Può essere
sequestrato un decreto ingiuntivo asseritamente emesso
sulla base di
documenti configuranti prodotto o strumento di reato?
Secondo la Suprema Corte,
“.....non può
disporsi il sequestro preventivo di un
decreto ingiuntivo (cfr., amplius,
"Il procedimento di
ingiunzione", Cedam, Padova 2010), al fine di
impedire le ulteriori conseguenze del reato, sul
presupposto che l'ingiunzione sia fondata su scritture
rilasciate dalla persona offesa a fronte di un prestito
usuraio. Ciò sia perché non è configurabile alcun
rapporto pertinenziale fra il reato ed il provvedimento
del giudice, sia in quanto l'applicazione della misura
cautelare stravolgerebbe il sistema di impugnazioni e
garanzie previste dal codice di procedura civile a
salvaguardia dei diritti delle parti.....”.
Cassazione penale, sez. II, 19 maggio 1995, n. 2726
Netti Giust. pen. 1996, III, 229 (s.m.)
La pronuncia, sulla base delle seguenti
premesse,
"..attesoché il Tribunale di Macerata, sulla richiesta
di riesame del difensore di <N. M.>, indagato per il
delitto di usura, di un provvedimento di sequestro
preventivo del GIP presso il Tribunale di Camerino
avente ad oggetto un decreto ingiuntivo, revocava il
sequestro in quanto un provvedimento giudiziale non può
mai costituire cosa pertinente a reato; che propone
ricorso il P.M. per violazione di legge deducendo che
nella specie trattasi di cose pertinenti al reato in
quanto titolo esecutivo fondato sulle cambiali e sulle
scritture rilasciate dalla parte offesa a fronte del
prestito usuraio cosicché, escludendone la possibilità
di sequestro, si autorizzerebbe il lavaggio dei titoli
costituenti provento di usura attraverso la procedura
monitoria, con l'inattaccabilità delle azioni esecutive
degli usurai; che il sequestro mira a verificare se una
qualsiasi cosa, anche valida ed efficace, possa
considerarsi pertinente al reato e se la sua
disponibilità possa aggravarne le conseguenze.....”;
Cassazione penale, sez. II, 19 maggio 1995, n. 2726
Netti Giust. pen. 1996, III, 229 (s.m.)
precisa come
“...il giudice del riesame correttamente
escluda la possibilità
che un decreto ingiuntivo possa costituire oggetto di
sequestro in sede penale perché tale procedura
sconvolgerebbe il sistema dei rimedi giudiziari in
quanto detto decreto non è qualificabile come cosa
pertinente al reato non potendo essere surrettiziamente
inquadrato in quella categoria che, seppure di ampia
portata, non può mai comprendere uno strumento la cui
legittimità, per la qualifica che lo contraddistingue,
deve essere presunta fino a prova contraria in sede
propria......”;
Cassazione penale, sez. II, 19 maggio 1995, n. 2726
Netti Giust. pen. 1996, III, 229 (s.m.)
ricordando altresì che
“...la
disciplina dei sequestri parte dalla
distinzione tra corpo di reato e cose pertinenti al
reato per consentire una definizione comprensiva del
concetto di corpo al fine di includervi anche le cose il
cui uso, porto e detenzione, costituiscono reato. Per le
cose pertinenti al reato la norma si affida alla
interpretazione giurisprudenziale, secondo cui per esse
si intende non solo il prezzo od il prodotto del reato,
ma anche tutto ciò che serve, sia pure indirettamente,
ad accertarne le conseguenze, le circostanze del delitto
e quanto appaia utile per le relative indagini, cosicché
il sequestro può essere realizzato solo se riferibile a
cose idonee a rivestire le caratteristiche di mezzi di
prova del processo ed individuate nella loro utilità per
l'ausilio al giudice investito dell'accertamento della
verità. Ne consegue che è cosa pertinente al reato
quella sulla quale o a mezzo della quale il reato è
stato commesso, o che ne costituisca il prodotto, il
profitto ed il prezzo e in proposito il giudice è tenuto
a valutare il pericolo di aggravamento o di protrazione
delle conseguenze del delitto secondo una pluralità di
elementi tra i quali sono da annoverare la natura della
cosa, la sua connessione strumentale con il reato, la
destinazione alla commissione dell'illecito e il mezzo
indispensabile per l'attuazione o la protrazione della
condotta criminosa.......;
Cassazione penale, sez. II, 19 maggio 1995, n. 2726
Netti Giust. pen. 1996, III, 229 (s.m.)
per concludere
nel modo che segue:
“....ne discende che, a parte la impossibilità di
operare un sequestro penale nei confronti di un
provvedimento giudiziario in genere proprio per la
qualificazione che non lo consente, la esclusione di un
vincolo coercitivo su di un decreto ingiuntivo deriva
specificamente dal fatto che non vi è rapporto di
conseguenzialità tra reato e oggetto del sequestro
perché manca il collegamento pertinenziale. Il P.M.
ricorrente, delineata la distinzione sancita dall'art.
253 c.p.p., conclude per l'applicabilità del sequestro
preventivo su di un decreto ingiuntivo al fine di
impedire che la libera disponibilità di una cosa
pertinente al reato possa protrarne o aggravarne le
conseguenze e reputa ammissibile il sequestro di tale
bene includendolo tra le cose pertinenti al reato con
l'intento di verificarne la validità e l'efficacia
sufficiente ad aggravare le conseguenze del reato di
usura. In questo modo, però, colpisce il rimedio
giudiziario che dovrebbe consentire di riciclare titoli
di credito e non già i titoli stessi, unici, per effetto
del rapporto pertinenziale, ad essere passibili di
sequestro, dal momento che il decreto ingiuntivo va
escluso, come già premesso, dal novero delle cose
pertinenti al reato.
L'istituto del
sequestro è di rigorosa interpretazione
e non è praticabile su di un atto giudiziario civile
soprattutto in presenza di una controversia in corso per
la quale la legge garantisce la salvaguardia dei diritti
delle parti. Il decreto ingiuntivo è stato proposto
dalla parte creditrice (l'attuale indagato), ma la
debitore (la parte lesa) sono assicurati gli strumenti
giudiziari che ne tutelano i diritti, di tal che un
provvedimento coercitivo su tale bene non può mai
praticarsi quale mezzo utile per prevenire o individuare
una asserita condotta delittuosa. Il diritto processuale
civile prevede, su domanda del creditore di una somma
liquida o di una cosa fungibile o di chi ha diritto alla
consegna di una cosa mobile determinata, la garanzia, da
parte del giudice competente, di ingiunzione di
pagamento o di consegna, avverso le quali è proponibile
opposizione che si aziona con le forme di un atto di
citazione da cui scaturisce un giudizio secondo le norme
del procedimento ordinario davanti al giudice adito. Le
doglianze del P.M. richiedente sono suggestive, ma non
ammissibili perché consentirebbero
l'emissione
indiscriminata di provvedimenti
coercitivi nei confronti di atti giudiziari della stessa
specie ogni qual volta il destinatario del decreto
ingiuntivo, per sottrarsi all'attività esecutiva del
creditore, adombrasse il sospetto di un retroscena di
natura usuraia alla base del procedimento
monitorio.....”.
Cassazione penale, sez. II, 19 maggio 1995, n. 2726
Netti Giust. pen. 1996, III, 229 (s.m.)
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