L’Avv. ……… ha avanzato richiesta di
parere, pervenuta il 24 marzo 2011, sulle seguenti
questioni di natura deontologica:
1) “Se sia lecito che un avvocato
abilitato a esercitare attività di mediatore
professionista ai sensi del D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28
accetti di domiciliare presso il proprio studio
professionale la sede di un organismo di mediazione
accreditato”;
2) “Se sia lecito che un avvocato
abilitato a esercitare attività di mediatore
professionista ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 e
iscritto presso un organismo di mediazione accreditato,
eserciti la predetta attività presso il proprio studio
professionale”.
Il Consiglio
- Udito il Consigliere Avv. Livia
Rossi, quale Coordinatore della Commissione
Deontologica;
Premesso:
- che l’accettazione da parte
dell’avvocato della domiciliazione presso il proprio
studio professionale di un Organismo di Mediazione
accreditato configura una condizione di potenziale
accaparramento di clientela, indipendentemente dalla
circostanza dell’effettivo raggiungimento di concreti
vantaggi economici, incompatibile con la regola
deontologica dell’art. 19 del Codice Deontologico
Forense -Divieto di accaparramento di clientela- il
quale recita “E’ vietata ogni condotta diretta
all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo
agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla
correttezza e decoro”;
- che l’art. 8 (Procedimento),
comma 2, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n 28, stabilisce che
“Il procedimento si svolge senza formalità presso la
sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato
dal regolamento di procedura dell’organismo”;
- che il D.M. 18 ottobre 2010, n.
180 recita sub art. 7 -Regolamento di procedura:
- comma 1, “Il regolamento contiene
l’indicazione del luogo dove si svolge il procedimento,
che è derogabile con il consenso di tutte le parti, del
mediatore e del responsabile dell’organismo”;
- comma 2 “L’organismo può
prevedere nel regolamento”[omissis]
“c) la possibilità di avvalersi
delle strutture, del personale e dei mediatori di altri
organismi” [omissis],
ritiene
che per la soluzione dei quesiti
posti, l’Avv. …………. possa trovare adeguata e
satisfattiva risposta in ordine a quanto sopra
rappresentato.
****
“Possibilità per l’Avvocato di
rivestire la qualità di socio di una società semplice
che
non svolga attività commerciale”
- L’Avv. ……….., con e-mail dell’11
aprile 2011, ha chiesto al Consiglio se sia possibile,
per un avvocato, rivestire la qualità di “socio di una
società semplice, che non svolge attività commerciale”.
Il Consiglio
- Udito il Consigliere Avv. Livia
Rossi, quale Coordinatore della Commissione
Deontologica;
Rilevato che:
- l'art. 3 della Legge
Professionale e il relativo richiamo alla stessa norma
contemplato dall’art. 16 del Codice Deontologico Forense
vietano, tra l'altro, “l'esercizio del commercio in nome
proprio o in nome altrui”;
- la partecipazione ad una società
semplice –che non può esercitare attività commerciale
(art. 2249 c.c.)- non è, pertanto, incompatibile con la
professione forense (e anzi le attività professionali
associate vengono talvolta disciplinate con tale forma
giuridica);
- è tuttavia necessario che la
dichiarata qualità di socio non sia di ostacolo
all’osservanza dei generali precetti comportamentali che
il Codice Deontologico Forense impone a ciascun
professionista (a titolo esemplificativo: art. 5 -doveri
di probità, dignità e decoro; art. 10 -dovere di
indipendenza; art. 35 -rapporto di fiducia; art. 36
-autonomia del rapporto; art. 37 -conflitto di
interessi).
Pertanto,
esprime
parere positivo alla questione
formulata dall’istante. |