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"LA MEDIAZIONE FINALIZZATA ALLA
CONCILIAZIONE NON OPERA NEL PASSAGGIO DAL PROCESSO
PENALE AL GIUDIZIO CIVILE RIFORMATO" - Paolo M. STORANI
Una delle patologie croniche che
affliggono il nostro Paese è l'arretrato in cui si
dibatte gran parte degli uffici giudiziari, sia civili,
sia penali.
Per cercare non di certo di porre
rimedio, ma quanto meno di frapporre un argine di
contenimento si è da tempo individuata la conciliazione
che, però, cozza contro la cultura italiana.
La tradizione nostrana contempla il
processo quale pressoché unico approdo delle
controversie.
"I soldi ci sono anche per la
tigna" suole ripetere l'adagio popolare.
Del resto, il processo contiene al
suo interno anche una dimensione catartica, che non va
dimenticata: quasi che dal dictum del giudice promani un
appagamento ed una soddisfazione aggiuntivi rispetto al
conseguimento del bene della vita in contesa.
Più dell'opera del conciliatore, la
cui logica è ispirata agli interessi più che ai diritti.
Il sistema - Giustizia ovviamente è
ripiegato su sé stesso e sta affondando, inabissandosi
nell'indifferenza generale come la Costa Concordia nel
Golfo dell'Isola del Giglio.
In primo grado la mole delle cause
civili di primo grado è ormai consegnata, in via
pressoché esclusiva, alle cure, non sempre premurose,
assidue ed avvedute, della magistratura non togata; mi
ha sorpreso l'espressione adoperata da un Got qualche
tempo fa: "la tecnica è lasciare fluttuare sul ruolo le
cause arretrate, senza mai trattenerle a sentenza", a
scanso di richiami del Presidente.
Giudice di Pace e GOT sono,
infatti, assegnatari di ruoli che sino a qualche lustro
fa erano in mano a fior di magistrati togati che si
occupavano, in persona di quel fulgido magistrato ch'era
il Pretore, persino delle procedure esecutive mobiliari.
Bando, dunque, al misoneismo,
all'orrore per le novità, e sotto con forme alternative
al sistema - giustizia: la mediazione finalizzata alla
conciliazione è figlia della Direttiva del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/CE,
che ha imposto agli Stati membri l'introduzione di tale
disciplina.
Orbene, la cittadella della
giustizia non è più sola, non è più la Fortezza Bastiani
del "Deserto dei Tartari" di Dino BUZZATI.
Il Decreto Legislativo 4 marzo
2010, n. 28, chiude il cerchio abbozzato con la legge n.
69/2009 in materia di mediazione finalizzata alla
conciliazione delle controversie CIVILI e COMMERCIALI.
Nel dibattito correlato all'avvio
della nuova procedura si è spesso agitato come un mantra
il problema dell'effetto dissuasivo per gli investimenti
delle imprese straniere nel nostro Paese che
promanerebbe dalla endemica lentezza dei processi di
recupero dei crediti e di soluzione delle controversie.
Addirittura, l'altrieri, 20 gennaio
2012, con il Governo MONTI è nato "il TRIBUNALE per le
Imprese", che, muovendo dall'esperienza delle tredici
Sezioni Specializzate in materia di proprietà
industriale ed intellettuale, dovrebbe negli auspici,
non si sa alimentato da quali risorse anche umane e
reperite come e quali danari, assicurare maggiore
celerità nella risoluzione delle controversie, in
un'ottica rétro che lascerebbe prefigurare una
sorprendente e storica resurrezione della frattura tra
diritto civile e diritto commerciale.
Quasi a mo' di sintomo di una
società sempre più reificata, in cui i beni ed i servizi
prevalgono anche a livello sistemico sulla persona e
sull'esercizio dei diritti sorgenti dal danno
arrecatole.
In questo panorama fa capolino,
dunque, la MEDIACONCILIAZIONE che si avvia a partire a
pieno regime dopo un comprensibile smarrimento degli
ambienti forensi.
Su questo Portale cercheremo con
assiduità di diradare i dubbi e le perplessità che
germogliano dalla prassi attuativa delle conciliazioni.
Alla lettera F) dell'art. 5, comma
quarto, del Decreto Legislativo n. 28/2010 si legge, ad
esempio, che la disciplina non ha operatività con
riferimento all'esercizio dell'azione civile nel
processo penale.
La stessa Relazione illustrativa
del Decreto attuativo della delega di cui all'art. 60
della già menzionata Legge n. 69/2009 ammoniva sul
rischio di un pesante condizionamento all'esercizio di
tale azione civile da reato, munita di grande efficacia
e di forte valore simbolico.
E' legittimato a costituirsi parte
civile ed a chiedere il risarcimento del danno il
titolare di un interesse giuridicamente rilevante, leso
dall'illecito costituente reato.
La parte offesa potrà, quindi, ai
sensi dell'art. 79, primo capoverso, c.p.p., effettuare
la costituzione di parte civile per l'udienza
preliminare e, successivamente, sino a che siano
compiuti gli adempimenti contemplati all'art. 484 c.p.p.
In tal senso, la costituzione di
parte civile può ritualmente avvenire all'udienza
fissata per il dibattimento, prima che venga dichiarata
la sua apertura.
Il problema sorge per la fase
successiva al processo penale.
Infatti, la sentenza che condanna
l'imputato e il responsabile civile al risarcimento del
danno sarà per lo più una pronuncia generica o sull'an
debeatur, magari assegna un acconto provvisionale
immediatamente esecutivo pari alla prudenziale misura
dettata dall'art. 539 c.p.p. "nei limiti del danno per
cui si ritiene già raggiunta la prova".
Consiste, però, in una condanna
parziale, ontologicamente provvisoria, come tale
destinata ad essere travolta ed assorbita dall'effettiva
liquidazione dell'INTEGRALE risarcimento nella naturale
sede civile.
E' un'anticipazione sul
risarcimento del danno che non è censurabile avanti alla
Corte di Cassazione in quanto rimessa alla
discrezionalità del giudice del merito.
Sorgeranno obbligazioni legate dal
vincolo della solidarietà tra coobbligati, il che
imporrà che, in caso di inadempimento di uno, gli altri,
salva l'azione di regresso, debbano intervenire per
coprire l'insolvenza; parimenti e specularmente, ove
l'avente diritto richieda la refusione ad uno soltanto
dei coobbligati solidali, chi adempie per l'intero avrà
azione di regresso.
Occorrerà, dunque, interrogarsi
sull'operatività della mediazione ai fini conciliativi
nel transito dal giudizio penale a quello civile.
Poiché la domanda è stata già
avanzata nella sede penale e la lite è la medesima, a
nostro sommesso orientamento tale ipotesi non soggiace
all'obbligatorietà della "mediaconciliazione", per
quanto il giudice civile ben potrà formulare un invito
ai litiganti ad avviarla.
La domanda non sarà, dunque,
affetta da improcedibilità.
Altre interpretazioni, pur in
ipotesi borderline, sarebbero diaboliche ed irriguardose
verso le parti offese dal reato che abbiano esercitato
l'azione civile nel processo penale.
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