Le notificazioni
effettuate al difensore di ufficio sono di per sé
inidonee a dimostrare che l’imputato irreperibile ebbe
l’effettiva conoscenza del processo quando non c’è alcun
elemento dal quale poter desumere che lo stesso
difensore sia riuscito a rintracciare l’imputato e ad
instaurare con il medesimo un effettivo rapporto
professionale.
Per tale motivo la Corte
di Cassazione ha restituito nel termine per la
proposizione dell’impugnazione il soggetto giudicato in
contumacia e difeso d’ufficio ritenendo che lo stesso
non abbia avuto effettiva conoscenza del processo a suo
carico né abbia rinunciato volontariamente a comparire.
“… la nuova disciplina
introdotta dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, di
conversione del D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, che ha
modificato, tra l’altro, l’art. 175 c.p.p. riconosce al
contumace il diritto alla restituzione nel termine per
impugnare, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva
conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia
volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre
impugnazione o opposizione (art. 175 c.p.p., comma 2).
La suddetta norma è preordinata a porre riparo alla
mancata effettiva conoscenza del provvedimento da parte
dell’imputato, qualora essa non sia il risultato di un
comportamento doloso e volontario, la cui eventuale
sussistenza deve essere congruamente motivata dal
giudice (Cass. Sez. 2^, 21 febbraio 2006, n. 9105, Doum,
rv. 233514).
Nel caso in cui,
attraverso gli accertamenti compiuti, il giudice
verifichi l’esistenza di entrambi i presupposti indicati
dal secondo comma del novellato art. 175 c.p.p.
(effettiva conoscenza e rinuncia) deve respingere la
domanda, mentre, in caso contrario – ossia quando faccia
difetto anche uno solo dei presupposti suindicati, come
si desume dall’uso della congiuntiva e – deve restituire
il richiedente nel termine per proporre impugnazione
(Cass. Sez. 1^, 11 aprile 2006, n. 15543, Z. A. alias J.
K., rv. 233879).
L’art. 175/2 c.p.p.,
quindi, richiede i seguenti requisiti:
1. pronuncia di una
sentenza contumaciale (o decreto di condanna);
2. il condannato: a) non deve avere avuto conoscenza del
procedimento o del provvedimento; b) non deve avere
volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre
impugnazione od opposizione.
La prova dei suddetti
requisiti non è più a carico dell’imputato (come nel
previgente testo), in quanto, ora, è l’autorità
giudiziaria che è tenuta a compiere “ogni necessaria
verifica”. La nuova disciplina ha, quindi, introdotto
una vera e propria inversione dell’onere probatorio, nel
senso che non spetta più all’imputato dimostrare di
avere ignorato l’esistenza del procedimento o del
provvedimento senza sua colpa, ma è l’autorità
giudiziaria che deve provare, sulla base degli atti di
causa, che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza
del procedimento o del provvedimento e che abbia
volontariamente rinunciato a comparire (Cass., Sez. 1^,
21 febbraio 2006, n. 10297, H., rv. 233515; Cass. Sez.
1^, 2 febbraio 2006, n. 7403, Russo, rv. 233137; Cass.,
Sez. 5^, 18 gennaio 2006, n. 6381, P., cit.). Il
novellato art. 175 c.p.p., non ha, però, inficiato la
presunzione di conoscenza derivante dalla rituale
notificazione dell’atto, limitandosi, infatti, ad
escluderne la valenza assoluta e imponendo al giudice di
verificare l’effettività della conoscenza dell’atto
stesso e la consapevole rinuncia a comparire/impugnare
(Cass., 14262/2006 rv. 233614 – Cass. 9104/2006, rv.
233611).
la sentenza deve essere
passata in giudicato e le notifiche devono essere state
regolarmente eseguite: infatti, presupposto per
l’accoglimento dell’istanza è proprio la regolarità
delle notifiche, perché, in caso contrario, il rimedio
che la legge appronta per l’imputato è o l’impugnazione
tardiva ovvero l’impugnazione del titolo esecutivo
avanti il giudice dell’esecuzione (in terminis Cass.
36517/2009 riv 245082 – Cass. 19646/2007 riv 236660).
In ordine al concetto di
“effettiva conoscenza” del procedimento o del
provvedimento, costituisce consolidato principio di
questa Corte, al quale va data continuità, quello
secondo il quale, la suddetta locuzione deve essere
intesa quale sicura consapevolezza della pendenza del
processo e precisa cognizione degli estremi del
provvedimento (autorità, data, oggetto), collegata alla
comunicazione di un atto formale, che consenta di
individuare senza equivoci il momento in cui detta
conoscenza si sia verificata (Cass., Sez. 1^, 11 aprile
2006, ric. Z. A., alias J. K., cit; Cass., Sez. 1^, 9
maggio 2006, n. 20036, rie. El Aidoudi, rv. 233864;
Cass., Sez. 1^, 9 febbraio 2006, n. 14272, rie. Coppola;
Cass., Sez. 2^, 14 febbraio 2006 rie. A. ed altri, n.
15903).
Nella prospettiva
dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti
dell’uomo, la “conoscenza effettiva” del procedimento
presuppone un atto formale di contestazione idoneo ad
informare l’accusato, nel più breve tempo possibile, in
una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato,
della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo
carico, al fine di consentirgli di difendersi nel
“merito” (Cass., Sez. 1^, 21 febbraio 2006, Dioum B.,
rv. 233514). Secondo la costante giurisprudenza della
Corte Europea, “avvisare qualcuno delle azioni penali
rivoltegli costituisce un atto giuridico di tale
importanza da dover corrispondere a condizioni di forma
e di sostanza idonee a garantire l’esercizio effettivo
dei diritti dell’accusato”, non essendo sufficiente “una
conoscenza vaga e non ufficiale” (sent. Corte eur. Dir.
uomo, 12 ottobre 1992, T. e. Italia; sent. Corte eur.
dir. uomo 18 maggio 2004, S.; sent. Corte eur. dir. uomo
9 giugno 2005, R.R. c. Italia).
In ordine al requisito
della volontaria rinuncia a comparire, questa Corte, con
giurisprudenza costante, ha statuito che la rinuncia può
consistere in un comportamento concludente, purché
inequivoco e rigorosamente accertato dal giudice con
ogni necessaria diligenza (sent. Corte eur. dir. uomo 18
maggio 2004, Somogyi c. Italia; sent. Corte eur. dir.
uomo, 16 ottobre 2002, E. c. Francia; Cass., Sez. 1^, 9
marzo 2006, n. 14272, Coppola, rv. 233516; Cass., Sez.
3^, 1 febbraio 2006, n. 13215, Morgillo ed altri, rv.
233640; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2006, n. 6381,
Picuti, rv. 234003; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2005, n.
19363, Braidic, rv. 231698), come del resto desumibile
anche dalla circostanza che l’accertamento dei
presupposti per la restituzione nel termine non è più
effettuata sulla base di ciò che “risulta dagli atti”
(secondo l’originaria previsione contenuta nel D.L. 21
febbraio 2005, n. 17), ma è affidato al giudice che, a
tal fine, compie ogni “necessaria verifica”. La
giurisprudenza di legittimità, quindi, rifuggendo da
astratte generalizzazioni e valorizzando, piuttosto, un
“metodo casistico”, ha individuato, quali elementi
concorrenti, univocamente indicativi della conoscenza
effettiva del procedimento e/o del provvedimento e della
volontà di non comparire personalmente nel giudizio la
nomina di un difensore di fiducia, l’elezione di
domicilio presso lo stesso, l’effettività della difesa
fiduciaria nel corso del processo, la notifica degli
atti nel domicilio eletto (ex plurimis Cass. 29482/2006
rv. 235237 – Cass.25618/2006 rv. 234369 – Cass.
19907/2006 rv. 233868 – Cass.33935/2006 rv. 235252 –
Cass. 16704/2008 riv 240118 – Cass. 3746/2009 riv 242535
– Cass. 66/2009 riv 245343). Ritenere che la rinuncia
possa essere espressa mediante comportamenti concludenti
non significa, però, ammettere presunzioni fondate su
una conoscenza indiretta dell’apertura di un
procedimento per poi inferire da esse una “volontaria”
assenza dal processo: la rinuncia tacita deve consistere
in un comportamento incompatibile con l’esercizio del
diritto di partecipare al proprio processo preceduta,
almeno, da una comunicazione all’imputato, che, secondo
la Corte Europea, può essere fornita anche al difensore,
qualora l’imputato abbia eletto domicilio presso
quest’ultimo. In tale prospettiva, l’avviso deve
contenere le imputazioni contestate, la data del
processo e l’indicazione delle conseguenze cui il
soggetto va incontro in caso di mancata presentazione
all’udienza fissata, così da metterlo in condizione di
scegliere “consapevolmente” come esercitare il proprio
diritto di difesa (Cass. 29977/2006, rv. 235238 –
Cass.25041/2005, rv. 231887)”.
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