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Le invenzioni biotecnologiche
Negli ultimi decenni, lo sviluppo
delle biotecnologie1 ha aperto la strada verso nuovi
settori della ricerca, delineando campi di applicazione
e raggiungendo obiettivi sempre più coraggiosi.
La Convenzione sulla Diversità
Biologica (CBD) ONU adottata a Nairobi il 22 maggio 1992
e ratificata da 188 Paesi, definisce la biotecnologia
come l'applicazione tecnologica che si serve dei sistemi
biologici, degli organismi viventi o di derivati di
questi per produrre o modificare prodotti o processi per
un fine specifico.
In particolare, le prospettive più
allettanti si possono rintracciare, da un lato, nel
campo della medicina e della farmacologia, in ragione
del fatto che le biotecnologie, una volta decodificato
il genoma dell’agente patogeno (virus, batterio o altro
microrganismo), consentono di realizzare vaccini e kit
diagnostici; inoltre, le biotecnologie permettono di
ottenere risultati sorprendenti per il trattamento di
patologie genetiche, quali diabete, emofilia e sclerosi
multipla: infatti, una volta individuato il gene o i
geni la cui malformazione provoca la patologia, si
possono raggiungere esiti importanti, ergo molti sono
stati già raggiunti, e si consente di aprire la via alla
ricerca delle tecniche di intervento.
Da un altro lato, la ricerca
biotecnologica ha consentito di aprire nuovi scenari
quali, in primis, quello delle cellule staminali;
infatti, si è scoperto che le cellule degli embrioni dei
mammiferi possono essere coltivate in vitro così da
proliferare indefinitamente in uno stato indifferenziato
e ciò risulta avere potenzialità enormi, e sul piano
della diretta applicazione terapeutica, e su quello
della individuazione di nuovi farmaci.
Da un altro lato ancora, poi,
nell’ambito dell’agricoltura e dell’allevamento, si è
reso possibile ottenere nuove varietà di piante e razze
animali dotate di maggiore produttività, resistenza a
stress ambientali e ad agenti patogeni, nonché capacità
di vivere e produrre in condizioni climatiche diverse da
quelle della specie di origine, fornendo prodotti dotati
di una maggiore durata.
Infine, le biotecnologie promettono
risultati importanti nei campi della creazione di nuovi
materiali, dello smaltimento dei rifiuti e delle fonti
di energia.
Quello delle biotecnologie, dunque,
è un ambito che, sebbene presenti amplissimi scenari di
sviluppo e numerose opportunità di progresso, apre la
strada ad accesi dibattiti, poiché tocca settori molto
delicati; pertanto, neppure le convenzioni
internazionali, né le direttive emanate in ambito
comunitario hanno potuto porre in essere una
regolamentazione della materia scevra dalle implicazioni
di natura etica che la stessa porta con sé.
La complessa materia delle
biotecnologie è regolamentata in Europa dalla Direttiva
98/44/CE, adottata formalmente dal Consiglio il 6 luglio
1998 ed entrata in vigore il 30 luglio 19982.
La legge 78/2006, legge di
recepimento in Italia della direttiva di cui sopra, ha
introdotto nel nostro Ordinamento il principio della
brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche.
Il brevetto, infatti, è stato
ritenuto lo strumento migliore per la protezione delle
invenzioni industriali e quindi anche di quelle
biotecnologiche. Come precisa la stessa direttiva al
considerando n. 8, «la protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche, non richiede la creazione di
un diritto specifico che si sostituisca al diritto
nazionale in materia di brevetti; il diritto nazionale
in materia di brevetti rimane il riferimento
fondamentale per la protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche». Pertanto, in Italia, la
disciplina organica sui brevetti è contenuta nel codice
civile3 e nel D. Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, Codice
della Proprietà Industriale4.
Tralasciando le questioni relative
alla protezione giuridica delle invenzioni
biotecnologiche, nonché quelle relative al campo di
applicazione della protezione brevettuale ed ai suoi
limiti, l'obiettivo è quello di focalizzare l'attenzione
su ciò che attiene alla circolazione del brevetto e dei
diritti di sfruttamento dell'invenzione nascenti dal
medesimo.
Mi sembra opportuno ricordare in
questa sede che, attraverso il brevetto si rende di
pubblico dominio il contenuto di un'invenzione e si
conferisce all'inventore un monopolio, limitato nel
tempo e nel luogo, sullo sfruttamento dell'invenzione
stessa5.
I diritti di sfruttamento
dell'invenzione biotecnologica consistono, pertanto,
nella opportunità, concessa dalla tutela brevettuale, di
escludere terzi dall'attuazione della stessa e dal
diritto di trarne profitto nel territorio dello stato
concedente, nei limiti previsti dalla legge.
In particolare, ai sensi dell'art.
1-bis del R.D. 1127/39, il brevetto conferisce al
titolare i seguenti diritti esclusivi:
a) se oggetto del brevetto è un
prodotto, il diritto di vietare ai terzi, salvo suo
consenso, di produrre, usare, mettere in commercio,
vendere o importare a tali fini il prodotto in
questione;
b) se oggetto del brevetto è un
procedimento, il diritto di vietare ai terzi, salvo suo
consenso, di applicare il procedimento, nonché di usare,
mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il
prodotto direttamente ottenuto con il procedimento in
questione.
Tuttavia, è opportuno tenere
presente che, con riferimento specifico alle invenzioni
biotecnologiche, la L. 78/2006, proprio in
considerazione della delicatezza della materia, ha
introdotto per l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, in
sede di valutazione della brevettabilità delle
invenzioni biotecnologiche, la possibilità di chiedere
un parere al Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le
Biotecnologie, istituito nel 1992 presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri.
La possibilità di richiedere tale
parere è stata inserita per garantire l'effettiva
esclusione dalla brevettabilità di quelle invenzioni il
cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità
umana, all'ordine pubblico e al buon costume, alla
tutela della salute e della vita delle persone e degli
animali, alla preservazione dei vegetali e della
biodiversità ed alla prevenzione di gravi danni
ambientali6.
La circolazione dei diritti sulle
invenzioni biotecnologiche
I diritti patrimoniali e di
sfruttamento che hanno ad oggetto le invenzioni
biotecnologiche posso essere oggetto di trasferimento.
Gli stati membri dell'U.E., come si è detto ut supra,
proteggono le invenzioni biotecnologiche tramite il
diritto nazionale dei brevetti7.
La circolazione del brevetto può
avvenire attraverso qualsiasi negozio giuridico in grado
di produrre effetti traslativi secondo i principi
generali di diritto privato8, pertanto, i diritti
patrimoniali e di sfruttamento delle invenzioni
biotecnologiche sono trasferibili sia, mortis causa, che
inter vivos, indi, a titolo oneroso o gratuito. Gli atti
traslativi del diritto di brevetto tra vivi sono
generalmente riconducibili ai modelli della cessione o
della licenza.
Per ciò che attiene alla forma dei
contratti di cui sopra, è pacifico ritenere che si
tratti di contratti a forma libera, pertanto
perfezionabili validamente anche in forma orale.
Tuttavia è bene precisare che, nella prassi, i contratti
di cessione a titolo oneroso e quelli di licenza di
brevetto sono stipulati in forma scritta, in relazione
alla complessità insita alla formulazione dell'accordo.
Inoltre, la forma scritta è necessaria ai fini della
trascrizione: per rendere opponibile a terzi l'atto di
cessione o di licenza è infatti necessario che, da un
lato l'atto di cessione o di licenza risulti redatto
nelle forme di atto pubblico o scrittura privata
autenticata e che, dall'altro lato, venga trascritto nel
registro dei brevetti presso l'U.I.B.M.
La cessione del brevetto
Attraverso la cessione del
brevetto, il cedente ne trasferisce la titolarità a
favore di un altro soggetto, il cessionario; essa può
essere posta in essere a titolo di vendita, permuta,
donazione, conferimento in società, tutti negozi la cui
disciplina applicabile è ricavabile dalle norme di
diritto civile.
Anche la cessione del diritto al
brevetto conferisce all'avente causa che ponga in essere
la brevettazione la facoltà esclusiva di attuare e di
godere dell'invenzione ai sensi dell'art. 2584 c.c. Tale
facoltà non può essere limitata pattiziamente in modo
tale da scindere la titolarità del brevetto così
registrato dalla posizione di titolare del diritto di
sfruttamento dello stesso9.
La licenza di brevetto
Con il contratto di licenza di
brevetto, la titolarità del diritto rimane in capo al
licenziante, il quale attribuisce al licenziatario il
diritto di sfruttare economicamente l'invenzione10.
Non è detto che il contratto di
licenza debba essere necessariamente a titolo oneroso11,
infatti, il pagamento di un corrispettivo sotto forma di
canone periodico, royalties o pagamento una tantum
fissato in una somma a forfait, non è condizione
necessaria ai fini della validità del contratto
medesimo.
La stipulazione di licenze
gratuite, infatti, può giovare al licenziante che voglia
avvalersi della collaborazione del licenziatario per
diffondere una invenzione che risulta poco appetibile
sul mercato o ancora sconosciuta. Giova all'uopo
sottolineare che il contratto di licenza di brevetto è
un contratto normativamente atipico, in quanto non
espressamente definito dall'ordinamento civilistico, ma
rimesso all'autonomia delle parti che ne definiscono il
contenuto nel rispetto delle norme imperative. Tuttavia,
nella prassi e secondo l'opinione prevalente, il
contratto in esame è da considerarsi socialmente
tipizzato, in quanto presenta una serie di clausole
ricorrenti e standardizzate anche a livello
internazionale12.
Le licenze esclusive
Tra le clausole ricorrenti nei
contratti di licenza, risulta assolutamente frequente la
c.d. clausola di esclusiva, con la quale il licenziante
si priva egli stesso della facoltà di cedere a terzi
altre licenze e a non attuare direttamente l'invenzione
nel territorio riservato al licenziatario, così
lasciando a soltanto a quest'ultimo il legittimo potere
di utilizzare l'invenzione brevettata. In questo caso,
però, incombe sul licenziatario l'obbligo di attuare
effettivamente l'invenzione13, per non far correre al
titolare del brevetto il rischio di essere obbligato a
cedere una licenza obbligatoria per mancata attuazione
del brevetto. In ogni caso, in capo al licenziante
rimangono tutta una serie di poteri come ad esempio il
diritto di valersi del diritto di proprietà per
estendere il brevetto; la legittimazione dell'azione di
contraffazione contro gli utilizzatori non autorizzati
del brevetto; il diritto di usufruire delle priorità
convenzionali in ordine al deposito della domanda di
brevetto in altri Stati; l'obbligo di pagamento delle
tasse14, nonché, ovviamente, l'automatico riacquisto
della pienezza del diritto alla scadenza del contratto
di licenza.
Nel sistema delle licenze
esclusive, il licenziatario può, comunque, essere
soggetto a limitazioni e restrizioni in riferimento a
vari aspetti relativi al diritto di sfruttamento
economico dell'invenzione.
Tali limitazioni possono riguardare
il tempo, il luogo, oppure tipologia, destinazione o
altre caratteristiche tecniche dei prodotti. Queste
restrizioni pongono tuttavia problemi di compatibilità
con la disciplina antitrust15, specialmente se riferite
alla quantità di prodotti che il licenziatario può
fabbricare.
Con riferimento alla restrizione
territoriale, degna di nota è la circostanza che questa
può essere negoziata in due diverse modalità: da un
lato, può accadere che il licenziante non attui
l'invenzione, né conceda a terzi ulteriori licenze su
alcun territorio al di fuori di quello dell'esclusiva;
dall'altro lato, può capitare che il licenziante attui
l'invenzione direttamente o attraverso licenziatari
paralleli su territori esterni a quelli riservati
all'esclusivista. In quest'ultima ipotesi, che peraltro
risulta essere la più ricorrente, si pongono due ordini
di problemi, per un verso, quello relativo alla
protezione territoriale che il licenziatario può vantare
nel territorio coperto dall'esclusiva, vietando
l'importazione in quella zona, dei prodotti esteri
fabbricati dal titolare del brevetto o dai licenziatari
paralleli; per un altro verso, quelli relativi alle
ripercussioni che un simile divieto comporterebbe, in
considerazione dei principi di libera circolazione delle
merci nella CE e del diritto antitrust comunitario. Ed
in effetti, permettendo ai licenziatari paralleli la
facoltà di esportare i prodotti fabbricati sfruttando il
brevetto anche negli altri territori coperti
dall'esclusiva, la protezione offerta al licenziatario
sarà minima, coprirà, cioè, soltanto la produzione e non
anche la commercializzazione dell'invenzione.
Invece, nell'ipotesi in cui la
licenza esclusiva implichi l'obbligo, per il licenziante
e gli eventuali altri licenziatari paralleli, di non
fabbricare e di non importare i beni protetti nel
territorio della licenza esclusiva, quest'ultima sarà
estesa anche alle importazioni dirette; con una
precisazione: occorre, infatti, che i licenziatari
paralleli siano obbligati contrattualmente a non
effettuare questo tipo di importazioni, in quanto, in
mancanza di un simile impegno espresso, il licenziatario
esclusivista potrà lamentare soltanto l'inadempimento
contrattuale del licenziante che ha concesso licenze
parallele in assenza di una specifica pattuizione di
divieti di importazione.
Da ultimo, può essere riconosciuta
al licenziatario esclusivista una protezione
territoriale assoluta. In quest'ultimo caso la
protezione verrà estesa, oltre che alle importazioni
dirette del licenziante e dei licenziatari paralleli,
anche a quelle indirette, cioè quelle dei rispettivi
aventi causa acquirenti dei prodotti brevettati. In
questa ipotesi, si intuisce, il contrasto con i principi
comunitari di libera circolazione delle merci e con il
diritto antitrust è massimo, o almeno lo è quando
riguarda le importazioni di prodotti all'interno
dell'U.E.
La diffusione della proprietà
industriale, in particolare quella brevettata, è
essenziale per facilitare la concorrenza, a fortiori se
si considera che il detentore di diritti di proprietà
industriale gode di un monopolio legale su tali diritti.
La Comunità Europea ha voluto
disciplinare gli aspetti rilevanti ai fini antitrust
degli accordi di licenza emanando appositi regolamenti
di esenzione, come il Reg. n. 240/96/CE, il quale copre
sia le licenze di brevetto che di know how originale. Il
nodo centrale del regolamento di esenzione è
rappresentato proprio dalla protezione territoriale, che
garantisce alle parti dell'accordo lo sfruttamento
esclusivo della tecnologia oggetto della licenza
nell'ambito di un determinato territorio. Pertanto,
sulla base dell'esenzione, appaiono ammissibili tutta
una serie di restrizioni, sebbene entro determinati
limiti e condizioni, anche temporali, stabiliti dal
Regolamento16.
Le licenze d'uso non esclusivo
Quando il licenziante non rinuncia
al diritto di sfruttare personalmente e direttamente
l'invenzione, si parla di licenza di mero uso. In questa
ipotesi il contratto è da intendersi non esclusivo. In
ogni caso, il licenziatario non può ritenersi
autorizzato a stipulare contratti di sub-licenza senza
il consenso espresso dal licenziante, ferma restando la
facoltà di cedere il contratto di licenza, che rimane
regolata dalle disposizioni degli artt. 1406 e ss. del
c.c.
Ad ogni modo, è pacifico che,
qualora il licenziatario ecceda i limiti
contrattualmente fissati dalla licenza, il licenziante
sia legittimato ad agire in contraffazione contro il
licenziatario17, nonché, a fortiori, con l'azione di
inadempimento contrattuale18.
Altri obblighi, unilaterali o
reciproci che posso essere inseriti nel contratto di
licenza, possono riguardare ad esempio la comunicazione
del know how19, la collaborazione, l'istruzione, la
preparazione, l'assistenza,...20
Parte della dottrina21 ha sostenuto
che, nell'ipotesi di un contratto di licenza che abbia
ad oggetto prestazioni reciproche come quelle sopra
indicate, la licenza strictu sensu intesa può assumere
un'importanza marginale, al punto da sostenere che non
si possa parlare di vera e propria licenza quando il
contratto impegna il licenziatario a svolgere attività
di sperimentazione preliminari allo sfruttamento
dell'invenzione, avvalendosi anche della collaborazione
della controparte.
Le licenze obbligatorie
Si tratta di strumenti atti a
limitare i poteri del titolare di un brevetto, è infatti
considerata dalla più autorevole dottrina come lo
strumento di repressione dei possibili abusi del
titolare del brevetto «che introduce una limitazione
nevralgica alla sfera di poteri del titolare del
brevetto»22, ragione per la quale alcuni importanti
Paesi della Comunità internazionale tra cui figurano, in
primis, gli USA, hanno sempre rifiutato l'inserimento di
regole sulla licenza obbligatoria nel diritto dei
brevetti, ma, come nel caso degli USA, sono poi i paesi
che, di fatto, concedono il numero più alto di licenze
obbligatorie, sia pure procedendo sulla base del diritto
antitrust.
Appare comunque interessante notare
che, nonostante lo strumento della licenza obbligatoria,
sia, ad oggi, il solo strumento, o comunque quello più
adeguato, per risolvere i problemi relativi alla
garanzia di un accesso più ampio, a livello
trasnazionale, ai prodotti biotecnologici coperti da
brevetto, lo stesso, tuttavia, non è in grado di
gestire, da un lato, l'ipotesi in cui non esista tout
court alcun produttore che possa proporsi come
licenziatario; dall'altro lato, i casi in cui il paese
che aspira alla licenza non sia in grado di pagare alcun
canone, per il semplice motivo che la licenza
obbligatoria è necessariamente disposta a titolo
oneroso.
Disciplinate dagli artt. 70 e 71
del c.p.i le licenze obbligatorie risultano essere di
due tipi: quelle per mancata o insufficiente attuazione
del brevetto e quella relativa all'invenzione
dipendente23.
Per ciò che attiene la licenza
obbligatoria per mancata attuazione, l'art. 70 c.p.i.
prevede il rilascio di una licenza obbligatoria nel caso
in cui l'attuazione dell'invenzione, per oltre un
triennio, manchi o risulti in grave sproporzione con i
bisogni del Paese, per cause imputabili direttamente
alla volontà del titolare del brevetto24. Pertanto, al
contrario, se la mancata attuazione dell'invenzione
risulta giustificata da cause indipendenti dalla volontà
del titolare25, la legge consente di evitare la
concessione di una licenza obbligatoria. Tuttavia, le
sole cause che consentono l'eccezione sarebbero
rintracciabili negli elevati tempi tecnici necessari
all'attuazione industriale dell'invenzione,
nell'assoluta mancanza di domanda sul mercato mondiale,
nell'esistenza di contraffazioni tali da rendere non
economica la realizzazione dell'invenzione da parte del
titolare26.
Le licenze obbligatorie
nell'ipotesi di brevetto dipendente, ricorrono
nell'ipotesi in cui il titolare del brevetto rifiuti di
dare in licenza a condizioni eque l'invenzione a chi è
titolare di un successivo brevetto dipendente, cioè un
brevetto che richiede necessariamente l'utilizzo, totale
o parziale, della precedente invenzione brevettata per
la sua attuazione. Presupposto necessario è quindi la
circostanza che la seconda invenzione costituisca,
rispetto alla precedente, un importante progresso
tecnico di considerevole rilevanza economica.
Il nodo centrale della questione,
dunque, è da rintracciarsi nel concetto di “dipendenza”
intesa nel senso che deve considerarsi dipendente
l'invenzione che non possa essere utilizzate senza
arrecare pregiudizio ai diritti relativi ad un brevetto
concesso in base a domanda precedente27.
In generale si è visto sopra che,
il diritto di chiedere e ottenere una licenza
obbligatoria dipendente è subordinato al fatto che la
seconda invenzione costituisca un importante progresso
tecnico di considerevole importanza economica; in
particolare, nel settore delle biotecnologie, delimitare
con precisione questo concetto risulta di palmare
difficoltà, data la sua indeterminatezza e selettività.
In questi settori, infatti, il progresso portato da
un'invenzione non sempre risulta evidente e tangibile ai
più. In dottrina si è parlato in proposito di
innovazioni incrementali, le quali si sviluppano in modo
continuativo e graduale.
I diritti di sfruttamento delle
varietà vegetali: il Reg. 2100/94/CE ed il sistema di
privative
Nell'ambito delle licenze
obbligatorie in materia di invenzioni biotecnologiche e
con specifico riferimento ai diritti di sfruttamento
delle varietà vegetali, il Reg Ce n. 2100/94, all'art.
1, istituisce un sistema di privative comunitarie come
unica forma di proprietà industriale comunitaria.
All'art. 5 dello stesso regolamento
viene fornita la definizione di varietà vegetale come
taxton botanico (…) definito mediante l'espressione
delle caratteristiche risultante da un genotipo o da un
insieme di genotipi. Una varietà vegetale è pertanto, un
sottoinsieme di una specie vegetale definita da
caratteri ereditari, distinguibile da altri sottoinsiemi
della stessa specie vegetale per almeno un carattere e
in grado di riprodursi. È chiaro, quindi, il riferimento
alla componenti genetiche della varietà e il richiamo
alle tecnologie di modifica di tale patrimonio
attraverso le biotecnologie.
Le privative comunitarie comportano
una serie di divieti in capo ai terzi e la possibilità
per il titolare di riservarsi gli atti di produzione o
riproduzione, messa in vendita e commercializzazione in
ordine a vegetali interi o parti di vegetali
appartenenti alla varietà. Si intuisce come il contenuto
dell'esclusiva proprio delle privative possa essere in
parte assimilato a quello dell'esclusiva in materia di
brevetti di prodotto. Tuttavia è bene precisare che si
tratta di due protezioni sostanzialmente diverse, in
quanto la protezione brevettuale è concessa sul
presupposto dell'attività inventiva, mentre la privativa
concede una protezione limitata a vietare
l'utilizzazione non autorizzata di materiale proveniente
da piante della varietà protetta e non lo sviluppo di
piante che abbiano analoghe caratteristiche anche
attraverso lo sviluppo di un processo di selezione che
parta da materiale non protetto28.
La protezione della privativa si
estende alle attività commerciali relative alla varietà
protetta, ma non anche agli usi privati o a quelli
sperimentali e neanche all'uso finalizzato
all'ottenimento di nuove varietà29.
La licenza obbligatoria incrociata
al titolare di brevetto e al costitutore di varietà
vegetali
L'art. 81 octies c.p.i.30
disciplina una tipologia di licenza assimilabile alla
licenza obbligatoria per dipendenza. La ratio della
licenza è quella di evitare che l'attività di
costitutori31 di varietà vegetali possa essere limitata
o impedita dall'esistenza di una privativa brevettuale e
che i certificati varietali possano limitare lo
sfruttamento commerciale delle invenzioni
biotecnologiche.
L'art. 12 della Direttiva 98/44CE,
disciplina il c.d. Privilegio del Costitutore, o
“breeder exemption” che implica la possibilità, per il
costitutore che non può ottenere o sfruttare
commercialmente una privativa sui ritrovati vegetali
senza violare un brevetto precedente, di chiedere una
licenza obbligatoria per lo sfruttamento non esclusivo
dell'invenzione protetta da brevetto, dietro pagamento
di un canone adeguato, sempre che tale licenza sia
necessaria allo sfruttamento della varietà vegetale da
proteggere.
La licenza obbligatoria in esame
comporta l'automatica possibilità di ottenere una
licenza sul prodotto, che, comunque, verrà ottenuto dal
licenziatario a nome del licenziante. Si tratta ad ogni
modo di una licenza di tipo non esclusivo e, come per le
licenze obbligatorie dipendenti, occorre che i titoli di
privativa siano stati rilasciati, che il richiedente
fornisca all'UIBM la prova del fallimento di un
negoziato con il titolare del brevetto finalizzato
all'ottenimento di una licenza contrattuale e che
l'oggetto la cui attuazione è impedita rappresenti un
progresso tecnico significativo e abbia considerevole
valore economico rispetto all'oggetto protetto o alla
varietà vegetale rivendicata dal brevetto del
licenziante.
Gli stessi diritti vengono
riconosciuti, dallo stesso art. 12 della Direttiva
98/44/CE, al titolare di un brevetto di un'invenzione
biotecnologica nell'ipotesi in cui questi non possa
sfruttarla senza violare una privativa precedente sui
ritrovati vegetali.
Il privilegio dell'agricoltore
Disposto dall'art. 14 del Reg. Com.
n. 2100/94/C e contemplato anche dall'art. 11 della
Direttiva 98/44/CE, il privilegio dell'agricoltore o
“farmers' exemption”, rappresenta un esonero ai diritti
di privativa; esso, infatti, consente agli agricoltori
«ai fini della salvaguardia della produzione agricola»,
di «utilizzare nei campi ai fini della moltiplicazione,
nelle loro aziende, materiale di moltiplicazione di una
varietà diversa da un ibrido o da una varietà di sintesi
che benefici di una privativa comunitaria per ritrovati
vegetali»32.
In sostanza, gli agricoltori che
abbiano piantato nei propri campi materiale biologico
riproduttivo o moltiplicativo di una varietà vegetale
protetta, possono riutilizzare il prodotto del raccolto,
per i soli fini di semina all'interno delle proprie
aziende, senza bisogno di alcuna autorizzazione da parte
del titolare della privativa comunitaria.
L'art. 8 del Reg. Ce n. 1768/95
prevede tuttavia degli elementi informativi specifici
che l'agricoltore è tenuto a fornire al titolare ai
sensi dell'art. 14 par. 3 del Reg. 2100/9433; tali
obblighi di informazione possono formare oggetto di un
apposito contratto fra il titolare e l'agricoltore
interessato, ma, anche in assenza di uno specifico
contratto, l'agricoltore rimane comunque obbligato a
fornire, al titolare che ne faccia richiesta, una
dichiarazione in merito all'informazione pertinente34.
Tuttavia, tale privilegio, opera
soltanto con riferimento a quelle varietà vegetali che
sono tutelate nel territorio dell'Unione Europea ed
appartenenti ad un elenco ben preciso di piante tra cui
quelle da foraggio, oleose, cerealicole, ad alla patata.
In proposito la dottrina35 si è espressa affermando che,
dato l'esiguo numero di specie vegetali comprese
nell'elenco (che, ad oggi, risulta comprendere soltanto
23 specie, escluse le ibride e le sintetiche), appare
discutibile affermare che la direttiva CE salvaguardi il
Privilegio dell'Agricoltore; infatti, anche se il
repertorio della deroga ha ad oggetto le specie di
maggiore importanza alimentare, è pur sempre vero che
mancano tutte le specie orticole, frutticole, medicinali
e industriali, pertanto, a parere di quella dottrina,
quella che prima era la regola generale, ora è diventata
un'eccezione.
Art. 12
Direttiva 98/44/CE -vs- art. 29 Reg. 2100/94
Da tutto quanto sin ora esposto si
evince che, una varietà vegetale può essere protetta da
una privativa sui ritrovati vegetali, ma può anche
contenere una o più invenzioni biotecnologiche protette
da brevetto, (ad es. componenti genetiche brevettate).
I titolari di questi diritti di
proprietà intellettuale possono essere, ergo nella
maggior parte dei casi sono, persone diverse. Pertanto,
in caso di disaccordo tra i diversi titolari dei diritti
di proprietà intellettuale, l'art.12 Reg. 98/44 CE da un
lato e l'art. 29 del Reg. 2100/94, dall'altro lato,
prevedono, come si è visto ut supra, misure obbligatorie
quali il rilascio di licenze o licenze dipendenti
obbligatorie, volte a far si che la varietà vegetale o
il brevetto possa essere sfruttato. Tuttavia, è il caso
di notare che, il Reg. 2100/94 prevede che ciò possa
accadere solo per motivi di interesse pubblico, mentre
la Direttiva 98/44/CE permette che una licenza
obbligatoria possa essere concessa soltanto se si
dimostra che la varietà vegetale rappresenta un
progresso tecnico significativo e/o di notevole
interesse economico, quindi non un mero interesse
pubblico.
Di qui è facile intuire che il
problema del legislatore sarà quello di superare la
contraddizione, da un lato, garantendo la coerenza del
regime delle licenze obbligatorie dipendenti di cui al
Reg. 2100/94 concernente la privativa comunitaria sui
ritrovati vegetali e alla Direttiva 98/44 CE concernente
le invenzioni biotecnologiche; dall'altro lato,
consentendo lo sfruttamento di una invenzione
biotecnologica brevettata, così che l'ufficio
Comunitario delle varietà vegetali potrà concedere una
licenza obbligatoria al titolare di un brevetto per
l'utilizzazione di una varietà vegetale protetta
contenente la sua invenzione36; da un altro lato ancora,
consentendo al titolare del brevetto di ottenere una
licenza obbligatoria dipendente per sfruttare la varietà
vegetale contenente la sua invenzione biotecnologica,
nell'ipotesi in cui il titolare di una privativa sui
ritrovati vegetali abbia ottenuto una licenza
obbligatoria per l'utilizzazione di tale invenzione
brevettata a norma della Direttiva 98/44/CE.
1Con il termine biotecnologie si fa
riferimento a numerose discipline scientifiche, in
particolare a quelle relative alla genetica ed alla
biologia molecolare.
2L'Italia è stata peraltro
condannata dalla Corte di Giustizia Dell'U.E., con
sentenza pronunciata dalla terza sezione, in data 16
giugno del 2005, per non aver trasposto, nel termine
stabilito la direttiva 98/44/Ce, in normativa interna.
L'Italia, in quella sede, contestava la legittimità
della direttiva per violazione della dignità della
persona umana, in quanto sanciva la possibilità per «un
elemento isolato del corpo umano, o diversamente
prodotto, mediante un procedimento tecnico, ivi compresa
la sequenza, o la sequenza parziale di un gene, di
costituire un'invenzione brevettabile». A seguito della
condanna, l'Italia ha provveduto ad adeguarsi soltanto
nel 2006 con il d.l. 10 gennaio 2006, n. 3 (in G.U. 11
gennaio 2006, n. 8), convertito in legge 22 febbraio
2006, n. 78, (in G.U. 10 marzo 2006, n. 58). A riguardo
v. anche le sentenze 10 maggio 2001, causa C-152/98,
Commissione /Paesi Bassi; 25 maggio 2000, causa C-
84/97, Commissione/ Grecia; 25 novembre 1998, causa C-
214/96, Commissione /Spagna, dalle quali si rileva che
per giudicare l'esistenza dell'inadempimento occorre
prendere in considerazione la situazione quale si
presentava alla scadenza del termine stabilito nel
parere motivato per porre fine all'inadempimento.
3Artt. 2584-2594.
4È bene precisare che la legge di
recepimento della Direttiva 98/44/CE, n. 78 del 2006, è
stata abrogata dall'art. 129 del D. Lgs. 131/2010, il
quale ha incorporato le norme relative alla protezione
giuridica delle biotecnologie al Codice della Proprietà
Industriale, attraverso l'introduzione della sezione IV
bis; in questo modo sono state eliminate le ripetizioni,
le contraddizioni e le difformità delle norme italiane
sulle biotecnologie, dato che tutte le norme relative
alla proprietà industriale sono adesso contenute in un
unico corpo legislativo.
5La sentenza della Cassazione
Civile 9 giugno 2010, n. 13892, statuisce che “il regime
di monopolio dell'inventore sul suo prodotto che gli
consente di trarre un profitto economico dalla propria
invenzione cessa nel momento in cui, per effetto della
prima vendita, il predetto profitto viene realizzato. A
quel punto, il prodotto (ed anche le sue singole parti),
entrato nella disponibilità di terzi, può essere
ulteriormente commercializzato o utilizzato senza che
alcun diritto possa essere riconosciuto all'inventore”.
6Sul punto v. art. 4, lett. c),
d.l. 10/01/2006, n.3.
7V. L. 747/94, legge di ratifica ed
esecuzione degli atti concernenti i risultati dei
negoziati dell'Uruguay Round, adottati a Marrakech il 15
aprile 1994 (accordo TRIPS), come modificata dalla L.
224/2007, nonché art. 1 della Direttiva 98/44/CE che
recita testualmente : ”Gli Stati Membri proteggono le
invenzioni biotecnologiche tramite il diritto nazionale
dei brevetti. Essi, se necessario, adeguano il loro
diritto nazionale dei brevetti (Privativa Industriale,
ndr) per tenere conto delle disposizioni della presente
direttiva”.
8Cfr. art. 2589 c.c., secondo cui,
“i diritti nascenti dalle invenzioni industriali, tranne
il diritto ad esserne riconosciuto autore, sono
trasferibili” e art. 63, co. 2, c.p.i. A tenore del
quale “il diritto al brevetto per invenzione industriale
spetta all'autore dell'invenzione e ai suoi aventi
causa”.
9Così Cass. civ. Sez. I,
17/05/2000, n. 6392 , causa Brandoli c. Fall. soc.
Elcat, in Giur. It., 2000, 1866 nota di Candellero.
10Cfr. Trib. Torino, 15/06/1981, in
Giur. Dir. Ind., 1981, 475, in cui si afferma che “il
contratto stipulato tra il titolare di un brevetto ed
una società mediante il quale il primo cede alla seconda
lo sfruttamento del brevetto, riservandosi una quota
degli utili, è qualificabile come contratto di licenza,
escludendosi che si tratti di un conferimento in
proprietà del brevetto o di una cessione della
titolarità del brevetto alla società”.
11Il licenziatario è tenuto a
pagare un corrispettivo proporzionale alle unità
prodotte o al fatturato e, salvo patto contrario, deve
sfruttare l'invenzione secondo le regole di diligenza e
perizia caratteristiche dalle imprese di settore.
12In senso contrario v. Abriani-
Cottino, Ricolfi, “Diritto industriale”, in “Trattato
Cottino”, Padova 2001, 230; secondo cui l'acquisto dei
diritto da parte del licenziatario non riflette la
stipulazione di un autonomo tipo contrattuale, ma è da
considerarsi quale contratto misto, risulta cioè dalla
combinazione di varie tipologie contrattuali, anche
eventualmente tipizzate, quali il contratto d'affitto,
di usufrutto o il conferimento in società.
13 V. artt. 69 e ss. c.p.i.;
14Secondo parte della dottrina è
invece il licenziatario esclusivo il soggetto tenuto al
pagamento delle tasse brevettuali. V. Ascarelli, “Teoria
della concorrenza e dei beni immateriali”, Milano,
Giuffrè, 648.
15Cfr. in proposito Reg. CE 04/772
sugli accordi di trasferimento della tecnologia, in cui
si afferma, da un lato, la regola generale secondo cui
gli accordi di licenza che limitano la concorrenza sono
vietati dalle norme di concorrenza dell'U.E., in
particolare dall'art. 101 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione Europea. Dall'altro lato, però, tali accordi
possono comportare anche numerosi vantaggi che finiscono
per compensare gli effetti restrittivi della
concorrenza. Pertanto, quando tali accordi determinano,
di fatto, un miglioramento dell'efficenza economica e
favoriscono la concorrenza, (nella misura in cui sono
deputati a ridurre la duplicazione dell'attività di
ricerca e di sviluppo, ad offrire migliori incentivi
alle imprese, a stimolare l'innovazione, ad agevolare la
diffusione delle tecnologie e di promuovere la
concorrenza sui mercati di prodotti), lo stesso
regolamento prevede un'esenzione per categoria e crea
una sfera di sicurezza per la maggior parte degli
accordi di licenza di brevetto e di know how, ma anche
per i diritti relativi ai disegni, ai modelli e alle
licenze di diritti d'autore sul software.
16 Tra queste si ricordano:
l'obbligo in capo al licenziante di non autorizzare
altri licenziatari a utilizzare nello stesso territorio
la tecnologia concessa; il divieto per il licenziante ed
il licenziatario di fabbricare o distribuire nel
territorio della controparte i prodotti oggetto della
licenza; il divieto per il licenziatario di realizzare i
prodotto nel territorio di altri licenziatari paralleli
nonché di praticare una politica attiva di marketing in
tali territori (c.d. divieto di concorrenza attiva) e di
rispondere ad offerte di potenziali clienti anche non
sollecitate, provenienti dai medesimi territori (c.d.
concorrenza passiva). Al contrario, non sono in alcun
caso ammesse altre tipologie di restrizione della
libertà della concorrenza, come ad esempio la fissazione
del prezzo dei prodotti oggetto di licenza, lo
svolgimento di attività di concorrenza nel settore della
ricerca e dello sviluppo, l'attività di fabbricazione,
utilizzazione e distribuzione di prodotti concorrenti, o
altre attività che nella sostanza si concretino in una
spartizione della clientela o nell'imposizione al
licenziante della cessione dei suoi diritti riguardanti
gli eventuali miglioramenti apportati alla tecnologia.
Per approfondimenti sul punto v. Francesco Munari, “Le
intese restrittive della concorrenza” in
Dirittosuweb.it.
17Normalmente si cedono, danno in
licenza e si producono oggetti per i quali è pendente
una domanda di brevetto, ma che non sono ancora
tecnicamente brevettati. In queste situazione è bene
tener conto che si può, comunque, agire contro un
contraffattore sulla base della sola domanda di brevetto
pubblica e che, nel caso in cui lo si dia in licenza,
occorre inserire un’apposita clausola che eviti ogni
responsabilità del licenziante nel caso in cui il
brevetto non venga poi concesso.
18 In proposito, v. Cass. civ. Sez.
I, Sent., 29-10-2009, n. 22925 in cui “le azioni di
contraffazione di brevetto e di concorrenza sleale, per
costante giurisprudenza, sono considerate distinte e
cumulabili, sulla base dei diversi presupposti delle due
fattispecie. Tale affermazione trova puntuale
antecedente nella sentenza di questa stessa sezione n.
8157 del 3/07/1992 (rv. 478021) con la quale si è
ritenuto che l'attività illecita, consistente
nell'usurpazione o nella contraffazione di un marchio,
mediante l'uso di segni distintivi identici o simili a
quelli legittimamente usati dall'imprenditore
concorrente, può essere da quest'ultimo dedotta a
fondamento non soltanto di un'azione reale, a tutela dei
propri diritti di esclusiva sul marchio, ma anche, e
congiuntamente, di un'azione personale per concorrenza
sleale, ove quel comportamento abbia creato
confondibilità fra i rispettivi prodotti (cfr. Sent. n.
9728 del 7/11/1996, rv. 500402). Parimenti in tema di
brevetti è stato rilevato che la normativa speciale
sulle invenzioni riconosce diritti reali assoluti su
beni immateriali ed attribuisce, ai titolari di quei
diritti, azioni reali "erga omnes" dirette alla
rimozione delle usurpazioni e delle contraffazioni,
mentre la normativa sulla concorrenza sleale attribuisce
azioni personali intese ad ottenere sanzioni nei
confronti di chi ha posto in essere atti illeciti
concorrenziali (sent. n. 9728 del 7.11.96, rv. 500402;
n. 6382 del 1983, rv. 431112).”
19Il Reg. 4067/88 sugli accordi di
franchising, oggi sostituito dal Reg. U.E n. 330/2010,
definisce il Know How come un patrimonio di conoscenze
pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da
prove eseguite dall'affiliante, patrimonio che è
segreto, sostanziale e accertato. Il Reg. 556/89 sui
contratti di licenza di Know How, abrogato dall'art. 11
del Reg. 240/96/CE, definiva il Know How come un insieme
di informazioni tecniche segrete, sostanziali e
identificate in una qualsiasi forma appropriata. La
giurisprudenza, nella sent. della Cass. 27 febbraio
1985, n. 1699, Metallurgica Italiana c. Schreiber,
riferisce la nozione alle conoscenze che, nell'ambito
della tecnica industriale, sono richieste per produrre
un bene, per attuare un processo produttivo o per il
corretto impiego di una tecnologia e anche alle regole
di condotta che, nel campo della tecnica mercantile,
vengono desunte da studi ed esperienze di gestione
imprenditoriale, attinenti al settore organizzativo o a
quello commerciale.
20Sul punto v. Sena “ Esclusiva
brevettuale e licenza obbligatoria” in “www.
ordineavvocatimilano.it”; Di Cataldo “I brevetti per
invenzione e modello” in “ Comm. Schlesinger” II ed.,
Milano, 2000, 145; Ambriani- Cottino- Ricolfi, op. Cit.,
231; Vanzetti- Di Cataldo, “Manuale di diritto
industriale” VI ed., Milano, 2009, 418.
21Vanzetti – Di cataldo, op. cit.,
419.
22Così Vanzetti- Di Cataldo, op.
cit., 462.
23Il c.p.i. prevede, agli artt. 72,
73, 74, un corpus di norme applicabili ad entrambe le
fattispecie e relative alla procedura di concessione,
secondo cui la licenza può essere concessa per un
periodo massimo pari alla durata del brevetto e dietro
il pagamento di un equo compenso da parte del
licenziatario a favore del titolare del brevetto;
inoltre, è altresì previsto che la licenza obbligatoria
deve, in ogni caso, considerarsi come non esclusiva,
pertanto, il titolare del brevetto può concedere
volontariamente anche a terzi l'uso del brevetto
medesimo, ma se ciò avviene a condizioni più vantaggiose
di quelle di cui gode il titolare della licenza
obbligatoria, questi può chiedere a suo favore
l'estensione.
24Ai sensi dell'art. 70 co.1,
c.p.i. , infatti, “Trascorsi tre anni dalla data di
rilascio del brevetto o quattro anni dalla data di
deposito della domanda se questo termine scade
successivamente al precedente, qualora il titolare del
brevetto o il suo avente causa, direttamente o a mezzo
di uno o più licenziatari, non abbia attuato
l'invenzione brevettata, producendo nel territorio dello
Stato o importando oggetti prodotti in uno Stato Membro
dell'Unione Europea o dello spazio economico europeo
ovvero in uno Stato membro dell'Organizzazione mondiale
del commercio, ovvero l'abbia attuata in misura tale da
risultare in grave sproporzione con i bisogni del Paese,
può essere concessa licenza obbligatoria per l'uso non
esclusivo dell'invenzione medesima, a favore di ogni
interessato che ne faccia richiesta”.
25La legge esclude espressamente
che possano considerarsi cause non imputabili la
mancanza di risorse finanziarie, la mancanza di domanda
nel mercato interno (per l'ipotesi di prodotto diffuso
all'estero), il fallimento, l'inerzia del licenziatario,
l'assenza di autorizzazioni amministrative eventualmente
necessarie (salvo che siano state legittimamente e
tempestivamente richieste), il rifiuto di concedere
licenza da parte del titolare di altro brevetto la cui
attuazione sia necessaria all'attuazione dell'invenzione
stessa.
26Secondo la giurisprudenza,
l'assenza di richieste del mercato italiano e
l'impossibilità economica del titolare di affrontare in
proprio i rischi connessi alla realizzazione
dell'invenzione costituiscono cause indipendenti dalla
volontà del titolare del brevetto, impeditive della
decadenza per mancata attuazione, (A. Roma, 12.03.1984),
e tra esse devono altresì ricomprendersi anche quelle
che siano indipendenti sia dalla volontà del titolare
che da quella del suo licenziatario. Perciò né il
titolare potrà evitare la decadenza allegando l'inerzia
colpevole del licenziatario, ancorché esclusivo, né
potrà evitarla il licenziatario adducendo che la sua
inerzia sia dovuta a causa dipendente dalla volontà del
titolare, (Trib. Milano, 26. 09. 1974).
27Cfr. art. 71 c.p.i.
28Sul punto v. Ghidini Hassan,
“Biotecnologie, novità vegetali e brevetti” Milano,
1990.
29Sotto questo profilo la
protezione appare più ristretta di quella offerta per le
invenzioni, dato che l'eccezione per le sperimentazioni
è invocabile anche per quelle sperimentazioni che sono
dirette a conseguire un'innovazione, la quale
risulterebbe brevettabile a mezzo di un brevetto
dipendente. La ratio di questa differenza risiede nel
fatto che, nel caso della privativa, vengono usati
proprio quei materiali che provengono da piante della
varietà protetta e non il semplice insegnamento del
brevetto.
30Introdotto nel c.p.i. con il D.
Lgs. 13 Agosto 2010 n. 131, questo decreto, ha
provveduto, con l'art. 129, ad abrogare la L. 78/2006,
legge di recepimento della direttiva comunitaria 98/44,
incorporandone il contenuto al c.p.i.; con l'art. 43,
co. 1, ad introdurre la sezione IV bis, comprendente gli
articoli da 81 bis a 81 octies. In questo modo il
legislatore ha raggiunto l'obiettivo di riunire, in un
unico testo normativo, tutte le norme che regolano la
proprietà industriale.
31L'art. 101del D. Lgs. 30/2005
definisce costitutore a) la persone che ha creato o
scoperto e messo a punto una varietà; b) la persone che
è il datore di lavoro della persona sopraindicata o che
ne ha commissionato il lavoro; c) l'avente diritto o
avente causa dai soggetti indicato nelle lettere a) e
b).
32Cfr. art. 14 Reg. Ce n. 2100/94 e
art. 11 Direttiva CE 98/44.
33Norme relative all'applicazione
della deroga ed alla salvaguardia dei legittimi
interessi del costitutore e dell'agricoltore; tra le
condizioni per porre in applicazione la deroga di cui al
par. 1 dell'art. 14 Reg. 2100/94, vengono indicati:
l'assenza di restrizioni quantitative a livello di
azienda agricola; l'autorizzazione a trattare il
prodotto del raccolto, (purché sia piantato
dall'agricoltore stesso o dai servizi messi a sua
disposizione); l'obbligo di pagamento al titolare – da
parte degli agricoltori non piccoli- di un'equa
remunerazione, notevolmente inferiore all'importo da
corrispondere per la produzione, soggetta a licenza di
materiale di moltiplicazione della stessa varietà nella
stessa zona; la responsabilità esclusiva dei titolari
quanto al controllo del rispetto delle disposizioni di
detto art. 14.
34Sono considerati rilevanti i
seguenti elementi: a) il nome dell'agricoltore, il suo
domicilio e l'indirizzo della sua azienda; b) il fatto
che l'agricoltore abbia utilizzato o meno nella sua
azienda il prodotto del raccolto di materiale
appartenente a una o più varietà del titolare; c) se
l'agricoltore ha utilizzato tale materiale, la quantità
del prodotto del raccolto appartenente alla varietà o
alle varietà interessate, che siano state utilizzate
dall'agricoltore in conformità dell'art. 14 par.1 Reg.
CE 2100/94; d) alla stessa condizione, il nome e
l'indirizzo della persone o delle persone che abbiano
fornito un servizio di lavorazione del relativo prodotto
del raccolto per impiantarlo; e) se l'informazione
ottenuta in base ai punti b), c) e d) non può essere
confermata ai sensi di quanto disposto dall'art. 14, la
quantità del materiale di moltiplicazione autorizzato
dalle varietà utilizzate, nonché il nome e l'indirizzo
del suo fornitore o dei suoi fornitori.
35V. Tito Schiva “Brevetti OGM”, in
www.siga.unina.it.
36Il richiedente di una licenza
obbligatoria dovrà dar prova del fatto di aver chiesto
invano al titolare della privativa sui ritrovati
vegetali la concessione di una licenza contrattuale e
del fatto che l'invenzione biotecnologica costituisca un
progresso tecnico significativo di rilevante interesse
economico rispetto alla varietà vegetale protetta. |