Esclusa la possibilità
di invocare le tutele previste per il credito al consumo
nel caso di contratto stipulato per il conseguimento di
un corso professionale.
La Corte di Cassazione
ha confermato la sentenza di merito (seppur per
motivazioni differenti) che condannava due studenti al
pagamento delle rate residue per la frequenza di un
corso per il conseguimento del diploma di economo
dietista e di dirigente di comunità.
Ha ritenuto il collegio
che non potesse essere invocata la nullità del contratto
per violazione dell’art.124, comma 3, T.U. bancario
(nella formulazione vigente ratione temportis).
“… Sul piano dei
rapporti tra soggetti, il credito al consumo può
attuarsi attraverso tre o attraverso due soggetti. Per
esempio, intervengono tre soggetti nel finanziamento
finalizzato (il finanziatore che consegna la somma al
fornitore, il fornitore, il consumatore) e nel leasing
(il finanziatore, il fornitore, l’utilizzatore).
Intervengono due soli soggetti quando il credito al
consumo assume la forma della dilazione di pagamento (da
un lato il fornitore finanziatore, dall’altro il
consumatore) o del finanziamento non finalizzato (da un
lato il finanziatore, dall’altro il consumatore).
Ai soggetti diversi
dalle banche e dagli intermediari finanziari è riservato
il credito al consumo nella sola forma di dilazione di
pagamento del prezzo (art. 121, c. 2, lett. c). Quindi,
nel nostro caso, di ipotizzata dilazione di pagamento da
parte di un istituto di istruzione (ammettendo
l’autorizzazione richiesta dalla legge, coincidente
secondo interpretazione univoca in dottrina con la
licenza di commercio), il rapporto è tra due soggetti ed
è astrattamente configurabile l’applicabilità della
disciplina del t.u. in argomento.
Tuttavia, oltre alla
mancanza della licenza di commercio in capo al soggetto
concedente (pure rilevata dal giudice di merito), non si
rinviene, nella specie, la ricorrenza di un contratto
implicante la concessione di un credito sotto forma di
dilazione di pagamento”.
Il procedimento riguarda
“… un contratto per un corso di studi di durata
pluriennale (attraverso fornitura di materiale
didattico, consulenze-lezioni, correzioni di compiti)
per conseguire dei diplomi professionali, concordando un
pagamento rateale”.
Con la stipulazione le
parti “… hanno acquistato il diritto a cominciare a
fruire di una controprestazione per sua natura erogabile
nel tempo e il cui pagamento sarebbe stato naturalmente
diluito nel tempo. Non importa qui stabilire se la
durata della rateizzazione coincideva o meno con il
corso di studi o se il pagamento anticipato dell’intero
corso fosse o no minore dell’importo risultante dalla
somma delle singole rate. Infatti, varie possono essere
le ragioni economiche idonee a indurre le parti a
concordare rateizzazioni ravvicinate, non sincroniche
con la durata degli studi, e prezzi inferiori nel caso
di pagamento dell’intero costo. Possono essere, la
valutazione economica dell’alta probabilità di abbandono
o il valore economico dell’immediata disponibilità del
prezzo del corrispettivo (da parte dell’erogatore del
servizio), o la sicurezza di frequentare l’intero corso
e la valutazione del risparmio di un pagamento
anticipato (da parte del fruitore). Queste possibili
variabili non intaccano il dato centrale costituito
dalla non ipotizzabilità di un credito, sotto forma di
dilazione di pagamento, tutte le volte che è connaturale
al contratto la diluizione nel tempo della prestazione
erogata e del pagamento del corrispettivo.
Conferma della
correttezza di tale interpretazione può ricavarsi dai
casi in cui lo stesso t.u. esclude l’applicabilità della
disciplina del credito al consumo.
Si pensi ai contratti di
somministrazione (art. 121, c. 4, lett. b), relativi a
prestazioni periodiche o continuative di cose (art. 1559
c.c.), in collegamento con l’art. 1677 c.c., in base al
quale le norme relative alla somministrazione si
applicano – se compatibili – anche all’appalto che ha
per oggetto prestazioni continuative o periodiche di
servizi. Estensione che oggi trova conferma nell’art.
122 del t.u. (c. 1, lett. b), attualmente vigente, più
aderente alla Dir 87/102/CEE, secondo cui (art. art. 1,
c. 1, lett. c), “I contratti relativi alla prestazione
continuata di un servizio, pubblico o privato, in base
ai quali il consumatore ha il diritto di versare il
corrispettivo per tale servizio, per la durata della
fornitura, mediante pagamenti rateali, non sono
considerati contratti di credito ai fini della presente
direttiva”.
Si consideri, ancora,
l’esclusione dell’applicabilità della stessa direttiva
(art. 2, c. 1, lett. b) “ai contratti di locazione
purché non prevedano che il diritto di proprietà passi
alla fine al locatario”; quindi, ai contratti per i
quali è connaturata la diluizione nel tempo del
pagamento del corrispettivo, con l’esclusione del
leasing. La forzatura rispetto alla direttiva, presente
nell’art. 121 lett. f), nella formulazione applicabile
all’epoca dei fatti, che ha escluso solo i contratti di
locazione che espressamente escludano un futuro acquisto
della proprietà da parte del conduttore, è stata oggi
eliminata dalla espressa esclusione dei soli contratti
di leasing (art. 122, c. 3, attualmente vigente)”.
|