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USUCAPIRE LA SERVITU' ATIPICA DI ARIA E LUCE?" - MAZZON Riccardo

 

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Molto s’è discusso in ordine alla possibilità o meno di usucapire servitù atipiche di aria e di luce (c.d. luce irregolare: cfr., amplius, "Distanze e confini, tutela giurisdizionale e risarcimento", Cedam, Padova 2009).
Si riscontrano, in giurisprudenza, pronuncie che consentono senz’altro tale possibilità:
“….la servitù di aria e luce può essere acquistata per destinazione del padre di famiglia quando si realizza in una larga apertura sprovvista di battenti o chiusure mobili che, a differenza della finestra lucifera, costituisca un'opera permanente ed inequivoca denotante l'esistenza del peso a carico di un fondo e a vantaggio dell'altro….”;
Cassazione civile , sez. II, 11 maggio 1983, n. 3258 Battiato c. Cappadonna Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 5
“Mentre la luce regolare costituisce espressione del diritto di proprietà e può essere eliminata dal proprietario del fondo contiguo soltanto con l'appoggio o la costruzione in aderenza del proprio edificio, la luce irregolare costituisce, invece, manifestazione di un diritto di servitù, in quanto rappresenta un peso per il fondo contiguo, il cui proprietario può chiederne in ogni momento la soppressione, a meno che il vicino non abbia acquistato il relativo diritto in virtù di valido titolo”.
Cassazione civile , sez. II, 21 maggio 1979, n. 2933 Gambella c. Zara Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 5
Altre, più recenti, paiono, invece, escluderla:
“Il diritto a mantenere una luce irregolare non è suscettibile di acquisto per usucapione”;
Cassazione civile , sez. II, 05 luglio 1979, n. 3854 Lombardo c. Belcaro Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 7
“Non è consentita la costituzione per destinazione del padre di famiglia del diritto di mantenere le finestre lucifere in forma irregolare, dato che la presenza visibile dell'irregolarità dell'apertura non vale ad integrare gli estremi dell'apparenza per la relativa servitù, il cui contenuto si concreta nell'obbligo del vicino di sopportare che le finestre lucifere siano mantenute nella loro forma irregolare e di non operarne la soppressione mediante appoggio o costruzione in aderenza”.
Cassazione civile , sez. II, 07 maggio 1980, n. 3019 Favazzi c. La Porta Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 5.
Altre ancora, pongono dei distinguo, poggianti sull’apparenza o meno dei segni esteriori manifestanti l’irregolarità della luce:
“Ove sia dedotta la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia avente ad oggetto una luce irregolare, al fine di accertare la sussistenza o meno del requisito dell'apparenza, il giudice del merito deve accertare se, al momento della separazione dei fondi, avuto anche riguardo alla stabilità e finalità dell'opera in relazione all'utilità derivante per il preteso fondo dominante, la situazione di fatto, fosse riferibile a mera tolleranza da parte del proprietario del preteso fondo servente o se, invece, fosse tale da dimostrare in modo non equivoco l'asservimento di un fondo a favore dell'altro sì da rendere, nel contempo, palese il peso imposto sul fondo e certo l'acquirente dell'immobile oggetto della servitù della esistenza di questa onde tenerne conto nella scelta dell'acquisto e delle sue condizioni”.
Cassazione civile , sez. II, 07 dicembre 1981, n. 6478 Niccoli c. Ceccherini Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 12.
Si vedano, inoltre, le seguenti pronuncie, aventi per oggetto e dissertanti, in particolare, la mera servitù di aria e luce,
“….la servitù di aria e di luce (cosiddetta "servitus luminum") non può essere acquistata per usucapione quando il peso con essa imposto si esaurisca nel tollerare l'immissione diretta di aria e luce nel fabbricato in cui sono aperte le finestre lucifere attraverso lo spazio sovrastante il suolo del fondo vicino - senza comportare un "quid pluris", qualitativo e quantitativo, concretante un diverso specifico "pati" (come l'asservimento del muro comune all'utilità esclusiva del vano dominante, oggetto di proprietà "solitaria", o l'espandersi verso il fondo dominante di aria e luce proprie del fondo servente) - poiché, in tal caso, il mantenimento delle finestre lucifere, nel suo riflesso espressivo di un "pati" per il fondo vicino, è sempre ascrivibile, nell'indagine eziologica dell'"animus", all'esercizio di facoltà imprescrittibile, spettanti "iure proprietatis": facoltà di aprire e mantenere luci per il proprietario del fabbricato in cui esse si aprono e facoltà di non chiudere, nei modi di legge, per il proprietario del fondo vicino, soggetto al "pati"……….”,
Cassazione civile , sez. II, 07 dicembre 1981, n. 6481 Davì c. Isaia Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 12. Arch. civ. 1982, 371.
l’apertura lucifera sul pianerottolo in condominio,
“………in presenza di una apertura lucifera sul pianerottolo di un edificio in condominio e corrispondente, all'esterno, su una terrazza di proprietà esclusiva di un condominio ed aventi le caratteristiche di una luce irregolare, il giudice del merito non può limitarsi ad affermare - in presenza delle contestazioni delle parti - l'inesistenza di servitù, ma deve accertare, sulla base della situazione di fatto che ha dato luogo all'apertura della luce in questione, e tenendo conto dei titoli di acquisto delle rispettive unità immobiliari, nonché delle clausole contrattuali contenute nel regolamento di condominio, se le parti abbiano accettato, per quanto attiene la predetta luce, i diritti e obblighi in conformità di quanto originariamente predisposto e, quindi, se le parti medesime, nella loro autonomia negoziale, abbiano inteso dar vita ad una servitù anomala, in cui l'assoggettamento del fondo servente si traduce in un vincolo reale negativo "ne luminibus officiatur", dal momento che in tal caso il diritto a mantenere finestre lucifere, regolari o irregolari, può anche essere acquistato per destinazione del padre di famiglia.”,
Cassazione civile , sez. II, 07 dicembre 1981, n. 6478 Niccoli c. Ceccherini Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 12.
la servita atipica,
“………la servitù atipica di aria e di luce (la cui costituzione esige, in difetto del requisito dell'apparenza, un'espressa convenzione negoziale) può acquistarsi anche per usucapione (o per destinazione del padre di famiglia) e dà luogo ad un peso che non si esaurisce in quello normale di ogni finestra lucifera, ma si concreta in un quid pluris qualitativo e quantitativo, cioè in un diverso e specifico pati. (Nella specie, il giudice di secondo grado aveva ritenuto che la struttura - in ferro nella parte inferiore in vetro opaco in quella superiore - collocata sulla terrazza a livello dall'originario unico proprietario, per dividere i due contigui appartamenti, concretasse una servitù di aria e di luce costituita per destinazione del padre di famiglia. La S.C. ha cassato la decisione, per la mancata individuazione degli elementi idonei, per la loro atipicità, a far ritenere che tale struttura svolgesse, oltre che la naturale funzione divisoria, anche quella di dare aria e luce, ancorché collocata sulla terrazza, sulla quale avevano sbocco entrambi gli appartamenti)…….”,
Cassazione civile , sez. II, 11 maggio 1983, n. 3258 Battiato c. Cappadonna Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 5
nonchè la mera tolleranza del vicino:
“…….l'apertura che non rivesta i caratteri della veduta o del prospetto deve essere considerata come luce ed è quindi soggetta al regime relativo anche se non siano state osservate le prescrizioni stabilite dalla legge per le finestre lucifere, nel qual caso il vicino ha il diritto di esigere in qualsiasi momento che essa sia resa conforme alle prescrizioni stabilite dall'art. 901 c.c., con la conseguenza che il possesso di luci irregolari in quanto sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino per la sua equivocità - stante la mancanza di segni visibili idonei a rilevare obiettivamente e in modo non equivoco la destinazione dell'opera all'esercizio della servitù - non può condurre all'acquisto per usucapione del diritto di mantenere aperture lucifere irregolari…….”.
Cassazione civile , sez. II, 09 luglio 1982, n. 4084 Ciancio c. Lenzi Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 7

 

 

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