(Pres.
Salmè – Rel. Macioce)
Rileva in
fatto
Il
Collegio che il relatore designato nella relazione
depositata l’11.11.2010 ha formulato considerazioni e
proposte nel senso "CHE B.N.T. , cittadina
filippina munita di permesso di soggiorno italiano, in
data 1.4.2008 presentò allo sportello unico di XXXXXX
istanza di ricongiungimento dei propri genitori
residenti nelle Filippine - pur avendo il Questore
espresso il proprio nulla osta al ricongiungimento,
l'Ambasciata Italiana di Manila in data 6.6.2009 negò il
visto di ingresso sull'assunto della sopravvenienza
ostativa del nuovo testo dell'art. 29 letT. D) del
d.legs. 286/98 quale introdotto dall'art. 1 lett. D del
d.lgs. 260 del 2008 - la B. impugnò innanzi al
Tribunale il diniego ma quel giudice con decreto
2.1.2010 lo respinse - la B. propose reclamo ma la
Corte di Appello di Ancona con decreto 13.3.2010 lo
rigettò osservando che nel procedimento a formazione
complessa diretto all'accertamento del diritto al
ricongiungimento si era inserita la tempestiva
sopravvenienza del nuovo disposto del d.lgs. 260/08 che
condizionava il diritto de quo al requisito della
vivenza a carico dei genitori privi di altri figli o
della impossibilità di detti altri figli, per gravi
ragioni di salute, di provvedere al mantenimento dei
genitori ultrasessantacinquenni; CHE avverso detto
decreto, notificato il 18.3.2010, la B. ha proposto
ricorso con quattro motivi notificato il 3.5.2010
all'Amministrazione degli Esteri, che non ha opposto
difese; CHE ad un ricorso per cassazione avverso h
provvedimento pubblicato, come nella specie, il
13.3.2010, devono essere applicate le disposizioni di
cui all'art. 360 bis c.p.c. introdotto dall'art. 47
della legge n. 69 del 2009;
CHE nei
quattro motivi del ricorso viene contestata con il primo
motivo la falsa applicazione dell'art. 6 del dPR 394/99
in luogo del nuovo testo della norma portata dal dPR
334/04, avendo la Corte di merito continuato ad
attribuire alla rappresentanza diplomatica italiana un
potere valutativo - accertativo e non solo
autenticatorio, in luogo di quello nella specie
espletato positivamente dallo Sportello Unico con il
rilascio nel nulla osta;con il secondo motivo l'indebita
applicazione dell'art. 29 c. 7 del T.U. quale novellato
dal d.lgs. 5 del 2007, essendo tale decreto viziato da
insanato eccesso di delega; con il terzo motivo
l'anomalo accollo alla richiedente dell'onere di provare
i requisiti di vivenza a carico o di incapacità degli
altri fratelli nelle Filippine, laddove era onere
dell'Ufficio indagare ed accertare sul requisito
(indagine positivamente compiuta dallo Sportello Unico);
con il quarto motivo, la incostituzionalità della norma
come interpretata dalla Corte di merito con riguardo ad
una pretesa legittimazione esclusiva del familiare
ricongiungendo ad impugnare il diniego di visto di
ingresso. Premesso che non ha rilievo quanto osservato
nel riferito quarto motivo, avendo la Corte di merito
formulato le considerazioni censurate in questa sede
solo ad abundantiam, in un inciso articolato a pag. 5
(Va inoltre rilevato che...), ed avendo di contro
assunto a ratio decidendi la diversa questione della
(non contestazione della) insussistenza del nuovo
requisito, sopravvenuto nella procedura di
ricongiungimento, pare indiscutibile Infondatezza
dell'argomentazione adottata dal giudice del merito. Ed
infatti:
1. è
principio consolidato nella giurisprudenza in subjecta
materia di questa Corte quello per il quale il
procedimento di riconoscimento del diritto al
ricongiungimento familiare è procedimento complesso, a
formazione progressiva, nel quale le valutazioni
accertative della Questura o dello Sportello Unico
vengono seguite dagli accertamenti della Rappresentanza
diplomatica (le prime sfocianti nel nulla osta e i
secondi nel visto di ingresso, o nel suo diniego,
impugnabile come atto terminativo innanzi al G.O. ed ex
art. 30 c. 6 del T.U. (Cass. n. 209 del 2005 - n. 15247
del 2006 - n. 12661 del 2007);
2. è
indiscutibile che gli atti dell'Amministrazione in
materia siano privi di alcun profilo di discrezionalità
ma attengano alla verifica della
sussistenza/insussistenza dei requisiti delineati dalla
legge per l'insorgenza del diritto al ricongiungimento,
solo in tal quadro giustificandosi la disposizione
dell'art. 30 c. 6 T.U. che radica in capo al G.O. la
giurisdizione e sol per effetto di tal quadro dovendosi
predicare che la domanda dell'interessato che contesti
il diniego del visto di ingresso del suo familiare non
ha alcun carattere impugnatorio dell'atto di diniego ed
in ragione dei suoi vizi;
3. è
altrettanto indiscutibile che, alla luce della
articolazione proce-dimentale per giungere
all'accertamento del diritto al ricongiungimento e
considerando che il diritto viene accertato essere
insorto solo all'esito del procedimento, la
sopravvenienza normativa sui requisiti di insorgenza sia
di immediata applicazione ove essa intervenga nel corso
della procedura;
4. la
disciplina dei requisiti di ricongiungimento a beneficio
dei genitori dell'extracomunitario regolarmente
soggiornante ha avuto un singolare avvicendarsi nel
tempo: la disposizione di cui all'art. 29 c. 1 lett. C
(genitori a carico) del T.U. approvato con d.lgs. 286/98
è stata sostituita dall'art. 23 della legge 189 del 2002
con una integrazione costituita dalla condizione
negativa della inesistenza di altri figli nel Paese
ovvero, ma solo per i genitori ultrasessantacinquenni,
della inidoneità al loro sostentamento da parte di altri
figli per documentate gravi ragioni di salute,
condizione eliminata dalla più permissiva previsione di
cui all'art. 1 comma 1 lett. E sub D) del d.lgs. 5 del
2007 (genitori a carico che non dispongano di un
adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di
provenienza) ma poi ripristinata dalla meno permissiva
previsione di cui all'art. 1 comma 1 lett. A) sub. D del
d.lgs. 3.10.2008 n. 160;
5.
l'ultima disposizione, ripristinatrice della previsione
di cui all'art. 23 della legge 189 del 2006 è contenuta
nel ridetto decreto delegato, pubblicato sulla G.U. del
21.10,2008 e quindi è entrata in vigore il 5.11.2008,
dopo la richiesta della B. ma ben prima che la
Rappresentanza diplomatica italiana negasse il visto di
ingresso per assenza del nuovo requisito (6.6.2009),
ditalché non è dubbio alcuno che di tali requisiti
dovesse farsi applicazione per concludere la procedura
in essere, con il rilascio del visto (in loro presenza)
o con il suo diniego (per il caso di loro difetto);
6. in tal
quadro non ha alcun rilievo la pretesa della ricorrente
di veder confinato alla sede del rilascio del nulla osta
(alla stregua della sopravvenuta previsione dell'art. 6
del dPR 334 del 2004) il momento dell'accertamento dei
requisiti sostanziali del ricongiungimento e di veder
esclusa la possibilità di fare applicazione dello jus
superveniens sol perché alla fase dell'esame per il
rilascio del visto di ingresso - nella quale sarebbe
intervenuta la modifica dei requisiti - sarebbe stato
estraneo lo scrutinio sulla "sostanza" dei requisiti
stessi (ad essa fase pertinendo solamente il riscontro
documentale e lo scrutinio della relativa autenticità):
una siffatta pretesa avrebbe plausibilità se il giudizio
di accertamento demandato al G.O. fosse a contenuto
impugnatorio nel quale la "incompetenza"di un organo
assume rilievo viziante dell'intero procedimento e del
suo esito, ma nessuna consistenza essa assume ove, come
nel giudizio di cui trattasi, la indiscutibile
inesistenza del requisito, cagionata dalla indiscutibile
sopravvenienza normativa, assorbe ogni profilo di
difformità procedimentale la quale, come nella specie,
non venga a cagionare alcuna diminuzione delle garanzie
difensive del richiedente;
7. nella
specie si verifica la dianzi rilevata situazione di
assorbimento, posto che l'accertamento della Corte di
Appello (al seguito di quello del Tribunale) della
insussistenza del nuovo requisito - posto che la parte
istante non aveva né provato la vivenza a carico né la
sussistenza dei "nuovi" requisiti (la mancanza di
fratelli o la loro grave documentata invalidità) – non è
stato revocato in dubbio nel ricorso;
8.
infatti, per quanto non sia corretto il richiamo fatto
dalla Corte di Appello al principio dell'onere
probatorio, dovendosi intendere come sull'impugnante il
diniego gravi solo un onere di precisa allegazione della
condizione e del requisito (accertabile semmai dalla
Rappresentanza diplomatica, in sede di verifica
documentale), resta il fatto che neanche in ricorso
viene affermato che a beneficio della richiedente
sussisteva la situazione delineata dal reintrodotto
requisito di cui all'art. 29 c. 1 lett. D, detto ricorso
essendosi invece soltanto applicato a censurare le
anomalie procedimentali occorse, la scorretta
applicazione di un regolamento abrogato, la
incostituzionalità del decreto delegato 5 del 2007 ma
difettando totalmente della necessaria autosufficienza
nel denunziare la violazione del proprio buon diritto,
quello che sarebbe nato ove la richiedente fosse stata
in possesso del requisito per operare il
ricongiungimento.
CHE, ove
si condividano i testé formulati rilievi, il ricorso può
essere trattato in camera di consiglio e respinto per
manifesta infondatezza".
osserva in
diritto
Il
Collegio che le articolate e trascritte considerazioni -
sulle quali nessun rilievo critico è giunto dalla difesa
della parte ricorrente - meritano piena condivisione.
Devesi quindi rigettare il ricorso, senza provvedere
sulle spese stante l'assenza di difese degli intimati.
P.Q.M.
Rigetta il
ricorso.
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