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«L’ente previdenziale non può
rivalesi nei confronti del datore di lavoro, laddove,
erogate le prestazioni nei confronti del lavoratore, in
seguito ad infortunio, sia escluso il nesso causale tra
la condotta datoriale e il verificarsi dell’evento
dannoso, per esorbitanza del comportamento posto in
essere dal danneggiato rispetto al processo produttivo».
«Il comportamento del lavoratore,
ancorché involontario, estraneo all’attività inerente il
processo produttivo pur nello svolgimento delle mansioni
attribuitegli, interrompe il nesso eziologico tra
condotta datoriale e fatto dannoso».
La vicenda giudiziaria in commento
vede l’Inail agire per regresso ex art. 10 e 11 DPR n.
1124/1965 nei confronti del titolare di una impresa
edile, relativamente alle prestazioni erogate nei
confronti di un operaio che, impegnato nella esecuzione
di lavori di messa in opera della pavimentazione di un
balcone, cadeva dal primo piano in seguito alla perdita
dell’equilibrio.
Il Giudice del Lavoro, nel
pronunciarsi, rigettava la domanda dell’Inail sul
presupposto che l’operaio era in realtà impegnato in
lavori riguardanti la pavimentazione e non la balaustra
del balcone (in prossimità della quale si era verificato
l’evento), le cui parti scoperte, è emerso, erano state
comunque opportunamente messe in sicurezza mediante una
tavola di legno puntellata con chiodi in acciaio.
Detta tavola, posizionata sulla
sommità scoperta della balaustra - essendo l’altezza
residuale del balcone protetta parzialmente da ringhiera
in cemento armato - veniva rinvenuta spezzata dagli
ispettori del lavoro, ma “in buone condizioni” di guisa
che, nella fattispecie in esame, non poteva eccepirsi la
violazione del disposto normativo ex art. 7 DPR n.
146/86.
Il Giudicante, poi, rilevava come
l’operaio (dotato di notevole peso corporeo) avesse
accusato uno “stato di malore” ancor prima di iniziare
la propria prestazione lavorativa.
Sulla base di tali constatazioni,
il magistrato riteneva l’evento/incidente quale
conseguenza della perdita di equilibrio dell’operaio già
affetto da malore, rilevando, altresì, che il cedimento
della tavola di protezione dovevasi ritenere causato dal
notevole peso corporeo dell’infortunato.
In sostanza, l’infortunio non
poteva ritenersi “prevedibile” da parte del datore di
lavoro, in quanto non imputabile a situazioni di
pericolo sul luogo di lavoro ma ad un comportamento
straordinario dell’operaio (rectius, il malore).
Al suesposto giudizio, del resto,
si perveniva in considerazione del fatto che nel corso
del processo non erano emerse prove sufficienti a
supportare la sussistenza di un nesso causale tra
cautele poste in essere dall’impresa e l’evento
verificatosi.
Ed è proprio in tema di nesso
eziologico tra evento, danno e responsabilità datoriale
che la pronuncia offre gli spunti più significativi, in
un panorama giuridico e sociale giustamente orientato al
massimo garantismo della tutela della sicurezza del
lavoratore.
Premesso, infatti, che la
responsabilità datoriale, conseguente alla violazione
dell’art. 2087 c.c. per inosservanza delle misure di
sicurezza sul lavoro, nei confronti dell’Inail che
agisce in via di regresso ha natura contrattuale,
l’istituto avrebbe dovuto allegare e provare sia
l’esistenza dell’obbligazione lavorativa e del danno,
sia il nesso causale di quest’ultimo con la prestazione.
Viceversa, il datore di lavoro, al fine di escludere la
propria responsabilità, deve provare che il danno è
dipeso da causa a lui non imputabile, e cioè dimostrare
di aver apprestato tutte le cautele richieste al fine di
scongiurare il danno e che gli esiti dannosi sono stati
determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile1.
Orbene, in riferimento al rapporto
di causalità (valutabile ex ante in ossequio ai principi
di cui agli artt .40 e 41 c.p.) il giudicante richiamava
un preciso filone interpretativo: la teoria della
causalità adeguata.
Trattasi, a ben vedere, di un modo
di concepire il nesso eziologico, elaborato alla fine
del secolo scorso, per mitigare le conseguenze che
potrebbero derivare dal ricorso a una applicazione
rigorosa della teoria condizionalistica (detta anche
dell’equivalenza) laddove l’accadimento si contrassegni
per un decorso causale atipico, cioè esorbitante
dall'ordinaria prevedibilità e normale conseguenzialità
degli eventi.
Secondo, infatti, la tradizionale
teoria condizionalistica il nesso causale sussisterebbe
con riferimento ad ogni antecedente dell’evento senza la
cui presenza lo stesso non si sarebbe verificato, ovvero
ogni precedente che osservando un processo logico di
eliminazione mentale si pone, astrattamente, come
condicio sine qua non dell’evento.
Teoria che, laddove osservata in
modo rigido, potrebbe peccare in astratto di
omnicomprensività degli antecedenti logici, oppure
potrebbe presentare difficoltà ermeneutiche, ad esempio
laddove si presentino alternative ipotetiche causali
dell’evento; per questo motivo la dottrina ha teso ad
adattarla fornendone versioni alternative o “mitigate”.
Tra le prime è annoverabile la
teoria della causalità adeguata, richiamata proprio
nella sentenza in commento.
Il caso oggetto di giudizio è in
effetti contrassegnato da un decorso causale atipico, in
quanto le particolari circostanze (malore alla schiena,
peso corporeo dell’operaio, dinamica della caduta) hanno
reso le cautele osservate dall’impresa inadeguate ad
evitare il danno per i connotati di “imprevedibilità”
che l’evento ha assunto, essendo state adottate per far
fronte ad un “range” di eventi adeguatamente
prevedibili, secondo le regole di esperienza.
L’attività posta in essere
dall’operaio, seppur involontaria in quanto colto da
malore, essendo estranea al normale processo produttivo
ha esorbitato dal novero degli accadimenti prevedibili
connessi all’attività produttiva in senso stretto, e per
questo è stata reputata imprevedibile.
Il Giudicante ha operato,
coerentemente con il metodo richiamato, una selezione
tra gli antecedenti, altrimenti offerti della teoria
condizionalistica “strictu sensu” intesa, riconoscendo
come causa solo quella condizione apparsa adeguata
(nello specifico il malore e la perdita d’equilibrio) a
determinare l’accadimento, valutando le potenzialità
preventive delle misure di sicurezza adottate dal datore
di lavoro alla luce dell'id quod plerumque accidit,
ovvero attraverso un giudizio probabilistico effettuato
ex ante e sul piano concreto.
La sentenza in oggetto, ovviamente,
non attenua le garanzie di tutela del lavoratore come
potrebbe apparire in prima analisi, bensì definisce i
confini della responsabilità contrattuale datoriale alla
luce delle norme di legge in materia di sicurezza del
lavoro, che impongono l’impegno del datore di rispettare
le cautele necessarie a tutelare la salute del
lavoratore e che vedono la loro fonte contrattuale
anzitutto nell’art. 2087 c.c.
Tuttavia, non essendo emersa la
prova del nesso causale, tale responsabilità devesi
estendere ai rischi prevedibilmente correlati
all’attività lavorativa, escludendosi, diversamente, per
quegli accadimenti esorbitanti dal rischio prevedibile e
prevenibile.
Concludendo, il Tribunale di
Campobasso non ha inteso assolutamente attenuare le
tutele previste in favore dei lavoratori, bensì
procedere con una adeguata definizione dei limiti della
responsabilità datoriale.
1 In tal senso Cassazione Civile,
Sez. Lav., 8/02/2010 n. 2736, espressamente richiamata
nella sentenza in commento. |