L’assemblea del condominio Alfa,
per espressa previsione del regolamento di origine
contrattuale, ha sempre deliberato la ripartizione delle
spese inerenti il servizio di portierato in parti
uguali. A seguito di alcune lamentele, soprattutto dei
condomini proprietari delle unità immobiliari con
accesso diretto alla pubblica via, per evitare
l’insorgenza di ulteriori litigi, l’assemblea ha deciso
che quella spesa dovesse essere ripartita sulla base
della tabella millesimale usata per la pulizia delle
scale. Ironia della sorte: l’intento di evitare
litigiosità ha finito per crearla effettivamente.
L’assise, infatti, aveva deliberato a maggioranza ed i
condomini assenti, che non erano d’accordo con quella
decisione, avevano deciso d’impugnarla. Un caso, più o
meno simile, è finito sulla scrivania dei giudizi della
Cassazione che con una sentenza dello scorso 15
dicembre, n. 27016, hanno riaffrontato il tema della
modificazione dei criteri di ripartizione delle spese
decisa a maggioranza e delle conseguenze per la validità
delle delibere.
Secondo la Cassazione il giudice di
merito chiamato a verificare la regolarità della
delibera (seppur solamente in via incidentale
nell’ambito d’un procedimento d’opposizione a decreto
ingiuntivo) “ ha correttamente fatto applicazione della
costante giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n.
3042/1995 e Cass. n. 17101/2006), alla stregua della
quale "è affetta da nullità (la quale può essere fatta
valere dallo stesso condomino che abbia partecipato
all'assemblea ed ancorchè abbia espresso voto
favorevole, e risulta sottratta al termine di
impugnazione previsto dall'art. 1137 c.c.) la delibera
dell'assemblea condominiale con la quale, senza il
consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri
legali (art. 1123 c.c.) o di regolamento contrattuale di
riparto delle spese necessarie per la prestazione di
servizi nell'interesse comune, dal momento che eventuali
deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del
singolo condomino attraverso un mutamento del valore
della parte di edificio di sua esclusiva proprietà,
possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli
aderisca". Anche più recentemente questa Corte ha
ribadito tale principio affermando (cfr. Cass. n.
6714/2010) che "in tema di condominio , sono affette da
nullità, che può essere fatta valere anche da parte del
condomino che le abbia votate, le delibere condominiali
attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o
modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni
in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c. o
dal regolamento condominiale contrattuale, essendo
necessario per esse il consenso unanime dei condomini,
mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel
termine di cui all'art. 1137 c.c., u.c., le delibere con
cui l'assemblea, nell'esercizio delle attribuzioni
previste dall'art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, determina in
concreto la ripartizione delle spese medesime in
difformità dai criteri di cui all'art. 1123 c.c." (così
Cass. 15 dicembre 2011 n. 27016).
In pratica l’assemblea può decidere
di modificare i criteri di ripartizione previsti dalla
legge o dal regolamento (contrattuale) solamente con il
consenso di tutti i condomini.
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Avv. Alessandro Galluci |