Il presupposto della tassazione va
individuato nel trasferimento di un diritto o della
titolarità di un bene, non avendo alcuna rilevanza
l’osservanza della forma
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La Corte di cassazione, con la
sentenza 634 del 18 gennaio, ha confermato
l’assoggettamento al prelievo fiscale della donazione
anche se priva della forma scritta, ad substantiam,
richiesta dall’ordinamento civile.
Il fatto
A seguito delle risultanze prodotte
da un precedente processo penale, gli uffici finanziari
hanno rilevato che a due fratelli era stata donata, dal
nonno, un’ingente somma di denaro e oro puro.
La mancata denuncia dell’atto di
liberalità ha fatto scattare l’accertamento fiscale da
parte dell’Agenzia delle Entrate e l’applicazione delle
relative sanzioni.
Contro l’avviso di accertamento, i
due contribuenti si sono rivolti al giudice tributario.
In primo grado, il ricorso è stato
rigettato, mentre in appello il giudice di merito ha
accolto le pretese dei due fratelli, annullando l’atto
impositivo dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare, la Ctr aveva
escluso, in punto di diritto, la sussistenza dei
presupposti dell’imposta sulle donazioni, in quanto la
donazione stessa non si sarebbe perfezionata per difetto
dei requisiti di forma previsti a pena di nullità
dall’articolo 782 del codice civile e per la mancanza di
un valido atto di accettazione.
Contro la sentenza di secondo
grado, l’Agenzia delle Entrate è ricorsa per cassazione
con conseguente presentazione di controricorso
incidentale da parte dei due contribuenti.
La decisione del Collegio
La Corte di cassazione, con la
sentenza n. 634 del 18 gennaio, ha ribadito, come
affermato dalla precedente giurisprudenza, il principio
secondo il quale deve essere assoggettata a prelievo
fiscale la donazione anche se posta in essere in
mancanza di forma scritta. Il fine dell’interpretazione
è quello di evitare eventuali comportamenti elusivi.
Uno dei motivi del ricorso
presentato dall’Agenzia delle Entrate è la decisione
della Ctr in merito alla nullità dell’atto di donazione
perché non presentava la forma scritta, ad substantiam,
come richiesto dall’ordinamento civilistico, che avrebbe
portato poi al conseguente venir meno dell’obbligo del
pagamento dell’imposta dovuta all’erario.
La Corte di cassazione, accogliendo
le richieste dell’Amministrazione finanziaria, ha
chiarito che la nullità della donazione per carenza di
forma scritta o per mancanza di accettazione della
liberalità da parte dei beneficiari non fa cadere la
pretesa impositiva da parte del Fisco.
In particolare, come già affermato
dal Collegio in precedenti sentenze, “Il presupposto per
l'applicabilità dell'imposta sulle donazioni va
individuato, giusto quanto previsto dall'art. 1 del
d.lgs. n. 346 del 1990, nel trasferimento per scopo di
liberalità di un diritto o della titolarità di un bene
senza che abbia rilevanza alcuna l'inosservanza della
forma dell'atto pubblico, richiesta a pena di nullità
dell'art. 782 cod. civ., per l'atto di donazione e la
sua accettazione”.
Pertanto, anche nel caso in cui
l’atto di liberalità avvenga tra consanguinei e la
donazione abbia a oggetto denaro e/o beni mobili e
avvenga in assenza di atto pubblico (sia per la
donazione che per la relativa accettazione), la dazione
deve essere assoggettata a tassazione (Cassazione
22118/2010, 2698/2002 e 7340/2011).
I giudici di legittimità avvertono
che l’eventuale scostamento nella decisione da quanto
ormai consolidato in dottrina produrrebbe delle prassi
elusive, infatti, “basterebbe effettuare le donazioni
mediante semplice cessione di fatto dei beni e senza
alcuna formalità, per sfuggire al prelievo”,
comportamento contrario al principio di effettività
dell’imposizione in ragione della capacità contributiva,
ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione (sentenza
30055/2008).
Alla luce di quanto esposto, appare
evidente che l’intero impianto giuridico, sul quale la
Ctr aveva basato la sentenza oggetto di ricorso da parte
dell’Agenzia delle Entrate, risulta essere mancante per
il fatto che i giudici di merito hanno erroneamente
ritenuto che la mancanza della validità dell’atto di
donazione, in quanto priva della forma scritta, avrebbe
portato alla conseguente carenza della legittimazione
della pretesa impositiva da parte dello Stato. Pertanto,
alla luce di quanto riportato nella copiosa
giurisprudenza, anche nella fattispecie concreta
sottoposta a giudizio di legittimità, uno scostamento
interpretativo andrebbe a “mostrare il fianco” a
eventuali comportamenti elusivi da parte di quei
contribuenti che volessero sottrarre alla tassazione
ingenti quantità di denaro simulando l’atto di
liberalità.
Valerio Giuliani |