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Il caso proposto riguarda un medico
che chiede alla struttura in cui opera di poter accedere
alla documentazione relativa ad un avvocato che è
stato nominato Dirigente dell’Ufficio legale della
stessa Azienda sanitaria, senza alcun concorso. Si dà il
caso che il medico abbia in corso due procedimenti
davanti al Tribunale di Catanzaro proprio nei confronti
della struttura e che la stessa a suo tempo si fosse
costituita in giudizio tramite il predetto avvocato. Il
Consiglio di Stato, capovolgendo la decisione del TAR
della Calabria, gli dà ragione.
In sostanza il diritto di accesso
ai documenti amministrativi, introdotto dalla legge 7
agosto 1990 n. 241, a norma dell’art. 22, co. 2 della
stessa legge (sostituito dall’art. 15 della legge 11
febbraio 2005 n. 15) costituisce un principio generale
dell’ordinamento giuridico.
Si tratta di contemperare l’azione
amministrativa con la partecipazione e la conoscibilità
delle funzioni svolte da parte degli amministrati. E,
pertanto, l’interesse giuridicamente rilevante del
cittadino va collegato alla documentazione richiesta in
senso ampio, anche senza una strumentalità immediata.
Fatto e diritto
Con istanza in data 11 gennaio 2011
il dott. C. T., dirigente medico di I livello presso il
reparto di dermatologia dell’Azienda ospedaliera “(…)”
di Catanzaro, ha chiesto di accedere al decreto di
nomina dell’avv. F. R. a dirigente dell’ufficio legale
di quell’Azienda ed al relativo contratto, nonché, in
caso di concorso, di tutti i rispettivi atti (bando,
atto di nomina della commissione esaminatrice, linee
guida e verbali, graduatoria, atto di nomina della
vincitrice). All’uopo ha premesso di aver in corso due
giudizi davanti al Tribunale civile di Catanzaro al fine
di conseguire dalla stessa Azienda l’uno il rimborso di
€ 20.400,00 per spese legali occorsegli in un giudizio
civile instaurato dagli eredi di una paziente deceduta,
l’altro l’integrale rimborso delle analoghe spese
sostenute nel procedimento penale avviato a seguito di
denuncia sporta dai medesimi eredi; che in entrambi i
giudizi l’Ente si costituiva in giudizio tramite l’avv.
F. R., la quale nel primo proponeva anche domanda
riconvenzionale nonché redigeva un parere
sottoscrivendolo nella qualità di “Dirigente”
dell’ufficio legale aziendale; che avrebbe appreso
informalmente che l’incarico dirigenziale all’avv. R.
sarebbe stato conferito senza espletamento di concorso;
che l’eventuale illegittimità dell’incarico, con
consequenziale annullamento o revoca dello stesso,
determinerebbe l’inefficacia del mandato e degli atti
giudiziali posti in essere dal legale; che pertanto egli
è titolare di interesse diretto, concreto ed attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata
e collegata ai documenti di cui si chiede di accedere.
Con nota datata 3 febbraio 2011
l’Azienda, ricordato il concetto di “interesse”
richiesto dalla normativa in materia, ha negato
l’accesso non ravvisando “alcun interesse meritevole di
accoglimento, finalizzato a prendere visione o estrarre
copia degli atti richiesti”; ciò in quanto “la richiesta
e la ragione recata nella stessa come ‘motivazione’,
adducendo quale interesse la domanda riconvenzionale
presentata dall’AOPC nei confronti della S.V. per altro
procedimento, contrasta con l’interesse di questa
Azienda, poiché l’atto de quo, costituisce strategia
difensiva di parte”.
Tale nota è stata impugnata dal
dott. T. con ricorso davanti al TAR per la Calabria, che
lo ha respinto con sentenza 6 luglio 2011 n. 956,
rilevando l’assenza in capo al dott. T. di titolarità di
una posizione soggettiva meritevole di tutela in ordine
alla conoscenza degli atti inerenti l’assunzione della
dott.ssa R. , posto che non è personalmente interessato
alla rispettiva procedura né l’instaurato contenzioso lo
legittima al riguardo.
Di qui l’appello in epigrafe, col
quale il dott. T. deduce laconicità ed insufficienza di
motivazione della sentenza appellata, riproponendo i
motivi formulati in primo grado ed insistendo, tra
l’altro, sulla sussistenza del collegamento tra la
propria posizione e la documentazione oggetto della
richiesta, la cui mancata conoscenza gli impedirebbe di
esercitare il proprio diritto di agire giudizialmente e
al contempo di meglio difendersi nei giudizi civili già
incardinati; d’altra parte la stessa Azienda,
nell’affermare un conflitto di interessi circa la
domanda riconvenzionale, ha implicitamente ammesso la
presenza di un interesse apprezzabile dell’istante,
seppure in contrasto col proprio. Si è altresì doluto
della condanna al pagamento delle spese di primo grado.
L’Azienda e l’avv. R. si sono
costituite in giudizio e, eccepita l’inammissibiltà
dell’appello sia in quanto privo di censure precise e
sostanziali alla sentenza di primo grado, sia per
carenza di interesse, ne hanno sostenuto comunque
l’infondatezza nel merito, nonché la pretestuosità e
temerarietà ai sensi degli artt. 96 cod. proc. civ. e
26, co. 2, cod. proc. amm..
In data 22 novembre 2011 il dott.
T. ha prodotto “atto di costituzione di ulteriore
difensore e memoria difensiva”. All’odierna udienza
camerale il difensore dell’avv. R. ne ha eccepito la
tardività.
Ciò posto, va in primo luogo
respinta l’eccezione di inammissibilità per genericità
dell’appello in esame giacché l’appellante non è
limitato a riproporre le doglianze avanzate in primo
grado, ma ha diffusamente criticato le argomentazione
esposte in sentenza. Quanto all’eccezione di carenza di
interesse, essa si basa su considerazioni che attengono
al merito piuttosto che al rito.
E nel merito l’appello è invece
fondato.
Secondo principi pacificamente
accolti dalla giurisprudenzaamministrativa, la
necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto
ed attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al
quale è chiesto di accedere, non significa che l’accesso
sia stato configurato dal legislatore con carattere
meramente strumentale rispetto alla difesa in giudizio
della situazione sottostante; esso assume invece una
valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del
processo principale, ma anche dall’eventuale
infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale
che il richiedente, una volta conosciuti gli atti in
questione, potrebbe proporre (cfr. tra le più recenti,
Cons. St., Sez. V, 23 febbraio 2010 n. 1067).
Ed invero, il diritto di accesso ai
documenti amministrativi, introdotto dalla legge 7
agosto 1990 n. 241, a norma dell’art. 22, co. 2 della
stessa legge (come sostituito dall’art. 15 della legge
11 febbraio 2005 n. 15) costituisce un principio
generale dell’ordinamento giuridico, il quale si colloca
in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze
di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa con
i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità
della funzione pubblica da parte dell’amministrato,
basato sul riconoscimento del principio di pubblicità
dei documenti amministrativi. In quest’ottica, il
“collegamento” tra l’interesse giuridicamente rilevante
del soggetto che richiede l’accesso e la documentazione
oggetto della relativa istanza, di cui al cit. art. 22,
co. 1, lett. b), non può che essere inteso in senso
ampio, posto che la documentazione richiesta deve
essere, genericamente, mezzo utile per la difesa
dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento
di prova diretta della lesione di tale interesse (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 25 maggio 2010 n. 3309, 10 gennaio
2007 n. 55 e 7 settembre 2004 n. 5873).
Nella specie, non v’è dubbio che il
dott. T. debba ritenersi legittimato all’accesso in
quanto titolare di una posizione giuridicamente
rilevante e di interesse fondato su tale posizione,
qualificato dalla pendenza degli indicati processi
civili in cui va individuato il necessario nesso di
strumentalità.
Né evidentemente i documenti di cui
trattasi attengono a “strategie difensive” dell’Azienda,
per cui potrebbero ritenersi sottratti all’accesso a
salvaguardia appunto della strategia processuale e del
segreto professionale. Neppure rileva che l’attuale
appellante non potrebbe mai impugnare la nomina della
controinteressata, non potendo aspirare a ricoprire
l’incarico di dirigente dell’ufficio legale e stante il
decorso dei termini di impugnativa, oppure che, ove in
ipotesi la nomina fosse realmente illegittima, ciò non
inficerebbe la difesa nei giudizi pendenti poiché il
mandato sarebbe ugualmente valido, ovvero ancora che
comunque il mandato sia stato conferito congiuntamente e
disgiuntamente anche ad altro difensore. Tanto perché
tali argomentazioni attengono all’eventuale
inammissibilità o infondatezza delle domande giudiziali
che il dott. T. potrebbe proporre sulla scorta dei
documenti richiesti; inammissibilità o infondatezza la
cui incidenza sul diritto di accesso è da escludersi per
le ragioni indicate innanzi e perché il relativo
apprezzamento spetta al giudice in ipotesi investito
delle dette questioni.
Inoltre, stanti la sussistenza del
predetto nesso di strumentalità, nonché la puntuale
limitazione del chiesto accesso mediante indicazione dei
contenuti dei documenti che ne formano oggetto e del
procedimento in cui si collocano, la richiesta di cui si
controverte non può essere considerata per come
emulativa e diretta al controllo generalizzato
dell’attività amministrativa, nel qual caso l’accesso
sarebbe precluso.
Infine, neanche possono essere
opposte all’interessato ragioni di riservatezza, in
quanto gli atti in parola, per un verso, come già
sottolineato non incidono sul segreto professionale; e,
per altro verso, pur riguardando la sfera personale
dell’avv. R. , non possono comunque essere negati dal
momento che la tutela della riservatezza dei terzi è
destinata a recedere a norma dell’art. 24, co. 7, della
legge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii. nel caso, qui
ricorrente, in cui i documenti siano necessari - nel
senso sopra precisato - per curare o difendere gli
interessi giuridici del richiedente.
In conclusione, in accoglimento
dell’appello la sentenza appellata va riformata nel
senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado, con
conseguente annullamento del diniego di cui alla nota 3
febbraio 2011 dell’Azienda ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio” ed ordine alla medesima Azienda di
esibire gli atti di cui all’istanza del dott. T. in data
in data 11 gennaio 2011.
Tuttavia, la peculiarità della
vicenda consiglia la compensazione tra le parti delle
spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della
sentenza appellata, annulla l’impugnato diniego di
accesso ed ordina all’Azienda ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio” di esibire gli atti richiesti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’autorità amministrativa.
Depositata in Segreteria il
13.01.2012 |