APPLICABILITA’ O MENO
DI SPECIFICHE VOCI DELLE TARIFFE FORENSI RIFERENTESI AD
UN COMPLESSO CASO GIUDIZIALE.
- L’Avv. ………ha
formulato richiesta di parere deontologico, pervenuta il
4 agosto 2011, in merito:
- all’applicabilità o
meno di specifiche voci delle tariffe forensi
riferentisi a un complesso caso giudiziale delineato
dallo stesso Professionista;
- alla legittimazione
o meno di liquidazione di onorari e diritti operata dal
Giudice.
Da ultimo, l’Avv. ……
ha chiesto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Roma di assumere iniziative idonee alla tutela degli
iscritti nella liquidazione degli onorari e dei diritti
da parte del Giudice, azione mirante a fare rispettare
il principio di diritto secondo cui il parere di
congruità emesso dal competente Consiglio debba avere
carattere vincolante per il Giudicante ai fini della
pronuncia di ingiunzione.
Il Consiglio
- Udito il
Consigliere Avv. Livia Rossi quale Coordinatore della
Commissione Deontologica;
esprime il seguente
parere
- quanto al quesito
sub 1): rientra nella competenza del professionista
forense, secondo una sua ponderata e responsabile
valutazione, l’applicabilità o meno di specifiche voci
della tariffa forense alle vertenze giudiziali e/o
stragiudiziali, anche alla luce delle pronunce di
carattere generale del Consiglio Nazionale Forense
appresso indicate:
a) “attesa la
distinzione che la Tariffa forense chiaramente enuncia
tra l’attività di assistenza e quella di consulenza,
alcuna remunerazione è dovuta al professionista per la
voce tariffaria “esame e studio”, laddove risulti che
alcuna attività di assistenza sia stata compiuta
dall’interessato, essendo la predetta voce tariffaria
esclusivamente prevista per le prestazioni di assistenza
e non per quelle di consulenza. Ne consegue che l’aver
richiesto una somma per una voce di tariffa non
corrispondente a una prestazione non effettuata integra
di per sé, e anche in riferimento all’importanza della
somma in discussione rispetto al totale di quanto
richiesto (che nella specie rappresentava ben oltre la
metà dell’importo complessivamente domandato), un
comportamento deontologicamente scorretto” (20
aprile 2011, n. 46);
b) “l’ambiguità,
da parte dell’avvocato, nella redazione del documento
relativo al regolamento delle competenze professionali,
integra un contegno non commendevole, giacchè idoneo a
trarre in errore il cliente, in violazione degli artt. 6
(doveri di lealtà e correttezza), 7 (dovere di fedeltà),
8 (dovere di diligenza) e 35 (rapporti di fiducia) del
Codice Deontologico Forense”.
In tema di
competenze professionali, il diritto “corrispondenza
informativa” e il diritto “consultazione col cliente”,
spettano per una sola volta per ogni grado del processo
civile, e non per ogni lettera inviata. Per quanto,
invece, concerne gli onorari, l’onorario per la voce
“redazione delle difese (comparse conclusionali e
repliche)” va applicato una sola volta e ricomprende sia
la comparsa conclusionale sia la memoria di replica, non
potendo essere duplicato per ognuno di tali due scritti
difensivi.”
(13 dicembre 2010, n.
202);
c) “la richiesta
di compensi superiori a quelli tariffari è ammissibile,
ma deve trovare corrispondenza nella particolare natura
dei fatti e nella complessità delle questioni giuridiche
da affrontarsi. Pone, pertanto, in essere un
comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che
pattuisca, proponga, richieda o pretenda un pagamento
che non trovi corrispondenza nella particolare natura
dei fatti e nell’attività svolta e che non costituisca
giusto premio per l’impegno profuso risultando, in tal
caso, comunque giustificato anche se superiore a quanto
previsto dalla tariffa, dovendo sempre trattarsi di un
giusto compenso e non di una ingiusta locupletazione a
danno del cliente.” (22 ottobre 2010, n. 122);
d) “l’avere un
professionista di lunga esperienza esposto in parcella
onorari per attività non realmente prestate ovvero non
dovuti (come nel caso della redazione di “repliche” e
delle udienze di mero rinvio, ovvero previsti per la
“materia stragiudiziale” pur risultando le attività
prestate intrinsecamente “connesse all’attività
giudiziale”), costituiscono non semplici errori di
calcolo, ma condotte lesive sia degli interessi del
cliente, poichè amplificano ingiustificatamente
l’importo del compenso, sia l’immagine della categoria,
minandone la serietà e la fiducia verso terzi.” (30
dicembre 2009, n. 249);
e) “il canone
deontologico che vieta al professionista di chiedere
compensi eccessivi e non proporzionati all’attività
svolta, ha carattere generale e trova applicazione anche
nell’ipotesi in cui gli onorari siano concordati in via
forfettaria tra avvocato e cliente, atteso che tale
canone trova il suo fondamento nel principio di
correttezza e disinteresse cui deve ispirarsi la
condotta dell’avvocato” (30 dicembre 2008, n. 236);
f) “pone in essere
un comportamento contrario ai doveri di probità, dignità
e decoro, che devono ispirare la condotta di ogni
avvocato, il professionista che chieda il pagamento di
compensi manifestamente sproporzionati rispetto
all’attività svolta e, comunque, eccessivi, in
violazione del disposto dell’art. 43-II del Codice
Deontologico Forense” (28 dicembre 2007, n. 258);
- quanto al quesito
sub 2) nonchè alla richiesta sub 3)
ritiene
di non potersi
pronunciare nel merito, attesa la materia non rientrante
nei fini istituzionali di questo Consiglio.
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