Secondo stime attendibili fra 50
anni le Casse di previdenza professionale avranno un
patrimonio di circa 500 miliardi di euro. Un discreto
tesoretto su cui il Governo Monti, probabilmente, ha
buttato gli occhi.
Il DL 201/2011 c.d. decreto legge
Monti, varato in questi giorni dal nuovo Governo,
interviene, infatti, dettando importanti modifiche,
anche in tema di enti previdenziali di diritto privato
dei professionisti.
Secondo quanto previsto dall’art.
24, comma 24, le Casse private, ai fini dell’equilibrio
finanziario delle rispettive gestioni, devono adottare,
nell’esercizio della loro autonomia gestionale, entro e
non oltre il 31 marzo 2012, misure volte ad assicurare
l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per
prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici
riferiti ad un arco temporale di 50 anni. Le relative
delibere dovranno essere sottoposte all’approvazione dei
Ministeri vigilanti, che si esprimono in via definitiva
entro trenta giorni dalla loro ricezione.
Decorso il termine del 31 marzo
2012 senza l’adozione dei previsti provvedimenti, ovvero
nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si
applicano, con decorrenza dal 1° gennaio 2012:
le disposizioni di cui al comma
2 dell’articolo 24 sempre del Decreto Monti, cioé
l’applicazione del sistema contributivo pro-rata agli
iscritti alle relative gestioni;
un contributo di solidarietà,
per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella
misura dell’1%.
In pratica, secondo il disegno
dell’Esecutivo, gli enti pensionistici dei
professionisti, nello stringente tempo di tre mesi,
dovranno adottare importanti riforme strutturali al fine
di assicurare un saldo previdenziale positivo tra le
entrate contributive e le uscite per prestazioni per i
prossimi 50 anni.
Riforme strutturali concretamente
inattuabili.
La garanzia di sostenibilità
richiesta fino a poco tempo fa era soltanto per 15 anni;
con la Finanziaria del 2007 è stata innalzata a 30 anni;
ora si eleva ulteriormente a 50 anni.
Nel giro di 4 anni, insomma, si
pretende di coprire 35 anni. Un salto inaudito, che non
ha alcun precedente in nessun sistema previdenziale
europeo. Per di più l’equilibrio da garantire deve
essere raggiunto senza tenere conto dei cospicui
patrimoni, mobiliari ed immobiliari, che, chi più chi
meno, ciascun ente previdenziale ha e dei rendimenti che
da essi derivano.
I tempi assegnati sono troppo
stretti.
Per passare dai 15 ai 30 anni di
sostenibilità ci sono voluti 3 anni. Adesso, invece, si
richiede di coprire ulteriori vent’anni in soli tre
mesi.
Il solo criterio del saldo
previdenziale, inoltre, non mette quasi nessuna Cassa al
riparo dal segno meno.
L’unico modo per riuscire a
raggiungere l’equilibrio finanziario, negli strettissimi
tempi assegnati, sarebbe quello di richiedere ulteriori
aumenti delle aliquote agli iscritti.
Una strada di certo non
percorribile che richiede uno sforzo non di poco conto,
in un momento in cui tutte le professioni risentono
dell’imperante crisi economica.
Ciò vale in generale per tutti gli
enti previdenziali privati, ma vale ancor di più per
Cassa Forense.
La nostra Cassa, infatti, ha da
poco e con grandi sforzi raggiunto l’equilibrio. Tale
meta è stata raggiunta con qualche taglio alle pensioni,
ma, soprattutto, aumentando sensibilmente i versamenti
dei propri iscritti.
Per adeguarsi alle nuove previsioni
normative si dovrebbe di nuovo partire da zero e, non
potendo fare ricorso al proprio patrimonio, per
garantire la sostenibilità sarebbero necessari nuovi
aumenti delle aliquote.
Ulteriori sacrifici per gli
iscritti non sono, però, proponibili né sostenibili in
un momento nel quale il reddito degli avvocati è in
continua discesa ed è giunto a toccare medie di 20 anni
fa.
Si tratta, dunque, di una norma
capestro che non apporta alcun apprezzabile vantaggio
economico per lo Stato.
Infatti, le Casse private non
gravano in alcun modo sul bilancio dello Stato, non
godono di alcun contributo, e, anzi, sono sottoposte ad
una doppia tassazione, sulle pensioni e sul rendimento
dei patrimoni. Il volere mettere le Casse con le spalle
al muro sembrerebbe, quindi, nascondere altre
intenzioni.
Il legittimo dubbio è che il fine
ultimo sia la volontà di far confluire le casse private
nel mare magnum dell’INPS, per potere mettere le mani
sul tesoretto accantonato dalle varie categorie di
professionisti.
Non vogliamo essere funesti
profeti, ma secondo un vecchio ed intramontabile adagio
“è vero che a pensar male si fa peccato, ma spesso si
indovina”.
L’AdEPP, l’associazione che
raggruppa gli enti previdenziali di avvocati, medici,
ingegneri, commercialisti, ecc… , in totale 20 casse di
liberi professionisti, è subito saltata sugli scudi,
facendo sentire a gran voce nelle Istituzioni le proprie
legittime istanze volte a cambiare una manovra che
presenta troppe criticità ed è foriera di pesanti
incertezze. Non ultima il paventato spettro
dell’assorbimento da parte dell’INPS per tutte le casse
che non riusciranno ad adeguarsi per tempo.
Era stato proposto un emendamento,
primo firmatario il vicepresidente della commissione
Bilancio della Camera, Giuseppe Francesco Marinello, che
sposando le richieste formulate dall’AdEPP, prevedeva
tre importanti modifiche al comma 24 dell’art. 24 del
Decreto Monti:
spostare di tre mesi della
soglia per effettuare le verifiche, dal 31 marzo al 30
giugno 2012;
considerare nei bilanci anche i
patrimoni mobiliari e immobiliari;
far rimanere a 30 anni l’arco
di tempo delle garanzie sulla sostenibilità.
Purtroppo, allo stato, è stato
accolto solamente lo spostamento del termine dal 31
marzo al 30 giugno 2012, mentre per le ulteriori
richieste, la Camera ha impegnato il Governo, in sede di
applicazione del comma 24 dell’art. 24, di tener conto
anche delle superiori richieste di modifica.
Nelle more, il Comitato dei
Delegati, nella seduta del 16 dicembre 2011, ha esitato
una mozione con la quale esprime netta contrarietà alle
misure imposte dal Governo in materia di Enti
previdenziali, opponendosi al disegno di privare Cassa
Forense della propria autonomia, riservandosi di mettere
in campo tutte le iniziative idonee a contrastare ogni
forma di attacco all’indipendenza dell’Avvocatura.
Siamo solo all’inizio.
Santi Geraci |