Diritto.it
Sommario: 1.
Generalità. 2. L’evoluzione della normativa. Cenni. 3.
L’oggetto delle misure cautelare antecedentemente
l’introduzione dell’art. 27, d.l. 185/2008: le
divergenze in dottrina. 4. Brevi riflessioni sul fumus
boni iuris e sul periculum in mora. 5. La proposta di
istanza di iscrizione di ipoteca e di sequestro
conservativo della Guardia di finanza
1. Generalità
Le misure cautelari
in ambito tributario costituiscono strumenti previsti
dall’ordinamento a tutela dei crediti erariali.
Consistono nella
possibilità di iscrivere ipoteca sugli immobili, sui
diritti e sulle rendite e sugli altri beni indicati
nell'art. 2810 del codice civile e nella facoltà di
procedere al sequestro conservativo di cespiti che siano
di proprietà del soggetto passivo della pretesa
erariale.
La vigente
disciplina è riconducibile all’art. 22 del d.lgs. 18
dicembre 1997, n. 472 (recante << Ipoteca e sequestro
conservativo >>), il cui primo comma dispone che << in
base all'atto di contestazione, al provvedimento di
irrogazione della sanzione o al processo verbale di
constatazione e dopo la loro notifica, l'ufficio o
l'ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia
del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata,
al presidente della commissione tributaria provinciale
l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei
soggetti obbligati in solido e l'autorizzazione a
procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al
sequestro conservativo dei loro beni, compresa l'azienda
>>1.
A tal fine
l’Agenzia delle entrate si può avvalere anche dello
strumento delle indagini finanziarie2.
Le procedure che
portano alle misure cautelari indicate dalla
disposizione si distinguono nettamente da quelle
abituali a cui ordinariamente si ricorre nel contesto
puramente civilistico.
In tal ultimo caso
le parti si pongono su un piano di assoluta parità ed
una di esse si rivolge al giudice.
Allorché, invece,
le misure siano introdotte nell’ambito della procedura
amministrativa che porta alla tutela degli interessi
erariali, le parti non sono su un piano di parità, in
quanto quella pubblica, l’Amministrazione finanziaria,
sfrutta un potere di supremazia per tutelare il proprio
interesse allo scopo dell’ottenimento di atti destinati
a divenire incontestabili in un breve lasso di tempo.
La dottrina ha
avuto modo di evidenziare che nonostante l’intervento
dell’Autorità giudiziaria, previsto dal citato art. 22,
comma 1, le misure appartengono all’esercizio del potere
amministrativo e vanno contrastate attraverso gli schemi
tipici del ricorso attraverso il cattivo esercizio del
potere3.
Spesso è l’organo
investigativo, il cui personale redige il processo
verbale di constatazione, a dare l'input affinché
l'ufficio o l’ente competente chieda, con motivata
istanza, al presidente della commissione tributaria
provinciale le misure cautelari (le quali possono essere
richieste congiuntamente, nel caso in cui l'adozione di
una sola delle due non fosse sufficiente a garantire la
pretesa tributaria, secondo una valutazione di carattere
discrezionale)4.
La proposta
dell'organo investigativo è attuata attraverso una
particolareggiata segnalazione a seguito della
risultanza dell'atto conclusivo delle indagini
tributarie5.
Essa è preceduta da
valutazioni riguardanti i presupposti sulla cui
sussistenza è subordinato il rilascio delle misure da
parte del presidente della commissione tributaria
provinciale; a tal fine è necessario che sussista il
pericolo per la riscossione del credito (periculum in
mora ) in ragione della fondatezza dell’atto (fumus boni
iuris).
Detti requisiti,
che devono sussistere entrambi, sono stati trattati
dalla prassi allo scopo di fornire indicazioni operative
agli organi investigativi chiamati ad avanzare la
proposta de qua.
Il fumus boni iuris
presuppone l'avvenuta regolare notifica del processo
verbale di constatazione alla parte6.
Il periculum in
mora è più difficilmente apprezzabile e può essere
desunto sia da elementi di carattere obiettivo,
concernenti la consistenza qualitativa e quantitativa
del patrimonio del debitore in rapporto all'ammontare
del credito erariale, sia da elementi di natura
essenzialmente soggettiva quale, ad esempio, una
peculiare condotta del debitore che lasci presumere
l'intento di rendersi insolvente7.
La prassi, inoltre,
fermo il riscontro dell’esistenza del fumus boni iuris
unitamente al periculum in mora, pone dei limiti
quantitativi in ordine ai rilievi constatati, al cui
superamento consiglia l’effettuazione della proposta
all'ufficio finanziario competente8.
È tuttavia
normalmente lasciata ampia discrezionalità agli
investigatori circa la valutazione di formulare, o meno,
specifica segnalazione allorquando lo suggeriscano
peculiari situazioni di ordine soggettivo9.
2. L’evoluzione
della normativa. Cenni
La proposta
dell’organo investigativo ai fini dell’attuazione delle
misure cautelari provvisorie di iscrizione di ipoteca e
di sequestro conservativo (in prassi il sequestro
conservativo è preferito all’ipoteca)10 implica una
comparazione di vari interessi, quindi un esercizio
discrezionale del potere (11)(12).
L’attuale
architettura normativa che scaturisce dal d.lgs.
472/1997, il quale è ispirato, fondamentalmente, a
rendere più concreta ed effettiva la tutela erariale in
ambito tributario rispetto alla portata della superata
normativa (art. 26, l. 7 gennaio 1929, n. 4), ha
indirizzato nel tempo la prassi13 verso una costante
ricerca di modalità tecnico-applicative complete e
flessibili, uniformi a tutte le componenti
dell’Amministrazione finanziaria, celeri, snelle e,
oltre tutto, idonee a considerare nella giusta misura la
situazione economica del debitore, in linea con il
taglio imposto dal legislatore.
Il nuovo assetto
normativo, che di fatto attribuisce un maggiore margine
discrezionale agli addetti ai lavori, prevede una netta
divaricazione tra il soggetto a cui è riferibile la
sanzione (autore della violazione) e colui al quale fa
capo il rapporto di imposta (il contribuente), per cui,
in caso di coincidenza di costoro, gli uffici sono
oramai soliti valutare se richiedere il rilascio delle
misure cautelari in relazione ad una pretesa erariale
che è vista in un’ottica complessiva e non più
limitatamente all’importo dovuto dal solo autore
dell’illecito14.
Al riguardo è da
sottolineare come prima della vigenza del d.lgs.
472/1997 il solo parametro a cui i verbalizzanti
redigenti il processo verbale di constatazione dovevano
attenersi, allo scopo di valutare se provocare
l’attivazione della procedura, fosse costituito dal
quantum delle sanzioni pecuniarie applicabili a seguito
della violazione tributaria constatata15 (modus operandi
condizionato, per forza di cose, da un sistema
sanzionatorio antiquato, sommario ed irrispettoso di
importanti principi di civiltà giuridica di derivazione
penalistica, la cui presenza è invece riscontrabile
nella vigente legislazione riferibile, appunto, al
citato d.lgs. 472/1997).
Inoltre, la prima
versione dell’art. 22 del d.lgs. 472/1999 non prevedeva
espressamente l’oggetto sul quale le misure potevano
essere adottate; ne è conseguito un vivace dibattito ed
una moltitudine di interpretazioni giurisprudenziali,
tra cui quella che faceva rientrare nella nozione di
credito erariale da garantire non solo le somme dovute a
titolo di sanzione, ma anche tutte quelle di cui il
contribuente era debitore in ragione della propria
condotta, quindi anche l’imposta evasa e gli
interessi16.
Tale orientamento
giurisprudenziale ha anticipato, di fatto, la previsione
dell’art. 27, quinto comma del d.l. 29 novembre 2008, n.
18517, che ha risolto definitivamente la questione,
prevedendo espressamente che l’art. 22 del d.lgs.
472/1997 si applica anche alle somme dovute per il
pagamento di tributi e dei relativi interessi.
3. L’oggetto delle
misure cautelari antecedentemente l’introduzione
dell’art. 27, d.l. 185/2008: le divergenze in dottrina
Le diverse opinioni
circa l’applicazione delle misure cautelari alle sole
sanzioni oppure anche alle somme dovute per tributi e
interessi hanno costituito per lungo tempo oggetto di un
acceso dibattito incardinato, di massima, sulle
considerazioni che seguono e facenti leva sul dato
normativo antecedente l’entrata in vigore del citato
art. 27 del d.l. 185/2008.
L’opinione, che si
basava sul fondato timore di perdere le garanzie del
credito, trovava un importante punto di forza nello
stesso art 22 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 che,
allo scopo, fa riferimento alle risultanze dell’atto di
contestazione, del processo verbale di contestazione e
del provvedimento di irrogazione delle sanzioni: tali
atti, ad eccezione dell’ultimo, si tipizzano per un
ampio contenuto che comprende tanto le imposte quanto
gli accessori18.
Secondo tale
impostazione, la normativa, in assenza di altre
particolari precisazioni, non affrontando mai in maniera
espressa la problematica afferente la natura del credito
oggetto delle misure cautelari, non poteva essere
limitata alle sole sanzioni tributarie.
L’avversa
posizione, sostenuta da coloro che ritenevano, invece,
le tutele cautelari limitate alle sole sanzioni19,
faceva leva su assunti che, non di raro, trovavano
elementi di conforto anche in giurisprudenza20.
Veniva così
sottolineato che l’art. 1 del d.lgs. 472/1997 dispone
che il decreto de quo stabilisce le disposizioni
generali sulle sanzioni in materia tributaria e che il
legislatore espressamente fa riferimento alle sole
sanzioni e non anche alle imposte ed interessi.
Pertanto, se in relazione all’applicazione dell’art. 22
del d.lgs. 472/1997 si fosse voluta estendere la
previsione cautelare in argomento al di là delle
sanzioni, sarebbe stato necessario che detto articolo ne
avesse fatto un’espressa previsione. In assenza, il
punto fermo sarebbe stato riconducibile letteralmente al
contenuto del suddetto art. 1. Tuttavia, quand’anche una
previsione del genere fosse stata palesata, si sarebbe
posto il problema di un eccesso di delega, con
implicazioni di natura costituzionale, nella
considerazione che il d.lgs. 472/1997 è stato emanato
dal Governo in applicazione della delega di cui all’art.
3, comma 133, della l. 23 dicembre 1996, n. 662,
riguardante la revisione organica ed il completamento
della disciplina delle sole sanzioni tributarie non
penali, per cui non poteva che disciplinare
esclusivamente i crediti che emergono da sanzioni (sia
pure non penali)21; un’eventuale forzatura diretta a
comprendervi anche imposte ed interessi, avrebbe
rischiato di far nascere questioni di
costituzionalità22.
L’affermazione
avrebbe trovato conforto nel citato art. 3 della l.
662/1996 che prevede esplicitamente, alla lettera i), <<
un sistema di misure cautelari volte ad assicurare il
soddisfacimento dei crediti che hanno titolo nella
sanzione amministrativa pecuniaria >>.
Al di là delle
divergenti posizioni, sembra che non possa essere
trascurata la semplice lettura del dato normativo, di
cui al più volte citato art. 22, comma 1, nella parte in
cui il legislatore precisa che l’ufficio o l’ente possa
effettuare la richiesta tendente all’ottenimento delle
misure << (…) quando ha fondato timore di perdere la
garanzia del proprio credito (…) >>.
Da qui si evince
che il credito che l’ufficio o l’ente ha timore di
perdere, derivi da tutto ciò che potenzialmente esso
stesso ha diritto di introitare, quale credito di
derivazione fiscale. L’attività del fisco, infatti, è sì
finalizzata a comminare sanzioni nel caso l’ufficio o
l’ente competente riscontri violazioni della normativa
tributaria (sanzioni che incontestabilmente
costituiscono un credito), ma è anche diretta a rilevare
l’imposta non versata (anch’essa un credito), oltre che
gli interessi (altro credito) decorrenti dalla data
entro la quale in contribuente avrebbe dovuto versare
l’imposta.
Ne consegue che
risultava arduo (anche antecedentemente alla previsione
contenuta nell’art. 27, quinto comma, d.l. 185/2008)
poter limitare l’istanza finalizzata alla richiesta
delle misure alle sole sanzioni tributarie,
estromettendo l’imposta evasa e gli interessi che
comunque, si ribadisce, vanno ad incrementare proprio
quel credito al quale fa espresso riferimento la norma e
che il soggetto pubblico, potenzialmente, vanta nei
confronti di colui che, allo stato degli atti nel
momento in cui viene avanzata l’istanza in argomento, è
il verosimile evasore/debitore.
4. Brevi
riflessioni sul fumus boni iuris e sul periculum in mora
Quanto al requisito
del fumus boni iuris è stato fatto cenno che esso
presuppone la notifica alla parte del processo verbale
di constatazione.
Dal dato normativo
emerge in maniera evidente che il legislatore, poiché si
riferisce al processo verbale di constatazione, non
pretende che l’Amministrazione finanziaria debba
necessariamente vantare un diritto soggettivo, quindi un
diritto di credito nei confronti del contribuente, ma
reputa sufficiente, allo scopo, che le risultanze
ispettive vengano formalizzate nell’atto de quo, il
quale dà al fisco solo un’aspettativa, per quanto
autorevole, di un futuro credito tributario, a seconda
che l’ufficio competente ritenga o meno, a suo autonomo
giudizio, di emettere l’eventuale e consequenziale atto
impositivo.
Infatti, il
processo verbale di constatazione, non dando la certezza
dell’esistenza del credito tributario ma solo della
possibilità che questo in futuro abbia a realizzarsi
(possibilità, tuttavia, legate ad una valenza ampiamente
qualificata in relazione alle risultanze oggettive
formalizzate nell’atto), ha un’idoneità meno pregnante a
concretizzare il requisito del fumus boni iuris rispetto
ad un provvedimento del fisco che con certezza
formalizzi il credito pubblico.
In precedenza è
stato fatto cenno alla maggiore difficoltà che gli
operatori riscontrano nella verifica della sussistenza
dell’altro presupposto essenziale per la proposta delle
misure, ossia il periculum in mora, che viene rilevato
da elementi obiettivi, concernenti la consistenza
qualitativa e quantitativa del patrimonio del debitore
in rapporto all'ammontare del credito erariale, e da
elementi di natura soggettiva, tra cui la peculiare
condotta del debitore che lasci presumere l'intento di
rendersi insolvente.
Sul punto si rende
necessaria una complessiva analisi, anche con risvolti
di carattere statistico-matematico, che consenta di
dimostrare l’eventuale fondato timore, in capo al
presunto creditore pubblico, legato al rischio di non
vedere in futuro onorato il proprio credito in pendenza
dell'emissione di un atto di imposizione tributaria o
della relativa cartella. Nelle more di questi atti,
infatti, il contribuente potrebbe compiere atti
dispositivi del proprio patrimonio.
Detto timore,
unitamente alla probabilità, rectius, alla
verosimiglianza dell’esistenza del credito, ha indotto
il legislatore a creare una garanzia privilegiata a
favore dell'Amministrazione fiscale, allo scopo di
evitare, tra l'altro, che la stessa debba concorrere con
terzi creditori per rivalersi sul patrimonio del
debitore.
Tuttavia, al fine
di integrare la condizione dell'azione cautelare, il
timore deve essere particolarmente qualificato, tanto è
vero che il dato normativo (art. 22, comma 1, d.lgs
472/1997) evidenzia esplicitamente che debba trattarsi
di un << fondato timore >>.
Per integrare la
condizione dell'azione cautelare, con specifico
riferimento al periculum in mora, non è quindi
sufficiente la dimostrazione del semplice timore di
perdere la garanzia del credito vantato attraverso la
prova del rischio con indici di insolvibilità e di
indebitamento, per quanto significativi; è necessario,
altresì, il riferimento a situazioni concrete che siano
sintomatiche di un comportamento intenzionale volto a
sottrarre beni dalla garanzia creditoria23 (parte della
dottrina, tuttavia minoritaria, ha ritenuto sufficiente
la sussistenza di solo uno dei due ordine di requisiti -
oggettivo e soggettivo)24.
I fattori di
carattere soggettivo possono essere desunti, ritenendolo
opportuno, da accorte investigazioni tese a monitorare
le scelte comportamentali del debitore d’imposta, al
fine di percepire elementi che inducano a ritenere
possibile un’eventuale futura insolvenza.
Tuttavia, la
giurisprudenza si è mostrata incline ad ancorare il
proprio giudizio tendenzialmente su parametri di ordine
oggettivo, anziché soggettivo, in relazione al futuro
comportamento del contribuente25.
L’analisi dei
parametri di ordine oggettivo assume un taglio operativo
diverso a seconda che il debitore d’imposta sia
un’impresa in contabilità ordinaria, un’impresa in
contabilità semplificata26 o un esercente arti e
professioni27.
Per le imprese in
contabilità ordinaria è, nel contempo, necessario:
- che il cosiddetto
indice di solvibilità (determinato dal rapporto tra le
componenti dell’attivo circolante ed immobilizzato ed il
totale delle passività) presenti un valore inferiore
all’unità;
- che l’indice
d’indebitamento (determinato dal rapporto tra le
passività, ossia i mezzi di terzi, ed il patrimonio
netto, vale a dire il patrimonio proprio) sia superiore
a 2.
In relazione,
invece, alle imprese in contabilità semplificata e agli
esercenti arti e professioni, è necessario valutare se
il valore complessivo che scaturisce dalla sommatoria
dei beni strumentali (al netto della quota di
ammortamento), delle rimanenze finali, del patrimonio
immobiliare e dei beni mobili registrati, sia o meno
idoneo a garantire il credito dell’erario.
Il criterio
adottato per le imprese in contabilità semplificata e
per gli esercenti arti e professioni, viene applicato
altresì in caso di attività ispettive che riguardino
contribuenti che non percepiscono redditi di impresa o
soggetti non esercenti arti e professioni.
5. La proposta di
istanza di iscrizione di ipoteca e di sequestro
conservativo della Guardia di finanza
La proposta di
istanza della Guardia di finanza, finalizzata
all’ottenimento di iscrizione di ipoteca e di sequestro
conservativo, è bene che contenga elementi adeguati allo
scopo di consentire all’ufficio competente di motivare
opportunamente l’istanza rivolta al presidente della
commissione tributaria provinciale.
Va tuttavia
rilevato che l’art. 22, comma 1 del d.lgs. 18 dicembre
1997, n. 472 fa un generico riferimento all’atto di
contestazione, al provvedimento di irrogazione della
sanzione o al processo verbale di constatazione,
affinché l’ufficio o l’ente, dopo la loro notifica28 e
quando ha fondato timore di perdere la garanzia del
proprio credito, possa chiedere, con istanza motivata,
l'autorizzazione a procedere all’iscrizione di ipoteca
sui beni del trasgressore e al sequestro conservativo.
La disposizione non
prevede quella che, di fatto, è una prassi
efficientemente seguita e che pone - anche - in capo
alla Guardia di finanza il compito di provocare la
procedura finalizzata all’ottenimento delle misure. La
norma non fa gravare, per così dire, tale incombenza sul
Corpo di polizia, ma sembra unicamente attribuirne la
scelta all’ufficio che, allo scopo, valuterà se adire la
procedura innanzi al giudice tributario in base al
processo verbale di constatazione; tale atto, nei fatti,
costituisce il quadro riassuntivo della complessiva - e
non raramente complessa - attività di indagine
tributaria svolta.
Al riguardo alcuna
dottrina29 ha segnalato la posizione giurisprudenziale -
da cui comunque prende le opportune distanze - secondo
cui il processo verbale di constatazione redatto dalla
Guardia di finanza sarebbe privo del titolo valido per
la richiesta di sequestro conservativo in quanto l’art.
22, comma 1 del d.lgs. 472/1997 farebbe riferimento
esclusivamente al processo verbale redatto dagli uffici
impositori perché, ontologicamente, sussisterebbe
sostanziale differenza tra il processo verbale redatto
dalla Guardia di finanza e quello redatto dagli uffici
impositori, con i quali il Corpo di polizia << (…)
collabora segnalando la violazione >>. La posizione di
detta giurisprudenza - del tutto minoritaria - è
dell’avviso che le segnalazioni provenienti dalla
Guardia di finanza << possono essere in tutto o in parte
disattese dagli uffici che sono unici titolari del
potere di imposizione >>, per cui il verbale cui fa
riferimento la legge sarebbe << quello da loro redatto
>>30.
Il suddetto
orientamento giurisprudenziale, che si colloca in un
alveo residuale, è da considerarsi riduttivo poiché, in
assenza di ulteriori precisazioni della norma, non è
dato di ritenere che nelle proprie intenzione il
legislatore abbia inteso estromettere dall’iter, volto
alla proposta di richiesta delle misure, il processo
verbale di constatazione redatto dalla Guardia di
finanza.
Infatti, l’assenza
di una previsione normativa non preclude affatto al
Corpo di essere da sprone per la scelta che la legge fa
ricadere sull’ufficio e che viene da questo formalizza
con un’istanza. Tale modus operandi consente di
supportare l’istanza attraverso un input altamente
qualificato, costruito e motivato sul campo e, per di
più, di levatura particolarmente tecnica; il tutto
garantito da una cornice di cospicuo valore di
credibilità, poiché la proposta proviene da pubblici
ufficiali, quali sono tutti i militari appartenenti alla
Guardia di finanza.
A ben vedere,
nonostante la normativa di settore non faccia mai
riferimento ad un mirato intervento del Corpo in tema di
ipoteca e di sequestro conservativo, rientra comunque
nei compiti istituzionali della Guardia di finanza il
collaborare con gli uffici finanziari allo scopo di
contrastare l’evasione e, comunque, di tutelare gli
interessi economico finanziari, in genere, dello Stato
(d.p.r. 633/1972, art. 63, comma 1, prima parte; d.p.r.
600/71973, art. 33, comma 3, prima parte).
L’ufficio, dunque,
ai fini dell’istanza che eventualmente rivolgerà al
presidente della commissione tributaria provinciale,
potrà e dovrà far tesoro delle risultanza investigative
dell’input ricevuto dal Corpo di polizia tributaria.
La proposta della
Guardia di finanza, alla luce della procedura indicata,
dovrà quindi essere volta a dare suggerimenti
motivazionali tanto in ragione dell’esistenza del fumus
boni iuris, quanto del periculum in mora.
In questa direzione
l’istanza dell’ufficio o dell’ente potrà essere motivata
traendo spunto dagli atti provenienti dal Corpo di
polizia di investigazione tributaria. Si ritiene che
quando ciò si verifica scaturiscano, di massima, le
medesime considerazioni riscontrabili nel rapporto tra
gli atti dell’istruzione tributaria e l’avviso di
accertamento.
Sul punto la
giurisprudenza dominante ammette la possibilità della
motivazione dell’avviso di accertamento per relationem
ad atti riconducibili ad investigazione tributarie
(analogamente, per quanto attiene l’adozione delle
misure cautelari, è ammessa la motivazione dell’istanza
ex art. 12, comma 1, d.lgs. 472/1997 per relationem alla
proposta proveniente dalla Guardia di finanza).
Tuttavia, se da una
parte essa consente la motivazione aliunde, dall’altra
censura il comportamento dell’ufficio che, in assenza di
vaglio critico e di una propria valutazione del
materiale probatorio offerto dagli organi di indagine
tributaria, ne recepisce asetticamente le conclusioni,
<< abdicando >> così, di fatto, un potere che la legge
gli attribuisce in maniera esclusiva31.
È stato ritenuto
che questa procedura non sia affatto in linea con il
corretto esercizio del potere impositivo; l’ufficio,
così facendo, rinuncia alla propria funzione
accertativa, pertanto allo svolgimento di una attività
intellettiva, valutativa ed estimativa, consistente
nell’apprezzamento tecnico-giuridico dei fatti e nella
valutazione degli indizi riassunti dagli organi di
investigazione nei rispettivi atti32.
Alla stessa
stregua, l’istanza prodotta dall’ufficio, di cui al più
volte citato art. 22, comma 1 del d.lgs. 472/1997,
motivata attraverso un asettico rinvio agli atti della
Guardia di finanza (in specie alla proposta di adozione
di una misura cautelare ed al processo verbale di
constatazione, dal quale la prima trae origine),
risulterà inevitabilmente viziata in assenza di vaglio
critico, poiché riduttivamente e laconicamente motivata
sulla base di atti provenienti dal Corpo di polizia.
Anche qui,
l’utilizzo eccessivamente disinvolto della motivazione
aliunde, al solo scopo di recepire pedissequamente le
conclusioni degli atti dell’organo di polizia
tributaria, di fatto spoglierebbe l'ufficio di una
funzione, quella della motivata richiesta rivolta alla
commissione tributaria provinciale, che l’art. 22, comma
1 solo ad esso conferisce.
Invero,
l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che qualora
l’istanza volta all’ottenimento di ipoteca o di
sequestro conservativo sia supportata da un
provvedimento impositivo, quindi da un atto
necessariamente motivato (atto di contestazione o
provvedimento di irrogazione della sanzione), la domanda
medesima non necessiterebbe di alcuna ulteriore
motivazione aggiuntiva; l’ufficio potrebbe limitarsi ad
indicare il titolo in virtù del quale intende procedere.
Va da sé che se la domanda si fonda su un processo
verbale di constatazione, essa necessita sempre e
comunque di un’autonoma motivazione poiché incardinata
su un atto di mera indagine(33)(34).
1 Sul tema, ex
plurimis, F. Pace, Accertamenti & Controlli - Le misure
cautelari in materia di sanzioni amministrative e
tributarie, in Az. fisco, 2001, 799; E. Vullo, Il
requisito del periculum in mora nel sequestro
conservativo fiscale, in GT Rivista di giurisprudenza
tributaria, 2002, 74; A. Voglino, Sui crediti tutelabili
con l'ipoteca e il sequestro conservativo tributario, in
Boll. trib., 2005, 173; S. Gallo, Una interessante
sentenza sull'art. 22 del d.lgs. 472/97, ivi, 2004, 533;
M. Cantillo, Sequestro conservativo tributario, in Rass.
trib., 2003, 435; A. Iorio, Misure cautelari “pro
fisco”: ipoteca e sequestro conservativo, in Corr.
trib., 2001, 2534; G. Ingrao, Le misure cautelari a
favore dell'Amministrazione finanziaria (ipoteca e
sequestro conservativo): dalla l. 7 gennaio 1929, n. 4
al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in Riv. dir. trib.,
2000, I, 45; S. Mogorovich, L'ipoteca ed il sequestro
conservativo, in il fisco, 1999, 11649; S.M. Messina,
Prime considerazioni sulla nuova disciplina dell’ipoteca
e del sequestro conservativo fiscale, in Riv. dir.
trib., 1999, I, 609 e, dello stesso Autore, Ipoteca e
sequestro conservativo, in AA.VV., Commento alle
disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in
materia tributaria, F. Moschetti, L. Tosi (a cura di),
Padova, 2000, 657; A. Amatucci, Ipoteca e sequestro nel
d.lgs. 472/1997: una lettura critica, in Corr. trib.,
1998, 1657; C. Glendi, Sulla nuova disciplina della
tutela cautelare “pro fisco”, in GT Rivista di
giurisprudenza tributaria, 1999, 154; G. Falcone,
Ipoteca e sequestro a tutela del credito sanzionatorio,
in AA.VV., La riforma delle sanzioni amministrative
tributarie, G. Tabet (a cura di), Torino, 2000, 281.
2 Guardia di
finanza, circolare 7 aprile 2010, n. 1044961, in banca
dati fiscalitax online, in cui è sottolineato che allo
scopo dell’adozione delle misure cautelari in argomento
le indagini finanziarie possono essere attivate solo
dall’Agenzia delle entrate e non anche dalla Guardia di
finanza, le cui risultanze investigative sono comunque
utilizzabili dall’Agenzia allo scopo di individuare le
disponibilità finanziarie che possono essere oggetto di
applicazione delle misure.
3 R. Lupi, Manuale
giuridico professionale di diritto tributario, Roma,
2001, 410.
4 Agenzia delle
entrate, circolare 15 febbraio 2010, n. 4/E, in banca
dati il fiscovideo.
5 Guardia di
finanza, circolare 29 dicembre 2008, n. 158/INCC.
6 Guardia di
finanza, circolare 29 dicembre 2008, n. 158/INCC, cit.;
Agenzia delle entrate, circolare 15 febbraio 2010, n.
4/E, cit.
7 Si veda Guardia
di finanza, circolare 29 dicembre 2008, n. 158/INCC,
cit., che, in riferimento ai parametri di ordine
obiettivo, dà indicazioni tecniche a seconda che si
tratti di imprese in contabilità ordinaria, di imprese
in contabilità semplificata, di contribuenti non
percettori di redditi di impresa o esercenti arti e
professioni (conformemente, Guardia di finanza,
circolare 7 aprile 2010, n. 1044961, cit.).
8 Secondo Guardia
di finanza, circolare 7 aprile 2010, n. 1044961, cit.,
considerato che le misure cautelari risultano ora
applicabili (per espressa previsione normativa) anche
alle imposte e agli interessi, e non solamente alle
sanzioni, si rende necessario che la proposta di istanza
dell’organo investigativo venga inoltrata all’ufficio
dell’accertamento allorquando - in caso di identità tra
trasgressore e contribuente - i rilievi del processo
verbale di constatazione comportino nel contempo una
maggiore imposta superiore a euro centoventimila
(comprendente Iva, imposte dirette, Ires, ecc.) e
ritenute non operate in misura superiore a euro
sessantamila (si confronti Agenzia delle entrate,
circolare 15 febbraio 2010, n. 4/E, cit.).
9 La Guardia di
finanza, circolare 29 dicembre 2008, n. 158/INCC, cit.,
in ordine alle suddette situazioni fa riferimento, a
titolo di esempio: - al rilievo che può avere la natura
di evasore totale del contribuente verificato e al suo
coinvolgimento in meccanismi evasivi di particolare
fraudolenza; - alla constatazione di illeciti penali
tributari di peculiare offensività (quali l'emissione di
fatture per operazioni inesistenti o la dichiarazione
fraudolenta realizzata a mezzo di documenti non
veritieri); - alla sussistenza di precedenti specifici,
come pregresse insolvenze in occasione di procedimenti
esecutivi promossi da privati o da altri enti pubblici.
Nel documento di prassi sono sottolineate, infine,
particolari raccomandazioni affinché gli investigatori,
in caso di proposta di una misura cautelare, pongano
particolare cautela alla dettagliata indicazione in atti
dei presupposti di fatto e di diritto a giustificazione
dei requisiti richiesti allo scopo, oltre che agli
elementi patrimoniali sui quali, più agevolmente, può
essere garantito il credito erariale. Si confronti
Agenzia delle entrate, circolare 6 luglio 2001, n. 66/E,
in banca dati il fiscovideo (alla quale fa un dinamico
rinvio la citata Agenzia delle entrate, circolare 15
febbraio 2010, n. 4/E) che nel dettare istruzioni
operative, evidenzia l’importanza dell’apporto degli
adempimenti, volti alla pronta acquisizione degli
elementi probatori che giustifichino i presupposti, che
devono essere assicurati nel processo verbale di
constatazione dai verbalizzanti, i quali hanno una
visione diretta della realtà aziendale e possono
acquisire, in sede di ispezione, quei dati aggiornati
sulla situazione economica e patrimoniale del
contribuente che spesso non sono nella immediata
disponibilità degli uffici legittimati a chiedere, con
istanza motivata, al presidente della commissione
tributaria provinciale le misure in questione. Il
documento di prassi, quindi, pone l’attenzione sulla
necessità che nei casi di segnalazione agli uffici, il
processo verbale di constatazione indichi, altresì: - i
dati identificativi delle proprietà immobiliari e dei
beni mobili registrati del soggetto verificato; - le
eventuali iscrizioni già operate sui beni segnalati; -
gli eventuali maggiori debitori/clienti e gli eventuali
maggiori crediti del soggetto verificato, desunti dalla
sua contabilità. Inoltre, anche nel documento di prassi
de qua (analogamente a Guardia di finanza, circolare 29
dicembre 2008, n. 158/INCC, cit.) è sottolineato che,
indipendentemente dalla sussistenza dei citati
parametri, i verificatori che redigono il processo
verbale di constatazione possono ugualmente proporre
agli uffici la richiesta della misura cautelare,
allorché vengano constatate situazioni particolari di
pericolosità della condotta del contribuente, quali, per
esempio, la presentazione di dichiarazioni fraudolente
prevista dall'art. 2, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, o
l'emissione di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti di cui all'art. 8 dello stesso decreto
legislativo. Analoga segnalazione è suggerita qualora
vengano rilevate pregresse situazioni di insolvenza da
parte del contribuente, anche con riferimento a crediti
diversi da quelli tributari.
10 Agenzia delle
entrate, circolare 15 febbraio 2010, n. 4/E, cit.
L'art. 22, d.lgs.
472/1997 stabilisce che la misura cautelare possa essere
applicata non solo sui beni mobili, ma anche su quelli
immobili. È quindi possibile sottoporre a sequestro
anche l'azienda, quale complesso unitario. Inoltre,
dottrina e giurisprudenza (Comm. trib. prov. di Salerno,
5 luglio 1999, n. 111, in banca dati il fiscovideo)
ritengono che, in assenza di ogni previsione normativa,
l’istante debba indicare nella domanda i precisi beni
sui quali procedere al fine di consentire celermente al
debitore di muovere le dovute eccezioni di
impignorabilità; le stesse, unitamente all’istanza,
devono essere poste al vaglio della commissione
tributaria. Infatti, gli uffici della Conservatoria dei
registri immobiliari e l'ufficiale giudiziario possono
eseguire il sequestro a condizione che siano
precisamente individuati i beni da parte degli uffici
delle Entrate. Gli uffici delle Entrate, per i beni
immobili ed i beni mobili sottoposti a formalità in
pubblici registri, possono disporre un’istruttoria ad
hoc per verificare l'effettiva intestazione di detti
beni in capo al soggetto destinatario delle misure
cautelari ed accertare se lo stesso abbia assunto la
qualifica di avente causa di atti sottoposti a
registrazione, riguardanti beni immobili o diritti.
Attraverso le
visure presso gli uffici del Territorio, inoltre, è
possibile riscontrare la reale disponibilità giuridica
dei beni in capo al soggetto, l'effettiva consistenza e
l'eventuale presenza di ipoteche o pesi in genere.
11 È stato
osservato come tali misure in ambito tributario
costituiscano istituti autonomi con funzione che solo
impropriamente può ritenersi cautelare in quanto, in
buona sostanza, sono dirette a garantire il credito
erariale alla stessa stregua degli altri strumenti
speciali finalizzati a tale scopo. In questa maniera il
legislatore ha voluto creare meccanismi di garanzia
privilegiata a favore del fisco di modo che questo sia
tutelato nelle more dell’emissione di un atto
impositivo, allo scopo di evitare che il contribuente
possa effettuare atti dispositivi del proprio
patrimonio, o nell’eventualità che l’Amministrazione
debba concorrere con terzi debitori per rivalersi sul
patrimonio del debitore (E. Scano, Le misure cautelari
di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 472/1997: ipoteca e
sequestro conservativo, in il fisco, 2007, 3246).
12 In origine le
misure cautelari in ambito tributario erano disciplinate
dall’art. 26, l. 7 gennaio 1929, n. 4 (articolo abrogato
dall'art. 29, primo comma, lett. a), d.lgs. 472/1997).
Tra i contributi, nella vigenza di tale legge, B. Aiudi,
Le misure cautelari nel processo tributario: attualità
dell’art. 26 della l. 7 gennaio 1929, n. 4, in Boll.
trib., 1986, 782; C. Consolo, Tutela d’urgenza ex art.
700 del codice di procedura civile per rimuovere
l’ipoteca e/o il sequestro fiscale, in Rass. trib.,
1988, 267; S.M. Messina, L’ipoteca e il sequestro
conservativo nel diritto tributario, Milano, 1997.
13 Il riferimento è
a Guardia di finanza, circolare 29 dicembre 2008, n.
158/INCC, cit.; Guardia di finanza, circolare 27 agosto
2001, n. 261400; Guardia di finanza, circolare 25 marzo
1998, n. 107000, in banca dati il fiscovideo (abrogata
da Guardia di finanza, circolare 29 dicembre 2008, n.
158/INCC, cit.); Guardia di finanza, foglio d’ordine 27
ottobre 1986, n. 232000; Agenzia delle entrate,
circolare 6 luglio 2001, n. 66/E, cit.; Guardia di
finanza, circolare 15 febbraio 2010, n. 4/E, cit.
14 Si confronti
Guardia di finanza, circolare 27 agosto 2001, n. 261400,
cit., la quale, tra l’altro, nel precisare che accanto
all’autore della violazione propriamente inteso,
figurano, ora, anche i responsabili in solido ai sensi
dell’art. 11, primo comma, d.lgs. 472/97 o, nel caso di
responsabilità a titolo concorsuale, gli eventuali
concorrenti nell’illecito tributario, pone l’attenzione
sull’esigenza che in contesti del genere i verbalizzanti
procedano con dovizia e particolare accortezza allo
scopo di individuare esattamente tutti i responsabili
della violazione.
15 Si veda
l'abrogato art. 26, l. 4/1929, che così disponeva: << In
base al processo verbale di constatazione [di una
contravvenzione di competenza dell'intendente di finanza
o]* della violazione di una norma, per la quale sia
stabilita una pena pecuniaria, e quando vi sia pericolo
nel ritardo, l'intendente può chiedere al presidente del
tribunale competente l'iscrizione di ipoteca legale sui
beni del trasgressore, od anche l'autorizzazione di
procedere, a mezzo dell'ufficiale giudiziario, al
sequestro conservativo sui beni mobili del trasgressore
>>.
*Parte dichiarata
costituzionalmente illegittima con sentenza n. 60 in
data 27 marzo - 3 aprile 1969 della Corte
Costituzionale.
16 Cass., Sez.
trib., 28 gennaio 2010, n. 1838, documento reperito
all’indirizzo http://www.cortedicassazione.it; Comm.
trib. prov. di Genova, Sez. I, 26 novembre 1998, n. 249,
in banca dati il fiscovideo; Comm. trib. prov. di
Bologna, Sez. XV, 10 ottobre 1998, n. 1238, ivi.
17 Provvedimento
convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009,
n. 2.
18 Si confronti S.
Mogorovich, L’ipoteca e il sequestro conservativo, cit.,
11651.
In dottrina, in
relazione all’estendibilità dei crediti alle sanzioni,
alle imposte e accessori, Bonavitocala, Sequestro
conservativo: dopo che è intervenuto l’accertamento è
ancora ammissibile?, in Boll. trib., 2000, 1499 ss.;
Cantillo, Sequestro conservativo tributario, cit., 438;
F. Gallo, Una interessante sentenza sull'art. 22 del
d.lgs. 472/97, cit.
19 In dottrina, per
una limitazione dei crediti tributari alle sole
sanzioni, G. Falcone, Ipoteca e sequestro a tutela del
credito sanzionatorio, in AA.VV., La riforma delle
sanzioni amministrative tributarie, G. Tabet (a cura
di), cit.; F. Menti, Il processo verbale di
constatazione e le misure cautelari a tutela del credito
erariale, in Dir. prat. trib., 2004, 780 ss.; F.
Pistolesi, Ipoteca e sequestro conservativo, in Il nuovo
processo tributario, T. Baglione, M. Miccinesi, S.
Menchini (a cura di), Milano, 2004, 500 ss., P. Russo,
Manuale di diritto tributario. Il processo tributario,
Milano, 2005, 244 ss.; P. Biondo, Sull’applicazione
solamente ai crediti per sanzioni delle misure cautelari
ex art. 22 del d.lgs. n. 472 del 1997, in Rass. trib.,
2007, 1255 ss. (commento a Comm. trib. prov. di Genova,
15 novembre 2006, n. 369).
20 In
giurisprudenza la tesi restrittiva era avvalorata da
Comm. trib. prov. di Matera, 17 settembre 2002, n. 141,
in banca dati il fiscovideo; Comm. trib. prov. di
Milano, 23 aprile 2004, n. 41, ivi; Comm. trib. di prov.
Pesaro, 8 febbraio 2005, n. 51, in il fisco, 2005, 8223
ss., con nota di Pardi; Comm. trib. prov. di Bari, 20
aprile 2006, n. 72, in Rass. trib., 2006, 2149 ss.
In particolare, la
Comm. trib. prov. di Genova, 15 novembre 2006, n. 369,
in banca dati il fiscovideo, dopo aver così sintetizzato
le due contrapposte tesi fino allora dibattute: << a.
(…) il sostenere l’applicabilità delle misure cautelari
fiscali esclusivamente alle sanzioni pecuniarie comporta
il privare, in maniera illogica, di siffatta tutela
preventiva (eventualmente lasciando sopravvivere una
tutela minore) proprio il credito tributario, accertato
talvolta (…) contestualmente all’atto di irrogazione
delle sanzioni amministrative; b. (…) l’interpretazione
estensiva è contraria al dettato normativo, il quale
prevede il reinserimento del citato art. 22, in un
decreto legislativo che, conformemente alla legge di
delega, ha per oggetto la disciplina generale delle
sanzioni amministrative in materia tributaria, come
fatto palese dall’art. 1 e dalla stessa intitolazione
dell’intero provvedimento normativo: ragion per cui il
credito di imposta non può assolutamente essere inserito
nella categoria concettuale delle sanzioni >>, aderiva
alla tesi per ultimo riassunta (supra, lett. b.), non
escludendo, tuttavia, nella scelta del legislatore un
qualche elemento di irragionevolezza desumibile dallo
stesso dato normativo, comunque - a detta dei giudici
liguri - attenuabile se si ammette che il fisco possa <<
(…) garantirsi mediante l’iscrizione, nei ruoli
straordinari, di imposte, sanzioni e interessi (come
stabilito negli artt. 11 e 15-bis, d.lgs. 602/1973),
oppure domandando, in via cautelare, l’autorizzazione ad
effettuare il sequestro conservativo dei beni del
debitore ex artt. 669-bis e seguenti del codice di
procedura civile, inoltrando apposita istanza al giudice
tributario al quale incombe applicare, in quanto
compatibili, le norme del codice di procedura civile >>
(per un commento alla sentenza, P. Biondo,
Sull’applicazione solamente ai crediti per sanzioni
delle misure cautelari ex art. 22 del d lgs. n. 472 del
1997, cit., 1262). I giudici, in buona sostanza, pur
ammettendo la domanda cautelare nella sola parte
riguardante l’importo del credito riferito alle
sanzioni, criticavano il dato normativo e denotavano
irragionevolezza nella legge e, per questo motivo,
apparivano propensi ad intravedere, attraverso il
ricorso a strumenti giuridici alternativi, margini di
tutela per il pubblico erario finalizzati a colmare, o
almeno ad attenuare una lacuna di settore palesata
dall’art. 22, d.lgs. 472/1997. Uno spiraglio importante
quello dei giudici liguri i quali, attraverso una via
indiretta, sembravano propendere, in definitiva, per la
conclusione cui giungevano i fautori dell’avversa
posizione, ossia coloro che sostenevano la tutela
cautelare a << tutto campo >>, con l’inclusione
nell’oggetto della misura anche dell’imposta evasa e
degli interessi.
21 In questo senso,
e per un approfondimento, P. Biondo, Sull’applicazione
solamente ai crediti per sanzioni delle misure cautelari
ex art. 22 del d.lgs. n. 472 del 1997, cit., 1260 ss. In
giurisprudenza, Comm. trib. prov. di Bari, 20 aprile
2006, n. 72, cit.
22 In argomento, G.
Falcone, Ipoteca e sequestro a tutela del credito
sanzionatorio, in AA.VV., La riforma delle sanzioni
amministrative tributarie, G. Tabet (a cura di), cit.
23 C. Ferrari, I.M.
Ruggeri, Sequestro conservativo: richiesta di
autorizzazione a procedere e necessarietà della
motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in
mora e del fumus boni iuris, quali condizioni necessarie
ed indefettibili per l'attivazione della misura
cautelare, in il fisco, 2007, 2035 ss.
24 Di contrario
avviso, invece, S. Servidio, Le misure cautelari nel
procedimento tributario, in banca dati il fiscovideo. Si
confronti G. Ingrao L'ambito oggettivo di applicazione
delle misure cautelari di cui all'art. 22 del d.lgs. n.
472/1997: una proposta, in il fisco, 2001, 14235.
25 Si veda Comm.
trib. prov. di Cagliari, 12 giugno 2001, n. 248, in
banca dati il fiscovideo ; Comm. trib. prov. di Pesaro,
8 febbraio 2005 n. 51, cit.; Comm. trib. prov. di
Salerno, 19 giugno 1999, n. 31, ivi.
26 È noto che il
bilancio di esercizio costituisce il risultato finale di
un insieme di operazioni amministrative che tipizzano la
vita aziendale. Esso trova essenziale punto di
riferimento nelle scritture contabili che testimoniano,
per così dire, i singoli atti gestionali dell’azienda.
Tali scritture devono essere tenute dalle imprese nel
rispetto della disciplina civilistica, tributaria e di
quella introdotta da norme speciali. Indipendentemente
dall’ammontare del proprio volume d’affari, le società
di capitali (s.p.a., s.r.l., s.a.p.a.) adottano la
contabilità ordinaria che implica l’obbligo di redazione
e conservazione delle seguenti scritture contabili: - un
libro degli inventari; - un libro giornale; - il
registro dei beni ammortizzabili (in alcuni casi
facoltativo); - i registri Iva; - il registro
riepilogativo di magazzino (in alcuni casi facoltativo);
- le scritture ausiliari recanti elementi reddituali e
patrimoniali raggruppati per categorie omogenee (il
cosiddetto registro mastro); - i libri sociali (verbali
di assemblee, delibere del consiglio di amministrazione,
libro soci, ecc.); - i registri previsti dalla normativa
sul lavoro (libro matricola, libro paga, libro
infortuni). Le società di persone commerciali (s.n.c.,
s.a.s., e gli altri soggetti equiparati dall’art. 5,
d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 - Testo unico delle
imposte sui redditi - ) possono essere ammesse a due
regimi contabili: - al regime di contabilità ordinaria,
che implica, come visto, la tenuta delle citata
scritture contabili; - al regime della contabilità
semplificata che, in aderenza alla stessa denominazione,
consente una maggiore snellezza burocratica in tema di
tenuta delle scritture.
27 Si veda Agenzia
delle entrate, circolare 6 luglio 2001, n. 66/E, cit.
28 Parte della
dottrina ritiene che la natura non provvedimentale del
processo verbale di constatazione implica che esso non
debba essere notificato a pena di invalidità secondo le
formalità di rito. Al riguardo si veda E. Scano, Le
misure cautelari di cui all’art. 22 del d.lgs. n.
472/1997: ipoteca e sequestro conservativo, cit., in cui
l’Autore, a supporto della posizione che rigetta la
necessità della notifica de qua, propone una
condivisibile considerazione: nella prassi, il
contribuente firma sia i verbali giornalieri (in cui
quotidianamente vengono descritte le operazioni svolte
durante l’attività ispettiva), sia l'intero verbale di
constatazione; riceve copia del primo giornalmente e,
del secondo, al termine della verifica; in entrambi i
casi brevi manu. Quando ciò avviene, nella sostanza
risulta ultronea una notifica di un atto di cui già il
contribuente ne ha copia e che peraltro ha sottoscritto
in presenza dei pubblici ufficiali che lo hanno redatto.
L’Autore, inoltre, precisa che su questo ordine di idee
si è allineata la giurisprudenza che ha equiparato la
consegna del processo verbale di constatazione alla
notifica al contribuente, indipendentemente
dall'osservanza degli adempimenti formali prescritti per
le notificazioni in generale, e ciò in virtù
dell’asserzione secondo cui la << notifica >>, indicata
nel d.lgs. 472/1997 e riferita ad un atto non
impugnabile, non può avere lo stesso significato che ha
nel codice di procedura civile o nel d.lgs. 546/1992, in
cui è disciplinata l'impugnazione degli atti e la
trattazione delle controversie che con l'impugnazione
hanno inizio. Tra l’altro, l’assunto è in linea con
l’importante generale principio, particolarmente sentito
ultimamente in ambito tributario, della prevalenza della
sostanza sulla forma: qui, in sostanza, il contribuente
è in possesso di un atto ricevuto attraverso le modalità
anzidette.
Sul punto
l’Amministrazione finanziaria ha assunto una posizione
imperniata su un’interpretazione rigidamente letterale
del dato normativo, pretendendone la notifica attraverso
le modalità di rito, confortata anche dall’Avvocatura
generale dello Stato che, con nota n. 001539 del 7
gennaio 2000, in banca dati il fiscovideo, ha chiarito
la propria posizione imperniata sull'impossibilità di
assimilare alla notifica in senso tecnico qualunque
altra forma di comunicazione degli atti. Per un
approfondimento della tematica, C. Ferrari, I.M.
Ruggeri, Sequestro conservativo: richiesta di
autorizzazione a procedere e necessarietà della
motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in
mora e del fumus boni iuris, quali condizioni necessarie
ed indefettibili per l'attivazione della misura
cautelare,cit. Si confronti, inoltre, Buzzone,
Notificazioni e comunicazioni degli atti tributari,
Padova, 2006.
29 C. Ferrari, I.M.
Ruggeri, Sequestro conservativo: richiesta di
autorizzazione a procedere e necessarietà della
motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in
mora e del fumus boni iuris, quali condizioni necessarie
ed indefettibili per l'attivazione della misura
cautelare, cit.
30 Comm. trib.
prov. di Nuoro, 22 novembre 2001, n. 276, in il fisco,
2002, 2858.
31 Sulla
motivazione dell’avviso di accertamento in relazione
agli atti dell’attività investigativa, in genere, R.
Schiavolin, voce Poteri istruttori dell’Amministrazione
finanziaria, in Dig. disc. priv. Sez. comm., XI, 1995,
201; F. Moschetti, Avviso di accertamento tributario e
garanzie del cittadino, Padova, 1984 e, dello stesso
Autore, I processi verbali tributari: atti di certezza
pubblica o dichiarazioni di giudizio?, cit.; D.
Stevanato, Il ruolo del processo verbale di
constatazione nel procedimento accertativo dei tributi,
in Rass. trib., 1990, I, 472 e, dello stesso Autore,
Vizi dell’istruttoria ed illegittimità dell’avviso di
accertamento, ivi, 1990, II, 87; G. Vanz, Motivazione
dell’avviso di accertamento per relationem a verbale di
constatazione della polizia tributaria. Necessità di
preventivo vaglio critico da parte dell’ufficio
impositore, in Rass. trib., 1999, 1784; I. Manzoni,
Potere di accertamento e tutela del contribuente,
Milano, 1993, 150; G. Porcaro, Mancata allegazione del
processo verbale di constatazione: effetti sulla prova e
motivazione dell’accertamento, in Rass. trib., 2001, 87;
A. Voglino, La motivazione per relationem dell’atto
impositivo quale non infrequente sintomo del vizio
derivante dalla rinuncia dell’ufficio finanziario al
potere dovere di valutazione critica propria degli
elementi posti a fondamento della pretesa impositiva, in
Boll. trib., 1992, 1693.
32 In questo senso,
G. Liccardo, Attività investigativa e funzione
accertativa, cit., 938. Sulla tematica, C. Glendi,
Accertamento e processo, in Boll. trib., 1986, 771; R.
Lupi, Metodi induttivi e presunzione nell’accertamento
tribuatario, Milano, 1988, 292.
33 Si confronti
Agenzia delle entrate, circolare 6 luglio 2001, n. 66/E,
cit.
34 In dottrina (E.
Scano, Le misure cautelari di cui all'art. 22 del d.lgs.
n. 472/1997: (ipoteca e sequestro conservativo), cit.) è
rilevato che a differenza di quanto accade nel giudizio
civile, la richiesta del sequestro conservativo in
ambito tributario è riconducibile ad atti ben
individuati (e motivati) provenienti
dall’Amministrazione e dunque consegue ad una << già
effettuata >> valutazione del fisco in ordine alla
pretesa tributaria. In questa direzione è stato avanzata
la riflessione per cui il vaglio in concreto
dell’esistenza del fumus da parte della commissione
tributaria, allo scopo di concedere l’autorizzazione
all’adozione dell’istituto cautelare, nella sostanza
sarebbe la duplicazione di una valutazione già
effettuata da un’altra autorità pubblica e rischierebbe,
tra l’altro, di anticipare il giudizio di merito della
controversia tributaria in assenza delle dovute garanzie
che tipizzano, invece, il processo tributario, ma che
esulano dalla disciplina prevista dall’art. 22, comma 1,
caratterizzata da una sostanziale sommarietà della
procedura cautelare (in questo senso, A. Buscema, E. Di
Giacomo, Il processo tributario, Milano, 2004, 551). |