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Con Ordinanza del 16 novembre 2011,
pubblicata il 9 dicembre, il Tribunale di Napoli, ai
sensi dell’art. 140 bis del decreto legge n. 206/2005
(Codice del Consumo), come modificato dalla legge n.
99/2009, ha dichiarato ammissibile la class action
contro la Banca della Campania S.p.A. (Gruppo Banca
Popolare dell’Emilia Romagna).
La domanda, proposta da due
correntisti della Banca, titolari di un conto “non
affidato”, in uno all’Assoconsum (una delle 17
Associazioni dei consumatori e degli utenti riconosciute
a livello nazionale ex art. 137 d.l. n. 206/2005), è
volta a far dichiarare la nullità della “commissione per
mancanza fondi” in quanto identica all’abolita, per
legge, “commissione di massimo scoperto” ovvero
illegittimamente introdotta, dalla Banca, in via
unilaterale mediante comunicazione ex articolo 118 del
Testo Unico Bancario.
In particolare il Tribunale di
Napoli, superando, tra l’altro, una certa giurisprudenza
di primo grado di Torino, ha soffermato la propria
attenzione: a) sull’identità dei diritti individuali
coinvolti e rappresentati tutelabili ai sensi del comma
2 dell’art. 140 bis (del Codice del Consumo); b)
sull’idoneità del proponente a curare adeguatamente
l’interesse della classe; c) sull’assenza di conflitto
di interesse tra l’associazione proponente e gli
eventuali aderenti all’azione di classe nonché d) ha
operato una valutazione sostanziale prognostica
consistente nella non manifesta infondatezza della
domanda.
Il Collegio, in ordine al primo
presupposto, ha affermato che l’Associazione ha agito
per l’esclusiva tutela dei diritti individuali di tutti
i titolari di conto corrente non affidato, nei cui
confronti sia stata posta in essere la modifica
unilaterale delle condizioni contrattuali mediante
comunicazione relativa all’operatività della commissione
mancanza fondi, con il contenuto standard ivi previsto e
che l’opposta eccezione relativa alla differenziata
posizione individuale ravvisabile in capo ai potenziali
consumatori che vogliono aderire all’azione di classe
quanto alla misura e consistenza del risarcimento, non
scalfisce il presupposto dell’identità dei diritti
individuali coinvolti. La class action che è stata
ammessa è volta, appunto, ad offrire una tutela ad una
pluralità di consumatori che versano nei confronti della
medesima banca in una situazione contrattuale identica,
per aver sottoscritto moduli o formulari, che, per loro
natura, ai sensi dell’art. 1342 c.c. vengono utilizzati
per disciplinare in modo “uniforme” determinati rapporti
contrattuali.
Né risulta assolutamente prescritto
tra i requisiti dell’azione uno specifico numero di
consumatori superiore a quello dei soggetti parti del
presente giudizio (due correntisti e l’Associazione).
Pregevole, infine, è l’arguzia e
l’eleganza con le quali il Tribunale ha operato il
giudizio sulla non manifesta infondatezza della domanda
laddove “le argomentazioni tecnico giuridiche articolate
da parte attrice in ordine alla natura della commissione
e il modo in cui è risultata applicata nel rapporto
contrattuale, inducono ad un approfondimento ….
rinvenendosi nella commissione di mancanza fondi taluni
aspetti problematici, in ordine ai quali è utile dare
alle parti lo spazio per utili riflessioni e
considerazioni giuridiche, volte soprattutto a
verificare lo spazio residuale riconosciuto alla
contrattazione privata a seguito della novellata
disciplina della commissione di massimo scoperto, come
introdotta dalla legge 2/2009”.
Arguzia ed eleganza che sembrano
non essere sfuggite al Legislatore che, in sede di
emendamento al d.l. 201/2011 (Manovra Monti) ha posto il
tetto dello 0,5% alla Commissione di Massimo Scoperto e,
soprattutto, ha stabilito che “a fronte di sconfinamenti
in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del
fido, i contratti di conto corrente e di apertura di
credito possono prevedere, quali unici oneri a carico
del cliente, una commissione di istruttoria veloce
determinata in misura fissa, espressa in valore
assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse
debitore sull’ammontare dello sconfinamento”; il Cicr,
(il
Comitato Interministeriale per il
Credito e il Risparmio), tra l’altro, prevede i casi in
cui, in relazione all’entità e alla durata dello
sconfinamento, non sia dovuta la commissione di
istruttoria.
A quest’ultimo caso in particolare
ci riferiamo augurandoci che vengano esentati quanto
meno gli sconfinamenti in assenza di fido pari ad almeno
300,00 euro per massimo 3 mesi: anche questo è un modo
per contribuire al superamento delle difficoltà delle
famiglie (in particolare dei pubblici dipendenti e dei
pensionati che, comunque, godono di un minimo mensile).
L’augurio è che, comunque, in ogni caso, la commissione
di istruttoria veloce non preveda il pagamento di 150,00
euro a trimestre per sconfinamenti di 100,00 euro!
Avv.ti Bruno Cirillo e Luigi Del
Bene |