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Per esaminare la disciplina del
tirocinio assistito dei mediatori ed i problemi che essa
pone dobbiamo partire dal fatto che i criteri (cioè i
requisiti) per l’iscrizione nel Registro degli organismi
di mediazione coi relativi mediatori sono disciplinati
dai commi 2° e 3° dell’art. 4 del D.M. 180/2010. Per
l’iscrizione occorre presentare domanda ed, a seguito di
questa, il responsabile della tenuta del Registro (il
Direttore generale della giustizia civile o una persona
da lui delegata) verifica l’idoneità e la
professionalità dei richiedenti sotto una serie di
profili fra cui i requisiti di qualificazione
professionale dei mediatori dell’organismo richiedente.
Questi mediatori devono possedere
un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea
triennale oppure, in alternativa, devono essere iscritti
ad un Ordine o Collegio professionale (per quelli in cui
non è prevista la necessità del conseguimento di una
laurea per essere iscritti e che possono operare solo
per le materie riservate alla loro competenza ai sensi
dell’art. 19 del Dlgs 28/2010); il possesso di una
specifica formazione di almeno 50 ore e di un
aggiornamento almeno biennale di almeno 18 ore acquisiti
presso gli enti di formazione per i mediatori iscritti
nell’apposito elenco di cui agli artt. 17 e 18 del D.M.
180/2010; a questi requisiti l’art. 2 del Decreto del
Ministro della Giustizia n. 145 del 2011 ha aggiunto
l’obbligo, sempre per i mediatori “nel biennio di
aggiornamento e in forma di tirocinio assistito, di
partecipare ad almeno 20 casi di mediazione svolti
presso organismi iscritti” ovviamente nel Registro di
cui all’art. 3 del D.M. 180/2010. Come vedremo tra poco,
il tirocinio è “assistito” nel senso che al mediatore –
tirocinante è permesso assistere al procedimento di
mediazione condotto dal mediatore – titolare, ma non nel
senso che quest’ultimo debba dare alcuna assistenza al
primo o viceversa.
Questa ultima norma è poco chiara e
pone diversi problemi, alcuni dei quali sono stati
chiariti dalla Circolare del Ministero della Giustizia
del 20 Dicembre 2011. In primo luogo non si capiva se
l’obbligo di aggiornamento si riferisse al biennio
successivo a quello che inizia dalla data in cui una
persona ha ottenuto la qualifica di mediatore oppure a
quest’ultimo. La Circolare citata ha chiarito che sia
l’obbligo di aggiornamento formativo che quello del
tirocinio assistito si riferiscono al biennio che inizia
dalla data in cui si è ottenuta la qualifica di
mediatore (con l’iscrizione nell’elenco dei mediatori di
un organismo), con l’eccezione dei mediatori già
iscritti al momento dell’entrata in vigore del D.M.
145/2011 per i quali il biennio in cui effettuare il
tirocinio assistito decorre dalla data di quest’ultima
(26 Agosto 2011). Da ciò deriva, pure, che il tirocinio
assistito va rinnovato ogni due anni.
In secondo luogo non si capisce
perché escludere dal computo dei 20 i casi di mediazione
svolti dal mediatore come titolare del procedimento, ma
la Circolare afferma che il tirocinio è un modo per
arricchire il bagaglio culturale del mediatore.
In terzo luogo, la norma non dice
se il tirocinio assistito può essere svolto (anche o
solo) nello stesso organismo1 in cui il mediatore presta
la sua opera (come dovrebbe potersi fare, in virtù
proprio del silenzio dell’art. 2 del D.M. 145/2011
sull’argomento) oppure no. La Circolare non dice nulla
su questo punto, per cui noi continuiamo a ritenere che
ciò sia possibile.
Inoltre, non si comprendeva bene
cosa significasse “partecipare”: assistere soltanto agli
incontri con le parti od anche dare un contributo al
raggiungimento di un accordo? La Circolare del 20
Dicembre 2011 ha chiarito che “la partecipazione al
tirocinio assistito comporta solo la presenza del
mediatore in tirocinio (nel procedimento di mediazione)
senza compimento di qualsiasi ulteriore attività che
riguardi l’esecuzione di attività proprie del mediatore
titolare del procedimento”. In altre parole, il
tirocinante non può assolutamente intervenire e deve
limitarsi solo ad osservare ciò che accade. La
Circolare, inoltre, cercando di limitare il più
possibile l’impaccio costituito dal tirocinante –
spettatore, afferma che la partecipazione ad un
procedimento di mediazione si ottiene anche con la
presenza ad una sola fase di esso (per esempio, al primo
od al secondo incontro fra le parti ed il mediatore
titolare del procedimento, ecc.) e che, siccome in molti
procedimenti la controparte non si presenta, in questi
casi è sufficiente la presenza del tirocinante alla fase
di redazione, da parte del mediatore titolare, del
verbale negativo per mancata partecipazione della
controparte. E’ da capire come un tirocinante possa
arricchire la propria esperienza di mediatore vedendo
scrivere un altro mediatore. Non vale, invece,
l’assistenza ad attività preliminari agli incontri fra
le parti ed il mediatore come la presentazione
dell’istanza, la fissazione del primo incontro, l’invio
della comunicazione alla controparte, ecc.
Infine, la Circolare citata afferma
che la determinazione del numero dei mediatori in
tirocinio che possono essere presenti di volta in volta
agli incontri fra le parti e il mediatore è lasciata
“alla valutazione del responsabile dell’organismo, che
dovrà tenere conto della natura (nel senso anche di
delicatezza e quindi di necessità di riservatezza?)
dell’affare di mediazione e della propria capacità
organizzativa e strutturale” (anche per garantire alle
parti “un ambiente sereno e privo di fonti di
distrazione”) e che l’organismo non può ottemperare
all’obbligo di consentire il tirocinio, previsto dal 4°
comma dell’art. 8 del D.M. 180/2010 aggiunto dall’art. 4
del D.M. 145/2011, attraverso la visione di una
videoregistrazione dell’incontro di mediazione.
Insomma, ci sembra di poter dire
che la Circolare del 20 Dicembre 2011 tenta di limitare
il più possibile l’effetto invasivo del tirocinio nel
procedimento di mediazione ma senza grandi risultati,
anzi spesso ingarbugliando il problema. Questo perché la
partecipazione di questo altro soggetto al procedimento
di mediazione pone, a nostro giudizio, anche un problema
rispetto al diritto alla riservatezza di cui godono le
parti: la mediazione non è il processo ordinario, che è
pubblico, ma è una trattativa tra privati, quindi
riservata, facilitata da un terzo imparziale, il
mediatore. Perciò, se uno o più altri mediatori
partecipano o assistono al procedimento, anche a loro
devono, secondo noi, essere estesi per analogia gli
obblighi di riservatezza e di terzietà – imparzialità
(anche se essi non possono intervenire in alcun modo nel
procedimento a cui assistono) del mediatore designato
previsti dagli artt. 9, 10 e 14 del Dlgs 28/2010, ma
resta comunque il fatto che questa partecipazione di
soggetti non necessari allo svolgimento del procedimento
può creare un comprensibile imbarazzo nelle parti. |