CONDOTTA DA TENERE
OVE IL CLIENTE, AVVERTITO DELLA RINUNCIA AL MANDATO, NON
INCARICHI UN NUOVO DIFENSORE
- L’Avv., in data 19
settembre 2011, riferisce di avere prestato la sua
attività forense in favore di una Società in un giudizio
di primo grado, concluso con sentenza favorevole per la
sua assistita ma, successivamente, appellata da
controparte.
Il medesimo Avvocato
precisa che, per motivi personali, ha dovuto rinunciare
al mandato conferito e che, dopo avere adempiuto alle
incombenze derivanti dai doveri di lealtà e correttezza
(art. 6) di fedeltà (art. 7) di diligenza (art. 8), ha
comunicato, infine, alla Società, a mezzo raccomandata
a/r (regolarmente ricevuta), che non poteva
rappresentarla nel giudizio di appello, sollecitando la
nomina di un nuovo difensore e rendendosi disponibile a
restituire tutta la documentazione in suo possesso.
L’Avv. Luca Antonini
chiede un parere in materia deontologica circa la
condotta da tenere ove il cliente, avvertito della
rinuncia al mandato, non incarichi un nuovo difensore.
Il Consiglio
- Udito il
Consigliere Avv. Livia Rossi, quale Coordinatore della
Commissione Deontologica,
Osserva:
- la regola
deontologica dell’art. 47 “Rinuncia al mandato” prevede
che “l’avvocato ha diritto di rinunciare al mandato;
il I canone complementare stabilisce che ‘In caso
di rinuncia, l’avvocato deve dare alla parte assistita
un preavviso adeguato alle circostanze e deve informarla
di quanto è necessario fare per non pregiudicare la
difesa’; il II canone complementare dispone che
‘qualora la parte assistita non provveda, in tempi
ragionevoli, alla nomina di un altro difensore nel
rispetto degli obblighi di legge, l’avvocato non è
responsabile per la mancata successiva assistenza, pur
essendo tenuto a informare la parte delle comunicazioni
che dovessero pervenirgli’; detta disposizione
ammette, nel III canone complementare, che ‘in caso
di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la
rinuncia al mandato con lettera raccomandata alla parte
assistita all’indirizzo anagrafico e all’ultimo
domicilio conosciuto. Con l’adempimento di tale
formalità, fermi restando gli obblighi di legge,
l’avvocato è esonerato da ogni altra attività,
indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia
effettivamente ricevuto tale comunicazione”;
ritiene
- che
l’avvocato rinunciante al mandato professionale
dovrà rispettare la
normativa sopra rappresentata, nonchè le disposizioni di
cui all’art. 2237, commi II e III c.c. “Recesso”.
Adempiute tali formalità, l’avvocato non ha più alcun
obbligo nè alcuna responsabilità disciplinare, atteso
che non può sussistere un dovere di difesa laddove la
parte non sia interessata all’uopo. Infatti, quanto
stabilito dall’art. 85 c.p.c. “Revoca e rinuncia alla
procura” si riferisce agli effetti processuali
esterni e, cioè, sin quando il precedente difensore
e procuratore non sia stato regolarmente sostituito, la
sua rinuncia o revoca non producono effetto nel giudizio
nei riguardi della controparte. Analoga
disposizione è contemplata, altresì, nell’art. 107
c.p.p. “Non accettazione, rinuncia o revoca del
difensore”, co. 3: “La rinuncia non ha effetto finchè
la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di
fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso
il termine eventualmente concesso a norma dell’art.
108”. E’ ovvio, quindi, considerare che la ragione
delle norme processuali risiede nell’esigenza di evitare
la vacatio dello jus postulandi
pregiudizievole per la regolarità del processo.
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