Avv. Paolo Nesta


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PARERE DEONTOLOGICO ESPRESSO NELL’ADUNANZA DEL 29.09.2011

 

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APPLICABILITA’ O MENO DI SPECIFICHE VOCI DELLE TARIFFE FORENSI RIFERENTESI AD UN COMPLESSO CASO GIUDIZIALE.

 

- L’Avv. ………ha formulato richiesta di parere deontologico, pervenuta il 4 agosto 2011, in merito:

- all’applicabilità o meno di specifiche voci delle tariffe forensi riferentisi a un complesso caso giudiziale delineato dallo stesso Professionista;

- alla legittimazione o meno di liquidazione di onorari e diritti operata dal Giudice.

Da ultimo, l’Avv. …… ha chiesto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma di assumere iniziative idonee alla tutela degli iscritti nella liquidazione degli onorari e dei diritti da parte del Giudice, azione mirante a fare rispettare il principio di diritto secondo cui il parere di congruità emesso dal competente Consiglio debba avere carattere vincolante per il Giudicante ai fini della pronuncia di ingiunzione.

Il Consiglio

- Udito il Consigliere Avv. Livia Rossi quale Coordinatore della Commissione Deontologica;

esprime il seguente parere

- quanto al quesito sub 1): rientra nella competenza del professionista forense, secondo una sua ponderata e responsabile valutazione, l’applicabilità o meno di specifiche voci della tariffa forense alle vertenze giudiziali e/o stragiudiziali, anche alla luce delle pronunce di carattere generale del Consiglio Nazionale Forense appresso indicate:

a) “attesa la distinzione che la Tariffa forense chiaramente enuncia tra l’attività di assistenza e quella di consulenza, alcuna remunerazione è dovuta al professionista per la voce tariffaria “esame e studio”, laddove risulti che alcuna attività di assistenza sia stata compiuta dall’interessato, essendo la predetta voce tariffaria esclusivamente prevista per le prestazioni di assistenza e non per quelle di consulenza. Ne consegue che l’aver richiesto una somma per una voce di tariffa non corrispondente a una prestazione non effettuata integra di per sé, e anche in riferimento all’importanza della somma in discussione rispetto al totale di quanto richiesto (che nella specie rappresentava ben oltre la metà dell’importo complessivamente domandato), un comportamento deontologicamente scorretto” (20 aprile 2011, n. 46);

b) “l’ambiguità, da parte dell’avvocato, nella redazione del documento relativo al regolamento delle competenze professionali, integra un contegno non commendevole, giacchè idoneo a trarre in errore il cliente, in violazione degli artt. 6 (doveri di lealtà e correttezza), 7 (dovere di fedeltà), 8 (dovere di diligenza) e 35 (rapporti di fiducia) del Codice Deontologico Forense”.

In tema di competenze professionali, il diritto “corrispondenza informativa” e il diritto “consultazione col cliente”, spettano per una sola volta per ogni grado del processo civile, e non per ogni lettera inviata. Per quanto, invece, concerne gli onorari, l’onorario per la voce “redazione delle difese (comparse conclusionali e repliche)” va applicato una sola volta e ricomprende sia la comparsa conclusionale sia la memoria di replica, non potendo essere duplicato per ognuno di tali due scritti difensivi.” (13 dicembre 2010, n. 202);

c) “la richiesta di compensi superiori a quelli tariffari è ammissibile, ma deve trovare corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nella complessità delle questioni giuridiche da affrontarsi. Pone, pertanto, in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che pattuisca, proponga, richieda o pretenda un pagamento che non trovi corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nell’attività svolta e che non costituisca giusto premio per l’impegno profuso risultando, in tal caso, comunque giustificato anche se superiore a quanto previsto dalla tariffa, dovendo sempre trattarsi di un giusto compenso e non di una ingiusta locupletazione a danno del cliente.” (22 ottobre 2010, n. 122);

d) “l’avere un professionista di lunga esperienza esposto in parcella onorari per attività non realmente prestate ovvero non dovuti (come nel caso della redazione di “repliche” e delle udienze di mero rinvio, ovvero previsti per la “materia stragiudiziale” pur risultando le attività prestate intrinsecamente “connesse all’attività giudiziale”), costituiscono non semplici errori di calcolo, ma condotte lesive sia degli interessi del cliente, poichè amplificano ingiustificatamente l’importo del compenso, sia l’immagine della categoria, minandone la serietà e la fiducia verso terzi.” (30 dicembre 2009, n. 249);

e) “il canone deontologico che vieta al professionista di chiedere compensi eccessivi e non proporzionati all’attività svolta, ha carattere generale e trova applicazione anche nell’ipotesi in cui gli onorari siano concordati in via forfettaria tra avvocato e cliente, atteso che tale canone trova il suo fondamento nel principio di correttezza e disinteresse cui deve ispirarsi la condotta dell’avvocato” (30 dicembre 2008, n. 236);

f) “pone in essere un comportamento contrario ai doveri di probità, dignità e decoro, che devono ispirare la condotta di ogni avvocato, il professionista che chieda il pagamento di compensi manifestamente sproporzionati rispetto all’attività svolta e, comunque, eccessivi, in violazione del disposto dell’art. 43-II del Codice Deontologico Forense” (28 dicembre 2007, n. 258);

- quanto al quesito sub 2) nonchè alla richiesta sub 3)

ritiene

di non potersi pronunciare nel merito, attesa la materia non rientrante nei fini istituzionali di questo Consiglio.

 

 

 

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