e di luce (cosiddetta "servitus
luminum") non può essere acquistata per usucapione
quando il peso con essa imposto si esaurisca nel
tollerare l'immissione diretta di aria e luce nel
fabbricato in cui sono aperte le finestre lucifere
attraverso lo spazio sovrastante il suolo del fondo
vicino - senza comportare un "quid pluris", qualitativo
e quantitativo, concretante un diverso specifico "pati"
(come l'asservimento del muro comune all'utilità
esclusiva del vano dominante, oggetto di proprietà
"solitaria", o l'espandersi verso il fondo dominante di
aria e luce proprie del fondo servente) - poiché, in tal
caso, il mantenimento delle finestre lucifere, nel suo
riflesso espressivo di un "pati" per il fondo vicino, è
sempre ascrivibile, nell'indagine eziologica
dell'"animus", all'esercizio di facoltà
imprescrittibile, spettanti "iure proprietatis": facoltà
di aprire e mantenere luci per il proprietario del
fabbricato in cui esse si aprono e facoltà di non
chiudere, nei modi di legge, per il proprietario del
fondo vicino, soggetto al "pati"……….”,
Cassazione civile , sez. II, 07 dicembre 1981, n. 6481
Davì c. Isaia Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 12. Arch.
civ. 1982, 371.
l’apertura lucifera sul pianerottolo in
condominio,
“………in presenza di una apertura lucifera sul
pianerottolo di un edificio in condominio e
corrispondente, all'esterno, su una terrazza di
proprietà esclusiva di un condominio ed aventi le
caratteristiche di una luce irregolare, il giudice del
merito non può limitarsi ad affermare - in presenza
delle contestazioni delle parti - l'inesistenza di
servitù, ma deve accertare, sulla base della situazione
di fatto che ha dato luogo all'apertura della luce in
questione, e tenendo conto dei titoli di acquisto delle
rispettive unità immobiliari, nonché delle clausole
contrattuali contenute nel regolamento di condominio, se
le parti abbiano accettato, per quanto attiene la
predetta luce, i diritti e obblighi in conformità di
quanto originariamente predisposto e, quindi, se le
parti medesime, nella loro autonomia negoziale, abbiano
inteso dar vita ad una servitù anomala, in cui
l'assoggettamento del fondo servente si traduce in un
vincolo reale negativo "ne luminibus officiatur", dal
momento che in tal caso il diritto a mantenere finestre
lucifere, regolari o irregolari, può anche essere
acquistato per destinazione del padre di famiglia.”,
Cassazione civile , sez. II, 07 dicembre 1981, n. 6478
Niccoli c. Ceccherini Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 12.
la servita
atipica,
“………la servitù atipica di aria e di luce (la cui
costituzione esige, in difetto del requisito
dell'apparenza, un'espressa convenzione negoziale) può
acquistarsi anche per usucapione (o per destinazione del
padre di famiglia) e dà luogo ad un peso che non si
esaurisce in quello normale di ogni finestra lucifera,
ma si concreta in un quid pluris qualitativo e
quantitativo, cioè in un diverso e specifico pati.
(Nella specie, il giudice di secondo grado aveva
ritenuto che la struttura - in ferro nella parte
inferiore in vetro opaco in quella superiore - collocata
sulla terrazza a livello dall'originario unico
proprietario, per dividere i due contigui appartamenti,
concretasse una servitù di aria e di luce costituita per
destinazione del padre di famiglia. La S.C. ha cassato
la decisione, per la mancata individuazione degli
elementi idonei, per la loro atipicità, a far ritenere
che tale struttura svolgesse, oltre che la naturale
funzione divisoria, anche quella di dare aria e luce,
ancorché collocata sulla terrazza, sulla quale avevano
sbocco entrambi gli appartamenti)…….”,
Cassazione civile , sez. II, 11 maggio 1983, n. 3258
Battiato c. Cappadonna Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 5
nonchè la mera
tolleranza del vicino:
“…….l'apertura che non rivesta i caratteri della veduta
o del prospetto deve essere considerata come luce ed è
quindi soggetta al regime relativo anche se non siano
state osservate le prescrizioni stabilite dalla legge
per le finestre lucifere, nel qual caso il vicino ha il
diritto di esigere in qualsiasi momento che essa sia
resa conforme alle prescrizioni stabilite dall'art. 901
c.c., con la conseguenza che il possesso di luci
irregolari in quanto sprovvisto di titolo e fondato
sulla mera tolleranza del vicino per la sua equivocità -
stante la mancanza di segni visibili idonei a rilevare
obiettivamente e in modo non equivoco la destinazione
dell'opera all'esercizio della servitù - non può
condurre all'acquisto per usucapione del diritto di
mantenere aperture lucifere irregolari…….”.
Cassazione civile , sez. II, 09 luglio 1982, n. 4084
Ciancio c. Lenzi Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 7
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